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La Parole e le parole da portare

Sermone su: Isaia 50,4-9

Care sorelle e cari fratelli,

Tra le mille notizie drammatiche di questi giorni, colpisce per la sua particolare tragicità la morte di una donna al settimo mese di gravidanza, respinta al valico alpino dalle autorità francesi. L’ennesima storia di povertà, emarginazione, fuga alla ricerca di una vita nuova… negate e recluse da un sistema che ormai non riesce più a gestire in maniera umana i poveri che esso stesso produce. Lo sanno bene anche quelli tra noi che, all’alba della domenica, vanno a distribuire le colazioni ai senzatetto intorno a piazza della Repubblica.

Per capire meglio il problema, ho appena finito di leggere un libro di S. Baumann, Le nuove povertà. La sua analisi ci fa capire come la povertà sia stata percepita dalle culture umane nel tempo in modi molto differenti. Nel medioevo il povero garantiva a se stesso e al ricco la salvezza eterna. Con la modernità il povero diventa un potenziale operaio, in attesa di essere impiegato nella fabbrica e di svolgere il suo ruolo sociale; il welfare state è stato inventato anche per garantire che, in questo tempo di attesa, la situazione non degenerasse. Oggi, il capitale ha imparato a fare altissimi profitti con poca manodopera, e così i poveri sono diventati un peso inutile per l’economia. L’assistenza sociale è sempre più vista come insostenibile e ideologicamente ingiustificata. Si arriva così alla criminalizzazione del povero e dallo stato sociale si passa a quello di polizia, come ci insegnano gli Stati Uniti, il cui sistema carcerario è teso esattamente a questo fine. Il problema è che ci stanno convincendo con tutti i mezzi possibili che questo modo di pensare sia quello giusto. Ricordiamoci solo, però, che cosa è successo i Germania quando alcuni gruppi sociali sono state bollate come un inutile peso, anzi, come un pericolo per l’odine sociale…

Ebbene, ci tengo a dire che oggi, domenica delle Palme, noi ci prepariamo a festeggiare la Pasqua con la convinzione che non solo tutto questo è sbagliato, ma che c’è un’alternativa ben precisa. Gesù entra a Gerusalemme facendo capire che lui è il Signore del mondo e che in lui tutte e tutti noi, a partire proprio dai poveri e dagli emarginati, abbiamo un’altra possibilità. I poteri di questo mondo capiscono al volo il significato dell’azione di Gesù e, infatti, cercano di toglierlo di mezzo. Dio, però, lo resuscita e rimette in gioco la vita di tutti quelli che si fidano di lui. Nel Cristo risorto un nuovo sistema di valori, una nuova percezione della vita e dei rapporti umani è possibile, e noi siamo chiamati a realizzarla. Ma come?

La parola di Isaia ce ne dà un esempio eloquente. Nel “terzo canto del servo”, il profeta è rappresentato come colui che ha il dono di parlare come un maestro, ma che ogni giorno deve prima di tutto ascoltare la voce di Dio, proprio come uno scolaro. Eppure il profeta ne ha di esperienza, ha un rapporto diretto con Dio, è uomo che conosce il suo tempo e la sua gente. Proprio la sua condizione di profeta lo porta allo scontro duro con i suoi avversari, contro coloro, cioè, che non possono accettare la Parola del Signore, e quindi tormentano e perseguitano il profeta. La prima cosa che fa, però, e di mettersi in ascolto della parola di Dio: anche lui deve ricevere ogni giorno l’insegnamento dal Suo Signore, proprio come uno scolaretto. Ogni mattino il Signore apre il suo orecchio alla Sua parola, che lo ammaestra. La stessa cosa vale per ogni discepolo del Signore. Abbiamo il dono grande, direi il privilegio, di poter portare al mondo la parola di Dio, ma siamo anche chiamati all’umiltà di aprire ogni giorno la Bibbia e imparare, affinché le parole di Dio non si confondano con le nostre parole. Perfino i discepoli di Gesù, che erano con lui ogni giorno, riuscirono a comprendere quel che era avvenuto la domenica delle Palme solo dopo aver ricevuto la buona notizia della resurrezione.

