Essere comunità insieme

27 agosto 2017

Salmo 133 L’amore fraterno
At 4:32; Fl 2:1-4
1 Canto dei pellegrinaggi. Di Davide.
Ecco quant’è buono e quant’è piacevole
che i fratelli vivano insieme!
2 È come olio profumato che, sparso sul capo,
scende sulla barba, sulla barba d’Aaronne,
che scende fino all’orlo dei suoi vestiti;
3 è come la rugiada dell’Ermon,
che scende sui monti di Sion;
là infatti il SIGNORE ha ordinato che sia la benedizione,
la vita in eterno.

Atti 2,42.44-45
Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere.
Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, come forse avete già notato non ho scelto un testo biblico specifico per la predicazione di oggi ma le due letture bibliche che abbiamo ascoltato mi hanno stimolato a condividere con voi queste mie riflessioni.

Vorrei cominciare allora con questo racconto. Un giorno un giovane in procinto di sposarsi chiese a suo padre, “secondo te come andrà la mia vita matrimoniale?”

La risposta che ebbe fu “dipende!” poi girate le spalle il padre se ne andò, il figlio rimase perplesso perché non aveva compreso quella risposta.

La notte che precedeva le nozze, il padre preparò una lettera al figlio nella quale scrisse: “Mio caro figlio, mi hai chiesto come sarebbe andata la tua vita matrimoniale ed io ti ribadisco dipende, sì, dipende in quale mani tu la metterai come per tutte le cose;

infatti un bastone nelle mie mani non servirebbe che per appoggio nel cammino, ma nelle mani di Mosè servì per dividere il mare.

Una fionda nelle mie mani potrebbe essere insignificante, ma nelle mani di Davide diventò una terribile arma che uccise il gigante.

Pochi pani e pochi pesci nelle mie mani basterebbero a sfamare una sola persona, ma messi nelle mani di Gesù ne sfamarono cinquemila.

Dei chiodi infissi nelle mie mani produrrebbero solo un orrendo dolore, ma messi nelle mani di Gesù hanno prodotto la salvezza dell’intera umanità.

Si figlio ricordati, tutto dipende dalle mani in cui riponiamo le cose che più amiamo”.

Gesù disse ai Giudei : “Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti: e nessuno può rapirle di mano al Padre” (Giovanni 10: 29)

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

ben tornate! Come state? Com’è andata la vostra estate?

Come avete trascorso la vostra vacanza?

E penso che mi avreste chiesto anche voi, com’è andato il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi in Italia?

Innanzitutto, vi dico la verità che è stato per me una grande gioia sin da quando ho saputo che ci saremmo andati a parteciparlo con delegazioni di numero più elevate nella nostra comunità: Maria Laura Sbaffi per il distretto, Lucia Doria per il circuito, Laura Nitti per la consulta delle chiese nel territorio romano, Antonella Varcasia per il consiglio della facoltà valdese, Eric Noffke professore della facoltà, Luca Baratto per la FCEI, , Fabio e Luciano uditori ma per la nostra comunità si impegnano per la comunicazione, Giulio Maisano predicatore locale e non solo, la pastora Mirella Manocchio rieletta presidente del CP – OPCEMI e Claudio Paravati membro di esso e direttore della rivista Confronti. E’ davvero un bel gruppo!

Così potrete anche sentire da loro le esperienze e le opinioni soprattutto sulla vita delle chiese che possono servire per noi di confronto. La valutazione globale del lavoro che abbiamo fatto nelle nostre chiese e come ha influito la nostra vita quotidiana e il nostro agire nella società, è fondamentale soprattutto per l’essere chiesa insieme. Sì, sono d’accordo con la risposta del papà del neo-sposo che tutto dipende dalle mani in cui riponiamo le cose che più amiamo”.

Sì, ricordiamoci ‘tutto dipende’ da come investiremo le nostre forze per servire meglio il Signore e la nostra chiesa. Sì, tutto dipende da come utilizzeremo i nostri mezzi per fare sempre meglio la nostra testimonianza di fede che riponiamo e rimettiamo nelle mani del Signore nostro. Mi ricordo molto questa risposta del padre al figlio prima che avrebbe intrapreso un impegno che dovrebbe durare fino alla fine del rapporto coniugale.

Dipende dice il padre al figlio, tutto dipende dalle mani cui puoi affidare tutte le cose che hai e che fai. Nel matrimonio si dichiara un comune patto di convivenza di due persone che si amano, è un accordo mutuo di due individui in cui legami di comunione si intensificano, si intrecciano in rapporto con dei beni materiali e quelli spirituali che hanno e ricevono a vicenda. Il loro star bene dipenderà dal loro modo di agire e affrontare le loro responsabilità ricordando sempre il loro comune accordo.

