Riflessione e ordine della preghiera del 22 marzo 2020

Riflessione e ordine della preghiera del 22 marzo 2020 (video sulla pagina FB)

Invocazione

Ci raccogliamo alla presenza del Signore:

Grazia, misericordia e pace ci siano date da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo che ha dato sé stesso per noi. Amen.

Leggiamo il Salmo 122, versetto 1: Mi sono rallegrato quando mi hanno detto “Andiamo alla casa del Signore”

 

Preghiamo:

Signore Dio nostro, oggi noi veniamo a te, e ti incontriamo non nelle quattro mura di un edificio costruito dagli uomini, ma dentro di noi stessi, poiché ogni credente è il tuo Tempio, come ricordava l’apostolo alla come comunità di Corinto (al cap. 3 verso 16: <<  Non sapete che siete il tempio di Dio?>>) cui fondamento è Gesù Cristo, la pietra angolare che mantiene su di sé tutto l’Edificio.

Facci vivere questo momento di incontro con te insieme ai membri delle nostre famiglie per ricevere la tua parola di vita e l’acqua che disseta la nostra sete per andare avanti in questo momento in cui ci sentiamo nel deserto, nel buio, e nello smarrimento. Rimani con noi con il tuo Spirito Santo. Tutto questo te lo chiediamo nel nome e per amore di tuo figlio Gesù Cristo. Amen.

Inno 163. 4  Signor, ti siamo grati, di tutti i doni tuoi dimori in mezzo a noi, accresci noi la fe.

Saluto

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, buongiorno e buona domenica.

La grazia di Dio sia con noi tutti questa mattina.

 

Oggi è la seconda domenica che ci siamo collegati e attraverso questo video  ci troviamo nelle nostre case.

Sì, siamo nelle nostre dimore,  è il luogo più sicuro, e lontano dal pericolo di contaminazione.

 

Preghiera di confessione di peccato

Care sorelle e cari fratelli nel Signore l’apostolo Paolo esorta la comunità di Roma a presentarsi, come un unico corpo, un sacrificio vivente, santo è gradito a Dio (Romani 12,1).

Presentiamoci dunque come un unico corpo in modo da poter essere purificati e guariti da ogni tipo di malattia.

Preghiamo:

Signore  il nostro corpo è soggetto alla malattia. Comprendiamo che tu vuoi  dimorare in esso per sanarlo continuamente. Debole e incapace di resistere ad ogni male. Noi siamo così impuri dentro e fuori che solo tu ha la capacità di farci diventare puri, sani. Noi ti ringraziamo perché tu fai ogni cosa per renderci gradevoli a te. Ti preghiamo di non tardare il tuo intervento e insegnaci a combattere la guerra che stiamo affrontando a causa del coronavirus Covid-19. Denunciamo il suo nome perché tu possa gettarlo sul fuoco. Salvaci da questa malattia. Amen.

Annuncio della grazia

Fratelli e sorelle, rallegriamoci nel Signore perché con il suo Spirito Santo ci rende capaci di comprendere laddove abbiamo sbagliato, ci rende puri e saggi per trovare le giuste soluzioni per guarire le nostre malattie, fisici e spirituali. E lo confermiamo con le parole dell’inno di lode numero 50.

Inno 50

A Dio sia la gloria prodigi egli fa! E tanto ci ha amati che il figlio ci dà; per tutti i peccati del mondo morì, le porte del cielo per tutti Egli aprì.

Lode a te! (2X) Celebriamo il Signor! Lode a Te! (2X) Allegrezza nel cuor! Al Padre venite il Figlio ci dà, e dategli gloria prodigi Egli fa!

Preghiera

<<Siano  gradite le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore in tua presenza, o  Signore, mia rocca e mio redentore>!> Salmo 19,14

Sermone

Cara comunità, Care sorelle e cari fratelli nel Signore, con voi che mi ascoltate in questo momento da casa con i vostri cari questa mattina condivido la mia riflessione sul vangelo di Giovanni 12,24 in due lingue, prima in italiano poi in tagalog.

Ho ritenuto anche questa occasione di continuare ad andare avanti a leggere e fare la mia meditazione sulle letture bibliche proposte per le domeniche, perché le sofferenze di Gesù nel tempo della passione riguardavano il senso del suo ministero sulla terra, e essendo noi suoi discepoli e discepole siamo coinvolti, perché siamo la causa principale di quella sofferenza che reca gioia perché ne vuole scoprire. Vi invito, ora, a meditare insieme e con la mia riflessione possiate crearne anche voi una vostra propria.

 

Gesù disse: <<24 In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto>>.

 

Ancora una volta, Gesù ha utilizzato la parabola come mezzo per comunicare i suoi insegnamenti ai suoi discepoli e per riassumere il suo pensiero sulla morte. Egli ribadisce che il senso profondo di questa parolanon è soltanto una perdita, ma è anche un guadagno. In una comunità cristiana parlare della morte significa anche parlare della vita che si moltiplica, e si con-divide, riscattando la vita degli altri.  Aldo Comba nella sua premessa preso dalla redazione del “Commento secondo il Vangelo di Giovanni”, disse: “Evidentemente il granello di frumento caduto in terra non è morto nel senso BIOLOGICO, ma il fatto di essere sepolto in terra per poi riapparire come pianta è una parabola usata anche da Paolo […] in relazione al morire e risuscitare”.

 

La morale della parabola deve essere compresa dunque con una ricaduta positiva dal momento che nell’ora della morte, la vita eterna è confermata, rappresentata per molti un guadagno di vita eterna. Questo è un passaggio necessario perché nasca la comunità cristiana. Se Gesù non avesse scelto di donare la propria vita al servizio della volontà di Dio Padre, la comunità cristiana non sarebbe nata, non sarebbe esistita, e non ci sarebbe stata fino ad ora. Tale e quale per chi vuole essere il suo discepolo.

Cari fratelli e care sorelle, con questo passaggio Biblico mi viene in mente la parabola delle sementi e dei terreni e vorrei invitarvi ora, tutti insieme, a chiudere i vostri occhi, e a dedicare pochi minuti per immaginare ciò che succede passo per passo quando un seme cade in terra.

Quando il seme trova il suo ambiente ideale, comincia il percorso della nuova vita. Il seme si rompe, il guscio si dischiude, entra in una fase di germinazione(nascita, sboccio) seguito dall’accrescimento e sviluppo prima del germoglio, ove nascono le radici e le foglioline, e poi della pianta. Un solo seme, un GRANELLO così piccolo, piccolo, è in grado di portare in vita tante altre piante, così come nell’esempio di Gesù che, con il seme della Parola di Dio cresciuto in ciascuno e ciascuna di noi, ci ha portato a riscoprire la nostra esistenza come una comunità, frutto di quella morte.

La terra siamo noi, chi di noi vive cercando in sé di farlo crescere ogni giorno?

Chi di noi lo nutre ogni giorno evitando che si contamini?

Chi di noi lo protegge e lo accoglie in modo che le radici possano penetrare in profondità?

Questo seme, paragonato alla Parola di Dio, caduto sulla nostra terra ha trovato dei modi per adattarsi e attecchirsi, perciò siamo dunque invitati a confermarlo attraverso il nostro vivere da credenti.

 

“Egli disse in verità, in verità: Se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto”.

 

Care e cari,

in questo tempo di passione e del cammino percorso da Gesù, l’evangelista Giovanni ci ha lasciato questo versetto per ricordarci che siamo i portatori di questo granello, che genera la vita e la forza vitale. Ai nostri padri e alle nostre madri, origini della comunità cristiana, ha dato dei buoni frutti, che noi, le nuove generazioni, dobbiamo continuare a curare e a nutrire.

 

“Se” è una parola fondamentale per noi, definisce qualcosa che è stato realizzato, preceduto da una scelta, che richiede dedizione, impegno e tutto il tempo necessario e che aveva condizionato e nello stesso tempo determinato tutto ciò che doveva essere il frutto dell’azione compiuta nel ministero di Gesù come inviato prediletto, il servo di Dio. È cosi come quando un granello di frumento, un chicco di riso o di mais, dall’ora che ha raggiunto la maturazione viene piantato sulla terra per poter rinascere, portando in vita altre piante e frutti, la vita di un uomo credente quando raggiunge il suo fine, viene riscattato da Dio per manifestare completamente la vita eterna.  Il di Gesù era la condizione per cui l’uomo ha avuto la possibilità di ri-nascere, compiuto nell’evento della Pasqua.

 

“Se” non avessimo letto, ascoltato e meditato questo versetto, non avremmo mai potuto sapere il beneficio della fede che aveva donato il Signore. La fede che è cresciuta nella nostra vita quotidiana è come un granello di senape che ora sta combattendo contro il virus (come la malattia che si sta curando, e nello stesso tempo il come l’incredulità che segna e destina la morte).

Finché la fede vive in noi, la speranza non muore mai.

Oggi siamo tutti riuniti per ascoltare la Parola del Signore ricordandoci come un granello di senape. Egli verrà a raccogliere i suoi frutti che ci ha sostenuti in vita. Egli non si delude, non si fa abbattere dal male perché ha fiducia in ognuno di noi. Il frutto della morte di Gesù è singolare nella storia dell’umanità perché le comunità di credenti lo rende testimoni che c’è vita in Dio, e chi crede in lui possiede la vita eterna.

 

Cara comunità, siamo il frutto di quella morte.

Il valore di questo ricordo, di quello che siamo come chiamati “i cristiani” possa essere rinnovato perché per merito suo, la vita ha acquisito un senso, dalla morte alla nascita e alla rinascita alla morte di un credente si  rinnova(ricicla) la vita stessa nel vero senso della parola.

La vita donata da Cristo Gesù non muore mai nel cristiano e nelle comunità cristiana.  Amen.

 

Inno 184

1

Così qual sono, pien di peccato, ma per il sangue da Te versato e per l’invito fatto al cuor mio, Agnello di Dio io vengo a Te.

2

Così qual sono pien di tristezza, in te ricerco vita e salvezza; Tu togli l’empio peccato mio, Agnel di Dio, io vengo a Te!

3

Così qual sono l’amor tuo santo mi calma il cuore, m’asciuga il pianto. Sei  tu la mia vita Salvatore mio! Agnel di Dio, io vengo a Te!

 

Sermone Juan 12,24

 

Ang mensahe sa umagang ito ay matatagpuan sa evanghelyo ni Juan kabanata labindalawa talata dalawamput-apat . Ang sabi ni Jesus:  <<Tandaan ninyo: malibang mahulog  sa lupa ang butil ng trigo at mamatay, mananatili itong nag-iisa.  Ngunit kung mamatay, ito’y mamumunga nang marami>>. 

 

Mga kapatid ko sa Panginoon na si Jesu-Cristo, magandang umaga po sa iyong lahat.

Sa linggong ito,  akoy nagpapasalamat sa Diyos sapagkat sa kabila ng lahat ng nangyayari sa buong mundo, tayo’y nasa ating mga tahanan, at tayo ay nagkakaisa upang pakinggan natin muli ang sinabi ni Jesus sa kanyang mga alagad noon at sa atin ngayon. Hindi tayo magkakasamang lubos dahil tayo ay nasa kanya-kanya tahanan, ngunit ramdam ko na tayo ay nagkakaisang lahat upang sambahin ang poong maykapal. Ito ay sanhi ng ating pinanghahawakan na pag-asa na siya ay nariyan sa ating mga tabi upang tayo ay gabayan at sakluluhan sa kapahamakan at sa ating mga pangangamba,  kung anuman ang ating kahihinatnan at magiging kinabukasan.

 

Dahil sa mga pangako ng Diyos, lubos na ating itinitingala ang ating mga paningin at nananalangin na  sa  panahong ito ng walang katiyakan nangingibabaw parin ang ating pananampalataya na siya ay darating sa tamang oras upang tayo ay sakluluhan at iligtas sa kamatayan na idudulot ng Coronavirus Covid 19.

 

Ang sabi ni Jesus <<Tandaan ninyo: malibang mahulog  sa lupa ang butil ng trigo at mamatay, mananatili itong nag-iisa.  Ngunit kung mamatay, ito’y mamumunga nang marami>>. 

Sa pamamagitan ng mga salita niya na ating pagbubulay-bulayin ating magugunitang muli kung bakit tayo ay nagkaroon ng buhay dahil sa  kamatayan na sinasabi ni Jesus.

 

Ano ang ibig sabihin nito?

Una sa lahat kanyang inihambing ang kanyang sarili sa isang butil ng trigo.

Sa pagdating ng tamang oras siya ay mawawala dito sa mundo, siyay mamamatay, ngunit dahil siya ay  maitatanim (maipupunla) sa atin parang lupa, siyay tutubo,  uusbong at pagdating ng panahon siya ay mamumunga ng marami. Ibig sabihin din na marami ang mga tao na maniniwala sa mga salita ni Jesus at sila ay matatawag na kanyang mga bunga. Sa makatuwid ang isang mananalig sa kanya, at maninawala sa kanyang salita pinagkalooban siya ng buhay na kailanman hindi mamamatay. Si Jesus ay mananatiling mabubuhay sa pamamagitan ng mga maniniwala sa kanya, susunod sa kanyang mga yapak,  at sila ay magkakamit ng buhay na walang hanggan. OK..