A proposito dell’ascolto della Parola, in questi giorni sta accadendo un fatto che non ci può lasciare indifferenti: fine mese chiude l’agenzia italiana della Società Biblica Britannica e Forestiera. Chiude dopo 210 anni di lavoro capillare per la diffusione della Bibbia in questo paese. Senza il suo servizio il protestantesimo italiano non esisterebbe. Tocca alla Società biblica in Italia trovare le modalità per portarne avanti l’eredità, ma questo sarà possibile solo se troveremo le forze per farlo: le nostre chiese credono ancora nel progetto della diffusione della Bibbia? In questi tempi di crisi, cioè di “giudizio”, il mondo ha bisogno di persone che sappiano vivere coraggiosamente la loro vocazione ad essere gli araldi dell’evangelo, pur nell’umiltà di chi sa farsi discepolo ogni giorno, per aiutare con la parola chi è stanco.

Solo se ci saremo posti all’ascolto dell’evangelo, della Parola, potremo agire in questo mondo per dire ad alta voce che un’altra via è possibile, che si può vivere la nostra relazione con l’altro e con l’altra partendo dall’amore di Dio. C’è una speranza per tutte e tutti, anche e soprattutto per i poveri, per gli emarginati, per quella gente che oggi l’economia considera un peso inutile. E, anche se ci sentiamo stanchi e demotivati, e se vediamo intorno a noi persone che hanno perso la speranza, ricordiamoci la nostra vocazione ad essere araldi della Buona Notizia! Il mondo ha bisogno di una parola di conforto: gli sfruttatori sono sotto il giudizio di Dio, il quale sta dalla parte delle vittime e propone a tutti, in Cristo, una via di riconciliazione tra esseri umani e tra esseri umani e Dio. Dobbiamo trovare il coraggio di dirlo a muso duro come il profeta, perché in questo il Signore ci accompagna. Abbiamo bisogno di farlo anche nei piccoli gesti quotidiani che possono sembrare una goccia d’acqua nell’oceano, ma che conservano il loro valore di testimonianza. Pensiamo al progetto delle colazioni ai senzatetto, pensiamo anche ad un progetto lontano nello spazio ma che la nostra chiesa, tramite l’8×1000 ha deciso di finanziare: la ricostruzione della casa delle donne di Kobane, nel Kurdistan. I curdi sono di nuovo sotto attacco e forse questa volta saranno i turchi a distruggerla un’altra volta. Ma noi saremo con chi vorrà ricostruirla, testardamente, perché là dove c’è violenza, ingiustizia, sopraffazione, noi dobbiamo essere presenti con gesti profetici.

Gesù, dunque, viene a Gerusalemme come luce del mondo, per una sua ultima e definitiva manifestazione come Messia, come Signore di questo mondo. C’è ancora una possibilità per i suoi contemporanei, ma i suoi avversari irrigidiscono ancora di più la loro posizione e si preparano ad ucciderlo. Come il servo sofferente di Isaia, egli si prepara al martirio, ad obbedire fino alla fine. I suoi discepoli guardano la scena, ma non comprendono. Capiranno dopo la resurrezione. Noi siamo come loro, chiamati ad una vocazione importante, ma allo stesso tempo discepoli, che devono imparare e studiare ogni giorno. Per poter così portare con coraggio, testardamente, quella parola che dischiude il senso della vita, che svela la verità, che ci aiuta a comprendere le contraddizioni di questo mondo e le nostre. Quella parola che siamo chiamati a portare e che, sola, può rimettere in piedi chi è stanco, liberare chi è oppresso, e manifestare la luce là dove sono le tenebre.

Amen

prof. eric Noffke

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