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Piccola guida alla preghiera

PRITCHARD John,
Claudiana, Torino, 2011,
pp. 214, Euro 14,50

Consiglio a tutti la lettura di questo piccolo libro: è di quelli che lasciano il segno, che ci arricchiscono, non di nozioni, ma di spiritualità. Non è una raccolta di preghiere, né un trattato di teologia pratica, né una storia della preghiera, né un manuale in senso tecnico, ma una guida che vuole accompagnarci in un cammino spirituale, senza pretendere di darci insegnamenti su un’espressione così personale della fede come la preghiera che, per sua stessa natura, non può essere strutturata senza perdere la sua essenza, cioè la spontaneità e la sincerità, che non può obbedire a delle regole, non può essere inquadrata in uno schema senza diventare retorica, finendo per essere pronunciata con la bocca e non con il cuore. Il testo del vescovo anglicano Pritchard non ha questa pretesa, ma, con uno stile semplice, colloquiale, fraterno, ci conduce alla scoperta dei diversi modi di pregare, aiutandoci a comprendere qual è quello più affine alla nostra sensibilità: dalla preghiera-freccia (Dio, aiutami!), pronunciata di getto per un’improvvisa emozione, che stabilisce un contatto veloce, traducendosi in una chiacchierata con Dio in mezzo al frastuono degli adempimenti quotidiani, alla preghiera-conversazione, che affronta in modo serio le questioni importanti, riservando a Dio un tempo ed uno spazio esclusivi per ringraziarlo, implorare il suo perdono, chiedergli aiuto, fino alla meditazione, che comporta la pura contemplazione, l’ascolto del silenzio e l’intimo godimento di Dio. Ognuno di noi troverà rispecchiato il proprio modo di pregare. Non importa se siamo più portati ad una preghiera di tipo francescano, che soddisfa l’emotività, o di tipo celtico, che vede la presenza di Dio in tutti gli aspetti della vita quotidiana, o di tipo benedettino, che privilegia la dimensione comunitaria; non importa se il nostro modello di preghiera appartiene alla scuola di Pietro, più strutturata, o a quella di Paolo, più intellettuale, o a quella di Giovanni, più riflessiva: quello che conta è trovare tempo per un incontro con Dio. Pritchard sottolinea l’importanza non tanto della quantità di tempo che si dedica a Dio, quanto della costanza: stabiliamo noi ora, luogo e durata dell’appuntamento, ma non manchiamo all’incontro! Alternando suggerimenti, domande, citazioni, esercizi pratici, piccoli brani edificanti, episodi divertenti, brevi preghiere, Pritchard riesce a stimolare la nostra volontà di rendere più intimo il nostro rapporto con Dio, facendolo diventare a poco a poco il punto di riferimento costante della nostra vita. Il testo ci dice come tirar fuori dal profondo quello che vogliamo dire a Dio, ci insegna a trovare materiale per la preghiera in ogni atto della vita quotidiana, in ogni persona che incontriamo, ci spiega come dominare le distrazioni che spesso ci assalgono mentre preghiamo, ci mostra delle tecniche efficaci per ricordare gli altri a Dio nelle nostre preghiere (ad esempio, associare ad una diversa persona ogni dito della mano). Non tutto in questo testo è condivisibile: specie ad una mentalità protestante alcune tecniche, come l’uso di candele o di fotografie o di sedie particolari o di altri oggetti (ad esempio un sasso per rappresentare il peccato) o lo sfruttamento della sollecitazione estetica provocata da una musica, un quadro, una poesia, possono farci sorridere o addirittura sembrarci fuori luogo, ma, se ci lasciamo sedurre da ciò che è inconsueto, potremmo sperimentare modalità suggestive, come quella che risale ad Ignazio di Loyola, il quale rievocava un episodio del Vangelo coinvolgendo tutti i cinque sensi, immaginando di vivere in prima persona quell’episodio, di stare  faccia a faccia con Gesù e parlare con lui. Ognuno di noi, chi crede e chi no, chi è abituato a pregare e chi no, chi vorrebbe pregare, ma non sa da che parte cominciare, chi si vergogna, chi si rivolge continuamente a Dio: tutti trarranno giovamento da questo testo e ne usciranno arricchiti.

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