**

Ano ang silbi ng pagkamatay ni Jesus? Bawat buhay ay tiyag na may kahalagahan sapagkat ito ay kanyang tiniyak na kanyang ipagtatanggol sa anumang kapahamakan.

 

Ang Coronavirus ay isang tunay na kalaban na kagagawan ng Diyos ng kamatayan upang ipakita sa mundo ang kanyang kapangyarihan tulad din ng  Diyos na buhay. Sila ay naglalaban ngayon sa pamamagitan natin  mga nilalang. At kung tayo ay mawawalan ng pag-asa sa Diyos na buhay, siya ay magtatagumpay dito sa mundo. Kayat kung hindi natin gawin ang mga inuutos ng batas ng Diyos at governo para sa ating kapakanan tayo ay mapapahawak. Ating gapiin ang masamang sakit na kumakalat at lumilipol sa  buhay na ipinagkaloob ng Diyos na lumalang sa pamamagitan ng mabuting balita na nakasaad sa Bibliya. Ang pangyayaring ito ay pagsubok na ating dapat na mapagtagumpayan.

 

Sa ikalawang linggong ito dito sa Roma, kayo ay nasa iyong mga tahanan o sa iyong mga tinitirhan.

Kayo’y kasama ng inyong mga pamilya, kamag-anak o kaya mga kaibigan.

Mga kapatid sa panginoon, sa panahong ito  tayong lahat ay nagdaranas ng pagbabago sa buhay.

Nag-umpisa na ang bagbabagong pankalahatan, walang hindi nakakaramdam sa dulot ng sakit na nanagawa itong CoronaVirus Covid 19.

Ang buong mundo ay nagdaranas ng kanyang kalupitan at inuunti-unti,  niya tayong lahat binibigyan ng palaisipan at dapat na pagmumuni-munihan.  Ang dulot niyo ay kamatayan o panibagong -buhay: ibig sabihin itigil ang mga ginagawang hindi nararapat sa bawat-isa para sa ikabubuti nating lahat.

 

Ang mundo ay iisa at may karapatan itong manatili upang tayo mga nilalang ay patuloy na mabuhay.

Marami na kayong narinig na mga balita tunggol sa mga nangyari sa pagkalat ng corona virus.

Ito ay nagmula sa isang nasyon nagngangalang China, pagtapos dito sa Italya  dahil sa paglalakbay ng isang tao o mga dayuhan at ang sakit na ito ay nakakarating sa ibat-ibang lugar.

Ang Coronavirus ay  nagsasanhi ng kamatayan ng isang tao at itoy  naglalakbay at ang ating mga katawan ay kanyang sinasaniban at pinapatay.

Dahil sa isang tao na nagtataglay nito ito’y kumakalat.

 

Ang sabi ng mga tagapagsaliksik, ay napaka-importante: huwag lumabas ng bahay upang hindi ito maikalat. Ngunit ano ang nangyayari ngayon maraming lumalabag sa batas na ito dahil sa mga pangangaylangan

parin sa buhay.

Patuloy parin ba kayong nagtatrabaho upang may  pambili ng pagkain, pambayad ng bahay, upang may ipadala sa mga mahal sa buhay na panggastos sa Pilipinas?.

Naiintindihan ko kayo.  Ito ay ang problema o suliranin natin ngayon.

Sino nga ba ako na magpipigil sa inyo?

Ngunit ngayon ang lahat ay walang katiyakan ito ay ang masakit na katutuhanan.

Ang tanging ating katiyakan ay ang kilalanin na ang Diyos ay ang tangi lamang nating katiyakan.

Dahil siya ang nagbigay ng buhay sa atin at siya rin ang siyang may karapatan na bumawi nito sa tamang oras.

– Sa pamamagitan ng ating pagdarasal sa Diyos na igawad muli ang kanyang habag sa ating lahat at iligtas sa kapahamakang ito.

– Atin nating idaing/idulog  sa Diyos ang ating mga kasalanan sa pag-aabuso sa ating mga sarili at kalikasan patungo sa kamatayan.

-Atin nating tanggapin na hindi natin lahat makakamit sa paraan ng walang hangang paghahanap-buhay lamang.

Ang napakabuting naidulot nitong panahong ito ay ang inyong presensa sainyong mga anak, asawa at kapatid. Sabik ang inyong mga anak na makapiling kayo bilang kanilang mga magulang.

Mga kapatid sa ating panginoon ang ating mga buhay bilang isang comunidad ng mga nanalig sa Diyos ay napakahalaga upang ating ilantad at saksihan ang Diyos na buhay na siyang nagbigay sa ating lahat ng ating mga pangangailang sa mundong ito.

Bigyan natin ng pansin ang ating mga sarili ngayon, mag-isip tayo, tanungin natin ang ating mga sarili kung ano ang ating mga ginawa na siyang nagdulot ng kaligayahan sa atin.

Ang Diyos pag-ibig ay umiibig sa atin at dahil dito ayaw niyang tayoy mapahapak.

Tayong lahat ay bunga ng kanyang pag-ibig.

Panalangin

Diyos na Buhay, at umiibig sa kanyang  mga nilalang. kamiy nagsusumamo sa iyo upang idulog ang aming situasyon sa panahong ito. Hindi lingid sa iyo ang aming mga katayuan. Kayat kamiy patuloy na humahanap ng lunas ng aming mga suliranin sa pamamagitan ng iyong tulong. Kamiy nasa harapan mo upang bigyan mong muli ng panibagong pag-asa. Diyos ng pag-ibig, maawa ka sa aming lahat. Amen

 

***

Per la nostra preghiera di intercessione vorrei leggere queste parole di un fratello di chiesa intitolato:

 

“E se ci alzassimo la nostra testa?”

 

Un virus così piccolo, non visibile ad occhio nudo.

Si diffonde in tutto il mondo.

Le persone hanno perso la fiducia.

 

L’uomo è confuso. Cosa mi succederà?

Mi fido del governo?

Perderò il mio lavoro?

 

Dov’è l’individuo forte?

Che decide da solo la sua strada.

Che non si fa mettere sotto i piedi.

Che non si fa comandare.

 

Gli esperti dicono le loro cose, ma le indovinano?

Più persone sono gravemente malate.

Ospedali sono strapieni e manca personale.

Cosa ci aspetta ancora?

 

Incertezza ovunque. Negozi vuoti.

Borse in rosso. L’economia fuori del piombo.

Tutta il paese si ferma.

 

Sospendiamo addirittura i nostri incontri in chiesa.

Chi avrebbe detto questo?

Anche ai nostri politici manca il controllo.

A mani vuoti. Nessuno sa la risposta.

 

E se ci alzassimo la nostra testa?

Perché lì, in alto, c’è Chi decide.

E’ Lui che regna sulla vita e sulla morte.

E fa tremare tutta l’umanità.

 

Venite, che ci inchiniamo a fronte ad un Dio così grande e potente.

Mettiamo nelle Sue mani la nostra vita, il nostro paese, tutta l’umanità.

 

Signore,

Ti chiediamo di avere pietà del nostro mondo.

Ti chiediamo di cancellare i nostri peccati.

 

Con la morte di Tuo Figlio ci hai regalato la Grazia.

Ed è questo che ci regala riposo nei giorni di ansia.

Che a Te possiede il Potere.

E che noi possiamo trovare rifugio sotto le Tue ali. Amen

 

Preghiamo tutti insieme con le parole di Gesù che ci ha insegnato:

Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome venga il tuo regno sia fatta la tua volontà come in cielo anche in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori e non esporci alla tentazione ma liberaci dal male. Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen

 

Benedizione:

La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre, e la comunione dello Spirito Santo restino a tutti noi, ora e sempre.

 

Fratelli e sorelle ricordiamoci che,

Il Signore è il nostro aiuto. Egli ci protegge.

È la nostra ombra. Egli sta alla nostra destra.

Di giorno il sole non ci colpirà, né la luna di notte.

Il Signore ci preserverà di ogni male; egli proteggerà l’anima nostra.

Il Signore ci proteggerà quando usciamo e quando entriamo. Amen.

 

 

Buona domenica e alla prossima.

Il culto di domenica 15 marzo

In tempi di emergenza i moderni mezzi di comunicazione ci permettono di mantenere la nostra comunità connessa.

Qui sotto trovate lo schema del culto di oggi che potrete anche vedere sulla www.facebook.com/metodistiroma/ o sul canale YouTube della Chiesa.

 

Invocazione

Ci raccogliamo alla presenza del Signore:

Grazia, misericordia e pace vi siano date da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo che ha dato se stesso per noi. Amen.

Saluto

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, buongiorno e buona domenica.

La grazia di Dio sia con noi tutti questa mattina.

Leggiamo il Salmo 133, versetto 1:

<< Ecco quant’è buono e quant’è piacevole, che i fratelli vivano insieme!

E dice anche l’evangelista Matteo al cap. 18, versetto 20 : <<Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, li sono io in mezzo a loro>>. Matteo 18,20

Così è altrettanto buono e piacevole quando si trovano due o tre fratelli o sorelle. Lì Dio è in mezzo a loro.

IC.148

1

Vieni in mezzo a noi Dio liberatore, ci raccogli tu nel tuo grande amore. Non lasciarci più: forte e la tempesta; ogni giorno è festa se con noi sei Tu.

2

Se Tu vuoi Signor, siam tuoi testimoni; anche il nostro cuor Tu vuoi rinnovare. Nella tua bontà dacci un avvenire; anche il nostro agire lode a Te darà.

3

Dacci fede in Te, Dio della speranza; ogni nostro di sia con te una danza. L’incredulità Tu puoi trasformare in un grande mare di fraternità.

4

Potrai solo Tu riscattar, Signore, questa umanità piena di dolore.

Se ci incontrerai nella tua Parola

la tua grazia sola ci illuminerà.

Confessione di peccato

Care sorelle e cari fratelli, leggiamo nel libro di Giobbe al cap. 9 verso 21: <<Io sono innocente? Sì, lo sono>> (Giobbe 9,21).

Queste sono le parole di Giobbe allora poiché non riuscì a comprendere le motivazioni delle sue disgrazie e si reputò di non aver commesso il peccato.

In questo tempo in cui le nostre certezze stanno crollando, trovandoci in serie situazioni di difficoltà, avendo perso molte cose acquisite con le nostre personali fatiche e abilità, osiamo dire queste parole davanti a Dio.

Preghiamo:

Signore Dio nostro, il vissuto di un credente come Giobbe è per noi un racconto straordinario delle Sacre Scritture poiché noi non abbiamo mai capito fino in fondo quali sono state le motivazioni delle sue disgrazie. Potremo capire le prove che siamo chiamati ad affrontare e a superare con il tuo aiuto. Ti chiediamo il perdono quando ci riteniamo degli estranei ed innocenti.

Tu gli hai detto: << dov’eri tu quand’io fondavo la terra?>> Giobbe 38,4

Ti chiediamo di farci capire e di accettare con umiltà il limite della nostra sapienza. Donaci, la mente e il cuore per comprendere ciò che siamo chiamati a cambiare nelle nostre abitudini.

Perdona la nostra insensibilità e spronaci a riflettere ora, qual è il passo successivo da intraprendere insieme. Sia tu davanti a noi. Amen.

Annuncio della grazia

Temere il Signore, questa è saggezza. Giobbe 28, 28.

Queste parole di Giobbe ci rendono capaci di invocare la grazia di Dio. Temerlo cioè accostare davanti a Lui, parlare con lui in preghiera ci accompagna ora e sempre. Che Egli ci dia la saggezza di capire la sua volontà. Lo ringraziamo. Egli è la fonte e sorgente della nostra vita. Amen

Preghiera

<<Siano  gradite le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore in tua presenza, o  Signore, mia rocca e mio redentore>!> Salmo 19,14

Lettura Biblica: Luca 9,57-62=Mt 8:19-22 (Come seguire Gesù)

57 Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque andrai». 58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59 A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va’ ad annunciare il regno di Dio». 61 Un altro ancora gli disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia». 62 Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio».

Sermone:

Care e cari,

ora mi vedete, mi trovate nel tempio, perché ho pensato di raggiungervi, di farvi sentire che siamo insieme, in questo culto di domenica. È strano per me e per voi non essere qui insieme, fisicamente, la legge ci impone di limitare il contatto tra le persone, ma attraverso questo video in diretta possiamo essere collegati, a continuare a lodare il Signore, e a dichiarare che Egli è buono e clemente nei nostri confronti.

In questo momento in cui trascorriamo il culto nel tempio, rivela la verità che  nessuno di noi si è mai immaginato che potessimo trovarci così, ma non dobbiamo dimenticare che il Signore è presente, qui e nelle vostre case, è in mezzo a noi, e che soffre con noi nel cammino verso Gerusalemme. Dobbiamo rallegrarci poiché questa situazione è solo temporanea.

