Ascoltiamo il lieto annuncio del Regno di Dio!

25 giugno 2017

Matteo 22, 1 – 14.

Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora sulle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze!
Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Cara comunità,

forse conoscete quei sogni strani ed imbarazzanti, nei quali improvvisamente ad un certo punto, in mezzo nella folla, – nella metro, durante la lezione a scuola o in una riunione importante, ci si rende conto di essere vestiti soltanto con una sciarpa.

Questi sogni sono tremendi, ma per fortuna – come tutti gli incubi che abbiamo – finiscono bene: il sognatore si sveglia e la tortura è finita.

Il testo previsto per la predicazione di questa domenica, NON permette una soluzione così immediata e risolutiva del problema:

l’ospite di cui racconta la parabola, che NON indossa un abito adatto, NON si sveglia da questo incubo nel suo letto accogliente.

Anzi, viene gettato “fuori nelle tenebre”. , lo attende la tortura, e molto probabilmente anche la morte…

La parabola sul regno di dio ci racconta la storia di un re, che celebra un banchetto di nozze per il suo figlio.

Il re invita quegli ospiti che EGLI considera importanti, – e li chiama tramite i suoi araldi due volte a questo banchetto – ma gli invitati si rifiutano:

alcuni ignorano semplicemente il suo invito,

ma altri insultano e uccidono gli araldi del re.

Preso della sua ira e della sua delusione profonda, il re manda le sue truppe per uccidere gli assassini e per ridurre in cenere le loro città.

Questa punizione non è l’unica conseguenza del comportamento degli invitati: il re vuole celebrare comunque le nozze di suo figlio; e quindi, decide di invitare a questo banchetto qualsiasi persona si trova a passare per strada.

Questa è la prospettiva del re, che nonostante il rifiuto del suo invito, riesce a realizzare il suo evento.

Ma la realizzazione del suo banchetto costa anche molte vittime: queste vittime sono i suoi servi, ammazzati invece del  loro padrone. Vittime sono i cittadini delle città, la cosiddetta popolazione civile, assolutamente innocente, perché nemmeno invitata a questo banchetto.

E vittima è anche l’ospite con l’abito sbagliato. E stranamente è proprio il suo destino che ci trascina cosi tanto in questa parabola, sollevando tante domande, come se fosse veramente così importante ciò che indossa a questo matrimonio, – sopratutto in questo caso, dove la persona è stata presa dalla strada e probabilmente non aveva nemmeno la possibilità di mettersi un vestito adeguato.

Non che le altre vittime valgano di meno o che le loro pene siano più opportune, no: ma il suo castigo in particolare ci sembra inadeguatamente duro.

Questo brano di Matteo, nella forma in cui ci viene presentato, ci rende insicuri, perché la storia, per come ci viene raccontata, non regge come annuncio della salvezza del Regno di Dio. Ma proprio per questo siamo invitati a decifrare ed indagare le rotture che incontriamo nell’ascolto di questo Vangelo:

(1. HAUPTTEIL)

In primo luogo vi sono gli ospiti che si presentano come un enigma a noi lettori, particolarmente quelli che vengono invitati DUE volte, così come era uso nel mondo antico, quando si invitava ad un evento:

un primo annuncio dell’evento e della data

e poi un secondo annuncio nel momento in cui la circostanza era ormai prossima. Questa ridondanza era semplicemente necessaria, perché nel mondo antico non esistevano agende, né tanto meno orologi da polso.

→ Ma questi ospiti rifiutano l’invito.

Il perché non ci viene spiegato, ma non penso che sia molto importante. Piuttosto sembra importante che qui si tratta di un gruppo di persone, che fanno parte del tutto sin dall’inizio e che appartengono al re e a suo figlio. Perciò il racconto dà per scontato che loro sono invitati a questo evento, ma proprio loro rifiutano di andare.

Poi ci sono gli ospiti imprevisti, che festeggiano col re e con suo figlio, mentre gli ospiti precedentemente invitati sono assenti. Nessuno si sarebbe aspettato di vederli partecipare al banchetto del re, anche perché la loro partecipazione non sembra d’essere soggetta a nessun criterio: sono chiamati dalla strada, – buoni, ma anche cattivi.

Proprio perché questa parabola, non ci da più informazioni su questi ospiti, ci fornisce più possibilità di interpretazione. La più diffusa è quella che Matteo ci presenta qui la storia del suo popolo, come la comprende lui stesso:

In questa interpretazione il re rappresenta Dio, che manda i suoi profeti e apostoli al popolo d’Israele, per invitarli alla sua salvezza in Gesù Cristo. Ma loro non solo ignorano l’ invito di Dio, ma scherniscono ed ammazzano i profeti, perché si rifiutano di riconoscere il suo figlio. La città messa in cenere è molto probabilmente Gerusalemme, devastata per la mano dei romani nel anno 70 dopo Cristo.

Sembra che Matteo interpreti questa distruzione come punizione divina per questo rifiuto, mentre gli ospiti imprevisti rappresentano ai suoi occhi la comunità cristiana.

