I due figli

6 agosto 2017

Matteo 21,28-32

Parabola dei due figli
«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: “Figliolo, va’ a lavorare nella vigna oggi”. Ed egli rispose: “Vado, signore”; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: “Non ne ho voglia”; ma poi, pentitosi, vi andò. Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L’ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: I pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui.

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

anche oggi siamo chiamati apposta per riascoltare un’altra parabola di Gesù che ha voluto raccontare a coloro che lo seguivano allora.

A loro quella volta disse: un uomo aveva due figli. Egli ha mandato questi figli ad andare a lavorare nella sua vigna. Il primo gli ha risposto: << vado, Signore>> ma il secondo gli ha risposto <<non ne ho voglia>>.

Il primo quindi gli ha dato la sua disponibilità. Di conseguenza ha ricevuto questo incarico e così dovrebbe compiere a tempo pieno, al massimo della sua capacità come spesso diciamo, di intendere e di volere ciò che occorre fare in questo campo di lavoro.

Supponiamo che egli fosse consapevole di tutto ciò che andava a fare, e quello che doveva essere fatto. Supponiamo anche che la sua adesione significava che voleva obbedire, rispettare la volontà del Padre suo Signore.

Dall’altra parte il secondo figlio gli ha fatto sapere che non andrà a lavorare nella vigna del Padre suo Signore. Supponiamo anche che ha espresso al padre che non vuole assumere nessuno impegno in quella vigna quindi non si occuperà in nessuno modo di migliorare la proprietà del padre. Il padre non deve allora aspettarsi niente da lui perché la decisione presa dal secondo figlio è molto chiara e netta.

Allora il primo figlio comincia a lavorare. Egli compie il suo mandato, è un incarico che adempie ma deve essere un collaboratore del Padre. Lavora insieme al padre. L’atteggiamento che dovrà mantenere è di obbedire a ciò che comanda il padre signore. Obbedire nel senso di ascoltare e fare ciò che ha ascoltato.

Il secondo figlio, che ha rifiutato nel primo momento di lavorare nella vigna, non ha però detto di non voler fare niente ma farà un’altra cosa e in quel frangente, accadrà qualcosa. Mentre sta facendo qualche altra cosa, pensa al lavoro che gli ha proposto il padre. Forse ha pensato che ha deluso il padre per la sua decisione e nel contempo si rende conto della sua inadeguatezza. Forse si è sentito che non è il suo mestiere, non ha degli strumenti per lavorare in questa vigna. Così come il primo si è sentito subito di essere in grado di fare ciò che a lui è stato affidato però a lungo andare ha creduto troppo in se stesso ed è diventato padrone di quella vigna al posto del padre suo Signore. Si è autorizzato da sé, è diventato auto-referenziale.

Egli si è dato le sue regole e ha trascurato l’accordo preso col padre di obbedire alla sua volontà e chiamata(vocazione).

Mentre invece il secondo quando ha avuto modo di pensare e riflettere sulla richiesta del padre si è pentito e dopo ha voluto anche lui lavorare nella sua vigna.

Molti genitori filippini dicono spesso: meglio avere due figli che uno solo. Perché? Perché notano, forse, grazie all’esperienza di molti altri prima di loro che nell’avere un unico figlio o figlia sembra mancare qualcosa. Pensano forse che sia meglio averne due perché avere due figli potrebbe significare avere due possibilità. E’ comodo per i genitori dirsi che se falliscono con uno avranno un’altra chance.

I genitori devono , poi, aspettare che crescano per capire chi sono i loro figli, come e quando obbediscono. I genitori crescendo i figli si accorgono delle loro diversità di carattere. L’atteggiamento o il comportamento dei figli, uno a uno si possono scoprire attraverso l’incarico o i compiti che a loro vengono affidati. Sono i genitori spesse volte a farsi prima un giudizio sui loro figli soprattutto quando sono due. Infatti è più facile esprimere un giudizio quando sono due, un numero perfetto per cominciare a fare un confronto.

I genitori investono sui figli. i figli sono un grande investimento per i genitori. I genitori possono anche rischiare di fallire, ma è comunque un loro dovere di investire sui loro figli. Per i genitori il rischio di cui devono tener conto è di non fare dei paragoni ma aiutare i figli a cercare di scoprire i doni, i talenti, i loro punti forti e deboli per poi, così piano piano affidare loro diversi incarichi.

I genitori sperano che i figli manterranno tutto oppure porteranno avanti con dei miglioramenti , soprattutto, quando ci sono le proprietà come nel caso di questo padre della parabola. L’esempio dei due figli (la parabola del padre misericordioso) in qualche modo, ci presenta due fotografie: una è quella del figlio che potrebbe far perdere tutto sperperando quella parte che gli spetta e l’altra è quella del figlio che ha dato se stesso, servendo il padre per mantenere tutta la proprietà.

Lavorare nei campi è pesante. Molti di noi filippini siamo proprietari di terra nel nostro paese. Abbiamo pensato bene di investire i nostri guadagni comprandoci la terra per il nostro futuro. Là dove potremo coltivare il riso, mais, arachidi, zucchero di canna e ecc. Ma c’è un problema da risolvere finché i figli non imparano questo mestiere. Lavorare in campagna è molto difficile e faticosa e la verità è che molti filippini si sono già allontanati dal loro paese perché coltivare la terra è più difficile che lavorare come un collaboratore domestico o collaboratrice domestica.

