La diaconia della riconciliazione

22 gennaio 2017

2 Corinzi 5,14-20
infatti l’amore di Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono; e ch’egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Quindi, da ora in poi, noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano; e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così. Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione.  Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio.

 

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

nella seconda lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi cap. 5, versi da 14 a 20 innanzitutto si parla della  vocazione di Paolo di essere un ambasciatore della parola di riconciliazione.

Lui è stato chiamato da Dio per svolgere questa vocazione.

Originariamente appartenente alla religione ebraica, era stato un persecutore  dei cristiani e faceva cercare i credenti della nuova Via (<< Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote, e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme.>>(Atti 9,1-2 ).

L’apostolo Paolo non ha smesso di ricordare alle comunità primitive la  storia della sua  vita passata per confermare di essere stato scelto da Dio come  testimone e al servizio di Gesù Cristo. Leggendo le sue lettere nel difendere la sua vocazione di essere ambasciatore del messaggio in Gesù Cristo, ci accorgiamo che ricorda sempre la sua provenienza,  perché solo per la grazia di Dio  era diventato un predicatore.

La sua identità religiosa del passato non lo rendeva  degno di poter svolgere l’annuncio dell’evangelo in Gesù Cristo, e  proprio per questo motivo che non poteva fare altro che ricordare  e difendere di fronte ai suoi avversari e alle comunità e in questo caso ai corinzi  la sua chiamata a svolgere questa vocazione.

Per grazia di Dio  egli proclamò l’evangelo di riconciliazione.

L’amore di Gesù Cristo ci spinge (ci costringe), perché siamo giunti a questa conclusione: <<che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono; e ch’egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro>>.

In questi giorni dal 18 al 25, nell’arco di una settimana, i cristiani di confessione cattolica romana, ortodossa, protestante si incontrano per pregare insieme per la loro unità.

Osserviamo che non  tutte le chiese ne ospitano altre di confessione diversa da loro, perciò  il messaggio di iniziare un dialogo con l’altro deve essere, o potrebbe essere partito proprio dai responsabili che esercitano la guida delle chiese.

Il percorso di crescita di ogni chiesa locale è fondamentale per ospitare un’iniziativa di dialogo ecumenico.

Il tema della settimana di preghiera per l’ unità dei cristiani è una delle risposte di Dio. L’amore di Cristo ci spinge ad annunciare l’evangelo della riconciliazione come dice ancora l’apostolo Paolo a noi oggi. L’apostolo Paolo ha speso la sua vita svolgendo la sua vocazione proprio per annunciare la buona novella che Dio ha riconciliato se stesso all’umanità intera per l’amore di Gesù Cristo, lui morto per tutti i nostri peccati e risorto anche per darci una nuova vita perché Dio non ha voluto imputarci le nostre colpe. << Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove>>.

Giovedì scorso siamo andati nella parrocchia di S. Ponziano in 5 per rappresentare la nostra comunità.

I giovani che hanno rappresentato le nostre chiese hanno partecipato alla confessione dei peccati.

Ognuno di loro ha portato davanti, al centro, un mattone, uno per volta e piano piano hanno costruito il muro che rappresenta il muro di divisione che ogni chiesa costruisce  per dividersi dall’altra.

Un muro di mancanza d’amore, di odio e disprezzo, false accuse, discriminazione, persecuzione, comunione spezzata, intolleranza, guerre di religione, divisione, abuso di potere, indifferenza , isolamento e orgoglio.

Ma i ragazzi dopo hanno costruito con  questi mattoni la croce.

Così dunque il muro è diventato la croce.

Noi siamo partecipi tutti della sofferenza dell’altro perché costruiamo un muro che nello stesso tempo diventa una croce. Il muro e la croce  rappresentano tutto ciò che facciamo noi come chiesa che reca soltanto sofferenza o dolore all’altra.

Ognuna di queste chiese  deve rendersi conto dei muri che ha fatto crescere.

Facciamo un esame di coscienza e aumentiamo la nostra sensibilità per non costruire muri, perché è per questo motivo che Gesù ha voluto dimostrare il suo amore per noi sulla croce. Lui ha fatto la sua parte come aveva deciso il Dio Padre, e ora la nostra risposta deve essere quella della nostra assunzione di  responsabilità che a noi è stata rivelata e affidata, quella di annunciare il vangelo di amore.

La croce che rappresenta per noi la sofferenza di Gesù Cristo era per dimostrare l’amore appassionato per le creature di Dio.

È solo nell’amore e per amore che ci possiamo spingere verso questa meta . L’amore è la potenza di Dio che ci spinge a dover e voler fare una cosa buona che da beneficio a molti.

Le diverse confessioni cristiane  sono innanzitutto mattoni che segnano le divisioni, ma ora nel dialogo ecumenico delle chiese di cui facciamo parte, portiamo il messaggio che non dobbiamo più dividerci e allontanarci di più gli uni dagli altri, ma,  confrontarci e riconciliarci perché questo è ciò che ha voluto Dio per sé e per gli uomini e le donne come noi.

Se vi ricordate nell’anno 2015 il tema trattato per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani era tratto dal primo capitolo della prima lettera di Paolo ai Corinzi.

Cristo non può essere diviso come viene dichiarato in questo brano <<io sono di Paolo>> un altro dice <<io sono di Apollo>> un altro dice <<io sono di Pietro>>  un’altra ancora dice <<io sono di Cristo>>.

