La mia grazia ti basta

2 Corinzi (11,18.23b-30)12,1-10

 

 

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

il nostro libretto un giorno una parola ha proposto per la predicazione di oggi una parte dell’undicesimo capitolo della seconda lettera di Paolo nel quale ci viene raccontato come l’apostolo ha vissuto durante lo svolgimento del suo ministero.

Nel cap. 11 ciò che è stato letto prima, l’apostolo ha fatto un elenco delle sue esperienze di vita in cui egli ha molto sofferto. Non ha vissuto nel benessere ma piuttosto ha vissuto in cattive condizioni di salute e ha incontrato delle difficoltà facendo il suo lavoro pastorale.

L’apostolo Paolo ci ricorda ora come era il suo vivere durante lo svolgimento del suo ministero.

Immaginate ora un pastore che si chiama Paolo che sta svolgendo il suo lavoro pastorale perché ha sentito Gesù Cristo che lo chiamava.

A causa di Cristo è stato più volte in prigione, a causa di Cristo è stato colpito dai giudei, a causa di Cristo poteva morire, a causa di Cristo è stato più volte destinato a morire durante il suo viaggio missionario da una comunità ad altra.

Insomma, ovunque andava aveva l’ impressione che la sua vita fosse in pericolo. Non era mai tranquillo e persino il suo corpo non godeva di buona salute.

In questi versetti, possiamo fare anche un  confronto tra il lavoro pastorale nell’epoca di Paolo e la cura pastorale che svolge il pastore di oggi ed è necessario che ci riflettiamo.

Spesso noi pastori sentiamo che i membri della comunità dicono che i pastori non sono più come quelli di una volta. Ogni volta fanno un paragone soprattutto gli anziani di chiesa, coloro che hanno vissuto molto nella  comunità e che con passare degli anni  hanno fatto  il  ritratto di ogni loro pastore.

La realtà di oggi è molto lontana da quella di prima e constatiamo che non siamo uguali di razza, di lingua, di cultura, di fede e così i membri delle nostre chiese sono anche diversi perciò  questi testi biblici ci invitano ancora di più  a mettere in discussione per poi accettare che ogni epoca subisce un cambiamento e quindi bisogna capire e conoscere bene il  contesto in cui uno vive. Perciò per essere un pastore o una pastora di oggi,  bisogna avere anche degli strumenti per affrontare una realtà di questo genere.

Chi sono per voi i pastori e le pastore? Che ruolo stanno svolgendo? Che rapporto avete con loro?

Sentite questo che ho ricevuto dal whatsapp che mi ha mandato uno studente della facoltà di teologia. Dice che è una statistica curiosa.

Essere “pastore” è tra le quattro “professioni” più difficili negli stati uniti. Ma è davvero così?

Per tutti un Pastore deve essere:

predicatore, esempio, padre, marito, consigliere, oratore, organizzatore, ministro, uomo di visione, direttore, mentore, consigliere per matrimoni, consigliere per i giovani, amico, tuttofare, conciliante, formatore di leader, insegnante di dottrina, conduttore della lode, intercessore, oltre a questo un Pastore  molto spesso è portiere del locale di culto, autista occasionale dei fratelli che non possono venire alle riunioni, addetto alle pulizie, il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via.

Ogni pastore affronta molte critiche tra cui: la predicazione non è stata soddisfacente, la riunione è durata o troppo o troppo poco ecc.ecc.

«Forse è giunto il momento di considerare il tuo Pastore in modo differente!»

– Il pastore molte volte è la persona più sola della tua comunità. Anche se lo vedi circondato da molte persone, considera che pochissime volte le molte persone che lo circondano sono interessate ai suoi problemi e ai suoi bisogni.

– Rispetta e onora la vita di tutti quelli uomini di Dio che hanno sacrificato tante cose, compreso alcune delle esigenze della propria famiglia per aver risposto alla chiamata di Dio.

– Apprezza il tempo che il pastore ti dedica: non sai quanto di  quel tempo sarebbe apprezzato dalla sua famiglia.

– Se hai un pastore custodiscilo, proteggilo, prega per lui, sostieni la sua visione di fede, ma soprattutto AMALO.

Credo e crediamo che ogni epoca cambia ma il ruolo del pastore essendo chiamato da Dio è veramente quello di dover fare conto con quello che è stato chiamato a fare. Nel cap. 12 l’apostolo Paolo parla della sua visione e rivelazione. Queste parole furono le parole che descrissero l’atteggiamento e il suo apostolato. Egli ebbe una visione, vide Gesù durante il suo viaggio.

Gesù era per lui una rivelazione di Dio. Saulo dunque divenne Paolo il messaggero del Cristo crocifisso e risorto. Il Signore Gesù Cristo disse: La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza.

Questa frase di Gesù risorto era per lui la sua ispirazione, la lampada ai suoi piedi ovunque andava. Egli capì che la sua chiamata di annunciare la parola della croce comportava un sacrificio, una rinuncia di se stesso, e corpo e anima ne risentivano.

La sua vocazione era di annunciare Gesù Cristo che donò la sua vita per amore al Padre e agli uomini a tutte e a tutti.

