Giustizia e sapienza

Sermone: 1Re 3,16-28

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

questa mattina voglio continuare con voi a riflettere sulla faccenda umana in cui Dio è il primo a prendere l’iniziativa per far attuare la sua volontà, che è la vera giustizia.

Domenica scorsa abbiamo ascoltato il racconto della vocazione di Geremia, il profeta del cambiamento, che alla fine dei conti giungiamo alla conclusione che il vero cambiamento comincia dall’opera del Signore e che poi scaturisce la speranza in Lui.

L’apostolo Paolo scrisse: <<le cose vecchie sono passate, ecco, sono diventate nuove>>2 Cor.2,16, dal passato nasce un nuovo inizio (una cosa nuova) nella storia delle donne e degli uomini, come un divenire nel tempo e nello spazio.

Oggi abbiamo ascoltato il racconto delle due donne prostitute, due genitrici di due figli neonati, che a causa di un conflitto scaturito tra i due per la dolorosa morte di uno di questi, si erano recate al tribunale per chiedere il giudizio del loro Re, del re di Israele.

Leggiamo nel 1 Re al capitolo 4 verso 29 chi era il Re Salomone: <<Dio diede a Salomone sapienza, una grandissima intelligenza e una mente vasta>>. Per questo motivo il Re era chiamato a svolgere il suo ruolo di amministrare la giustizia di Dio nei confronti del popolo di una nazione e oggi ci fa riscoprire che la giustizia di Dio era valida e imparziale per tutti e la faccenda di queste donne ne era la testimonianza. Le mancavano del testimone ma con la sapienza di Salomone, esse hanno avuto il giusto giudizio.

Il racconto è molto chiaro, dopo pochi giorni dell’avvenuto parto di queste due donne prostitute, dopo aver subito un dolore inimmaginabile causato dal parto, come si era espresso anche nella Bibbia: <<come una donna, si contorce e grida durante le sue doglie>> Isaia 26,17 ; le doglie del parto di una donna è un’esperienza molto dolorosa e che solo le donne che furono diventate genitrici o mamme potrebbero testimoniarlo bene.

Chi potrebbe mai spiegare e dire qualcosa sul dolore di queste donne prostitute?, che continuamente lo subiscono essendo spesso nelle mani degli uomini, e che a causa della loro professione hanno il rischio di subirlo sempre. Esse per vivere erano finite nelle mani degli uomini e non essendo considerate di avere tale dignità furono sempre pensate di essere presenti per un attimo utilità dell’uomo e per sopravvivere furono costrette a prostituirsi.

Che cosa c’era in fondo a questa nascita di due figli?

Da quali uomini hanno avuto questi?

Forse nemmeno loro due hanno la consapevolezza chi potrebbero essere i responsabili.

Quindi queste due donne subirono un doppio dolore ma anche forse l’odio verso loro stesse e la morte di un figlio poteva indicare qualcosa.

Ecco perché davanti all’autorità, alla persona autorevole, il giudice di Israele si recarono per ascoltare un giudizio per loro, per essere difesi. Il re Salomone, sicuramente farà il giusto e giudicherà con sapienza, avendo un’extra-ordinaria intelligenza e un pensiero saggio, una larga veduta. Soltanto, però, l’intervento di Dio attraverso il re Salomone avrebbe portato al giusto giudizio che è la giustizia che emana il Dio eterno.

Torniamo al nostro testo e osserviamo lo sviluppo del racconto di queste due donne. Sono due donne prostitute.
Due donne che ciascuna ha partorito un bambino in distanza di tre giorni: “poco prima l’altra, poi dopo tre giorni partorisce l’ultima”.

Nello sviluppo del racconto, la prima donna che ha partorito è quella che ha avuto un figlio morto. Davanti al Re, il giudice, ella ha raccontato tutti i dettagli , ciò che è successo tra di loro. Nella sua testimonianza, è venuto tutto fuori, quella che sarebbe stato successo. La seconda donna, invece, ha detto poco e quasi niente, era sufficiente che aveva affermato, attestato che suo figlio è quello che è vivo.

Avete mai pensato e riflettuto perché la donna che ha partorito un figlio, successivamente le è morto? Il racconto non dice niente perciò nessuno di noi potrebbe dire qualcos’altro, anzi come legge non dobbiamo aggiungere niente, né più né meno alle Sacre Scritture.

Come mai questo racconto è costruito, sviluppato e diciamo che quasi interamente dice solo “ciò che non è vero”. Una falsa testimonianza come questa non deve tollerare la comunità di credenti, ma in questa falsa testimonianza potremo riflettere (sul cosa potrebbe accadere) quando affermiamo ciò che non è la verità.

La donna prostituta cui figlio le è morto, ha potuto costruire una storia ben fatta davanti al giudice. Un racconto molto sviluppato, e come un tema ha potuto raccontare tutto dalla A alla Z.