Nel matrimonio civile di un parente (di mio nipote) al quale ho assistito e ho rinnovato la mia considerazione sul confronto tra il patto d’amore e di fedeltà eterna di Dio al suo popolo e quello del patto matrimoniale di due nuovi sposi.
Il patto fra due persone che si dichiarano di amarsi l’un l’altro, e di conseguenza di promettere e intraprendere il cammino insieme è il punto di partenza per una vita di comunione e di impegno. Il legame coniugale si spera di consolidarlo nelle esperienze di gioia e di dolore. L’Amore li aiuterà ad affrontare anche le sfide nelle situazioni difficili e nelle prove più dure. Leggiamo nella prima lettera di Giovanni cap. 4 il versetto 8: <<Dio è amore >> quindi l’amore vero viene da Dio. Dunque, è fondamentale riconoscere che il legame matrimoniale è un patto in cui l’amore di Dio viene espresso. Esso è una parte integrante della vocazione al matrimonio del credente che possa aiutare a sostenere ogni impegno intrapreso. È in quell’amore di Dio che si muovono entrambe, le due persone saranno protette, coperte e tutelate.

Ai primi convertiti al cristianesimo, coloro che hanno creduto l’evangelo in Gesù Cristo , la nuova VIA per accedere al regno di Dio (alla casa del padre) la comunione fraterna era il momento clu della loro vita , cioè il nostro essere chiesa insieme.

42<<Erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. 44 Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

Sì, anche il benessere(ben stare) della nostra vita comunitaria dipende dalle cose che abbiamo, dalle risorse che abbiamo, tutto ciò che facciamo insieme, che siano accompagnate con una preghiera silenziosa personale e comune offriamole prima a Lui poiché ce le ridà spezzate e moltiplicate secondo il bisogno di ciascuno di noi per la sua edificazione.

Per raggiungere i nostri obiettivi ci vogliono le sue mani e le nostre, i frutti che raccoglieremo sicuramente la crescita e trasformazione continua della nostra vita.

Ricominceremo con la nostra comune accordo per programmare le nostre attività ecclesiastiche e saranno svolte bene o male, tutto dipende dalla preparazione e cura, dal tempo che dedicheremo prima, da ognuno di noi soprattutto da me nel saper coordinare con le sorelle e fratelli che si sono dati la loro disponibilità di aiutare per la chiesa del unico Signore Dio.

Per questo motivo vorrei condividere con voi le mie diverse considerazioni che penso siano utili per noi per ricominciare a riflettere sulla nostra vita comune d’Essere Chiesa Insieme ed è no degli argomenti che abbiamo discusso molto al Sinodo.

Primo, nei mesi di aprile e maggio, i membri del consiglio di chiesa hanno deciso di aggiornare l’elenco dei membri della comunità, e così hanno verificato che nel registro dei membri mancano i nomi di quelli che sanno che frequentano spesso i culti domenicali e i pranzi comunitari. Perciò io insieme alla past. Manocchio e all’animatrice giovanile Sara Mae Gabuyo, abbiamo preparato un modulo da compilare per il gruppo dei filippini e da distribuire a ciascuno e a ciascuna.

Poi, ci stata una riunione del gruppo per discutere se è necessario essere iscritto membro metodista di via XX settembre. Era una discussione molto intensa si sono immersi dei pensieri molto importanti su cui possiamo noi tutti riflettere proprio le caratteristiche del nostro battesimo e della nostra conversione come dice nel libro degli Atti. Alcuni sono andati via perché hanno ritenuto che bastava soltanto frequentare i culti domenicali e partecipare ai pranzi comunitari. Si è verificato anche che essere iscritto nel libro dei membri non li importavano. L’ abbandono alla comune adunanza ha recato di nuovo la tristezza a quelli che hanno ritenuto giusto diventare membro di questa comunità e che hanno capito l’importanza di essere parte integrante di questa comunità paragonata ad un corpo umano.

Io parlando con il gruppo su questo punto, mi ha fatto riflettere che un credente che non sente di costruire il suo rapporto con i membri della comunità a partire dal essere iscritto il proprio nome, da una parte non sembra dare interesse all’appartenere di un corpo e dall’altra parte non si sente responsabile nei confronti dei fratelli e delle sorelle, membri di questa chiesa.

Secondo, uno che ha formato e fa capo ad un altro gruppo dei filippini che ha frequentato anche la nostra comunità nel passato ha chiesto di celebrare la benedizione del matrimonio del figlio qui il 15 agosto. Egli ha contattato la nostra presidente del Consiglio Maria Laura Sbaffi per chiedere la disponibilità nostra e se il tempio è libero e così poi ho saputo tutto.

