Corriere della sera – Chiesa valdese cambio al vertice

 

 

 

LA NOMINA

Chiesa valdese, cambio al vertice: al sinodo si punta su una donna

A Torre Pellice l’assemblea dei 180 delegati. Una laica potrebbe guidare la comunità
di Christian Benna

 

Si punta su una donna per la guida della Chiesa valdese. E questa volta non sarà una pastora, ma una laica. Almeno questo sembra essere l’orientamento del sinodo valdese e metodista, l’assemblea dei 180 deputati che si ritrova a Torre Pellice da domenica fino a venerdì prossimo per eleggere le nuove cariche amministrative. Dopo sette anni da moderatore della Tavola valdese, Eugenio Bernardini lascia l’incarico. Prima di lui al vertice della chiesa che conta 30 mila seguaci in Italia, la metà in Piemonte, c’è stata Maria Bonafede, prima donna a capo dell’organyo esecutivo dopo 800 anni di storia. Per il nuovo corso, le Chiese valdesi e metodiste tornano a puntare su una donna.
La Tavola, il cui termine risale al periodo in cui i valdesi erano segregati nelle valli del Piemonte, è già oggi a maggioranza femminile: quattro dei sette membri sono donne. Con buona probabilità la guida dei valdesi per i prossimi anni arriverà dall’interno del comitato. Si parla di Alessandra Trotta, palermitana, classe 1968, diacona metodista, già presidente dell’Opera delle chiese evangeliche metodiste. Ma la decisione non verrà presa prima di venerdì prossimo. Quando i delegati del sinodo eleggeranno il capo dell’organo che rappresenta le chiese valdesi nei rapporti con lo Stato e le organizzazioni ecumeniche. Per la Chiesa valdese si rinnova la sfida religiosa nella contemporaneità fra temi pubblici e privati; dall’accoglienza ai migranti ai diritti degli omosessuali. Aperture, spesso in chiave progressista, che hanno portato la Chiesa valdese a guadagnare «consenso» tra le comunità di altre confessioni e anche tra i non credenti. Basti pensare che quasi 500 mila contribuenti italiani (20 volte rispetto ai seguaci valdesi) decidono, ogni anno, di devolvere l’8 per mille alla Chiesa valdese. Risorse che la comunità protestante reinveste interamente (non un solo euro è speso per finalità di culto) in progetti di solidarietà, con finalità assistenziali e culturali, sul territorio e anche all’estero.
Nel 2018 la Chiesa valdese ha sostenuto 1.135 progetti spendendo circa 32 milioni di euro. Oltre ad eleggere la nuova guida della Tavola valdese, l’assemblea dei delegati riuniti a Torre Pellice affronterà anche i temi della crisi di partecipazione, che riguarda tutte le comunità religiose in Italia e in Europa. La politica inevitabilmente occuperà uno spazio rilevante nel dibattito del sinodo. Non a caso tra gli ospiti dell’assemblea ci saranno le Ong che salvano le vite in mare. All’appuntamento di lunedì 26 agosto a Torre Pellice, «Invece un samaritano lo vide e ne ebbe compassione», parteciperanno i rappresentanti della Open Arms e della Sea Watch, le Ong al centro delle polemiche con Matteo Salvini. Tra gli ospiti attesi per il sinodo ci saranno anche Mario Fischer, segretario generale delle chiese protestanti in Europa; la pastora e teologa Annette , presidente della Chiesa evangelica della Vestfalia e monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana.

E’ la nostra storia

Atti 6 1-7 –  1 Corinzi 12 7-10

Istituzione dei diaconi
1 In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell’assistenza quotidiana. 2I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense. 3 Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. 4 Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola».
5 Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. 6 Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
7 La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede.

7Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune. 8 Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; 9 a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigione, per mezzo del medesimo Spirito; 10 a un altro, potenza di operare miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a un altro, l’interpretazione delle lingue; 11 ma tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole.