Egli capì che questo atto di  sacrificio e di rinuncia era la volontà di adempiere ciò che era giusto per la giustificazione del credente.

Così ovunque andava l’apostolo Paolo, per lui l’incontro con l’avversario e il male che soffriva fisicamente erano una lotta continua.

Il male del corpo  che gli era stato messo  nel suo corpo e l’angelo di satana che lo accompagnavano sono stati i suoi primi persecutori. Era purtroppo costantemente quasi oggetto degli affari dello spirito maligno.

Paolo capì che la sua arma era la parola di Gesù«la mia grazia ti basta>. La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza.

A mio avviso, all’apostolo Paolo non è mancata quella parola che divenne la sua spada contro al male che ha avuto e ha potuto superare.

Egli conservava quella promessa che si manifestava concretamente ogni volta che affrontava una difficoltà. Davanti a ciò che umanamente era più grande di lui, subentrava la grazia del Signore. Paolo invece con la sua visione e rivelazione di Cristo si fortificava sempre di più. Per ciò che viveva riusciva a trovare la sua forza in lui.  Si sentiva male ma era come se non lo sentisse. Il suo corpo era malato, colpito da tante disgrazie ma il suo spirito viveva e si nutriva della sua visione e rivelazione di Cristo. Ciò che gli dava forza erano queste parole di Cristo: « La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza. La potenza di Cristo  riposa nella debolezza. Credo che spesso il credente si rifugia in queste parole.

Il pastore di oggi vive in comodità nei confronti del vissuto di Paolo. viaggia in treno, in macchina, in aereo e in nave e il pericolo è minore.

I testi biblici che abbiamo letto che riguardano le esperienze pastorali dell’apostolo ci assomigliano in parte e dipendono anche da dove siamo chiamati a lavorare.

Ma  è importante riflettere se in mezzo alle tribolazioni, alle  persecuzioni, alle preoccupazioni di tutti giorni si trova ancora la gioia di aver trovato l’evangelo in Cristo Gesù. Ciò che è  fondamentale  allora e  oggi,  è come vive un pastore/una pastora questi momenti per poter continuare a svolgere il suo ruolo. Penso che l’apostolo Paolo, per l’ennesima volta ha preso molto seriamente ciò che affermiamo sulla grazia, come uno dei  principi del protestantesimo. Senza la grazia del Signore non possiamo andare oltre, e non troviamo mai la pienezza della gioia(la contentezza) in ogni cosa che facciamo e in ogni circostanza in cui ci troviamo. Questo è valido per tutti, pastori e credenti.

La grazia è quella che abbiamo scoperto e saputo riconoscere come segno che ci dà l’ avvio per perseguire il nostro lavoro e cammino nonostante le avversità che affrontiamo.

Domenica scorsa abbiamo sentito la predicazione della sorella Francesca Agrò, seguita poi dalla testimonianza di Lina che ci ha coinvolti emotivamente ,rispetto alla vita che deve esperimentare  chi vuole seguire Gesù.  Uno che crede o che vuole seguire il cammino di Gesù Cristo è un credente cristiano che inevitabilmente viene perseguitato.

La parola persecuzione (come oppressione, maltrattamento, tortura) è molto pesante da supportare ma questo è caratteristico di chi vuole seguire Gesù. Questo è il risultato di una scelta ponderata. La decisione da intraprendere è in ricerca di  qualcosa che uno ritiene più importante, più prezioso come gli insegnamenti che traiamo dalle  parabole di Gesù raccontate allora nel vangelo di Matteo cap. 13 dal 44-46.   L’uomo avendo trovato qualcosa di più prezioso ha rinunciato a tutti i suoi averi che per tanti anni ha acquisito come suo possesso .

La gioia che provava Paolo nonostante la sofferenza che continuamente lo perseguitava o che non lo mollava è stato il frutto della grazia che ha ricevuto dalla rivelazione del Signore. Penso che  la grazia del Signore sia la gioia che abbiamo sentito noi credenti in lui quando abbiamo potuto superare ogni passaggio doloroso nella vita. Gesù nel suo vissuto sulla terra e nello  svolgere il suo ministero non  ha illuso nessuno. L’obbedienza al comandamento di Dio è  un vivere la realtà più viva che grazie all’assunzione della propria responsabilità diventa un vivere di gioia e di pace. Gesù pregò «padre mio, se è possibile passi oltre lontano da me questo calice. ma non come voglio io,  ma come vuoi tu» Matteo 26,39 e l’apostolo disse «8 Tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me; 9 ed egli mi ha detto:  La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». (2 Corinzi 12,8-9) La grazia è quella forza che non ci viene mai a mancare e va oltre il nostro limite umano e per chi ha ricevuto la parola della conoscenza di Dio è la rivelazione stessa di lui che dà la prova della sua esistenza.

Questa forza ci dà  vita ed è vitale per noi, nelle circostanze particolari per superare le difficoltà che incontriamo. «Tutto concorre al bene per quelli che amano Dio».

Penso alla comunità composta da credenti come la nostra ai quali, agendo insieme, Dio concede la grazia. La grazia del Signore sia con tutti noi. Amen

past. Joylin Galapon

 

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