Ci troviamo a ripercorre con lui la via verso Gerusalemme nel momento più vivido del racconto, assistendo con i nostri occhi l’attualità delle parole che a noi sono già state annunciate. Le parole profetiche delle Sacre Scritture si sono avverate, le parole e le azioni si compiono contemporaneamente. Cogliamo dunque, questa occasione per un momento di riflessione su ciò che sta accadendo intorno a noi.

La Terra è una sola. L’affermazione: “Siamo tutti nella stessa barca”, riflette la nostra condizione odierna: la situazione di emergenza sanitaria, causata dal COVID-19, che ciascuna nazione deve fronteggiare, chi prima e chi dopo. La Cina è il primo paese a doverne registrare un numero elevato di contagi, e a cui ora si stanno osservando dei miglioramenti grazie ai nostri fratelli e sorelle cinesi(scienziati, ricercatori, medici, infermieri) che hanno fatto dei sacrifici, dandoci molti esempi di coraggio.

Il mondo è colpito dalla Coronavirus. È una malattia molto contagiosa con conseguenze che si ripercuote in ogni aspetto della nostra vita, nella nostra famiglia, nel nostro lavoro, nella scuola, nei bar, e nelle strade, in ogni dove. I genitori, che con la chiusura delle scuole, devono fronteggiare non soltanto l’organizzazione del proprio lavoro, ma anche assicurarsi che i propri bambini possano seguire i loro programmi scolastici. “Lontano dal contatto, lontano dal contagio”, è la regola di base per evitare di trasmettere il coronavirus insieme ad un’ottima pratica di igiene, la regola di buon senso e il rispetto delle normative che ci vengono imposti.

I nostri modi di vivere, con questa pandemia mondiale, deve subire dei rimodellamenti e riadattamenti, anche se brevi, dobbiamo trovare delle soluzioni alternative perché la nostra vita possa continuare e la testimonianza del cammino di Gesù verso Gerusalemme deve avere ora un suo spazio nel nostro pensiero.

Dio nel figlio Gesù ci ha dato dei maestri e delle maestre nella nostra vita perché possiamo imparare a come vivere in questa terra.

Egli ne aveva scelto dodici, poi i settanta per avere delle continue collaborazioni nella diffusione della Parola del Regno di Dio fatto di giustizia, di guarigione e di guida per vivere la nostra vita. I suoi discepoli avevano acquisito molta sapienza, e il suo modo di parlare e agire recavano gioia e stupore. Essi avevano capito che i suoi insegnamenti gli aveva nutriti di parole di consolazione, di speranza.

Craddock un esegeta commenta questo brano dicendo che:

Colui che si è messo risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme non offre un <<affare >>.

Io sono del tutto dipendente dall’ospitalità degli altri; vuoi esserlo anche tu?”, dice al primo che si offre volontario.

“La lealtà verso di me ha la precedenza anche sull’obbligazione morale primaria di un figlio”, dice al secondo potenziale discepolo.

“Io mi aspetto più di quello che Elia pretese da Eliseo” 1 Re 19,19-21, è la sua risposta al terzo, anch’esso offertosi come volontario.

Nella strada verso Gerusalemme, sarà manifestato la salvezza aperto a tutti che determinerà la nostra sorte. Non ci sarà più scusa. In questo episodio non sono quelli che sono stati scelti come seguaci di Gesù a rivelarsi dei veri discepoli, forse perché non avevano più bisogno del tale invito, visto che erano sempre con lui anche nel luogo di compimento del suo mandato, per essere santificati, purificati e salvati dalla sua opera di giustificazione attraverso la fede, ma sono persone che ancora non lo conoscono.

La radicalità delle parole di Gesù consiste nella sua esigenza di avere priorità che ci portano al miglioramento, e non al peggioramento delle relazioni umane. Gesù non ha mai detto di scegliere fra lui e il male, ma di scegliere fra lui e la propria famiglia per liberarci dalla bramosia delle proprietà, e dal culto della famiglia.

Quali sono le nostre priorità? Come dobbiamo seguire Gesù?

Dobbiamo rifletterci su queste domande perché tutti noi siamo chiamati i discepoli e le discepole di Gesù.  “Signore, Io ti seguirò dovunque andrai”, “Maestro, farò il tuo volere”. Quanto mi piacerebbe sentire e dire queste parole in ogni momento.

“I will follow Him”. La canzone che in questi giorni difficili mi ha dato grande incoraggiamento. La felicità del/la discepolo/a nel ripetere ogni giorno, nella gioia e nel dolore, queste parole di affermazione di seguire Gesù, possa essere per noi un essere beati e felici anche nelle avversità.

Amen.

IC 312: Vieni e mi segui, disse il Redentore

1

Vieni e mi segui disse il redentore per il sentiero che t’additerò. Ed io, col cuore fervido d’amore, te mio Signor, ovunque seguirò!

2

Voglio seguirti fra color che pace in cuor non hanno, e parlerò di Te. E a lor dinnanzi splenderà la face della tua grazia, della tua mercé.

3

Ti seguirò fra le smarrite genti che ancor lontane vivono da Te, perch’ esse avanzin, con i tuoi redenti in un fervore d’operosa fé.

Preghiera di Intercessione

Signore, nostro Dio, in questi giorni in cui tutto è così incerto, la debolezza del genere umano si rende sempre più evidente, e tutto sembra cospirare per aumentare le nostre solitudini, rinfranca tu, ti preghiamo, le nostre mani cadenti e le nostre ginocchia vacillanti. Raddrizza i passi di questo mondo e raddrizza i nostri, affinché possiamo resistere, comprendere meglio il valore della solidarietà  e viverla, anche e soprattutto in questi tempi così difficili. Illumina chi studia per combattere il virus che sta colpendo questo mondo, e fa che impariamo a proteggere gli uni agli altri.

Signore, ti preghiamo in particolare per i membri della nostra comunità che sono malati, ridonali la forza, la buona salute.

Tu ci conosci, sai quali sono le nostre attese e i nostri bisogni, e noi siamo certi che mediante la tua Parola ci risponderai.

Rendici capaci di rispondere a nostra volta alle tue attese; ricorda a noi tutti che tu ci inviti alla bella avventura della fede, che trasforma le nostre esistenze e ci guida alla pienezza della vita. Tutto questo ti chiediamo nel nome del Signore Gesù, che ci ha insegnato a dirti Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome venga il tuo regno sia fatta la tua volontà come in cielo anche in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori e non esporci alla tentazione ma liberaci dal male. Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen

Benedizione

La grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti noi. Amen!

Gesù disse: Vieni e seguimi.

Care sorelle e cari fratelli seguiamo il nostro Signore, egli ha vinto il peccato del mondo con la nostra fede.

Buona domenica!

La misura ultima dell’uomo

SERMONE: Luca 10,25-37

“La misura ultima di un uomo non è ciò che si trova nei momenti di comodità e convenienza, bensì tutte quelle volte in cui affronta le controversie e le sfide. Il vero prossimo rischierà la sua posizione, il suo prestigio e persino la sua vita per il benessere degli altri. Nelle valli pericolose e nei sentieri pericolosi, solleverà i fratelli contusi e picchiati verso una vita più alta e più nobile”. (Rev. Martin Luther King)

Chi è il mio prossimo? Una buona domanda posta dal dottore della legge a Gesù. Questa è una buona domanda per noi oggi. L’uomo picchiato e derubato? Era ebreo. Lo sappiamo per come è descritto nel suo viaggio. Stava “scendendo da Gerusalemme a Gerico”. Veniva dal tempio e tornava a casa. Forse i due che l’hanno ignorato? Erano anche ebrei. Mentre l’uomo che si ferma per soccorrerlo era un samaritano. I samaritani odiavano gli ebrei e gli ebrei odiavano i samaritani. L’odio tra i due popoli ha origini lontane, al tempo dell’esilio assiro. La cosa strana era che sia gli ebrei che i samaritani, praticavano la propria visione dell’ebraismo, e ognuno pensava che l’altra fosse sbagliata. Quindi si odiavano e non avevano alcun contatto l’uno con l’altro. Ma in questa parabola, il Samaritano ha visto il suo prossimo, in quel momento lui lascia le differenze tra i due popoli, l’animosità storica e culturale. Vide la necessità, ha avuto pietà di lui e lo ha aiutato. Al Samaritano non importa se si trova in un posto pericoloso, dove i ladri potrebbero attaccarlo.

Così, quando Gesù ha detto “Vai e fai altrettanto”, voleva significare:  Andate e fate altrettanto per tutti, amate tutti, accettate tutti, accogliete tutti, proprio come Gesù ha aperto le braccia per salvare tutti. Ci sta dicendo di aprire le nostre braccia e di essere prossimo con i nostri vicini. E se non vedi il tuo prossimo, non puoi essere a lui prossimo. “Vedere” il prossimo significa amare quella persona tanto quanto ami te stesso.

Che prossimo sei? Siamo come il prete, il levita o il samaritano? In questa parabola il sacerdote e il levita passarono dall’altra parte della strada e non danno aiuto all’uomo derubato. La prima riflessione che ci viene in mente è: che tipo di persone sono? Sappiamo tutti che il sacerdote fa la cerimonia nel tempio e il levita lo aiuta. Loro devono essere puri, evitando di toccare l’impuro, impuro come la persona ferita. Se si sono contaminati diventati impuri, dovevano andare al tempio e purificarsi per 7 giorni prima di fare di nuovo i culti. Questa è la legge.

Se stiamo cercando di obbedire alle regole, stiamo cercando di salvare noi stessi e questo ci renderà schiavi. Ma se stiamo facendo atti di amore, quell’amore e quella bontà che Dio ci ha mostrato, proprio come il samaritano, allora siamo liberi. Dobbiamo lasciarci coinvolgere e operare per alleviare la sofferenza – la compassione agisce per il bene dell’altra persona, indipendentemente da chiunque essa sia, a prescindere dal costo personale o da ciò che proviamo. Questo tipo di amore non è emotivo, semplicemente nasce da un cuore grato. Dobbiamo essere grati perché abbiamo la fortuna di sperimentare l’amore meraviglioso del nostro Dio. Possiamo trasmettere l’amore agli altri, al nostro prossimo. La nostra disponibilità a servire e l’obbedienza ad andare dove Dio ci indirizza verso alcuni bisogni e alcune persone che incrociamo lungo la nostra strada, ci rendono davvero “buoni samaritani”.

Quanto è grande il nostro quartiere? Abbiamo una visione limitata dell’amore e a chi ci prenderemo il tempo e le risorse per servire? Una delle realtà dell’amore di Dio è che Egli ama tutte le tipologie di persone. L’umanità è ciò che ci rende tutti prossimi agli occhi di Dio e chiunque abbia bisogno è il prossimo da cui dobbiamo andare. L’amore pieno di grazia fa molto di più dei semplici  appelli del dovere.

La versione spirituale di questa parabola è la mia, la tua storia. Il nostro orgoglio, la gelosia e la ricerca di prestigio ci hanno derubato e ferito ed è per questo che i buoni rapporti e il servizio per gli altri stanno cominciando a venire sempre meno. L’amore che deve essere l’ingrediente principale nei nostri rapporti sta svanendo. Il sacerdote in questa storia rappresenta proprio noi: nella maggior parte delle situazioni non vogliamo essere coinvolti.  Il levita rappresenta la persona che non parla con le persone e non mostra alcuna compassione verso di loro. Il samaritano, invece, rappresenta una persona che è disposta a servire in qualsiasi situazione, è disposta a dare tutto ciò che ha.

Il samaritano vide la necessità, ebbe pietà di lui. 34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”.

Questa storia ci ricorda anche come Gesù raccolse le nostre vite spezzate e legò le nostre ferite e offrì il vino del suo sangue per salvarci, l’olio del suo Spirito Santo per la guarigione, e annullò tutti i nostri debiti con la sua morte sulla croce.

