Amore per Dio e amore per il prossimo

Cari fratelli e care sorelle,

qualche anno fa mi era stata consigliata la lettura di un libro dal titolo “donne che amano troppo” che penso che alcuni di voi conoscano. E’ un libro scritto negli anni ’70 da una psicologa americana, Robin Norwood, che parla di alcune sue pazienti che avevano sviluppato una dipendenza affettiva dai loro compagni e per stare con loro avevano rinunciato alla felicità e a loro stesse. Potrebbe sembrare un paradosso per noi cristiani: non ci è stato sempre detto di dover amare il nostro prossimo come noi stessi? Cosa vuol dire amare troppo? Non dovrebbero esserci dei limiti nell’ amore! Purtroppo però nei nostri giorni il concetto dell’amore viene spesso abusato. In Italia purtroppo c’è un triste primato per le donne che perdono la vita “per mano di coloro che dicevano di amarle”, per molte relazioni si parla di amore tossico o amore malato, molte donne pensano che gli uomini siano possessivi perché le amano tanto e per lo stesso motivo si rifiutano di denunciare alle autorità gli abusi subiti. Molte volte anche i genitori, pensando di fare il bene dei loro figli, si mettono contro i loro insegnanti non tollerando un rimprovero o una bocciatura. Anche questo, a mio parere, può essere classificato come una forma di amore malato.

Oggi i nostri testi biblici ci parlano dell’amore e ci spiegano come l’amore per Dio e l’amore per il prossimo siano due cose imprescindibili l’una dall’altra.  In Prima Giovanni leggiamo infatti che “se uno non ama il prossimo che si vede, non può amare Dio che non si vede ” e anche Gesù, parlando con questo dottore della Legge, conferma che occorre amare Dio con tutte le forze e il prossimo come noi stessi. Devo ammettere di essere molto grata a questo dottore della legge, perché con la sua domanda, seppure il suo intento fosse quello di giustificarsi, provoca la risposta di Gesù che racconta questa parabola a mio parere molto semplice ma piena di significato. Il dottore della legge chiede infatti “e chi è il mio prossimo” e Gesù non risponde con una semplice definizione, il tuo prossimo è….. ,ma con la storia di questo uomo che viene spogliato  e percosso dai briganti e viene soccorso solo dal Samaritano, una persona che nella società ebraica non era molto considerata, a differenza del sacerdote e del levita.

Questa storia potrebbe sembrare lontana dai nostri tempi per i modi in cui si svolge, ma credo che in realtà sia molto attuale. Innanzitutto mi vorrei soffermare su questi briganti che percuotono l’uomo e lo lasciano a terra quasi morto. Oggi queste cose non succedono quasi più, sono abbastanza rare, e tuttavia abbiamo altri briganti da affrontare che lasciano le persone mezze morte. In primis mi viene in mente la solitudine, poi la depressione, il precariato, la malattia fisica o mentale, la povertà, l’invidia, la calunnia, il bullismo e il cyberbullismo. Questi e tanti altri sono i mostri di oggi che possono veramente rovinare la vita e l’equilibrio psico-fisico di una persona. Molte persone muoiono sole senza che nessuno se ne accorga, sebbene viviamo in un periodo abbastanza ricco e di benessere molti si sentono sempre più vuoti dentro e non hanno uno scopo. Proprio l’altro giorno ho letto un articolo su un nuovo fenomeno dilagante tra i ragazzi , alcuni decidono di chiudersi per anni dentro la loro stanza senza mai uscire, passano le loro giornate a guardare film e a giocare ai videogames, complice anche proprio il troppo benessere che abbiamo. Dunque sono questi i briganti che ci spogliano e ci lasciano mezzi morti. E a questo punto interviene il samaritano, dopo che due altre persone prima di lui erano passate dalla parte opposta della strada senza prestare soccorso. Trovo molto interessante i verbi che vengono usati per descrivere come questo samaritano si avvicina a questo uomo semimorto “ gli passò accanto, lo vide, ne ebbe compassione e gli si avvicinò”.  In poche parole possiamo vedere un movimento dentro al cuore di questo samaritano. Quante volte magari ci è capitato di fare l’elemosina a qualcuno solo per levarcelo di torno? Quanta gente pensa solo agli aspetti materiali del dare per sentirsi a posto con la coscienza? Qui invece si parla di vedere e avere compassione. Tutti e tre gli uomini che passano da li vedono infatti quella persona abbandonata a sé stessa, ma solo una ne ebbe compassione e si avvicinò. Il samaritano poi gli cura le ferite con quello che ha, olio e vino, lo carica sulla sua montatura e chiede all’oste di prendersene cura fino  a che non tornerà.