I figli devono imparare e hanno bisogno dei genitori come dei bravi insegnanti. Devono imparare anche loro che devono guadagnare quello che i genitori hanno già acquisito come beni materiali. I genitori, come insegnanti dei figli non dovrebbero dare tutto quello che hanno senza obbligare i figli a conquistare con fatica le loro proprietà perché la terra ha bisogno di essere coltivata per dare frutto. Quindi bisogna che i figli imparino prima e devono avere degli strumenti per la coltivazione o per qualsiasi mestiere.

La nostra parabola vuole però farci capire attraverso questi due figli cosa vuol dire obbedienza. Impariamo qui che ubbidire non è solo il rispondere con parole <sì vado> ma anche che la risposta di non volere merita una riflessione sulla motivazione. Prima la mancanza di volontà e poi l’assunzione della richiesta e il cambiamento di idea.

Dunque, in questa parabola si tratta di ubbidienza. Il padre con i suoi due figli ha provato forse una soddisfazione? Ha ottenuto forse quello che voleva? Egli ha messo forse alla prova i suoi due figli per vedere come fanno i conti con la realtà?

Che cosa ha voluto insegnare Gesù con questa parabola prendendo due soggetti importanti come questi due figli? Il padre signore, proprietario di un campo o di una vigna assume i suoi due figli a lavorare e collaborare con lui. Ci vuole insegnare, oggi, ancora che per lavorare nel suo campo come degli operai non basta l’adesione(l’aderenza), ma conta soprattutto quella pratica del pentimento dimostrato dal secondo figlio.

Ricordo che con i fratelli e le sorelle filippini abbiamo già letto i due primi capitoli dell’epistola di Paolo ai Galati. In quei due capitoli Paolo ha voluto sottolineare qual è il vero evangelo di Dio. È molto chiaro che nella chiamata dell’apostolo Paolo ci sia stata la sua conversione che era nata prima in risposta all’elezione da parte dei suoi padri israeliti. Egli ha obbedito agli insegnamenti dei suoi padri e ha dovuto obbedire per rispetto alle loro fede e tradizioni ma poi, la conversione più profonda quella seconda avviene in risposta a Cristo Gesù secondo la sua testimonianza. E stato Dio, Signore, Padre che gli ha svelato la vera Via della salvezza e questa è anche la vera motivazione dell’elezione dei figli legittimi e adottivi che sono i giudei- cristiani, i pagani, i pubblicani, le prostitute, gli stranieri(tutti quelli che si riconoscono peccatori e peccatrici che hanno bisogno della salvezza promessa nel figlio di Dio). Questo campo della vigna è la chiesa di Dio oggi che è disposta ad accogliere tutti, questa chiesa inclusiva.

Il secondo figlio, dalla sua iniziale esperienza di rifiuto nasce il ripensamento e la vera esperienza di essere un collaboratore di Dio proprietario della vigna e avere con lui un legame di continua fiducia e di ascolto di ciò che gli rivela giorno per giorno.

È un rapporto non solo di memoria, di ricordo al comando ma è una pratica di vita continua nella conversione. L’esempio del pentimento di questo secondo figlio è quella conversione che è nata dalla riflessione sulla fede. L’autentica fede è il frutto della consapevolezza che si deve rimanere legati e subordinati al Signore per poter essere degni di essere chiamati collaboratori.

In questa parabola dunque, c’è questo primo figlio che ha avuto l’incarico di lavorare per il Signore, il Padre di tutti i popoli e il secondo figlio che ha avuto anche l’incarico di lavorare per lo stesso Signore e il padre eterno .

Perché l’ordine dei figli è rovesciato.? Non basta il sì come risposta alla chiamata di lavorare nella vigna del Signore ovvero nel campo di lavoro del Signore perché ci vuole un continuo rinnovamento dell’adempimento alla vocazione, quello compito affidato a tutti i credenti. Il no come risposta dall’altro figlio che ha eseguito la volontà del padre ha ribaltato la situazione. Il diritto alla salvezza non si determina dall’adesione a parole ma dall’adempimento.

Uno dei commentari che ho letto dice: E’ probabile che quest’ordine alterato rifletta un’interpretazione allegorica della parabola della chiesa antica: gli ebrei pretendevano di essere obbedienti a Dio, ma respingevano l’evangelo, mentre i pagani, che avevano rifiutato di obbedire a Dio, si pentivano e lo accettavano. Agli ebrei è stata fatta prima la promessa del regno di Dio ma per il rifiuto del Vangelo si sono autocondannati. In quanto leader religiosi essi pretendono di essere obbedienti a Dio, ma non si rendono conto che l’obbedienza autentica include il reagire con fede alle nuove cose che Dio sta facendo.

Il ruolo di anticipazione , preparazione nella persona di Giovanni Battista che ha testimoniato il Cristo, conferma qui che il loro rifiuto di vedere Dio all’opera anticipa anche il loro rigetto di Gesù.

Perché c’è il rifiuto della autorità di Gesù? Per l’orgoglio di non accettare il dono di Dio in Gesù. Non era facile cambiare la mentalità di un popolo che ha sempre pensato che la sua salvezza dipendeva dall’obbedienza sul fare come un obbligo ad eseguire dei comandamenti, delle prescrizioni. I leader religiosi facevano fatica ad accettare questa promessa di Giovanni Battista, che battezzava con acqua coloro che credevano e si pentivano di aver commesso dei peccati. Nella fede come risposta alla testimonianza di Giovanni si denota la vera l’obbedienza.

Che lo Spirito Santo del Signore rinnovi continuamente la nostra volontà al pentimento e alla conversione per fare ciò che occorre nel nostro vivere oggi. Amen.

Pastora Joylin Galapon

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