Domenica scorsa abbiamo festeggiato (Oggi è) il secondo anniversario di BREAKFAST TIME, uno dei servizi della  chiesa metodista di Milano che  la nostra chiesa  ha adottato. Durante i nostri turni ogni domenica mattina, ho visto situazioni diverse dei senzatetto. All’inizio, nelle prime 3 settimane del mio giro, ho sempre pianto al ritorno a casa. Mi ricordava la mia esperienza senza una casa da bambina. Sì, ero una di loro e grazie a Dio c’è stata una famiglia che ci ha lasciato vivere sotto la loro casa. Non è un buon posto per dormire, dormire  a terra a 9 anni, per me e per le mie due sorelline e il mio fratellino. Mio padre era malato, metà corpo paralizzato, poteva camminare solo molto lentamente. Mia madre andava tutti i giorni nelle famiglie a chiedere un lavoro di lavanderia, ma non era sempre fortunata a trovarlo. Mio padre, io, le sorelline e il fratellino, andavamo per strada a chiedere qualcosa da mangiare.  Sembrava che non ci fosse speranza, nessuna fine, non volevo svegliarmi la mattina e chiedermi di nuovo “Che cibo avremo oggi?”. Tante cose che non capivo. Un giorno, alcuni vicini hanno iniziato a darci un pasto regolare (è durato per 3 mesi fino a quando mia madre ha ottenuto un lavoro regolare), hanno visto le nostre esigenze e si sono resi disponibili a dare ed ad aiutarci. Dalle loro azioni, qualcosa è cambiato. La mia famiglia ha iniziato a dormire bene e mi piaceva svegliarmi ogni mattina, perché sapevo che avevamo qualcosa da mangiare, che qualcuno aveva cura di noi e che ci aiuterà per avere una vita migliore. Ogni colazione che condividiamo ogni domenica con i senzatetto, cambia la loro vita quotidiana. Anche solo per una notte possono dormire meglio, perché sanno che c’è qualcosa da mangiare la mattina successiva. Sentono che ci sono alcune persone che danno loro importanza, disposte ad aiutarli e dare speranza. Ogni domenica li incontriamo, e la fiducia e l’amicizia tra di noi crescono.  E le differenze tra di noi diminuiscono. Quello che conta di più è che facciamo il servizio con amore e disponibilità. Lo facciamo perché vogliamo condividere le benedizioni che abbiamo ricevuto e trasmettere l’amore di Dio attraverso questo nostro essere prossimo.  E magari un giorno uno di loro si alzerà e avrà una vita più nobile.

Continuiamo, allora, a servire gli altri per la Gloria del nostro Signore, come è scritto nel libro dell’Ecclesiaste 11:1 “Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai”.  Amen

Rowena Abad

Vanità

ECCLESIASTE 1:1-18

 

ECCLESIASTE  3:1-8

 

Cari fratelli e care sorelle,

oggi mi sarebbe piaciuto avere più tempo per poterci soffermare a leggere l’intero libro dell’Ecclesiaste, anche detto di Qoelet. Come sappiamo infatti si tratta di un piccolo libro biblico fatto di 12 capitoli che personalmente trovo che abbiano un contenuto molto bello e profondo. Purtroppo il tempo manca e alla fine ho scelto di soffermarmi su questi due passi, ma vi vorrei invitare a leggerlo al ritorno alle vostre case.

Qoelet o Ecclesiaste (dal greco) indica un oratore che pronuncia il suo sermone. Un sermone che fondamentalmente punta a cercare il senso della vita e delle fatiche umane. Quelle che ci si pone qui sono domande che ci toccano da vicino,  e penso che l’esperienza sia simile a tutti: prima o poi tutti  ci troviamo a confrontarci con il senso di quello che ci circonda. Nel primo passo che abbiamo letto la routine del mondo viene descritta molto bene, iniziando dal sole che sorge, finendo alle occupazioni quotidiane. Ma il nostro predicatore, parlando in prima persona, termina dicendo che tutto questo è vanità, lo definisce come un correre dietro al vento. E in effetti se ci pensiamo non ha tutti i torti: diversi sono anche gli altri passaggi biblici in cui si parla della precarietà della vita, pensiamo ad esempio a quel ricco epulone che quando ha ottenuto il necessario per poter vivere di rendita viene a mancare oppure ai Salmi in cui spesso si prega di saper contare i propri giorni. Quello che a mio parere salta all’occhio è che l’Ecclesiaste, parlando qui in prima persona, non fa altro che incarnare i dubbi umani.  E’ come se nella vita di tutti i giorni ci illudessimo di avere dei punti di riferimento stabili che poi però vengono meno come tutte le cose umane e solo allora iniziamo a interrogarci sul senso che attribuiamo a tutto questo.  Pensiamo ad esempio a quelle volte in cui abbiamo salutato qualcuno senza sapere che non lo avremmo più rivisto… Ci illudiamo spesso che ci sia una routine che non finisce mai e che le persone non ci lasceranno mai, salvo poi perdere tutte le nostre certezze quando inevitabilmente accade il contrario.

E ad esempio possiamo pensare a questi giorni con questa epidemia di Corona virus dove una nazione che sembra imbattibile d’un tratto si trova messa in ginocchio, oppure agli attacchi terroristici quando persone senza ne arte ne parte possono cancellare le vite di tanti altri esseri umani in pochi secondi. E ancora più in generale, oltre a quando succedono cose inspiegabili, abbiamo sempre davanti agli occhi la certezza di dover morire un giorno, sappiamo che volenti o nolenti il nostro tempo non è eterno.  Potremmo allora chiederci: che senso ha tutto questo?

Il nostro sermone però va poi avanti, questa volta l’oratore non parla in prima persona ma in generale ed elenca i tempi della vita. Ci sono delle antitesi che non pretendono di esaurire le situazioni umane, tuttalpiù di rappresentarle in maggioranza. Proverbiale è quella del vivere e del morire, ma anche rappresentative sono quelle del ridere e del piangere, del gioire e del fare cordoglio. Le altre è come se fossero proiezioni di queste: costruire e demolire, cucire e strappare, abbracciare e astenersi dagli abbracci. In generale, potremmo dire, la vita umana oscilla tra alti e bassi, tra momenti positivi e momenti negativi.

Tra questi due passi mi ha colpito la differenza di tono usata: il primo sembra una riflessione personale, mentre il secondo sembra una predicazione ispirata. E’ come se ci fosse il contrasto tra i nostri pensieri e i pensieri di Dio: da un lato l’uomo che si dispera per l’evidenza delle cose, dall’altro Dio che comunque ci chiama a vivere la vita. E io, fratelli e sorelle, mi sono chiesta come si concilia l’evidente precarietà dell’esistenza con questa chiamata e sono giunta alla conclusione che non dovremmo passare il tempo a disperarci, bensì a cogliere l’occasione che ci viene data: Dio vuole che la nostra vita sia piena, non una vita fiacca e arrendevole con la consapevolezza invalidante del nulla, ma una vita vissuta come protagonisti.  Noi abbiamo tutti una “data di scadenza” ma oggi siamo qui e dovremmo cercare di dare il massimo che possiamo e che ci è stato dato da Dio stesso in termini di risorse. E in particolare vorrei soffermarmi a parlare del nostro lavoro, in ottica prettamente evangelica. Dio chiama tutti noi a vivere e a tutti assegna una vocazione da svolgere per servire la società in cui viviamo. E credo che per rispondere degnamente a questa chiamata tutti noi dovremmo, nei diversi ambiti in cui ci troviamo a stare, fare il massimo, al massimo delle nostre possibilità per svolgerlo al meglio, ammesso che abbiamo avuto la fortuna di trovarlo il nostro posto nel mondo. Sappiamo infatti quanto si fatica oggi per trovarlo e soprattutto per mantenerlo. Comunque oggi  vorrei che ci soffermassimo a riflettere principalmente si questo: quante persone possiamo servire attraverso il nostro lavoro? E, meglio ancora, quante altre persone per colpa della nostra svogliatezza non abbiamo servito e magari hanno perso qualcosa?  Mi vengono in mente quelli che si occupano di pagare i dipendenti di una certa azienda… se loro dovessero scioperare o non aver voglia di lavorare non ne fanno le spese solo i dipendenti ma le intere famiglie e, per via indiretta, anche l’economia del paese. Alcuni di voi sanno che ho iniziato da poco un nuovo lavoro, ora mi occupo di persone che hanno compiuto reati e che sono prive di libertà. Per me è ancora più evidente di prima quanto sia importante anche una semplice telefonata, come si può fare la differenza. E questa è anche l’etica della responsabilità in ambito evangelico, anche se la nostra vita finirà dovremmo agire sempre consapevoli di ciò che deriva dalle nostre azioni. Credo che la volontà di Dio, come diceva anche Calvino, sia che diamo il massimo in esso per esprimere la vocazione che Dio ci ha dato. Questo purtroppo manca nel nostro paese, l’idea che con il nostro lavoro possiamo servire qualcuno, ecco perché le cose funzionano molto male. Se le persone si rendessero conto del bene che possono fare attraverso il loro lavoro, le cose, sono convinta, cambierebbero senz’altro.

Dunque se le nostre vite procedono tra alti e  bassi, tra momenti tristi e momenti più felici noi possiamo sempre essere consapevoli che Dio ci ha chiamati a vivere, ci ha dato una missione ed è con noi e ci accompagna e che dunque non è vano il nostro esistere.

Preghiamo affinchè diveniamo consapevoli della presenza di Dio in tutti i momenti della nostra vita e affinchè impariamo a rispondere responsabilmente alla chiamata che ci viene fatta.  Amen.

Francesca Agrò

Il seminatore

Matteo 13,1-9

 

Gesù esce dalla sua dimora. Va verso il mare. Si siede lì circondato da una moltitudine. Egli  introduce una parabola davanti a loro.  Si cerca di farsi ascoltare meglio e così trova un posto dove sedersi sulla barca.

Egli li ha molto da dire e sembra che  raccontasse con parole facili da capire. Ognuno e ognuna comunque  capisce  quello che può e nessuno si annoia. I racconti in parabola o in similitudine  sono per le genti che hanno scopo di recare  un insegnamento buono  per la loro vita di tutti i giorni.

Reca un pensiero per  tutti quanti, e  anche per noi  oggi  che l’abbiamo riascoltato.

Ecco la parabola del seminatore e dei terreni.  Il seme cade in terra, come la parola quando trova un cuore  adatto per crescere, agisce in maniera misteriosa, infondi  se stesso come le radici allargando, scavando nella profondità di esso.  Mentre si allarga sotto e anche sulla superficie cresce in alto. Il semi e la terra sono entrambi per tutti e due, in perfetta combinazione.

Ogni seme è paragonato a ogni parola. Ogni seme  è destinato ad essere  gettato  e da qualche parte in cui si trova a crescere.  Ogni tipo di terreno è paragonato ad un uomo che ascolta.  Il seme come la  parola e la terra come l’uomo producono  frutto. Il seme continua a produrre con la terra che lo accoglie.

I semi si gettano e  dappertutto e trovano sempre i luoghi  a loro disposizioni. Ogni terra è buona per piantare.

Così con la similitudine: il seme come  la  parola,  la terra come il cuore dell’uomo comprendiamo  quello che Gesù aveva voluto raccontare con una buona intenzione.

« Chi ha orecchi oda». Chi capisca intende.

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, questa parabola del seminatore e dei terreni  raccontata da  Gesù allora, è per me un racconto che me ha accompagnata in questi anni. E’ un racconto  molto semplice, ma mai per me esaurito di significato. Ogni volta che la prendo in meditazione mi dice qualcosa sempre di nuovi e di più . Io ci ritorno per rifare e rivedere il  mio percorso di vita come una credente. Penso che stiamo tutti percorrendo un cammino di vita che termina quando l’ora di tornare al padre, in cui una vita trascorsa, spesa, investita, fatta di ascolto della sua parola. Mi chiedo, dove è già arrivato il seme, quella  parola evangelica nella profondità del mio cuore?  E’ già cresciuta e continua a crescere scavando nella profondità, infondendosi e allargandosi? Un seme che composto di radici e di pianta, sotto e sopra si manifestano.  Grazie a colui che l’ha seminato raccoglie dei frutti.  Essendo ottimisti,  sperano entrambi. La vita di chi crede cresce alimentandosi, nutrendosi con la parola che proviene dal Signore, dolce come il miele.

Vorrei condividere con voi due esperienze particolari che ho avuto in due occasioni in questa settimana appena trascorsa, cui un ri-eco del metodismo in Italia è stato inquadrato.

Uno è nell’ambito ecumenico presso la foresteria del monastero delle monache  camaldolesi, sull’ AventinoINCONTRIAMO LE SORELLE E I FRATELLI cristiani diversi per una testimonianza comune”  Io e il pastore Marco Fornerone siamo stati invitati dai fratelli e dalle sorelle cattolici per  raccontare il nostro legame di chiesa. Tuttora , il patto di integrazione  ci lega e contiene le parole dei nostri padri e delle nostre madri di entrambe chiese che  ogni volta noi figli e figlie abbiamo il dovere di consultare e siamo chiamati a rivisitarlo  perché con queste parole ci rimettono al nostro posto di essere testimoni di Cristo Gesù in Italia.

Io che sono definita una figlia adottiva  di questa famiglia di  credenti e  mi sono vista di avere un ruolo di testimone per  esse. Mi ha fatto piacere raccontare che le due chiese hanno resistito e lottato in questi anni per essere testimoni della parola di Dio in Cristo Gesù seminata in loro.

Nel contesto italiano, di confessione cattolica romana, la parola evangelica era gettata /desseminata nei cuori di figli e figlie  della riforma di confessione protestante, e  protestare significa pro o  attestare la sovranità del Signore.

L’altro è il convegno sul metodismo che si è svolto in una giornata all’università della sapienza.