Il libro degli Atti degli Apostoli è uno dei miei punti di riferimento preferiti quando si tratta di predicare,

i grandi racconti dell’Antico Testamento ci descrivono l’intervento di Dio nel mondo e il suo rapporto con l’uomo e sono ricchi di spunti anche per noi uomini tecnologici del XXI secolo, alcuni sono fantastici ed altri poco proponibili nella nostra società così differente ma restano sempre dei momenti molto utili per i credenti.

I testi del Nuovo Testamento che ci raccontano la presenza viva e pulsante di Gesù Cristo il Salvatore fra gli uomini e le donne sono ovviamente la base della nostra fede,

attraverso la descrizione dei miracoli operati dal Maestro, delle parabole da lui raccontate, delle sue parole e dai suoi gesti descritti nei vangeli noi siamo quelli che siamo oggi, sia come singoli credenti sia come comunità sia come chiesa organizzata.

Ed ancora le lettere di Paolo e degli altri scrittori che ci hanno tramandato le interpretazioni dell’opera di Gesù e le indicazioni per metterla in pratica in questa nostra società,

ci hanno messi in guardia verso i possibili errori in cui le chiese possono cadere e verso peccati e mancanze che l’animo umano non sempre riesce a tenere lontani.

Gli Atti degli Apostoli sono però una storia particolare, una bellissima e commovente storia, la storia di come la chiesa cristiana è nata, ha superato le prime difficoltà ed ha saputo iniziare l’opera di missione indicata da Gesù ai suoi discepoli.

E’ la storia di uomini e donne, si anche donne !!!, che hanno creduto nel Figlio di Dio, spesso senza averlo visto come noi, e che hanno deciso di impegnarsi per far conoscere le sue parole al mondo.

Il libro degli Atti è la storia di uomini e donne che hanno fatto una scelta e che nelle loro umane debolezza hanno cercato di portare avanti nel tempo.

E’ la storia di uomini e donne che arriva fino ad oggi qui in questa chiesa e che però prosegue domani e fino a che Nostro Signore vorrà nel futuro di questo mondo.

E’ la quindi anche la nostra storia fratelli e sorelle,

o meglio noi siamo un capitolo di questa storia, speriamo non l’ultimo, di quel libro, noi siamo il capitolo da aggiungere alla storia della chiesa, certo nessuno inserirà le vicende della chiesa di Roma XX Settembre, di Villa San Sebastiano, di Terni alla fine degli Atti nel canone Biblico

ma d’altra parte neanche Martin Lutero, John Wesley o Luther King ne hanno uno ma è indubbio che le loro vicende siano a tutti gli effetti “storia della chiesa”.

Insomma fratelli e sorelle, il libro degli Atti è la storia della nostra chiesa e come tale ci suggerisce molti spunti di riflessione perché alla fine l’animo umano è cambiato poco in questi secoli,

certo la società in cui le comunità si muovono è molto differente, la scolarizzazione, la comprensione di molti fenomeni naturali e no, la tolleranza sono del tutto differenti da allora ma se leggiamo oltre questi aspetti diciamo così “sociali” ci accorgiamo che poco è cambiato nell’ambito dei rapporti umani e dei rapporti con gli altri.

Di questo brano, che apre il sesto capitolo, possiamo intanto dire che normalmente si legge come la “presentazione” (fra virgolette) di Stefano, il primo martire della chiesa la cui vicenda è meglio narrata nel capitolo successivo che tutti noi ben conosciamo

e quindi viene velocemente narrato soffermandosi sulle vicende successive

oppure la riflessione si sofferma sul fatto che in questo brano vengono ufficialmente nominati, per la prima volta, i diaconi, ovvero i membri di una chiesa specificatamente consacrati per l’assistenza ai malati ed ai poveri.

Questa parte del testo, per noi di tradizione Metodista, è molto interessante essendo la diaconia nella società una parte molto importante se non distintiva del nostro modo di essere chiesa nel mondo.

