Versetti scomodi?

Salmo 139: 19 – 22

Ci sono dei versetti biblici che non vorresti incontrare nella Bibbia, come i versetti letti poco fa. Ma ci sono. Versetti lontano dalla nostra sensibilità. Infatti molti, anche il Vaticano, li hanno tagliati perché scomodi. Nella storia dell’interpretazione delle scritture non sono pochi i tentativi per togliere il senso devastante di queste parole con un’interpretazione metaforica, per coprire un po’ lo scandalo.

Invece bisogna lasciarli perché ci ricordano che la Bibbia è scritta da esseri umani, non da angeli o da Dio. Versetti simili portano anche il peso della nostra umanità, accanto al messaggio biblico. Ma di più ancora: non bisogna toglierli, perché ci mostrano dove può portare un amore sviscerato, un troppo amore (che non è mai amore, cf femminicidi). Questo vale p.e. per il testo del Salmo 139 che abbiamo letto. Un amore che diventa ‘odio perfetto’, talmente perfetto da diventare omicida. Così possono essere o diventare i nostri amori: si possono trasformare nel loro contrario – amori che producano odio. È bene che leggiamo testi simili, ci fanno riflettere sulla nostra realtà in tutta la sua crudeltà. L’amore ferito e calpestato, il dolore, lo scherno, l’odio perfetto, il desiderio di vendetta, tutto questo è molto umano. Sono versetti che sono il nostro ritratto segreto, il volto che non osiamo far vedere a nessuno. Forse è un bene leggere questi testi, siamo confrontati con noi stessi.

“Dio, uccidi gli empi
Io li odio di un odio perfetto.”

Sono degli urli, dei lamenti ripugnanti in un libro sacro, in un inno religioso (salmo), in un raduno dei credenti (noi qui presenti). Si potrebbe dire menomale si tratta di una preghiera. Un appello sarebbe stato peggio: Combattenti uccidete gli empi! Però, anche una preghiera può far venire in mente dei pensieri diversi e se si leggono questi versetti ad alta voce, ci si accorge che sono di un alto contenuto di odio. Non devo pensare che parole simili fossero espresse in un incontro dove si parla di missione o dove si prepara un’azione missionaria. È un incitamento all’odio. Allora si diventa un istigatore all’odio, un predicatore d’odio. E predicatori d’odio ce ne sono purtroppo molti. Mentre il messaggio biblico toglie le radici all’odio.

Ma intanto ci sono queste parole. Cosa fanno parole così scontrose e irascibili in un inno così bello? Tutto il resto del salmo parla di un ambiente di calma, di stupore, di modestia, di resa. E poi ad un tratto questo scoppio, questa esplosione di odio. Odio che poco prima della fine dell’inno si acquieta, facendo spazio per un’espressione di un’autoriflessione avveduta. Cosa sta succedendo qui?

Spesso si legge questo salmo a un funerale, e spesso solo fino al versetto 18, poco prima che queste parole di odio divampano. Così il salmo finisce con: “quando mi sveglio sono ancora con te” – letto al funerale è una frase di chiusura pieno di significato e speranza. Un addormentarsi nella morte come uno svegliarsi presso Dio.

Ma questi versetti ricevono il giusto posto letti nella cornice di scatti d’ira quando la giustizia è violentata, quando la gentilezza si capovolge.

Versetti scomodi non vanno saltati, ma messi nell’insieme, nella cornice nel quale si trovano. Non è facile. Spesso ci si ferma a questi versetti, perché sono difficili da capire. Ma quando ti realizzi che l’intero salmo canta la realtà che Dio ti conosce e ti comprende, che sei trasparente per lui fino negli angoli più bui, allora perché non può esserci un posto per uno scatto d’ira?  Si potrebbe dire che questa autoriflessione in preghiera crea uno spazio sicura in cui – per un attimo – puoi dare voce ai problemi, anche perché la rabbia non ha l’ultima parola. Perché la persona piena di rabbia alla fine si dà di nuovo a Dio e dice con una voce dolce: “esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore, vedi che non imbocco la strada sbagliata …” ‘Un modo spirituale per dire: Caro Dio scusami, ma avevo bisogno di dare voce a questo sentimento.

Questi empi, o anche peccatori, forse danno voce a un malinteso. Il termine ebraico qui usato (rasja) indica una falsità cosciente, voluta. Quindi non si tratta di incredulità, di altri fedi o di ateismo, non si tratta di persone che pensano religiosamente in un altro modo – ma si tratta di persone che rovinano tutto sapendo che rovinano tutto, cioè lo fanno consapevolmente. Forse non ci sono nemmeno tante persone così, ma queste mandano tutto a rotoli, fanno in modo che una convivenza giusta fra le persone fallisca. Sfacciati, impertinenti, senza scrupoli, senza rispetto. Persone che se ne fregano dei loro prossimi. Sono cose e circostanze che ti rendono furioso.

Di solito il Salmo 139 è attribuito a Davide, ma questo inno mi fa venire in mente Giovanni Battista. Un’altra testa calda che inveisce contro gli istigatori e ipocriti – razza di vipere. Egli grida loro che la scure è pronta, l’albero già marcisce, cade e la pula sarà setacciata dal grano, nel fuoco. Giovanni spera in colui che è mandato da Dio, il Messia, come l’uomo con la scure, il setaccio e il fuoco. È infuocato (infiammato), corre all’impazzato, ma in fondo della sua rabbia si trova un desiderio profondo di integrità e pace. Quel stimolo sfrenato di rabbia è vero, un odio contro tutto ciò che denigra, distrugge, uccide. Uno stimolo di rabbia che noi dovremmo avere con le tante violenze intorno a noi, con tanti attacchi alla giustizia. Ma vuoi che questa rabbia non procura incidenti, allora bisogna fare che questa rabbia sia inserita, integrata in una preghiera. Ma alla fine non con una disclaimer, una clausola di esonero dalla responsabilità, ma con un appuntamento con un life-coach: Dio comprendi mi, conosci il mio cuore, tu sai ciò che mi tormenta, vedi se non imbocco una strada sbagliata e conduci mi sulla via che è eterno.

Questi versetti non solo scomodi, ma sono versetti che chiudono il cuore anziché aprirlo. Possono però, proprio per lo sdegno che suscitano, aprire il cuore a una preghiera di confessione di peccato e pentimento di cui abbiamo proprio un gran bisogno. Possono aprirci a quella realtà che Dio mette davanti a noi, che facciamo fatica a intravedere. Messi a confronto con i nostri limiti, come in uno specchio, faccia a faccia questi versetti per noi possono essere la molla che scatta, che ci introduce nella realtà di Dio. Amen.

 

pred. Greetje van der Veer

 

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