In questa occasione ho ascoltato con altri della nostra comunità  i vari interventi degli storici, un metodista britannico  ha esposto la parte dell’opera missionaria degli inglesi e un altro ospite quello americano episcopaliano e per ultimo un teologo il  prof. Garrone. Le varie relazioni sono tracciate dagli anni prima della guerra mondiale  in cui i protestanti metodisti avevano gettato il seme della parola del vangelo che aveva uno scopo anche di far crescere /diventare degli uomini pensanti oltre ad evangelizzare.

Guardando le ultime slides che riguardano la scuola metodista internazionale  a Monte Mario  ho pensato quanto avevano perso i metodisti in Italia. erano falliti alla loro missione? Cosa era successo perché i metodisti avevano perso quel luogo e terreno di testimonianza: da una parte per  formare uomini perché diventino  pastori metodisti italiani  e dall’altra per educare  persone civilmente?

Quali sono i fatture in cui i  luoghi  di testimonianza sono abbandonate? Forse, la terra italiana non  era adatta per  far crescere questo seme?

La parabola del seminatore e dei terreni mi ha invitato a condividere la mia riflessione sul fatto che in questi due contesti che vi ho citati prima ci sono come  dei semini  che sono caduti, che hanno trovato i terreni adatti dove sono stati cresciuti e altri non hanno avuto la possibilità di crescere e quindi sono persi o sono morti. I metodisti evangelici in Italia diminuiscono anno in anno.  In Italia ci sono più o meno  40 chiese ma ci sono pochi metodisti che spirano di diventare pastori  e le comunità sono frequentate da poche credenti italiani e si sono aggiunti  i metodisti dal flusso di  immigrazioni.

Dobbiamo ricordare ora dell’atteggiamento del seminatore colui che parte con una mente e un cuore speranzoso. Laddove ha seminato aspetta il seme che germoglia, nascono le fogliolina, il  tempo buono e cattivo possono danneggiare / nuocere  ma il seminatore spera e non dispera.  E’ ottimista.

Spiegazione della parabola del seminatore
18
 «Voi dunque ascoltate che cosa significhi la parabola del seminatore! 19 Tutte le volte che uno ode la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via quello che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. 20 Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia, 21 però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato. 22 Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l’inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa. 23 Ma quello che ha ricevuto il seme in terra buona è colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l’uno rende il cento, l’altro il sessanta e l’altro il trenta».

La parabola ci presenta diversi punti da riflettere e ci orienta con consigli su cui dobbiamo innanzitutto impegnarci per l’annuncio dell’Evangelo, perché care sorelle e cari fratelli  il primo elemento che risalta nella parabola, non riguarda l’ascoltatore ma il seminatore, molto generoso nello spargere il seme.

Il seminatore lo getta ovunque, sulla strada, tra le pietre, tra le spine sperando che possa trovare un po’ di terra ove attecchire e crescere.

L’evangelo è il seme da spargere ovunque  e  per il buon seminatore, non c’è nessun terreno che non sia idoneo(all’altezza) a ricevere il Vangelo.

Con la similitudine del terreno Gesù, da  bravo maestro, ci insegna che l’evangelizzazione cioè l’annuncio della parola di salvezza deve essere vissuta o perseguita con coraggio,   anche se ci sembra di ottenere risultati deludenti, perché  i terreni messi a disposizione sono diversi e spesso non si vede quello che si è seminato.

 

Il terreno su cui lavorare è la vita di ognuno di noi e vanno considerate le differenti caratteristiche della persona : la sua cultura, la provenienza etnica, la classe sociale……ma questo  non  deve essere un  concetto  per identificare, etichettare  le persone  in terreni buoni e cattivi;  in realtà se pensiamo bene,….. noi assomigliamo a tutti i tipi di terreno in rapporto con la situazione e il luogo in cui siamo chiamati a vivere che non scegliamo  così a volte siamo un  terreno sassoso, altre volte  siamo pieni  di spine, altre ancora ci  lasciamo innaffiare e diamo molti e buoni frutti.

La parabola è un invito impellente ad uscire di  buon mattino insieme al Signore per seminare il vangelo nel cuore di tutti, finché il seme della parola sia ascoltato, accolto e porti i suoi frutti.

Il seminatore Gesù è fiducioso e ha grande coraggio e i suoi discepoli che sono gli operai dell’evangelizzazione, devono continuare ad avere fiducia, nelle loro azioni che  alla fine avranno dei risultati superiore ad ogni attesa.

 

In questo testo emerge  la fatica dell’Evangelizzazione,  con i suoi successi e con i suoi insuccessi  come per  il contadino che semina nelle diverse qualità di terreno ottiene poco o molto raccolto.

Infatti se i semi li pianta  nella  buona terra danno frutti in abbondanza, mentre quelli che finiscono sulle pietre non crescono. Il seminatore però di questa parabola  non è un contadino  incapace, ma un grande ottimista che spera che anche le pietre diventino terra feconda e che da questa  nasca  ugualmente qualche spiga. La sua mano generosa ha gettato il seme, come dalla sua bocca sono state emesse parole che per tutta la nostra vita ci vengono donate perché cresciamo ogni giorno. Infatti,  la Parola va annunciata  a tutti, cattivi e buoni perché Dio nostro Signore, vuole che <<tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità>> (1 Tim. 2,4 ). Amen.

past. Joylin Galapon

L’arrivo dello sposo

Matteo 25, 1-13(la parabola delle dieci ragazze)

Allora, il regno dei cieli sarà paragonata a dieci ragazze che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di queste erano stolte e cinque avvedute. infatti, quelle stolte, prese le loro lampade, non presero con sé l’olio. Invece, quelle avvedute, presero le loro lampade e l’olio in vasetti. Siccome lo sposo tardava, furono colte tutte dal sonno e si addormentarono. A mezzanotte ci fu un grido. ecco lo sposo: uscite (gli) incontro! Allora tutte quelle ragazze se svegliarono e prepararono le loro lampade. Quelle stolte dissero a quelle avvedute. Dateci dell’olio vostro, perché le nostre lampade si spengono. Ma quelle avveduto risposero: sicuramente non ve ne sarebbe a sufficienza per noi e per voi. Andate dai veditori piuttosto e compratevene. Mentre queste andavano a comprare venne lo sposo, e quelle che erano pronte entrarono con lui alle nozze e la porta fu chiusa. Infine arrivarono anche le altre ragazze dicendo: Signore, aprici! Egli in risposta disse: Vi assicuro non so chi siete. State in guardia, dunque non sapete il giorno, né l’ora.

Sermone:

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, oggi è l’ultima domenica di Pentecoste. I pastori e i teologi che hanno redatto il nostro lezionario annuale ‘un giorno una parola’ hanno scelto La parabola delle dieci ragazze per concludere questo tempo liturgico prima dell’avvento.

Dio permettendo, se saremo ancora in vita, ognuno e ognuna è invitato a preparare e a creare in sé un’atmosfera festosa, gioiosa e accogliente nel fronteggiare il tempo di attesa del dono di Natale, che si manifesta con la nascita di un bambino, chiamato Gesù.

Noi che siamo presenti qui oggi siamo invitati a riflettere la conclusione di un tempo dato e donato, preceduto da una lunga e altrettanto breve attesa, per capire l’intento di Dio, che è sempre fedele alle sue promesse e ricorda all’uomo perduto di tornare da lui, di svoltare verso la via diritta e giusta prima del giudizio finale.

Ci chiediamo: Sarà solo per i credenti? Nel libro della vita dei credenti abbiamo questa testimonianza che coloro che hanno ricevuto la fede e il talento devono rendere conto a ciò(una specie di rendicontazione dei beni ricevuti nella parabola dei talenti). Quindi, conta soprattutto alla responsabilità personale.

È molto chiaro in questa parabola delle dieci vergini che erano loro le responsabili di mantenere più viva la luce della loro lampada mentre aspettavano l’arrivo dello sposo. Come ascoltiamo dal racconto nessuna delle vergini aveva vegliato. Però, che siano state pronte o meno, avere abbastanza olio riservato nel vasetto per tenere accese le lampade significa aver avuto cura di ciò che poteva accadere in qualsiasi momento. Pertanto, nel momento critico, non è possibile sfruttare l’avvedutezza e la prontezza del prossimo minuto: ciascuno deve assumersi la propria responsabilità di porre rimedio (data l’ora notturna, l’ultimo minuto è escluso). È sempre meglio essere preparati.

Chi di noi, è così saggio a capire il senso del vivere dell’uomo in questa parabola? Le testimonianze dalle Sacre Scritture sul giudizio sui diversi modi di vivere dell’uomo sono tante. Il progetto di vita che propone il Signore tramite le Sacre Scritture è credere in lui, operare nel mondo vivendo il suo dono di fede e talento dandone frutto. Così ci invita oggi a vegliare, a preparare operandosene, impegnandosene nel tempo fino a quando il suo giudizio finale verrà.

Nel vangelo di Luca al cap. 17 versetti dal 26 al 30 abbiamo letto e ascoltato: “26 Come avvenne ai giorni di Noè, così pure avverrà ai giorni del Figlio dell’uomo. 27 Si mangiava, si beveva, si prendeva moglie, si andava a marito, fino al giorno che Noè entrò nell’arca, e venne il diluvio che li fece perire tutti. 28 Similmente, come avvenne ai giorni di Lot: si mangiava, si beveva, si comprava, si vendeva, si piantava, si costruiva; 29 ma nel giorno che Lot uscì da Sodoma piovve dal cielo fuoco e zolfo, che li fece perire tutti. 30 Lo stesso avverrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo sarà manifestato.”

Di fronte a questi testi biblici che narrano gli episodi accaduti prima del tempo primordiale, mi trovo a dover riflettere sulle loro correlazioni alle esperienze che stiamo vivendo oggi. La tragedia accaduta nel tempo di Noè ha un grande insegnamento per noi. Egli con la sua famiglia e alcuni animali furono salvati perché fu una persona onesta e incorruttibile agli occhi di Dio. Pensando invece la vita di Giobbe. Nella tragedia che ha sofferto, ha dovuto affrontare come vivere la realtà in questo mondo, e quante esperienze di sofferenza e gioie ancora da sperimentare.
Che cosa pensiamo all’annuncio biblico della seconda venuta del Signore? Quanto è l’effetto per noi del messaggio? Com’è l’impatto dei testi biblici al riguardo? Giorno per giorno, ci impegniamo con la consapevolezza di vivere la nostra vita come Lot, Noè, e Giobbe?

Una cosa è certa: non possiamo dire che crediamo al 100% a questo messaggio del giudizio della seconda venuta del Signore, perché si dimostra quanta serietà applichiamo nel vivere la nostra vita quotidiana. La prova della piena fede nel Signore è credere vivendo ogni giorno nella speranza che in qualsiasi momento può essere l’ultimo momento. Il vero vivere dell’uomo è scandito di gioia e di dolore, ciò che è aspettata e inaspettata. L’arrivo del padrone di casa, nell’ora che nessuno se lo aspetta, è una sorpresa! Qui, dunque, possiamo troviamo un parallelismo con l’arrivo dello Sposo in questa parabola delle dieci vergini e il carattere improvviso della venuta del Figlio dell’uomo che ci invita entrambi di essere fedeli e vigilanti, di non trascurare le cose affidate, di non maltrattare i nostri vicini, i compagni collaboratori del padrone.

Che cosa vuol dire per noi questa parabola? Siamo pronti alla venuta dello Sposo? Siamo pronti ad accogliere il Figlio dell’uomo? Hai riservato l’olio per il tempo di attesa?

Cara sorella e caro fratello, in quale situazione vorresti essere trovato dal Signore quando arriva il tempo di giudicare il mondo intero? E il momento in cui esprimerà il suo giudizio a te? In questo momento l’evangelo ci chiede se siamo dalla parte di quelle cinque vergini avvedute o di quelle stolte che non avevano conservato l’olio sufficiente per le loro lampade e che a causa del ritardo dell’arrivo dello Sposo erano andate a cercare dov’è comprarlo?

La parabola delle dieci vergini tratta un’immagine che mette in evidenza che ciò che è stato fatto, viene considerato, e ciò che non è stato fatto per aver trascurato la preparazione, viene tralasciato. Le cinque vergini che non avevano l’olio sufficiente erano tagliate fuori, non potendo più recuperare ciò che è stato perso.
Gesù ci rammenta in Matteo 7, 26 “[…]Chi ascolta la mia parola e non la mette in pratica è come un uomo che aveva costruito la sua casa sulla sabbia […]”. Cerchiamo di evitare i nostri atteggiamenti di trascuratezza e prendere invece serio la parola dell’evangelo. Laddove il credente dimostra di aver capito, appreso e afferato gli insegnamenti si vedranno dei frutti che determinerà la sua propria salvezza.

L’attesa del giudizio è quello su cui dobbiamo concentrare nel investire il nostro tempo o richezze in servizio al Signore. Non come l’uomo della parabola “il ricco e Lazaro” in Luca 16,19-31 “ […] l’uomo ricco disse disse ad Abraamo: Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinchè li avverta, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento” – ove il pentimento è giunto al termine del giudizio di Dio, non potendo salvare la sua propria anima, cerca di avvisare i suoi altri fratelli nel non commettere i suoi stessi errori che pur avendo tutte le ricchezze materiali, ha dimenticato la più importante: una relazione personale con Dio.

