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Elisabeth Cruciger

Pubblichiamo l’intervento di Doris Esch su Elisabeth Cruciger, tenuto durante l’incontro “Prendere la Parola” del 7 aprile scorso.

 

Care sorelle e cari fratelli nella fede,

parlo per la Chiesa luterana e desidero rifarmi al periodo iniziale della Riforma, in Germania. La donna che presenterò per la Chiesa luterana non sarebbe stata forse la prima a “protestare” come “protestante” ad alta voce. Ma la sua vita, la sua breve vita, è altamente rappresentativa di molte donne degli inizi della Riforma! È certo che, senza il riscontro spontaneo, senza la comprensione di queste donne, la Riforma sarebbe stata meno “interiorizzata”.

(Non voglio presentare Katharina von Bora, moglie di Martin Lutero. Di lei si sanno molte cose; è stata oggetto di pubblicazioni, di trattazioni scientifiche e di rappresentazioni letterarie e artistiche. Katharina, come sapete, entrò in convento a 6 anni; a 16 fece i voti di professa come monaca cisterciense. Presa e contagiata dalla nuova dottrina, nel 1523, insieme con altre monache, abbandonò di nascosto il convento, in cerca di qualcosa di nuovo e di un futuro incerto.)

Molte altre donne dei conventi, con storie simili, fecero altrettanto e lasciarono i monasteri: cisterciensi, maddalene, premonstratensi. Lasciare il convento (magari senza l’abito) senza il permesso della direzione era un’infrazione grave, un peccato, era apostasia, ed veniva punito pesantemente, fino alla detenzione nel carcere del convento. Si doveva rischiare molto; bisognava escogitare un modo sofisticato di scappare.

Monaca (delle premostratensi del convento di Marienbusch, nella Pomerania orientale) era anche Elisabeth von Meseritz (poi Elisabeth Cruciger), originaria della Pomerania. È di lei che vi parlerò.

Nacque intorno all’anno 1500. Come molte altre ragazze, di solito figlie di famiglie nobili povere, fu messa in convento quando era giovanissima, per assicurarle un’esistenza educativa in cui non le mancasse nulla. In questo monastero dell’ordine delle premonstratensi (un tipo di monache benedettine), a Marienbusch, in Pomerania, oggi Polonia, aveva ricevuto la sua formazione religiosa e intellettuale. Naturalmente, aveva imparato a leggere e scrivere; era istruita in economia domestica, nel senso più ampio del termine. Inoltre, aveva studiato latino e canto corale; le erano familiari la preghiera delle ore, testi biblici, nozioni di teologia e mistica, e sapeva discutere di teologia. Se Elisabeth entrasse volentieri o malvolentieri in convento, non lo sappiamo. Ma che ricevesse un’ottima istruzione è certo: i pochi testi di sua mano lo testimoniano. Il resto è merito suo.

Le donne, allora, avevano poche possibilità di andare per la propria strada. Fuori da un’associazione, in pratica, non era possibile vivere. Quanto alle figlie di famiglie nobili povere, semplicemente si doveva provvedere a loro. Di fatto avevano solo tre possibilità: sposarsi; essere parte di un famiglia numerosa in qualità di zia (nella famiglia Lutero c’era una di tali zie, “zia Lene”) oppure entrare in convento, quanto prima possibile (qui c’erano possibilità di carriera!). Nel migliore dei casi, interiorizzavano la vita del convento, che non avevano scelto. (Magari, nel segreto avranno pensato: come ne esco?).

Istruite e addestrate in convento riguardo la fede, l’istruzione e la condotta di vita, erano però preparate nel modo migliore ed erano recettive alle idee fresche, nuove, stimolanti della Riforma. (Le assorbivano come spugne). Si può dire che si appropriano della Riforma al volo! Ecco! La Riforma divampò! E poi ci fu l’incontro con Johannes Bugenhagen, teologo e amico di Lutero.