Le divisioni sorgono quando i cristiani non rimangono nella loro origine e radice.

Noi rappresentanti, guide delle varie confessioni della religione cristiana abbiamo come compito fondamentale di far si ché i credenti non debbano  perdere il loro sguardo al Signore. Hanno bisogno di noi  perché indichiamo loro il Cristo, il loro salvatore personale, Colui che ha donato la vita nuova, Colui che ha redento tutti dal peccato.

In Gesù Cristo siamo giunti alla conoscenza dell’universalità del peccato e dell’universalità della salvezza.  L’annuncio della salvezza in Cristo Gesù è il piano di Dio per salvare l’umanità(tutti) dal peccato.

L’apostolo Paolo ha ricevuto per rivelazione questo annuncio e lui è l’apostolo e il messaggero di ciò. La sua storia di conversione è fondamentale nell’annuncio della nuova Via nel Signore Gesù perché era nato ebreo, portava l’insegnamento della legge di Mosè nell’AT,  ma poi era ri-nato  dalla legge di Mosè al compimento della legge di amore che ha insegnato Gesù. Egli ha avuto una crisi esistenziale e attraverso questa  ha potuto trarre il nuovo insegnamento. La sua fede rinasce e rinnova  tutta la sua esistenza; è cambiata la sua mentalità e è convertito dal suo Dio.

È molto importante comprendere questo percorso di Paolo perché ognuno di noi possa testimoniare/evangelizzare  l’universalità della salvezza.

Io credo che ogni predicatore sul pulpito abbia solo un obiettivo da svolgere cioè di proclamare l’evangelo: la buona novella, la buona notizia che viene da Dio.

Io credo anche che l’unico scopo per cui noi che assumiamo questo compito e l’unica ragione per cui ci mettiamo dinanzi  alle persone, ai credenti  è affinché ricevano una risposta di consolazione,   di speranza e  di riconciliazione  e si sentono in pace con  Dio.

La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è particolare anche in questo anno perché si celebra con lo stesso spirito con  cui si festeggia il  cinquecentenario della riforma.

Churches together in Rome(un gruppo dei pastori di lingua inglese sta leggendo un  libretto che si intitola <<from conflict to communion/dal conflitto alla comunione>> dice sostanzialmente che ora che siamo nel 2017, i cattolici e i luterani guardano insieme ciò che è  accaduto in questi 500 anni. E nello stesso tempo, essi devono anche riflettere sui 50 anni di dialogo ecumenico a livello mondiale.

Durante questo tempo, la comunione che hanno condiviso  è continuata a crescere.

Questo fatto incoraggia i luterani e i cattolici a celebrare insieme la comune testimonianza dell’evangelo di Gesù Cristo, che è il centro della loro fede comune.

Al di là delle celebrazioni, hanno  ragione a denunciare la sofferenza causata dalla divisione della Chiesa(c maiuscola), e a porre uno sguardo critico su loro stessi, non solo alla storia tutta ma anche attraverso le realtà odierna.

<<Dal conflitto alla comunione>  sviluppa una base per una commemorazione ecumenica che  contrasta con  i primi 500 anni. La commissione Luterana – Cattolica Romana sull’unità invita i cristiani a studiare le propri relazioni entrambi, con apertura mentale e in modo critico, per procedere lungo la strada verso la piena e visibile unità della Chiesa(C maiuscola). Le divisioni ci sono sempre state e quel libro che vi dicevo prima contiene delle nozioni  che ci aiutano a proseguire per il  cammino di dialogo ecumenico. Avere un’apertura mentale è un atteggiamento che aiuta a guarire le ferite della divisione  della chiesa per andare avanti.

Anche noi protestanti siamo divisi ,ora ,nel senso che c’è una pluralità di interpretazioni in base alle quali nascono nuove chiese.

Spesso la Bibbia, è soggetta a differenti  interpretazioni da parte nostra.

Il credente che la legge, legge come tale, per se stesso, parola per parola.

Siamo tutti lettori e ascoltatori di questa parola ma cerchiamo di far prevalere i messaggi di riconciliazione perché solo in Cristo Gesù possiamo riconoscere la nostra uguaglianza. La nostra riconciliazione è fatta da Dio in Cristo, è un regalo.

Poiché essa è un regalo abbiamo l’ occasione di riceverlo ancora e di donarlo.

Non è privato, non appartiene solo ad unica chiesa.

C’è molto da imparare essendo un credente considerando il passato, il presente e il futuro nel progetto di Dio. Tutta la nostra vita, tutta la nostra storia è descritta nella Bibbia in cui Egli ha dato la sua risposta. Dunque, l’attenzione è posta sulla risposta di Dio alla quale  anche il predicatore deve attenersi.

La chiesa di Dio è una e quella che si spende, si impegna con perseveranza e costanza nella sua vocazione di annunciare Gesù Cristo il Signore di tutte le chiese e di tutta l’umanità. In lui Dio ha depositato tutti i tesori a cui l’uomo credente può attingere per dimostrare nel mondo le sue opere di cambiamento delle vite di molte persone.

Cara comunità,

nella  chiesa in cui siamo cresciuti dobbiamo renderci conto della grazia che abbiamo ricevuto. Facciamo festa, celebriamo il Signore perché siamo tutti suoi.

Che ci sia questo spirito gioioso tra noi quest’anno in cui celebriamo i 500 anni dalla riforma della chiesa.  Amen.

past. Joylin Galapon

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