Ritornando al nostro testo biblico, quando arrivarono in ritardo le altre cinque ragazze, le donne stolte, hanno perso l’unica opportunità di incontrare il Signore. Se noi non siamo preparati in ogni momento del suo ritorno o della nostra morte avremo perso l’unica opportunità che Dio ci da per avere la salvezza in Cristo e partecipare nel suo regno eterno.

Egli riconosce, chiama per nome coloro che lo riconoscono. In Gv.10,11, Egli disse: “io sono il buon pastore, il buon pastore dà la sua vita per le pecore” e altrettanto il suo rammento a coloro che non lo riconoscono “Chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini anch’io rinnegherò lui” – Mt.10,33; Lc.12,9

E’ essenziale che la predicazione del vangelo arrivi in tutte le nazioni per la salvezza dell’umanità, non dobbiamo rimanere soltanto con la parola, ma anche con le azioni. “Professano di conoscere Dio ma lo rinnegano con i fatti” – Tito 1,16

Nell’attesa del suo ritorno, chiediamo il Signore di donarci l’olio affinché non si spengano le nostre lampade e ponendo questa domanda: Come ti senti con la tua preparazione quotidiana o relazione con Dio per riceverlo nel suo ritorno o nel ritrovarti davanti a lui? Amen.

Past. Joylin Galapon

Il vaso di alabastro

Matteo 26: 6-13

Maria di Betania unge il capo a Gesù
6 Mentre Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso, 7 venne a lui una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato di gran valore e lo versò sul capo di lui che stava a tavola. 8 Veduto ciò, i discepoli si indignarono e dissero: «Perché questo spreco? 9 Quest’olio si sarebbe potuto vendere caro e dare il denaro ai poveri». 10 Ma Gesù se ne accorse e disse loro: «Perché date noia a questa donna? Ha fatto una buona azione verso di me. 11 Perché i poveri li avete sempre con voi, ma me non mi avete sempre. 12 Versando quest’olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. 13 In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato questo vangelo, anche ciò che ella ha fatto sarà raccontato in memoria di lei».

 

Fratelli e sorelle mi è sempre piaciuto poco questo brano del Vangelo,

proprio perché non mi ha mai colpito favorevolmente non l’avevo mai studiato a fondo prima della preparazione di questo sermone mi è sempre sembrato molto al di fuori della mia mentalità di credente evangelico e, senza paura di sbagliarmi, molto al di fuori del sentire di tanti altri credenti evangelici.

L’immagine dell’olio odoroso versato sul capo di Gesù (o sui piedi come in un passo analogo del vangelo di Luca) richiama inevitabilmente alla mente una analoga cerimonia della liturgia cattolica.

Lo stesso utilizzo di un unguento prezioso possiamo inevitabilmente associarlo alle tante manifestazioni di ricchezza esteriore che i nostri confratelli cristiani (non solo i cattolici ma anche gli ortodossi) utilizzano in cattedrali, chiese e liturgie, dove lo sfarzo e l’ostentazione è sempre grande e molto accentuato.

Nella nostra mente, ma soprattutto attorno a noi, nelle nostre chiese così essenziali se non addirittura spoglie di arredi e abbellimenti ci troviamo a disagio con questi orpelli.

Generazioni di evangelici, partendo da Valdo e dai primi seguaci di Lutero ad oggi, passando per Wesley ed i primi metodisti ma anche per gli Svizzeri calvinisti e i quaccheri americani, dagli anabattisti del XVI secolo ai battisti attuali tutti loro hanno insegnato al mondo ed hanno vissuto la propria fede nella semplicità e nell’interiorità molto più che nell’ostentazione di gioielli e paramenti.

Detto in parole povere questo vaso di alabastro pieno di olio profumato a me non è mai andato giù !!!

Qualche domenica fa ho sentito un sermone su questo stesso brano e devo dire onestamente che neanche quel predicatore era riuscito a convincermi del tutto e così ho deciso di prendere alcuni commentari ed iniziare a studiare, oggi voglio proporvi queste riflessioni.

Come accennato all’inizio questo episodio della vicenda terrena di Gesù è presente in diversi racconti evangelici, ovviamente con sfumature differenti. In Matteo, il brano che stiamo analizzando oggi, Gesù è a Betania e la donna che versa l’olio sul suo corpo non ha un nome; nel vangelo di Luca invece la donna (sempre anonima) è definita come una peccatrice ed oltre ad ungere i piedi e non il corpo glieli asciuga con i capelli piangendo. Nel vangelo di Luca il racconto è molto simile a quello da noi letto in Matteo.

L’episodio nella versione raccontata dal vangelo di Giovanni avviene invece in casa di Lazzaro poco prima della Pasqua e la donna che unge i piedi e li asciuga con i propri capelli è Maria la sorella di Marta famosa per un altro episodio biblico che tutti noi ricordiamo, che non può certo essere definita “peccatrice” secondo il significato che ne danno i vangeli sinottici. Non ci sono invece differenze nella reazione che i presenti (fra cui i discepoli) hanno al gesto della donna, in tutti e quattro i brani la condanna è unanime, in Giovanni si specifica anche il principale contrario al gesto.

 Possiamo infatti leggere:

 Ma Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse:  5 «Perché non si è venduto quest’olio per trecento denari e non si sono dati ai poveri?» 6 Diceva così, non perché si curasse dei poveri, ma perché era ladro, e, tenendo la borsa, ne portava via quello che vi si metteva dentro.

A prescindere da questa puntualizzazione su Giuda la risposta di Gesù è sempre la medesima: “Poiché i poveri li avete sempre con voi; ma me, non mi avete sempre”.

Le differenze fra i vangeli sono quindi poche anche se significative, l’unzione del corpo e non soltanto dei piedi può evidenziare un legame con l’unzione dei re di Israele che venivano appunto unti e da cui l’espressione “unto dal Signore” a significare appunto la consacrazione di una persona a Dio.

Ungere il corpo di una persona richiama anche i riti di sepoltura (che da lì a pochi giorni si sarebbero effettivamente svolti nei riguardi del corpo di Gesù crocifisso) che prevedevano appunto l’unzione con oli profumati dei corpi.

L’unzione dei soli piedi la immaginiamo invece come un atto di sottomissione e appunto di riconoscimento della superiorità della persona a cui viene fatto il lavaggio, questo è l’aspetto che ancora oggi troviamo in alcune liturgie religiose cristiane.

La risposta di Gesù nella sua semplicità è come sempre avviene con le sue parole precisa e provocatoria allo stesso tempo ma a mio avviso non risolve i dilemmi “protestanti” che questo racconto si porta dietro. Perché a fronte della presenza dei bisognosi dobbiamo utilizzare del denaro per una forma di adorazione che rimane fine a se stessa?  Gesù stesso ci ha più volte ammaestrato sul fatto che un aiuto dato ad un povero vale come se lo si fosse fatto a lui. Un celebre racconto sul giudizio è centrato appunto su questo presupposto.

Sempre in Matteo al cap.25: Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiam veduto aver fame, e ti abbiam dato da mangiare? o aver sete, e ti abbiam dato da bere? Quando mai t’abbiam veduto forestiere, e ti abbiam accolto? o ignudo, e ti abbiam rivestito? Quando mai ti abbiam veduto infermo, o in prigione, e siamo venuti a trovarti? E il Re, rispondendo, dirà loro: in verità, vi dico che, in quanto l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me.

Ecco il mio animo protestante è sicuramente più vicino a questo insegnamento che al vaso di alabastro e all’olio profumato. Le critiche dei discepoli sono sicuramente anche le mie, e proprio da queste mie critiche che ho iniziato a leggere e studiare alcuni commentari per cercare di capirci di più.  Credo di aver compreso che il versetto chiave del brano sia il seguente: “ma me non mi avete sempre”

La presenza di Gesù fra gli uomini in forma umana è ed è stata una eccezione, una bellissima eccezione ovviamente, una eccezione da cui tutti noi cristiani deriviamo. La presenza di Gesù fra le genti di Israele 2000 anni fa ha fatto avvicinare a Dio milioni di persone, ha cambiato il mondo come era è l’ha condotto, nel bene e nel male, a quello che è oggi. La presenza di Gesù fra gli uomini ha portato noi in questa comunità oggi passando attraverso i nostri padri, le nostre madri e tutti i nostri avi fino a quei giorni passati in un filo che ci lega direttamente alla sua persona in carne ed ossa. Quelli erano giorni speciali. Senza nulla togliere a noi credenti del XXI secolo che abbiamo creduto senza aver visto, abbiamo fede senza aver toccato,leggiamo di guarigioni senza averne viste dal vivo, studiamo miracoli a cui non siamo stati presenti, senza nulla togliere a noi appunto non possiamo negare che quelli siano stati appunto giorni speciali.

Giorni irripetibili in cui la presenza fisica, reale, pulsante del Salvatore fra gli uomini era la promessa del Signore Presenza incarnata e visibile. In quest’ottica e solo in questa ottica posso capire il vaso di alabastro e il profumo.  Erano giorni fuori dall’ordinario e irripetibili, erano i giorni in cui tutto prendeva vita, era il tempo in cui un progetto, il progetto di Dio per gli uomini e le donne, ripartiva e ripartiva con un testimone d’eccezione: Gesù il figlio di Dio fatto uomo.

Giorni di venuta che proprio la festa di Natale nel cui periodo di avvento stiamo per entrare ricordano.

Quei giorni però sono passati e finché non torneranno rimarrà con noi il ricordo di un insegnamento e di queste parole: “Poiché i poveri li avete sempre con voi”. Parole che sono la nostra guida per seguire la via che Gesù ci ha insegnato, parole che ci chiedono, e qui torna il protestante che è in me e sono sicuro anche in voi, di adorare il Signore ed il Suo figlio unigenito in fatti concreti e tangibili e non in parole ed azioni liturgiche tanto belle quanto vuote.

////Parole che proprio in questi giorni di festa ///

//Parole che proprio in questi giorni che ci portano verso le vacanze

////ma festa non per tutti///

//ma vacanze non per tutti

//si fanno più forti e colpiscono maggiormente i nostri cuori, parole che ci ricordano //che il 15 Agosto o il 25 Dicembre i poveri sono sempre lì:

Parole che in questi giorni la televisione, i giornali ed internet ci sbattono in faccia continuamente,ci mosrano chi vive e soprattutto muore in mare, //chi muore di freddo nelle strade di Roma e delle altre città d’Italia, le immagini di //chi è bloccato alle frontiere del nord Italia e di chi non sopravvive alla traversata //delle alpi per passare in Francia.

Immagini di anziani lasciati soli e di famiglie con le mense assistenziali come unica risorsa. “Poiché i poveri li avete sempre con voi”.

Parole che ricordano a tutti noi quello che ci siamo impegnati a testimoniare ed a fare per cercare di essere fedeli al messaggio di Gesù Cristo, l’uomo, il Signore, il Salvatore che tanti anni fa una donna ha omaggiato ed adorato con dell’olio prezioso e che noi possiamo omaggiare ed adorare oggi con una colazione ad un bisognoso, un pacco di viveri a chi ne ha bisogno un regalo ad un bambino, una carezza ad un anziano solo.

Perché questo è oggi il nostro vaso di alabastro, noi uomini e donne del XXI secolo che si riuniscono in queste nostre piccole comunità. Questo è il modo che abbiamo di onorare il nostro Signore e Salvatore, non con l’olio sui capelli, il corpo, i piedi Ma con un impegno forte e costante verso coloro che noi tutti abbiamo intorno a noi e che questa società è ben lungi da aiutare in modo efficace. Signore ti ringraziamo per la tua parola, ti preghiamo che il commento ad essa sia stato fedele al tuo pensiero e non sia stato usato e distorto da chi ha avuto il compito di portarlo alla tua comunità. Fa che essa ne tragga giovamento e sprone per l’impegno che essa si e’ assunta in questa nostra società.

Perdonaci se così non è stato e dacci la forza per continuare l’opera della tua volontà

Amen

Enrico Bertollini

 

Matthew 26: 6-13

The Anointing at Bethany

6 Now while Jesus was at Bethany in the house of Simon the leper, 7 a woman came to him with an alabaster jar of very costly ointment, and she poured it on his head as he sat at the table. 8 But when the disciples saw it, they were angry and said, “Why this waste? 9 For this ointment could have been sold for a large sum, and the money given to the poor.” 10 But Jesus, aware of this, said to them, “Why do you trouble the woman? She has performed a good service for me. 11 For you always have the poor with you, but you will not always have me. 12 By pouring this ointment on my body she has prepared me for burial. 13 Truly I tell you, wherever this good news is proclaimed in the whole world, what she has done will be told in remembrance of her.”

