“Prendere la parola” è stata il titolo e la parola chiave  dell’incontro organizzato dalla chiesa metodista di Roma lo scorso 7 aprile, che ha legato cinque testimonianze di donne evangeliche che hanno segnato la storia delle chiese nate dalla Riforma.

Cinque figure che hanno avuto la forza, il coraggio di prendere la parola nelle rispettive confessioni: Ellen White avventista, Sojourner Truth metodista, Catherin Marmud Booth salutista, Elisabeth Cruciger luterana e Aretha Franklin battista.

Cinque tessere di un mosaico che Franca Zucca, Angelita Tomaselli, Elaine Cavanagh, Doris Esch e Antonella Scudieri hanno disegnato, mettendo elementi e valori differenti, che alla fine dell’incontro è parso come unico percorso di liberazione.

Non è il solo andare contro la mentalità comune del tempo, ma vivere profondamente una vocazione di uguaglianza e reciprocità vera.

È fare Memoria della propria e specifica profezia, proposta alla società e alle chiese che le avevano come membri.

Donne appassionate e amanti della vita e della Parola, tenaci nel fare rete, perché solo coinvolgendo e creando relazioni era ed è possibile cambiare.

Donne attente a lasciarsi interrogare dai segni del proprio tempo, ai bisogni e pronte a rispondere con l’azione. Capaci di essere viaggiatrici e di farsi prossime nei loro viaggi, di mettersi in gioco in prima persona. Hanno saputo rispondere come donne, credenti in Cristo, nella loro propria specificità. Donne attente e pronte, coraggiose e tenaci.

E in questo hanno segnato la storia e la storia delle chiese nate nel solco della Riforma.

Uguaglianza, diritti, libertà di espressione, risposte agli ultimi, impegno sociale e politico, contribuire al bene comune, parità di genere.

Valori, diritti, non acquisiti una volta per sempre, ma che devono essere continuamente riconosciuti perché ancora non parte del vissuto quotidiano e del dna della nostra società. Ne è la prova l’aumento di femminicidi, dei razzismi, e delle discriminazioni di genere in ogni ambito. Diritti da difendere come donne, ma soprattutto riconoscerle quotidianamente come uomini, anche se possono apparire ormai scontati.

Con questo impegno e speranza, nel profondo senso cristiano, si è concluso l’incontro che ha visto una discreta partecipazione di uomini e donne, non solo membri della chiesa con un aperitivo finale dove  si è potuto condividere le riflessioni sull’incontro.

Un impegno che vede la comunità metodista di Roma impegnata in prima file nel costruire percorsi educativi e formativi per una vera e vissuta parità di genere.

Intervento su Catherine Mumford Booth di Elaine Cavanagh ( a breve l’intervento)