lo Spirito di Dio, il Trasformatore

4 giugno 2017

Ora vado
Non mi chiedete: dove vai? Ma conviene che io vada .
Se non vado…non verrà
Ma se vado lo manderò.
E quando verrà … vi guiderà.

Cari fratelli e care sorelle, questa che vi ho appena riportato non è una conversazione telefonica tra persone che si accordano sul da farsi, ma uno degli annunci più straordinari di tutto l’Evangelo.
Un annuncio rivolto ad un gruppo di amici così come Gesù chiama i suoi discepoli.

E nell’intimità di questa amicizia Gesù si stupisce del fatto che dopo aver rivelato ogni cosa, nessuno di loro gli chiede “dove vai?”
Nell’intimità di questa amicizia Gesù si rende conto che i dodici non hanno ancora capito nulla.

E’ la loro tristezza a renderli muti ciechi e sordi, a renderli disinteressati al messaggio. Una cosa sola hanno compreso, un notizia che li terrorizza: Gesù se ne andrà.
E noi? Che fine farà tutto quello che abbiamo fatto? Che senso ha avuto lasciare la propria casa, la famiglia per seguirlo se proprio ora Lui ci abbandona.

Se questi erano i sentimenti e le domande nascoste nel loro cuore, Gesù dà ai discepoli una seconda spiegazione che è a tutti gli effetti una conditio sine qua non: “è bene per voi che io me ne vada. Se non vado non verrà il Paracleto”. Una condizione che è però l’annuncio definitivo che Dio dà all’umanità. L’annuncio che non è tutto finito. L’annuncio che il piano di Dio prevede ancora qualcosa di grande per ogni uomo e donna di questo mondo. Gesù annuncia la sua dipartita che non è la fine dell’Emmanuele, il Dio-con-noi, ma l’inizio di un nuovo tempo e di un tempo nuovo nello Spirito. E’ questo l’annuncio cari fratelli e care sorelle che il vangelo di Giovanni oggi fa a ciascuno e ciascuna di noi! Voi avete ricevuto il Paracleto! E se oggi siamo qui in questa chiesa di Roma non è per caso, non è perché non avevamo meglio da fare in questa giornata di inizio giugno. Se oggi siamo qui è perché il Paracleto ci ha convocati ed in particolare modo oggi nel q uale ricordiamo il giorno di Pentecoste durante il quale lo Spirito Santo è sceso su quella piccola chiesa domestica di cui facevano parte i discepoli.

A Pentecoste quella piccola cellula di uomini e donne in preghiera, nascosti per paura dei Giudei, viene trasformata per l’azione dello Spirito Santo in un esercito di apostoli nutriti dalla speranza. Quella speranza che, come abbiamo ascoltato dalla lettera di Paolo ai Romani, “non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Un amore che come un fiume in piena ha preso possesso dell’umanità nella nuova era dello Spirito.

Ma chi è questo Paracleto di cui parla Gesù? Questo è un termine che solo l’evangelista Giovanni utilizza nei suoi scritti. Abbiamo letto nella nostra Bibbia che viene tradotto con CONSOLATORE, altri lo traducono con AVVOCATO, altri con DIFENSORE, altri con AIUTO.

Personalmente preferisco chiamarlo con il nome che Giovanni ha utilizzato e sentire in questa parola della lingua greca quello che è il suo vero significato: Paracletos è “colui che è chiamato al fianco, vicino”. E’ colui che, caro fratello e cara sorella che sei qui stamattina, si è fatto vicino a te, è colui che in questo momento ti sta scaldando il cuore nell’ascolto della predicazione della Parola. Il Paracleto è colui che si fa vicino a noi anche quando la nostra freddezza e la nostra indifferenza non si accorgono della sua presenza.

Volendo tradurre il termine Paracletos, non per il suo significato etimologico ma per le azioni che svolge, io lo chiamerei il TRASFORMATORE.
Un termine che possiamo sperimentare anche oggi su noi stessi. Noi che siamo stati trasformati da gente assonnata della domenica mattina a popolo in cammino che si vuole riunire per dar lode a Dio.

Noi che uscendo di qui scopriremo di essere trasformati in persone rinnovate dalla Parola, trasformati in missionari dell’evangelo dal gesto della grazia che tra poco andremo a condividere nella Santa Cena.
In questo senso lo Spirito è consolatore, perché trasforma la tristezza in gioia.