 

Brothers and sisters, I have never liked this passage of the Gospel very much,

And since it has never struck me favourably, I have never studied it thoroughly before the preparation of this sermon.

 

It has always appeared very distant from my mentality as an evangelical believer and, without fear of contradiction, very far from the feelings of many other evangelical believers.

 

The image of the odorous oil poured on the head of Jesus (or on the feet as in an analogous passage of the Gospel of Luke) inevitably brings to mind an similar ceremony of the Catholic liturgy.

 

We inevitably associate the use of a precious ointment with the many forms of external display of wealth that our Christian brothers (not only Catholics but also Orthodox) use in cathedrals, churches and liturgies, where pomp and ostentation is always great and very accentuated.

In our mind, and around us, in our churches so essential, if not even bare of furniture and embellishments, we find ourselves uncomfortable with these frills.

 

 

Generations of evangelicals, starting with Valdo and the early followers of Luther to date, passing through Wesley and the first Methodists but also the Swiss Calvinists and American Quakers, and through the 16th century Anabaptists to the current Baptists,

 

all of them taught the world and lived their faith in simplicity and interiority much more than in the display of jewels and vestments.

In short: I really don’t like this alabaster jar full of perfumed oil !!!

 

 

A few Sundays ago, I listened a sermon on this same passage and I must honestly say that not even that preacher managed to convince me completely, so I decided to take some commentaries and start studying: today I wish to share with you these reflections.

As mentioned in the beginning, this episode of the earthly story of Jesus is present in various passages of the Gospel, with different nuances.

 

In Matthew, the passage we are analyzing today, Jesus is in Bethany and the woman who pours oil on her body does not have a name;

in the Gospel of Luke, however, the woman (still anonymous) is defined as a sinner, anoints the feet and not the body, and also wipes them with her hair while she is crying.

In Luke’s Gospel the story is very similar to the one we just read in Matthew.

 

In the Gospel of John, this episode takes place instead in the house of Lazarus shortly before Easter and the woman who anoints the feet and dries them with her own hair is Mary, the sister of Martha, famous for another biblical episode that we all remember, and who certainly cannot be called a “sinner” according to the meaning given by the synoptic gospels.

 

There are instead no differences in the reaction of people present (including the disciples) have to the gesture of the woman: in all four passages the condemnation is unanimous, in John the person most contrary to the gesture is also indicated.

 

We can indeed read (John 12:4-6):

 

4 But Judas Iscariot, one of his disciples (the one who was about to betray him), said, 5 “Why was this perfume not sold for three hundred denarii and the money given to the poor?” 6 (He said this not because he cared about the poor, but because he was a thief; he kept the common purse and used to steal what was put into it.)

Regardless of this clarification on Judas, Jesus’ answer is always the same:

 

 

“You always have the poor with you, but you do not always have me”.

 

The differences between the gospels are therefore few, though significant.

 

The anointing of the body and not just the feet maybe intends to highlight a link with the anointing of the kings of Israel, from which derives the expression “the Lord’s anointed”, which means the consecration of a person to God.

 

Anointing the body of a person also recalls burial rites, which contemplated the anointing with perfumed oils of the bodies (which indeed will take place  a few days later in relation to the body of Jesus crucified).

 

Instead, we imagine the anointing of the feet alone as an act of submission and of recognition of the superiority of the person being washed: this is the aspect that we still find today in some Christian religious liturgies.

 

 

The answer of Jesus in its simplicity is, as always happens with His words, precise and provocative at the same time – but in my opinion does not solve the “protestant” dilemmas of this episode.

 

 

Why, if the poor exist, must we use money for a form of worship that is an end in itself?

 

 

Jesus himself has repeatedly taught us that help given to a poor person is as if it had been done to Him.

 

A famous story about judgment is centred precisely on this assumption.

 

Still in Matthew, chapter 25:

 

37 Then the righteous will answer him, ‘Lord, when was it that we saw you hungry and gave you food, or thirsty and gave you something to drink? 38 And when was it that we saw you a stranger and welcomed you, or naked and gave you clothing? 39 And when was it that we saw you sick or in prison and visited you?’ 40 And the king will answer them, ‘Truly I tell you, just as you did it to one of the least of these who are members of my family,[g] you did it to me.’

 

 

Here my Protestant soul is certainly closer to this teaching than to the alabaster jar and the perfumed oil.

 

 

The criticisms of the disciples are surely also mine, and so I decided to start from these criticisms to  read and study some commentaries to try to understand more about them.

 

I think I understood that the key verse of the piece is the following:

 

“but you do not always have me”

 

The presence of Jesus among men in human form is and has been an exception, a beautiful exception of course, an exception from which all of us Christians derive.

 

The presence of Jesus among the peoples of Israel 2.000 years ago brought millions of people closer to God, changed the world as it was and led it, for better or for worse, to what it is today.

The presence of Jesus among men has brought us into this community today, through our fathers, our mothers and all our ancestors up to those past days in a thread that binds us directly to His person in flesh and blood.

 

 

Those were special days.

 

Without detriment from us believers of the 21st century, who have believed without having seen, who have faith without having touched, who read about healings without having seen them live, who study miracles to which we have not been present,

 

without taking anything away from us, we cannot deny that those were special days.

 

Unrepeatable days in which the physical, real, pulsating presence of the Saviour among men was the promise of the Lord,

incarnated and visible presence.

 

From this point of view and only in this light can I understand the alabaster jar and the perfume.

 

Those were days out of the ordinary and unrepeatable, those were the days when everything came to life, it was the time when a project – God’s plan for men and women – started anew, and started anew with an exceptional witness: Jesus the Son of God made man.

 

Days of coming remembered by Christmas Holiday, in which we are about to enter with the period of Advent.

 

But those days have passed.

 

and until they return will remain with us the memory of a teaching and of these words:

 

“For you always have the poor with you”.

 

These words are our guide to follow the ways that Jesus taught us, these words that request us – and here comes back the Protestant in me and I am sure in you too – to worship the Lord and His Only-begotten Son in concrete and tangible deeds and not just in words and liturgical actions, as beautiful as they are empty.

 

 

//// Words that in these days of celebration ///

 

// Words that in these days that lead us to holidays

 

//// but not party for everyone ///

// but not holidays for everyone

 

// become stronger and more deeply affect our hearts, words that remind us // that on August 15 or December 25 the poor are always there:

 

Words that these days the television, the newspapers and the internet are constantly shoving in our face,

showing us who lives and especially dies at sea,

 

// those who die of cold in the streets of Rome and other Italian cities, those who are stuck at the borders of northern Italy and those who do not survive the crossing // of the Alps to enter France.

 

 

Old people left alone and families with charity food pantry and canteens as their only resource.

 

“For you always have the poor with you”.

 

Words that remind us all of what we are committed to witnessing and doing to try to be faithful to the message of Jesus Christ,

 

the man, the Lord, the Saviour who many years ago a woman has honoured and worshipped with precious oil and who we can honour and adore today with a breakfast for the poor, a package of food parcel for those who need, a gift to a child, a caress to an elderly person alone.

 

 

Because this is our alabaster jar today, of us men and women of the 21st century who gather in these small communities of ours.

 

This is the way we have to honour our Lord and Saviour, not with oil on the hair, the body, the feet

But with a strong and constant commitment to all those we have around us and that this society is far from helping effectively.

 

Lord, we thank you for your Word, we pray that the comment to it was faithful to your thought and was not used and distorted by those who have the task of bringing it to your community.

 

Let your community benefit from it and be encouraged in the commitment it has assumed in our society.

 

Forgive us if it was not so and give us the strength to continue the work of your will.

Amen.

La scelta di Gesù

Luca 6:27-38

27 Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; 28 benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano.  29 A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. 30 Da’ a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare.  31 E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro. 32 Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33 E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto.  35 Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. 36 Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro.
37 Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato. 38 Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi»

 

Sermone:

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

Oggi il nostro libretto, un giorno una parola, ci propone un brano tratto dal vangelo di Luca 6, 27-38 che ci invita a rinnovare la nostra attenzione su questo insegnamento di Gesù poiché da questi comportamenti della nonviolenza, la convivenza con gli altri possa essere più pacifica, e la nostra vita da credente venga confermata e preservata.

Nel momento in cui i suoi primi discepoli sono stati scelti, Gesù ha iniziato a insegnarli come affrontare la violenza verbale e fisica, i comportamenti di odio, di maledizione, e di molti altri che sono elencati in questi versetti del vangelo che abbiamo letto, per non trovarsi in trappola nel corrispondere tale atteggiamenti e ricercare, invece, una risposta alternativa.

E’ così importante imparare a controllare le nostre azioni, come allora, al tempo di Gesù dove l’attacco violento, personale e collettivo degli altri era incessante. La gente si sono scontrati e vendicati con il principio di giustizia dell’occhio per occhio (an eye for an eye): “Senti il dolore che mi hai provocato” e questo ha reso difficile il compito dei discepoli, nella fondazione delle nuove comunità, di creare degli spazi per la vita impegnata all’esistenza e alla convivenza non violenta, per riscattare l’essere dell’uomo come originariamente l’immagine di Dio.

Quindi, a Gesù stava a cuore creare un nuovo mondo sulla terra?

Una nuova comunità in cui regna l’amore, la giustizia, e la pace?

Qual era la realtà ambientale intorno a Gesù quando aveva pronunciato queste parole nel vangelo di Luca? La situazione era molto grave. La sua gente era incredibilmente arrabbiata con Roma, per l’utilizzo del Tempio e per le tasse richieste dal re Erode, che vedeva la guerra come l’unica soluzione contro l’invasore romano. Il suo mondo, la sua gente, la sua terra, stava andando incontro alla sua rovina e l’unica soluzione per il popolo era una salvezza che poteva solo venire dall’alto, da Dio. Pertanto, Gesù ha proposto una via alternativa – la nonviolenza attiva, che non è una fuga dalla realtà e un rifiuto di vedere il male, rifugiandosi in qualche caverna o proiettandosi a un paradiso lontano(spiritualità disincarnata), ma è la fiducia nell’uomo e fede in Dio, la forza dell’amore e della verità. “Il testo del vangelo è chiaro, chiarissimo, spiazzante!”

La non-violenza attiva, non è semplicemente una dimostrazione d’amore, ma è anche una dimostrazione di forza, che rende effettiva l ‘amore puro con il rispetto della verità e la fiducia nell’uomo, che rende significativa la vita quotidiana, al contrario della violenza che rende assurda il destino umano.

Care sorelle e cari fratelli, violenza non è fatale e predestinata, non è una strada inevitabile, se conserviamo la fiducia nell’uomo, la speranza si riapre. Dobbiamo “insistere sulla verità”, essere ostinati, ma non a discapito della sofferenza e della disumanizzare del nemico, l’oppositore, bensì, attraverso l’appello all’umanità e alla ragione dell’avversario, partendo sempre ai suoi lati migliori, con la convinzione che ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide.

La nonviolenza è un’impresa difficile ed è un frutto di un rapporto cuore a cuore con Dio, della conversione attiva che inizia con una singola persona e che, ascoltando la sua parola, si converte a Dio, ritorna a Lui e cambia la sua mente e il cuore, resistendo, opponendosi e rinunciando a ciò che potrebbe significare uno scontro, causato da odio o inimicizia verso gli altri, resistendo di rispondere alla violenza subita con lo stesso atteggiamento. Essa rappresenta una pratica di fede speranzosa che viene trasmessa ad altro, poiché Dio ha passato la verità attraverso suo figlio Gesù, egli a sua volta ci ha trasmesso l’insegnamento della nonviolenza, confermando la nostra fede e speranza su Dio che interviene sempre per aiutarci a percorrere un cammino di pace insieme come comunità di credenti.

La chiesa, come comunità di credenti, ha la ragione di esistere per proclamare, annunciare e predicare agli uomini e alle donne, in modo che diventino degli esseri più umani, la parola di Dio che guarisce la ferita dell’anima e del corpo, e la radice di ciò che ha provocato i suoi atti di violenza nei confronti dell’altro.

Così la comunità di Gesù Cristo deve ricordarsi che anch’essa è soggetta e oggetto all’atto di violenza odierna e persisterà se non indossa l’equipaggiamento di un buon soldato che l’apostolo Paolo ha scritto nella sua lettera alla comunità di Efeso: 11 Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; 12 il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti …”(Efesini 6, 11-20). Ciò che deve fare è esercitare quello che ha imparato sin dalla sua nascita, avendo ricevuto la parola scritta e letta nella Bibbia vivificata dallo Spirito Santo, a partire dall’insegnamento di Gesù che l’ha formata, modellata e continuato a riformarsi senza perdere di vista il suo prossimo, rendendosi conto della fiducia nel profondo della sua anima.

Che cosa è la nonviolenza attiva? E’ l’atteggiamento che non ceda al male, l’atteggiamento che sappia vincere il male col bene, l’atteggiamento che sappia posare l’armatura di guerra perché non versi il sangue.

