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Tu sei il re dei Giudei?

GIORGIO JOSSA,
Carocci, Roma, 2014,
pp. 250, Euro 21,00

Il recente libro di Jossa si inserisce nella ricerca sul Gesù storico con diversi intenti: a) riaffermare il valore storico del Vangelo di Marco, preferibile a quello di Giovanni; b) ricostruire una vita di Gesù non focalizzata su aspetti della sua predicazione (il regno, i miracoli, la legge) o della sua personalità (profeta, guaritore, maestro), ma su uno sviluppo del suo pensiero ed una graduale presa di coscienza della sua missione; c) prendere posizione nei confronti delle precedenti ricerche sul Gesù storico, ridimensionando i criteri della dissomiglianza e della plausibilità, che considerano autentici solo i detti di Gesù che, rispettivamente, non trovano o trovano un parallelo nel giudaismo del suo tempo. L’autore sottolinea affinità e diversità di Gesù con le principali correnti giudaiche e conclude che egli non può essere appartenuto né ai Farisei, né ai Sadducei né agli Esseni né ai seguaci di Giuda il Galileo, mentre mostrerebbe più affinità con i movimenti apocalittici, messianici e penitenziali, come quello di Giovanni Battista, di cui avrebbe sicuramente fatto parte nella prima fase della sua vita, staccandosene poi per la graduale acquisizione di un’autocoscienza messianica e per una svolta alla sua predicazione, che si sposta dall’annuncio del giudizio a quello del regno di Dio. La fase galilaica di Gesù è infatti caratterizzata dall’annuncio dell’imminenza del regno, che non sarebbe né la liberazione dall’oppressione romana, né la restaurazione escatologica del popolo di Israele, né la realizzazione utopica di uno stato sociale egualitario: anche qui Jossa sottolinea un’evoluzione del pensiero di Gesù, il quale avrebbe dapprima auspicato un regno terreno e solo in un secondo momento avrebbe maturato la concezione di un regno trascendente. Solo così si spiegano alcune contraddizioni dei Vangeli: da un lato l’elezione simbolica dei Dodici e l’entrata trionfale a Gerusalemme, segni di una concezione regale; dall’altro il riconoscimento di legittimità al potere romano espresso nell’episodio del tributo a Cesare. Segno concreto del regno di Dio sono i miracoli: il successo della sua attività di taumaturgo avrebbe convinto Gesù che il regno di Dio non era solo vicino, ma era già in qualche modo presente, segnando un’ulteriore svolta nel suo pensiero ed alimentando la sua coscienza messianica: pur senza condividere l’idea nazionalistica del Messia davidico, Gesù avrebbe gradualmente compreso di essere l’iniziatore di una nuova era, quella dell’avvento del regno di Dio. Strettamente legata al regno è anche l’etica di Gesù, come si manifesta nelle antitesi del discorso della montagna, che evidenziano non un contrasto con l’etica giudaica della legge, bensì una sua radicalizzazione. Particolarmente importante è il capitolo dedicato all’autocoscienza messianica di Gesù, in cui Jossa analizza gli episodi dell’ingresso a Gerusalemme, del tributo a Cesare e della purificazione del Tempio per ridimensionarli, negandone il collegamento diretto con la condanna a morte di Gesù, il quale ha comunque una concezione diversa della messianicità, che non rinvia ad un sovrano guerriero che rifiuta il dominio romano. Circa poi la comprensione dell’inevitabilità della propria morte, Gesù vi sarebbe arrivato solo dopo la salita a Gerusalemme, quando, dovendosi scontrare con le autorità, avrebbe capito di dover mettere in conto la possibilità di venire ucciso. Di questa consapevolezza sarebbero prova sia l’Ultima Cena, svoltasi prima della Pasqua, perché Gesù sapeva che non sarebbe arrivato vivo al giorno festivo, sia le parole da lui pronunciate, che fanno riferimento alla propria prossima morte. Non solo, ma Gesù, vedendo allontanarsi la venuta del regno, avrebbe deciso solo allora di inserire la propria morte nel piano salvifico divino. Un ricostruzione della vita di Gesù basata quindi su uno sviluppo graduale del suo pensiero, che ci rende questa figura più viva ed umana.

 

Antonella Varcasia

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