Innanzitutto una falsa testimonianza è pensato molto bene. Un uomo o una donna che la fa è definito molto capace, è abile perché è capace ad inventare, con l’arte del suo parlare riesce a catturare chiunque, chi vuole ingannare. Sarebbe quindi una trappola che una persona autentica non riuserebbe mai a farlo.
E’ un arte che non tutti possono fare, ma chi riesce bene con l’intento di ingannare, di rovinare la reputazione di una persona, e ancora di più di rovinare la propria vita con lo scopo soltanto di avere quello che vuole è veramente un peccato gravissimo.
Egli/ella ha commesso un peccato contro la legge, nei confronti di Dio e del prossimo.

Questo è un caso molto concreto che per noi serve a fare una ragione perché una comunità debba ricordarlo. Molto spesso nelle nostre comunità, ci sono quelli che ancora non hanno potuto evitare ad ascoltare una falsa testimonianza(forse tutti noi).
Perciò, questo racconto biblico ci richiama anche oggi l’attenzione della legge di Dio: ci riafferma l’importanza dell’osservare i dieci comandamenti che Dio ha rivelato per mezzo di Mosè per contrastare una falsa testimonianza, ci rendiamo conto che una falsa testimonianza non ha un fondamento, non ha nessuna traccia dei fatti perciò non può essere vero.

Durante il culto che abbiamo celebrato nella prima domenica di giugno con la chiesa valdese di via 4 novembre, il pastore Emanuele Fiume ha sostanzialmente riproposto una tradizione wesleyana che per noi ha un valore fondamentale.

Secondo la tradizione wesleyana nel culto ci deve essere la lettura dei dieci comandamenti. Alcuni di noi hanno osservato e hanno detto che è positivo richiamare alla memoria la legge di Dio, di leggerla bene e ripeterla insieme durante il culto, in cui l’assemblea si riconosce il popolo di Dio, e di non dimenticare che l’uomo credente non potrà mai superare i continui fallimenti perché è incessantemente tentato dallo Spirito ingannatore che spinge ogni volta ad una falsa testimonianza soprattutto quando vuole difendersi e vuole ottenere ciò che solo per il suo profitto.

Leggerli tutti insieme nella comunità, ci invita a ricordare, a memorizzare e a masticare come un cibo buono poiché la legge che Dio ha lasciato a Mosè serve per noi tutti a raggiungere un buon obiettivo di riuscire ad avere una vita pacifica e una vita di convivenza in buona armonia.
I Comandamenti sono indipendenti l’uno dall’altro?
Il Decalogo costituisce un’unità organica, in cui ogni «parola» o «Comandamento» rimanda a tutto l’insieme. Trasgredire un Comandamento è infrangere tutta la Legge.

L’ottavo comandamento di Dio è < Non dire falsa testimonianza>.
Una falsa testimonianza rovina la reputazione di un’altra persona.
Una testimonianza falsa rovina il prossimo e chi lo fa, anche se stesso. Non è uguale con il detto “una bugia per proteggere una persona”. Dire ciò che non è vero su un’altra persona sarebbe cambiare il suo volto/la sua immagine.
Una persona che fa questo rovina più se stessa perché è contro la legge di Dio.

Gesù era vittima delle false testimonianze: falsi testimoni, falsi profeti, falsi apostoli e falsi discepoli.

Egli era stato accusato di testimoniare una menzogna dai suoi avversari, coloro che non hanno creduto alle sue parole. Deve morire << perché si è fatto figlio di Dio>> Giovanni 19.7
Era questa la più grave accusa che hanno testimoniato gli altri nei suoi confronti.
Nei suoi ultimi giorni di vita ha ascoltato solo le false testimonianze che le erano scagliate contro di lui.

Non poteva dire altro che la verità di se stesso, del motivo per cui faceva delle opere, che Dio gli ha conferito una potenza, che lui può fare qualcosa dove l’uomo non può.

In Giovanni abbiamo letto e ascoltato la testimonianza di Gesù. Egli ha dichiarato che lui era venuto da Dio ed era mandato come Suo testimone.
Con il dono della fede che Dio ci ha donato abbiamo professato con la bocca che Gesù Cristo è il nostro Signore, è il nostro Messia, è il nostro Salvatore. Dio Padre, figlio e spirito santo ne sono testimoni.

A mio avviso, perché fuggiamo dalla tentazione dell’ ingannatore cerchiamo di afferrare bene il grande comandamento. Come hanno consigliato i padri agli israeliti nel libro di Deuteronomio << 4 Ascolta, Israele: l’Eterno, l’Iddio nostro, è l’unico Eterno. 5 Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. 6 E questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; 7 li inculcherai ai tuoi figliuoli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.

8 Te li legherai alla mano come un segnale, ti saranno come frontali tra gli occhi,
9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Deut.6,5-8 Leggiamo al vangelo di Matteo 19, 17<< Ama il tuo prossimo come te stesso». Amen.

Past. Joylin Galapon

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