Per questo motivo penso che anche noi non siamo chiamati soltanto a un dare anonimo, ma ad avvicinarci agli altri, essere vigili verso chi abbiamo intorno e a quali sono i briganti che lo assalgono e curare le ferite, che vuol dire essere vicino a queste persone, non solo materialmente ma anche spiritualmente.

Come ultima cosa vorrei far notare che il dottore della Legge aveva chiesto chi è il mio prossimo, ma Gesù alla fine della parabola dice “chi pensi che sia stato il prossimo di colui che era stato percosso”?. Quindi, forse, più che chiederci chi è il nostro prossimo, ergo chi è meritevole di un nostro aiuto in una logica puramente di esclusione, dovremmo imparare a farci, a diventare prossimo dell’altro. La domanda non dovrebbe essere su chi mi devo concentrare nel dare il mio supporto, ma cosa posso fare io oggi per tutti coloro che mi stanno intorno, come posso fare a diventare io il loro prossimo. Non importa in quale situazione ci troviamo, se sul lavoro, in chiesa, nelle nostre famiglie o altrove, è sempre importante avere un cuore aperto al vedere cosa succede intorno, a sviluppare la compassione e ad agire di conseguenza. Questo è l’amore vero che ci insegna la Parola di Dio, un amore libero da egoismi e non possessivo come gli esempi che menzionavo all’inizio del sermone. Noi come uomini e donne siamo fallibili e, come ci insegna la Parola, peccatori, quindi facilmente ci troviamo a inquinare il concetto dell’amore, ma tramite la Parola di Dio sappiamo quale è la sua vera entità e possiamo imparare a metterlo in pratica.

Cari fratelli e care sorelle, oggi ricorre un anno dall’inizio dell’attività della nostra chiesa del Breakfast time, una attività che all’inizio  faceva un po’ paura, pensavamo di non riuscire a portarla avanti, invece Dio non  ha fatto mai mancare i volontari per ogni domenica e i fondi per acquistare quello che ci serviva. Devo essere sincera, io ho partecipato soltanto una volta a questa attività, per cui devo tirarmene fuori!  Quindi mi rivolgo a voi carissimi Fabio, Luciano, Lucia, Pietro, Paola, Marco, Joilyn, Erica, Rowena, Daniele, Antonella, Cesar, Enrica, Letizia, e tutti noi della comunità che a vario titolo partecipiamo a questa iniziativa o ad altre sempre per l’aiuto di chi ci è vicino. Anche noi, siamo semplici uomini e semplici donne che mettono a disposizione quello che hanno per le persone “assalite dai briganti”. Ogni domenica in cui vi alzate all’alba per portare la colazione agli amici senza dimora, ogni volta che cercate di migliorare la loro condizione coinvolgendo anche gli altri servizi del territorio procurando abiti, cure mediche, un posto dove stare o semplicemente un po’ di compagnia e un sorriso, sono certa che state rallegrando anche il cuore di Dio, che vi sostiene e vi benedice in quello che fate. In queste ultime settimane ci siamo incontrati diverse volte e abbiamo condiviso anche altre nuove idee per migliorare e ampliare il nostro servizio. Sono certa che anche in questo caso Dio non ci farà mancare le risorse che servono  per implementare progetti nuovi, ma anzi susciterà nuove vocazioni e nuove energie a servizio di ciò .

Allora vogliamo pregare affinchè come uomini e donne non ci stanchiamo mai di farci prossimo esercitando l’amore vero che Gesù oggi ci insegna ed evitando il più possibile l’amore che uccide con i suoi egoismi. Amen.

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