Vicino al monastero premonstratense di Marienbusch, dove si trovava Elisabeth, era situato il convento maschile (Belbuck). Lì insegnava teologia l’amico di Lutero, il doctor Pomeranus Johannes Bugenhagen (presto sarebbe diventato professore all’Università di Wittenberg); teologia che aveva già l’impronta della Riforma. Elisabeth se ne lasciò contagiare. Poco dopo, decise di lasciare il convento, di seguire Bugenhagen, venendo ospitata dalla sua famiglia a Wittenberg (Bugenhagen si era appena sposato). Lì prese parte a tutti gli scambi di idee. Lì incontrò Martin Lutero; lì, nel 1524 sposò (celebrante Lutero) Caspar Cruciger, teologo, umanista, collaboratore di Lutero. A Wittenberg, partecipò alle discussioni a casa di Lutero, e lo fece – alla pari – da moglie, madre e compagna di riflessioni (diciamolo pure: con cura pastorale). Ebbe la stima di Lutero (ella ponderò addirittura la possibilità che le donne predicassero! Ne sarebbe stata capace). I coniugi Cruciger ebbero due figli: [Caspar, che divenne anch’egli teologo, ed Elisabeth, che sposerà un figlio di Lutero, Johannes.] Certo non fu loro concessa una lunga vita coniugale: Elisabeth morì nel 1535, con profondo dolore del marito.

Una vita tranquilla, ma profonda, secondo i pochi testi che abbiamo di Elisabeth Cruciger. Per esempio, si è conservata una lettera in cui cerca di consolare un ebreo battezzato, Joachim, e lo fa con parole proprie, che scaturiscono da esperienza profonda:

Do una parafrasi del tedesco:

Caro fratello, consolaTi, guarda, anch’io sono una compagna di sofferenza, che ha la stessa Tua malattia; guarda: davanti agli occhi divini ho implorato Dio con pazienza; guarda, Ti auguro e Ti trasmetto la misericordia e la pace che Egli ci ha comunicato colla Sua forza. Misericordia e pace non di questo mondo, ma che vengono da Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo (non mediante un Angelo e neanche per mezzo di Mosè!). Su, caro fratello, sii contento, fatti animo: chi ha cominciato l’opera buona e la beatitudine in noi, la condurrà a compimento, senza dubbio: Egli stesso si metterà al nostro posto e coprirà i nostri peccati affinché nessuno possa più accusarci. Di questo sii felice, e consolaTi, caro fratello – perchè di questo sono felice e mi consolo  anch’io. Prendi dunque questa lettera e lascia che sia di conforto per Te.

Elisabeth Cruciger sapeva esprimere e trasmettere la sua esperienza della fede con parole proprie; in questa lettera, ha messo tutte le sue conoscenze bibliche e tutta la sua umanità.

Ma le riuscì ancor meglio di farlo con un inno spirituale, che è il primo inno di chiesa della Riforma scritto da una donna. Fu presente già nell’innario di Lutero del 1524 e viene cantato ancora oggi: “Herr Christ der einig Gotts Sohn” (“Del Padre eterno, Figlio”). Lo trovate nell’innario italiano della CELI al numero 130 (N.B.: più tardi, l’inno fu attribuito a un uomo; ma è suo!).

L’inno, composto per il periodo dell’Epifania, nel suo tedesco d’allora, ma  tutto fatto di idee bibliche, mi colpisce molto. Qui, tutto è armonioso. Cerco di fare una parafrasi dell’ultimo verso, dove si tratta (del tutto nel senso di S. Paolo) dell’uomo nuovo:

Parafrasi:

Con Tua benignità ci uccide,

con Tua grazia ci risveglia;

mortifica il vecchio uomo,

affinchè il nuovo si rialzi

e qui, su questa terra,

mente, pensiero, desideri

– tutto si volga a Te”.

 

Oppure, nella versione metrica di Anna Belli:

“Nostra vita trasforma

con Tua gran bontà.

Il vecchio uom riforma,

il nuovo allor vivrà;

Dio fa che in questo mondo

in noi ogni profondo

sentir aneli a Te.”

Così come Elisabeth Cruciger è riuscita a infondere conforto, a meditare in modo completo sulla propria fede e a comunicarla in modo convincente, così questo dovrebbe riuscire anche a noi, oggi e qui.

Anche per noi è vero che non siamo soli, e che la nostra voce viene ascoltata.

Doris Esch

 

 

 

 

 

 

 

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