Domandiamoci quindi perché in quella che ci viene descritta come una comunità ideale in cui molti (non proprio tutti se ricordiamo l’episodio di Saffira e Anania) mettono in comune i beni in vista di un ritorno di Gesù e dell’instaurazione del Regno dei Cieli

In una comunità che sembra essere quasi una prima realizzazione del regno di Dio in terra, in questo gruppo di credenti

“sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell’assistenza quotidiana”

Chi fossero gli ellenisti in quella particolare situazione non è chiaro, una delle ipotesi più attendibili teorizza che molti ebrei della diaspora tornassero a Gerusalemme in tarda età per vivere gli ultimi loro giorni vicino al tempio nella terra dei loro padri e lì seppelliti, le loro vedove non avendo famiglie alle spalle si trovavano in difficoltà alla morte dei mariti e appunto non avevano di che sostenersi.

Il fatto che venga citata l’assistenza quotidiana fa intendere che si trattasse proprio del pane per sopravvivere tutti i giorni.

Le vedove degli ebrei cioè di coloro che non si erano mai mossi dalla Palestina avevano quella che noi oggi chiamiamo “rete familiare” a sostenerle con la propria solidarietà e non versavano nella maggior parte dei casi in gravi problemi si sussistenza.

Anche nella comunità iniziale di Gerusalemme esistevano dunque gruppi o tendenze diverse ma questo non gli impediva di essere estremamente efficaci nella predicazione se il versetto sette ci dice che: “La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme”.

Sembra invece che l’assistenza ai deboli non fosse appunto uguale per tutti, che potessero quindi esistere delle discriminazioni a seconda del gruppo a cui di apparteneva.

Per risolvere questa situazione gli apostoli che secondo la definizione del testo sono tutti “Ebrei” decidono di eleggere delle persone specificatamente addette alla funzione di gestione dell’assistenza.

Questa elezione che deve far fronte a cause fin troppo umane: i mormorii di alcuni e le presunte discriminazioni di altre però ci fa riflettere, e questa riflessione è ancora valida per noi cristiani moderni.

Come abbiamo letto nel secondo brano cioè la lettera di Paolo ai Corinzi l’impegno nella chiesa è lodevole e nessuno ne è escluso ma ognuno di noi ha doni particolari regalatici dal Signore. L’utilizzo corretto e appropriato di questi doni è il modo in cui i fedeli servono la Chiesa.

La divisione del lavoro, chi ha il dono della predicazione non dovrebbe essere caricato di incarichi amministrativi (nel brano degli Atti sovrintendere alla distribuzione degli aiuti alle vedove) e questo vale anche all’incontrario chi è abile (ha il dono appunto) a gestire l’amministrazione non dovrebbe essere impiegato in mansioni che gli riescono peggio come predicare appunto.

Ogni fratello ed ogni sorella deve essere incoraggiato a servire il Signore secondo i suoi doni e non affidando tutti gli incarichi ai soliti volenterosi, prassi che nelle nostre chiese è invece troppo spesso seguita. Appena una persona si rende disponibile per magari fare il monitore alla scuola domenicale la si arruola anche nel catechismo, in consiglio di chiesa e magari gli si chiede anche qualche predicazione.

Certo anche la comunità di Gerusalemme seguiva poco questa saggia indicazione visto che almeno due dei sette diaconi sono famosi più per la loro predicazione (Stefano appunto e Filippo) che per l’amministrazione degli aiuti,

ma in quella situazione forse aveva prevalso maggiormente il voler affidare a membri della comunità di origine greca (tutti i nomi dei diaconi sono in effetti nomi greci) un ruolo per coinvolgerli maggiormente e rappresentare quella parte della comunità.

Una cosa ci ricorda ancora questo brano che ogni incarico di una chiesa dovrebbe essere affidato ad un credente, un fratello o una sorella che a fianco di una propria conoscenza tecnica della materia lavori sotto la guida dello Spirito Santo, questo garantisce che l’impegno cerchi il più possibile di essere conforme alla strada indicataci da Gesù.

Come possiamo quindi vedere anche questo brano del libro degli Atti ci restituisce molte note per la vita e la testimonianza di noi cristiani del XXI secolo.