Certo che non è l’interpretazione più facile, perché può parere molto problematica alla luce degli avvenimenti degli ultimi secoli: le persecuzioni e il genocidio degli ebrei in Europa, che sono stati anche giustificati con letture del genere.

Ma cerchiamo di non fare l’errore dell’anacronismo e malinterpretare questo racconto fuori dal suo contesto temporale. Penso piuttosto che dobbiamo comprendere questo racconto di Matteo partendo dalla sua delusione e la sua sofferenza sul fatto che la maggior parte del suo popolo è rimasto con ciò che conosceva già e che non ha accolto questa speranza nuova in Gesù Cristo che invece l’evangelista ha trovato illuminante.

(2. HAUPTTEIL)

Matteo ci dà in questo testo la sua visione della storia di Dio col suo popolo. Ma il destino d’Israele non è il centro di questa parabola. Nemmeno con l’invito degli ospiti imprevisti, cioè con il nuovo patto che Dio stringe con tutti gli popoli, la parabola ha raggiunto il suo culmine.

Il racconto trova piuttosto una continuazione cruciale: tutto quello che è stato detto ci porta all’episodio dell’ospite senza abito nuziale, che ci ha colpito già all’inizio di questa predicazione.

L’intenzione di questo episodio finale potrebbe essere quella di respingere un malinteso, secondo il quale a causa dell’invito a caso, si potrebbe pensare che il comportamento degli ospiti imprevisti non abbia nessuna importanza.

Questo lascia già intendere la qualificazione morale degli ospiti, quando Matteo sottolinea che i servi raccolgono “quanti ne trovarono, buoni e cattivi”.

L’evangelista ci ricorda che non dobbiamo darci delle arie per essere invitati al banchetto, ma che anche noi stiamo sotto il giudizio di Dio.

E Matteo ci illustra abbastanza bene che cosa ci aspetta, se questo giudizio è negativo: la pena che il re ordina sul ospite viene descritta in modo molto dettagliato: il respinto viene gettato fuori nelle tenebre; dove sarà pianto e stridore di denti.

In considerazione a questa pena, la prospettiva che ci offre questo Vangelo sul banchetto nel Regno di Dio è terrificante e opprimente:

perché indossiamo l’abito che noi consideriamo giusto, ma che viene respinto dall’ospitante,

allo stesso modo, non possiamo sapere se riusciremo ad essere all’altezza di questo giudizio.

E rispetto a cosa toccherà agli ospiti invitati, non so quale azione abbia una conseguenza peggiore: respingere l’invito o andare lì nel timore di non essere adatti. Ma il messaggio sicuramente non può consistere nella mancanza di via d’uscita per noi.

Per capire meglio quest’ immagine dell’abito nuziale, è utile sapere che oltre ad annunciare un evento due volte, nel mondo antico era anche uso che l’ospitante mettesse a disposizione i vestiti per gli ospiti del matrimonio.

Quindi si poteva andare ad un matrimonio con i vestiti del quotidiano, perché lì si riceveva un vestito come tutti gli altri ospiti e tutti erano vestisti in modo adatto. Un uso molto pratico direi.

Ma allora mi chiedo se il nostro timore è giustificato, dal momento che non importa come arriviamo al banchetto, visto che riceveremo lì gli abiti adatti. Il nostro sforzo consiste davvero solo nell’indossare i vestiti che riceveremo?

Abbiamo visto che l’invito ci viene offerto, improvvisamente e a caso, così come siamo: buoni o cattivi, spesso entrambe le cose contemporaneamente. In questo invito Dioci offre la sua grazia, perché non potremo mai essere all’altezza di poter partecipare.

Accettarla significa, detto con il pensiero di Lutero mettersi l’abito nuziale e rendersi degno, che è nient’altro che: vivere in fede, che provoca le opere dell’amore.

L’abito nuziale è la vita del cristiano, che sa che il momento del banchetto arriverà, ma non sa quando. E infatti in questa occasione gli ospiti vengono improvvisamente interpellati. Ma uno di loro non indosserà l’abito che dovrebbe.

È il SUO destino che ci illustra che siamo tutti chiamati, ma non tutti compiamo la nostra grande responsabilità. La responsabilità di di stimare la vita che ci è stata donata da Dio.

Crudo ma chiaro Matteo ci spiega, che non basta essere invitati al banchetto, considerandosi ospiti, ma che dobbiamo anche essere riconoscibili come tali, indossando l’abito che ci è stato offerto, cioè vivere come cristiani in fede e in amore.

Cari e care, confesso d’essere sempre di nuovo sconvolta della profondità dell’annuncio, soprattutto quando lo incontriamo nascosto in un testo così pretenzioso e denso di un Vangelo che non è solo spaventoso, ma anche pieno di buona notizia per noi. Lo è perché finisce con un grande banchetto, al quale noi tutti siamo invitati. Ed è un banchetto che in ogni caso prenderà luogo, – e questo è il messaggio importante di questa parabola: Che ognuno che sente amore per l’ospitante e il suo figlio parteciperà a questo evento.

Anna Vinatzer.

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