– ama il tuo nemico

– Se uno ti percuote su una guancia,  offrigli anche l’altra guancia

-Se uno ti toglie il mantello, non rifiutare di darlo.

– fa quello che vuoi che l’altro vuoi che ti faccia.

– Prega per colui che ti tratta male

– Presta senza sperarne nulla

– Non giudicare … non condannare … perdona

Penso che abbiamo sperimentato e provato a compiere tutti questi insegnamenti di Gesù poiché ciascuno e ciascuna di noi ha avuto un incontro personale con Lui, dimostrando così singolarmente la nostra conversione e come chiesa siamo chiamati insieme ad ascoltare ed eseguire i suoi comandamenti.

Care e cari, il capitolo 6 del vangelo di Luca è il “discorso della pianura”, in parallelo al “discorso della montagna” di Mt 5. Luca colloca questo discorso in un luogo pianeggiante, perché tutti potessero capire che Gesù lo si incontra faccia a faccia, e seguirlo non è impossibile. Lo possiamo vedere, ascoltare, toccare. Gesù è tra noi e con noi con i suoi insegnamenti .

Egli ci rammenta,  “Ma a voi che ascoltate, dico”: per ascoltare è necessario, oltre alla volontà di farlo e la adeguata attenzione, anche il silenzio. È importante chiedermi se mi sta a cuore ascoltare le parole che oggi Dio mi rivolge: comincia allora questo tempo personale con uno spazio di silenzio, di raccoglimento, cercando lo sguardo di Gesù che in questo giorno vuole parlare con te e con me. Questo insegnamento di Gesù sulla pianura è il riassunto della legge e dei profeti.

Nel libro dei proverbi leggiamo:

Il timore del Signore è odiare il male. Proverbi 8,13

Il timore del Signore è scuola di saggezza. Proverbi 15,33

Il timore del Signore è fonte di vita. Proverbi 19,23

Preghiamo:

Dio nostro ti ringraziamo per questo tempo di ascolto in cui ci riveli la tua parola.

Ti dobbiamo il timore perché sei il Dio altissimo che in te ci sono  i pensieri giusti riservati per tutti noi.

Ci sono i progetti di vita che nel tempo ci fai raggiungere, per questo, ogni giorno ti dobbiamo chiedere di farceli capire. Donaci l’atteggiamento di stare al  silenzio per capirli. Non lasciarci dominare dalle nostre abitudini di dare dei giudizi immediati ed avere occhi soltanto a ciò che ci manca. Facci acquisire sempre di più una saggezza  che ci rende umili e sazi. Così con la tua parola possiamo riceverla continuamente perché siamo stati generati da essa. Grazie perché ci hai considerati i tuoi figli e figlie per mezzo del tuo figlio il nostro fratello Gesù Cristo. Da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen
 

past. Joylin Galapon

La salvaguardia del creato

Le letture di oggi ci parlano di NATURA.

Oggi pomeriggio avremmo dovuto parlare di ambiente e del nostro adeguamento come comunità ad un nuovo assetto ecosostenibile, anche in vista di una certificazione, ma avendo necessità “strutturali” più urgenti, rimandiamo la riunione ambientale più avanti. Intanto però ci sono capitate queste letture “ambientali” e iniziamo a prepararci con delle basi “Scritturali”.

Iniziamo dal Salmo 19, che dà un inquadramento cosmico, apre uno squarcio sull’Universo, su come era visto a quei tempi, anche da un punto di vista “scientifico-poetico”. Si parla di cieli, firmamento, giorno, notte, suono, sole, visto come uno sposo felice che gira da un’estremità all’altra dei cieli, e in chiusura di questa prima parte si dice che “NULLA SFUGGE AL SUO CALORE”. Sembra quasi una premonizione profetica al nostro RISCALDAMENTO GLOBALE attuale.

Passiamo ora a Genesi, un testo classico per quanto riguarda la Creazione e le prime fasi del mondo “primigenio”. Qui siamo appena dopo il Diluvio, la famiglia di Noè esce dall’Arca e si può dire veramente che è una famiglia allargata, comprendendo anche le famiglie degli animali. Il motore della vita e della natura riprende anche dopo il disastro e la devastazione. Per prima cosa Noè costruisce un altare, non sappiamo se di terra o di pietre, secondo i più antichi costumi, ma comunque ringrazia Dio per il pericolo scampato e la ritrovata salvezza. Dio in risposta promette che non distruggerà più la Terra e ci sarà una regolare alternanza di stagioni e coltivazioni. Questo è il primo PATTO che Dio fa con l’umanità. E’ un patto generale, universale, fatto non soltanto con Israele, ma con tutti gli esseri viventi.   E’ un patto stipulato secondo i canoni dell’epoca, con delle norme da rispettare, il cosiddetto Codice Noahico, che ha un certo corrispettivo con il Decalogo, anche se riguarda principalmente regole alimentari e di sopravvivenza.                                   Infine il segno del patto è l’arcobaleno, una ritrovata bellezza che dalla Terra va verso il Cielo e di nuovo ritorna in Terra. Quindi il senso di questi passi è di un uso “legale” dei beni che sono sulla terra. Dio ci dà il permesso di usarli, di sostenerci, ma con MODERAZIONE. Ci chiede anche il RISPETTO degli animali e del Creato in generale.

I popoli antichi avevano il concetto dell’indisponibilità totale del Creato,  del suo USO ma NON del suo ABUSO o DISTRUZIONE, perché causerebbe                      la NOSTRA DISTRUZIONE. Noi abbiamo perso questo concetto. Dal positivismo in poi, dalla rivoluzione industriale, pensiamo di avere il dominio assoluto sulla Natura, di poterla usare e abusare fino allo sfinimento, fino all’esaurimento delle sue risorse. Ma non è così. La Natura ci chiederà il conto, ci metterà alle strette, ci obbligherà a riflettere sul nostro comportamento e sulle nostre scelte.

Per concludere vorrei citare anche le altre letture.

Paolo ci esorta a stipulare un nuovo Patto, guidati dallo Spirito che dà nuova vita e Gesù benedicendo i bambini ci dice che “chiunque non avrà ricevuto il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto”. Cerchiamo quindi di ricevere il regno di Dio, il Creato, con l’esempio dei bambini, che in questo momento storico stanno guidando il Movimento Ambientalista.

Amen.

Francesca Marini

La casa sulla roccia

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, sappiamo bene che la parabola è la forma di insegnamento a cui ricorre più spesso GESU’ e che  implica un paragone, una similitudine tratta dalla Natura o dalla vita quotidiana : con la sua vivezza di immagini e di contenuti concreti comprensibili a tutti,  la  parabola è atta a stimolare la riflessione nell’ascoltatore, il quale  partecipando attivamente al processo di comunicazione, deve sforzarsi di interpretarla.

In questa  parabola viene contrapposta l’opera di due uomini che hanno costruito la loro casa: il primo rivela un’intelligenza saggia e previdente, mentre il secondo  manca di qualsiasi riflessione e previsione del futuro, perciò è incapace di calcolare le  conseguenze dei propri atti. Per quanto riguarda la casa, l’attenzione non è richiamata sulla bellezza o sulla grandezza della costruzione, ma sulle fondamenta. Le fondamenta non si vedono,  nessuno le nota, eppure sono la parte più importante dell’edificio, perché sono esse a  stabilirne la stabilità e, quindi, la resistenza negli anni a venire.

Così è anche nella vita del credente: fondamentali sono i tempi di ascolto davanti alla  parola di DIO perché costituiscono il punto di partenza  del nostro cammino di fede.  Entrambi gli uomini della parabola ascoltano, così come entrambi aspirano a costruirsi una casa. La casa è il luogo della protezione, della sicurezza, del riposo e tutti desideriamo questi beni, perché ci assicurano un’esistenza più serena.

Infatti la casa non è semplicemente un luogo dove l’uomo si ripara; è anche luogo di relazioni dove coltivare i propri affetti ed è per questo che  GESU’ la prende come esempio per paragonarla all’esistenza umana. Notiamo che la contrapposizione tra saggi  e stolti  NON E’ NELL’ASCOLTARE,  MA NEL FARE!

Come già detto l’ascolto è il presupposto del fare: uno infatti agisce secondo la parola  che ha dentro, ma udire e non mettere in pratica, ci avverte GESU’ con la sua  parabola, è comportarsi come lo stolto che ha edificato la sua casa sulla sabbia: la sua  fatica è stata vana, perché la costruzione non ha retto alla furia del vento, della  pioggia, dei torrenti ed è crollata.

Lo stolto ha ascoltato, ma non ha recepito il messaggio evangelico, perché non c’è  stata in lui vera condivisione dei valori trasmessi, né conversione effettiva, perciò il  suo ascolto è stato sterile, inutile. Abbiamo infatti letto ai versetti  20-21“VOI  LI  RICONOSCERETE  DUNQUE  DAI  LORO  FRUTTI. NON CHIUNQUE  MI  DICE : SIGNORE, SIGNORE, ENTRERA’ NEL REGNO DEI CIELI, MA CHI FA LA VOLONTA’DEL PADRE  MIO CHE E’ NEI CIELI ”

L’uomo saggio è invece colui che costruisce sulla roccia: sa bene che sarà molto faticoso scavare  nella pietra, ma sa anche che quelle fondamenta sono solide e irremovibili. Chi costruisce così la sua vita è il credente che non si limita ad ascoltare  la PAROLA,  ma la medita, la condivide e poi la mette in pratica. Questa è vera SAGGEZZA. Ecco perché GESU’ parla di un fondamento su cui  si può far poggiare ed edificare l’esistenza e lo dice con chiarezza:” CHIUNQUE ASCOLTA QUESTE MIE PAROLE E LE METTE IN PRATICA E’SIMILE A UN UOMO SAGGIO CHE HA EDIFICATO LA SUA CASA SULLA ROCCIA”. Costruire la casa sulla roccia significa costruire la nostra esistenza su DIO: EGLI  E’ LA ROCCIA ! la roccia è uno dei simboli preferiti dalla Bibbia per parlare di DIO; ad esempio leggiamo in ISAIA 26,4: ” IL NOSTRO DIO E’ UNA ROCCIA  ETERNA”. Come per scavare  le fondamenta per piantare la casa sulla roccia, occorrono forza, tenacia, sacrificio, così per penetrare nel vero significato della parola di CRISTO, bisogna avere la pazienza e la costanza di leggere, meditare, riflettere, ascoltare, le parole del Vangelo, per attuarle poi nella vita.

SORELLE e FRATELLI che cosa significa per noi costruire la nostra esistenza sulla roccia? E’ fare uso della nostra libertà alla luce dell’insegnamento che abbiamo ricevuto dal SIGNORE e quindi fare progetti lasciandoci guidare dal soffio delicato, ma nello stesso tempo potente, dello SPIRITO SANTO.

Per quanto riguarda gli agenti esterni , non ci sono sostanziali differenze tra le due case di cui parla GESU’, perché in entrambi i casi la pioggia battente, i venti impetuosi, lo straripamento di fiumi non risparmiano le due costruzioni.  Il Signore  sembra dirci che la vita non fa sconti a nessuno, perché, anche se ci sono alcuni molto  più fortunati di altri, prima o poi arriva per tutti la difficoltà della malattia, il  fallimento dei progetti che si sperava di realizzare; capita che l’imprevisto ribalti tutto e i venti contrari della sfiducia, dei tradimenti ci rendano fragili, poiché sono crollate le nostre difese.  Ma anche nei momenti più bui il credente che ha fondato la sua esistenza sul SIGNORE, sa di poter contare sul suo aiuto e che non sarà abbandonato di fronte al male: riceverà la forza necessaria che lo SPIRITO CONSOLATORE  manda in soccorso a colui che lo invoca nelle avversità.

Questa parabola del Vangelo di Matteo si trova al capitolo 7, ma fa riferimento a quanto GESU’ afferma a partire dal capitolo 5: è il famoso  SERMONE  SUL  MONTE, in cui vengono annunciate le BEATITUDINI che danno accesso al REGNO DEI CIELI e gli ammaestramenti su cui GESU’ imposta il progetto di vita del vero discepolo. Se siamo capaci di essere miti, assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, disposti a perdonare, mettiamo in pratica nei nostri comportamenti  quotidiani, la nuova LEGGE dell’AMORE che ci ha lasciato il nostro SALVATORE.

EGLI si china costantemente sulle nostre ferite per guarirle, così come EGLI, mosso  da profonda compassione, guariva i ciechi, i paralitici, i lebbrosi e tutti gli infermi che  imploravano il suo aiuto. GESU’ mostrava  concretamente a coloro che lo seguivano, come  le SUE PAROLE ERANO SEMPRE CONFERMATE DAI FATTI! Al suo ”DIRE” corrispondeva  il  suo “FARE”. Dava l’ESEMPIO come VERO MAESTRO!

Preghiamo allora perché ciascuno di noi ascolti e metta a frutto la PAROLA del SIGNORE, affinché possiamo resistere alle inevitabili prove e fatiche della vita. Amen

past. Joylin Galapon