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L’Ultima Cena, anzi la Prima. La volontà tradita di Gesù

RICCA Paolo,
Claudiana, Torino, 2013,
pp. 289, Euro 18,50

 

Gli scopi di questo bellissimo volume di Paolo Ricca sono: capire che cos’è la Cena del Signore, perché essa divide anziché unire, come ritrovare la condivisione. Con grande chiarezza espositiva Ricca ripercorre le tappe storiche delle diverse interpretazioni della Cena, partendo dalle fonti bibliche, che già evidenziano la diversità di posizioni nei racconti di Marco e Paolo, e dalla Didachè, che introduce il termine Eucaristia, per passare ai Padri della Chiesa, come Ignazio di Antiochia, che sottolinea il ruolo decisivo del vescovo, Giustino Martire, che introduce l’idea della transustanziazione, e Agostino, che assegna un ruolo centrale alla Parola e alla dimensione ecclesiale e distingue tra segno materiale e realtà significata. Sin dall’antichità, quindi, esistevano divergenze: una lettura realista affermava la presenza reale di corpo e sangue di Cristo nel pane e nel vino; una lettura simbolica vi vedeva solo memoria e annuncio. La controversia prosegue in epoca medievale e, più passa il tempo, più le differenze interpretative si fanno sottili. Dopo la proclamazione del dogma della transustanziazione nel 1215 e la presa di coscienza dei Valdesi, che lentamente si staccano dalla tradizione romana per aderire all’interpretazione riformata, Ricca dedica ampio spazio al dibattito interno alla Riforma, caratterizzato da una grande varietà di posizioni. Il dissidio vedeva contrapposti soprattutto Lutero e Zwingli: il primo, avverso alla transustanziazione, ma sostenitore comunque della presenza reale di Cristo nella Cena; il secondo fautore dell’interpretazione della Cena come simbolo e memoriale, ringraziamento e giuramento. Il dissidio viene superato solo con la Concordia di Leuenberg del 1973, che però, a parere di Ricca, ha il difetto di accantonare completamente la posizione zwingliana e di non tenere affatto conto della nuova presenza di Cristo come Spirito, dopo l’Ascensione. A Calvino il merito di aver cercato di mediare tra le posizioni estreme, proponendo una visione che contesta sia l’idea cattolica di transustanziazione e di sacrificio, sia quella luterana, che vuole comunque localizzare la presenza di Cristo negli elementi della Cena, sia quella zwingliana, che riduce la Cena a pura azione simbolica. Secondo Ricca, il merito di Calvino è aver insistito sul concetto di “mistero” della Cena, che trascende la nostra comprensione. Alcuni capitoli sono dedicati alle Confessioni di fede evangeliche, al Concilio di Trento e alle sue condanne, al Concilio Vaticano II e alle novità da esso introdotte: nonostante la riconferma delle idee di transustanziazione e di sacrificio, non ci sono condanne, si insiste sulla centralità della Parola e sull’uso della lingua parlata, si consente la comunione sotto le due specie. Densa di contenuti teologici è la conclusione: la Cena, che nella volontà di Gesù doveva essere elemento di unione fra i Cristiani, è stata invece  motivo di  divisioni e reciproche esclusioni, soprattutto perché le Chiese se ne sono impadronite, arrogandosi il diritto di decidere gli invitati, di escludere altre Chiese, di spiegare le parole che Gesù non ha voluto spiegare. L’invito finale è di mettere in secondo piano le interpretazioni, che non sono elementi costitutivi della Cena, e trovare il punto d’incontro nel pane, nel vino e nelle parole di Gesù, come fa oggi l’ospitalità eucaristica, che consente agli appartenenti a chiese diverse di sentirsi uniti dalla fede comune, e quindi ospiti non di una Chiesa, ma di Gesù stesso, che invita tutti alla sua mensa.

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