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I lati oscuri di Dio

RÖMER Thomas,
Claudiana, Torino, 2008,
pp. 112, Euro 10,00

 

Quante volte, leggendo la Bibbia, restiamo sconcertati di fronte a certe azioni di Dio che ci sembrano troppo “umane”? Dio dimostra ira, gelosia, desiderio di vendetta,  crudeltà. Già gli antichi provavano imbarazzo di fronte a queste situazioni, al punto che Marcione, un eretico del II secolo, rifiutava il Dio veterotestamentario, primitivo e negativo, contrapponendogli il Dio neotestamentario, quintessenza dell’amore e del perdono. Questo bel libretto di Römer si interroga sugli aspetti sconcertanti di Dio, che spiega come sopravvivenza di antiche tradizioni confluite nella Bibbia ebraica. Tra i “lati oscuri” da lui analizzati figurano quelli legati al Dio patriarcale: Jhwh è descritto come un essere maschile per l’influenza di due concetti: il re, che doveva garantire benessere e protezione al suo popolo, e lo sposo, metafora del rapporto tra Jhwh e Israele. Alcuni testi biblici, però, mostrano che accanto a Jhwh erano venerate delle divinità femminili. L’attributo di Padre rappresenta un riconoscimento di autorità e di dipendenza in un periodo in cui, scomparsa la monarchia, l’unica struttura funzionante era la famiglia. Ma diversi testi biblici insistono sugli aspetti femminili di Dio, quali la tenerezza e la misericordia, e utilizzano spesso una terminologia femminile, come le espressioni relative al parto e all’allattamento, per sottolineare che Dio soffre per il suo popolo come una donna in travaglio. Altri “lati oscuri” riguardano la crudeltà di Dio, con riferimento ai sacrifici umani, che Dio chiede o tollera, e al tentativo di uccidere i suoi protetti. Nel primo caso Römer analizza il sacrificio di Isacco e le sue varie interpretazioni, per concludere che esso ha un intento didattico e polemico, in quanto prefigura un Dio divenuto incomprensibile e contesta un Dio costruito ad immagine dell’essere umano ideale. Nell’episodio della figlia di Jefte, invece, è descritto un Dio che mette gli uomini davanti alla loro propria crudeltà. Quanto ai tentati omicidi, Römer analizza la lotta di Giacobbe con l’angelo, che interpreta come mito eziologico per spiegare il nuovo nome del popolo di Israele alla ricerca di una nuova identità, e il tentativo di uccidere Mosè, che ha lo scopo di contestare il rigorismo esclusivista imposto da Neemia ed Esdra nel postesilio, con la proibizione dei matrimoni misti, sottolineando l’azione della moglie straniera di Mosè. Römer si dilunga anche sull’immagine del Dio tiranno, ispirata al modello del re assiro, cui si dovevano amore, timore e obbedienza esclusivi, e su quella del Dio guerriero, influenzata anch’essa dall’ideologia assira, in cui Dio appare come un comandante militare a capo di un popolo bellicoso, che conquista il paese con le armi, ideologia utile al momento della conquista della Terra Promessa. Le diverse immagini di Dio sono sempre legate al contesto storico: ad esempio il linguaggio aggressivo con cui Dio stesso esorta alla purificazione etnica, votando allo sterminio i popoli conquistati, è comprensibile in un’epoca di crisi, in cui era in gioco per Israele la perdita dell’identità come popolo, come quella successiva al ritorno in patria dopo l’esilio babilonese. Tuttavia, la Bibbia ha trasmesso anche molti racconti che si oppongono a questa tendenza, come quelli dei Patriarchi, che riflettono un mondo pacifico e un rapporto positivo con gli altri popoli. Ancora, Römer affronta l’immagine del Dio violento, con la storia di Caino ed Abele, che insegna ad accettare le disuguaglianze e a non reagire con la violenza. L’immagine del Dio vendicativo si trova invece soprattutto nei Salmi collettivi, che, in un contesto di oppressione, commemorano la disperazione di un intero popolo, che rimpiange la patria ed auspica la vendetta: qui la violenza del linguaggio è solo un grido di disperazione, non un programma politico di annientamento dei nemici. Dopo aver affrontato anche il tema della presenza della sofferenza e del male nel mondo secondo l’Antico Testamento, Römer cita due esempi dell’incomprensibilità di Dio, quando egli agisce diversamente da quello che l’uomo si aspetta: l’apparizione ad Elia, in cui, invece che in una manifestazione di potenza, Dio appare in un sussurro, e il libro di Giona, in cui, contestando la logica della retribuzione, si pone l’accento sulla misericordia divina. La conclusione del testo di Römer è che i “lati oscuri di Dio” non si ritrovano solo nell’Antico Testamento, ma anche nel Nuovo: essi vanno contestualizzati per essere compresi e, comunque, non esauriscono la complessità della figura di Dio, ma mettono in guardia contro concezioni troppo umane di Dio, perché il Dio biblico non può essere ridotto al rango di un “buon Dio”.

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