In questo tempio, sono passate tante persone e facciamo bene a prenderlo cura e tenerlo in ordine e che sia a disposizione di tutti e di tutte ma la comunione dei membri ha un valore e effetto nel nostro rapporto di chiesa che si costruisce fra i membri così ricordiamo anche oggi il rispetto che dobbiamo verso l’uno l’altro/l’una l’altra. Spero che i miei connazionali si rendano consapevoli che cosa hanno avuto da questo luogo e anche il privilegio di chiamarsi essere chiesa insieme. Spero che imparino anche a dare il dovuto rispetto.

Queste esperienze ci servono perché avere una comunità come questa ci è necessaria per avere un confronto e dialogo franco e onesto e perché abbiamo più riguardo alla nostra vita eterna nel vivere insieme come dice il salmista del 133 che abbiamo letto e ascoltato prima. La benedizione di Dio si riceve nel nostro stare insieme, nel vivere in comunione con l’altro e l’altra.

Non voglio essere fraintesa ma il nostro legame di fraternità in Cristo Gesù che è la causa della nostra conversione donato a partire dal nostro battesimo è la motivazione primaria della accoglienza che pratichiamo fra noi, è come modo di dare e ricevere noi stessi, segno visibile(l’immagine dell’ essere corpo di Cristo). 1 Cor.12.

Terzo, da maggio che non vado più a Pescara e la coordinatrice del gruppo dei filippini mi ha aggiornato che cosa stanno facendo e sta succedendo nella loro comunità. Era molto felice di raccontarmi al telefono che continuano a radunarsi a casa per leggere la Bibbia e condividere la loro riflessione in relazione al loro vissuto di giorno in giorno. Loro mi aspettano e si fortificano tra di loro. Questo fatto mi rallegra molto.

Che succederà in comunità quando ci sono dei cambiamenti? L’atteggiamento che dobbiamo avere è di portare davanti a Dio e pregarlo che non ci fa mancare il nostro senso di comunione, simpatia e affetto.

In questa estate abbiamo vissuto e esperimentato la siccità e tutt’ora.

Oltre il problema da affrontare sull’immigrazione abbiamo vissuto il caldo, non pioveva quindi la terra era molto asciutta e si limitava di attingere l’acqua dal lago di Bracciano. La crisi idrica è stata una calamità naturale! Il calore provoca l’incendio e anche l’uomo pieno di ira coglieva l’occasione di accendere il fuoco e bruciare i nostri boschi. L’uomo con il suo cattivo pensiero ha coinvolto il cielo e la terra a non donare più l’acqua. Quanti di noi hanno pregato Dio perché vi sia pioggia? Perché si spengano gli incendi che aumentino sempre di più il calore.

Domenica scorsa, il nostro un giorno una parola ha proposto di riflettere sul patto di Dio sul monte di Sinai e abbiamo questo ricordo della presenza di Dio come un’ Aquila madre che ha avuto cura del popolo di Israele. Sono stati anni di vissuto in cui Dio ha dimostrato di aver avuto cura al popolo di Israele e credo anche alle nostre chiese.

La figura di Mosè è fondamentale per la salvezza del popolo di Israele. Immaginate che tramite lui, Dio ha fatto uscire il popolo di Israele dal paese di Egitto, l’ha potuto strappare dalla mano del Faraone, dagli Egiziani che lo avevano dominato e soggiogato, schiavizzato duramente per essere serviti. Loro, seguendo Mosè sono arrivati alla loro destinazione sani e salvi.
Guardiamo e osserviamo in televisione molte persone, uomini, donne, genitori con i loro bambini e bambine, che intraprendono un viaggio ma non sono sicuri di arrivare alla loro destinazione perché non sono affidati ad una guida sicura come era Mosè. Sul gommone, in camion si ammucchiano come delle sardine e purtroppo muoiono e così non sono completamente liberati dalla guerra, dalla violenza, dalla povertà, dalla fame, dall’egoismo, dal dominio perché non hanno raggiunto la loro liberazione ma la morte.
Ci vogliono oggi molti Mosè e l’Aquila madre che con un patto d’amore ci portino alla salvezza.

Il patto di integrazione fra le chiese metodiste e valdesi è vissuto anche con Amore, un legame in un unico Dio a cui le chiese si rifanno, grazie all’esempio di vissuto del popolo di Israele scritto nelle Sacre Scritture.

Così noi pastori e pastore suoi collaboratori e collaboratrici siamo chiamati a ricoprire l’impegno e la dedizione che Dio continua a manifestare per il suo popolo.
Nel nostro campo di lavoro in cui ci troviamo ad operare, ci ritroviamo spesso a dover fare anche come Mosè. Noi invochiamo Dio con un grido di aiuto a Lui per affrontare i nostri impegni fedelmente. E così saremo sicuri che siamo sempre nelle mani sicure perché la sua promessa di grazia, misericordia e perdono ci giungerà . Amen.

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