In questo senso lo Spirito è avvocato e difensore, perché da peccatori ci trasforma in salvati.
Nel giorno di Pentecoste lo Spirito ha creato la chiesa non perché ha unito persone diverse con un unico ideale, ma perché ha trasformato un gruppo di ascoltatori della Parola in un esercito di Predicatori. Pentecoste è la grande festa della predicazione, tutti possono parlare nella propria lingua ed essere compresi, tutti possono comprendere il significato della gradi opere di Dio per noi.

E’ la festa della missione perché tutti siamo mandati ad annunciare che l’umanità è stata trasformata dall’amore di Dio per mezzo dello Spirito Santo. Un amore così grande da farsi uomo in Gesù Cristo, un amore così grande da prendere su di sé tutto il male del mondo e trasformarlo in grazia per l’umanità.

Quando lo Spirito TRASFORMATORE verrà, lui CONVINCERA’ il mondo, dice Gesù, riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio.
Mio Signore, quanto abbiamo bisogno di questo! Quanto abbiamo bisogno che il mondo si convinca!

Si convinca prima di tutto che è grazie all’opera dello Spirito che la potenza divina entra concretamente nella vita di ognuno ed ognuna di noi. Non cogliere questa presenza nella nostra vita, non prendere sul serio le prove di quell’amore infinito di Dio che entra nella finitezza della nostra vita, significa commettere il peccato più grave, quello imperdonabile che Gesù stesso chiama la bestemmia conto lo Spirito.

Il mondo si deve convincere che non c’è futuro per l’umanità senza la piena accettazione che è Dio che interviene nelle nostre azioni quotidiane e che ci ha dato la prova concreta della sua presenza nel suo Figlio Gesù.
In Lui ancora oggi noi sperimentiamo cosa significhi dire Spirito Santo: non un dio minore, spesso dimenticato, impalpabile, invisibile, irraggiungibile. Non un’immagine simbolica spesso raffigurata da una colomba o dal soffiare del vento. Anche oggi l’esperienza dello Spirito Santo vive di una concretezza palpabile perché tutto il suo agire rimanda a Gesù e a tutte le parole che ha pronunciato. E’ proprio grazie alla concretezza del Paracleto che Cristo si fa presente in mezzo a noi nella Parola e nei sacramenti. Modificando un’affermazione di un famoso teologo tedesco direi che “nel Paracleto, il Dio incarnato diventa il Dio presente”.

Non credere a questo significa cadere nell’errore di pensare che tutta la storia di Gesù si è conclusa con la sua ascensione al cielo e che ora lui è là seduto alla destra del Padre in attesa di accoglierci alla nostra morte. Un errore questo, che significa credere che Dio ha abbandonato questo mondo al suo destino. Un errore che significa aderire all’idea che tutte le nostre preghiere, i nostri culti, le nostre lodi siano rivolte al cielo solo in virtù del nostro essere credenti e buoni cristiani.

Fratelli e sorelle, in questa Pentecoste dobbiamo chiedercelo con forza: crediamo davvero che, grazie allo Spirito Santo, Gesù è qui, ora, in mezzo a noi? Non per un gioco di magia o per l’evocazione di un fantasma, non per una facile creduloneria o per una misera speranza. Se Dio oggi ci ha convocato qui, se oggi ci ha parlato in questo modo, se oggi ci chiama a spezzare il pane insieme, se oggi ci trasforma con la sua forza in uomini e donne nuove, allora SI possiamo dire senza timore che lo Spirito è con noi.

Gesù ha parlato dello Spirito come Spirito di verità.
Anche in questo lo Spirito trasforma; perché attraverso la verità rendi gli schiavi uomini liberi.
E’ questa libertà che oggi noi chiediamo al Signore, la libertà di poterci affidare a lui senza paura.
La libertà di poter dire di no a coloro che ci vogliono convincere che si può vivere benissimo senza Dio
La libertà di potersi opporre a tutte le malvagità del mondo, ai seminatori di morte, a coloro che violentano i corpi e le coscienze, a tutti quelli che tolgono la speranza.
La libertà di poter parlare anche quando si rischia la vita
La libera di opporsi a coloro che con ingordigia si appropriano delle cose degli altri. La libertà di costruire un mondo dove non ci sia più chi mangia tre volte al giorno e chi non mangia affatto.
La libertà di sentirsi dalla parte giusta quando siamo dalla parte degli ultimi. Carissimi questa è la nostra Pentecoste. Allo Spirito Santo Paracleto chiediamo di accompagnarci per mano verso quel Padre che ci attende a braccia aperte come figli e figlie sue creature volute ed amate. Amen!

Nicola Tetoldi

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