Intanto il ricordarci che ognuno di noi ha ricevuto dal Signore un dono e nessuno di questi è inutile alla testimonianza della chiesa.

Certo alcuni possono sembrare più importanti e forse lo sono anche, certo la predicazione della Parola del Signore può sembrare il primo ma anche l’esempio fa da testimonianza molto importante, i molti martiri della fede fecero proseliti solamente con il loro comportamento senza bisogno di prediche, sermoni o bei discorsi.

Ricordiamoci poi sempre che se la predicazione è efficace lo si deve anche alla scuola che i predicatori frequentano o hanno frequentato da bambini, il predicatore è anche molto più efficace se qualcuno provvede alle sue necessità materiali magari concorrendo al fondo ministero che permette loro di preoccuparsi principalmente di testimoniare.

Ma in questo brano c’è di più, c’è il riconoscimento della testimonianza nella diaconia, nel servizio perché questo in greco vuol dire, “servire”

servire il fratello e la sorella in difficoltà è altrettanto importante perché anche questo è l’annuncio del Regno di Dio.

E’ un discorso che noi metodisti ci siamo ripetuti mille volte ma che rimane sempre utile ricordarci.

Ed ancora, ripensiamo all’inizio di questo brano e paragoniamolo alle situazioni attuali delle nostre comunità, anche adesso all’interno della Chiesa esistono sensibilità differenti, opinioni differenti, schieramenti differenti.

Pensiamo alla annosa questione dell’accettare o meno l’otto per mille, questione non del tutto chiusa, pensiamo alla benedizione delle coppie gay, pensiamo alle modifiche della liturgia per coinvolgere maggiormente i nostri fratelli provenienti da paesi e cultura differenti, pensiamo alle diverse sensibilità che esistono nell’amministrazione dei nostri stabili.

Riflettiamo e ricordiamoci su quante situazioni teologiche, economiche o amministrative all’interno delle nostre chiese si sono creati schieramenti di pensiero differenti.

sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei

Ecco quante volte sorgono anche oggi dei mormorii all’interno delle nostre chiese?

Quante volte sorgono dei mormorii all’interno di una stessa comunità?

E’ successo a Gerusalemme due millenni fa ed ancora si percepiva la presenza di Gesù fra loro volete che non possa succedere oggi fra noi? Noi credenti che siamo di fronte ad una società molto più complessa di quella dell’epoca?

Erano esseri umani e siamo esseri umani con tutti i nostri difetti, ma non è questo l’importante, la cosa che deve veramente farci riflettere è quanto enunciato nel versetto sette:

La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme;

Le discussioni nelle chiese che ci sono e ci sono sempre state non devono impedire ad esse di portare avanti il loro unico scopo nel mondo: la testimonianza di Gesù Cristo nostro Salvatore,

il che attenzione non vuol dire che i “panni sporchi si lavano in famiglia” come dice il proverbio mostrando quindi all’esterno un inesistente fronte uniforme per mascherare i possibili disaccordi interni, è giusto che una comunità discuta delle proprie differenze di sensibilità in maniera pubblica e onesta: il Sinodo che si aprirà fra poche settimane è proprio una di queste occasioni.

Ma deve avere comunque un obbiettivo preciso e fisso in mente, uguale per tutti i propri membri a prescindere dai doni che nostro Signore ci ha dato, e questo è, o dovrebbe essere, chiaro per tutti.

 

Preghiamo

Signore ti ringraziamo per la tua parola, ti preghiamo che il commento ad essa sia stato fedele al tuo pensiero e non sia stato usato e distorto da chi ha avuto il compito di portarlo alla tua comunità.

Fa che essa ne tragga giovamento e sprone per l’impegno che essa si e’ assunta in questa nostra società.

Perdonaci se così non è stato e dacci la forza per continuare l’opera della tua volontà Amen.Villa San Sebastiano 29 Luglio 2018

Montesacro 24 Febbraio 2019

Roma XX Settembre 18 Agosto 2019

Enrico Bertollini