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Giornata della memoria di John Wesley

Domenica 3 giugno la nostra comunità ha tenuto un culto insieme alla comunità valdese di via IV novembre di Roma per la giornata della memoria di John Wesley. La liturgia è stata curata da pastore Emanuele fiume, che ha tradotto un culto del 1700 composto proprio da J. Wesley, mentre il sermone è stato preparato dalla pastora J. Galapon.

Qui di seguito trovate la liturgia e il sermone.

Liturgia per l’amministrazione della Cena del Signore
Rev. John Wesley
Bristol, 10 settembre 1784

Traduzione di Emanuele Fiume

Saluto e introduzione

Inno: “Rejoice, the Lord is King/Gioite nel Signor” (Charles Wesley – G. F. Händel)

La tavola al tempo della Comunione, coperta di un panno fine di lino, sarà preparata dove sono convocati i culti del mattino e della sera. E l’Anziano, presenziando alla Tavola, dirà la Preghiera del Signore, con la seguente preghiera di colletta, mentre il popolo sta in ginocchio.

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e perdona le nostre trasgressioni come noi perdoniamo coloro che ne hanno commesse nei nostri confronti, e non condurci nella tentazione, ma liberaci dal male. Amen.

La preghiera

Dio Onnipotente,
al quale ogni cuore è aperto, ogni volontà è conosciuta, al quale nessun segreto è nascosto, purifica i pensieri dei nostri cuori mediante l’ispirazione del tuo santo Spirito, affinché possiamo amarti perfettamente e magnificare degnamente il tuo santo nome, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

L’Anziano, rivolto verso il popolo, dovrà ripetere distintamente tutti i DIECI COMANDAMENTI: e il popolo, ancora in ginocchio, dopo ogni Comandamento, chiederà a Dio pietà per le sue trasgressioni commesse nel passato e grazia per l’avvenire, come segue:

Il Ministro legge un comandamento per volta. Ad ogni comandamento, il popolo risponde:

Segue questa preghiera

Preghiamo!

Dio onnipotente ed eterno,
noi siamo stati istruiti dalla tua santa parola sul fatto che i cuori dei principi della terra sono al tuo comando e sotto il tuo governo, e che tu ne disponi e li trasformi come pare meglio alla tua divina sapienza; noi ti imploriamo umilmente di disporre dei cuori dei governanti di questo paese e di governare su essi, che ci governano, affinché in tutti i loro pensieri, parole e opere possano cercare il tuo onore e la tua gloria, e si impegnino a preservare il tuo popolo sottoposto alla loro autorità in salute, pace e bontà. Fa’ questo, Padre di ogni grazia, per amore del tuo caro Figlio Gesù Cristo, Signore nostro. Amen.

Poi segue la preghiera del giorno:

 O Dio,
baluardo di tutti quelli che confidano in te, accogli con misericordia le nostre preghiere e poiché, a causa della debolezza della nostra natura mortale noi non possiamo fare nulla di buono da soli, dacci il soccorso della tua grazia, così che osservando i tuoi comandamenti possiamo piacerti, con la volontà e con le opere, per Gesù Cristo, Signore nostro.

Subito dopo la preghiera, l’Anziano leggerà l’Epistola, dicendo: L’Epistola (o la parte della Scrittura indicata come Epistola) è scritta nella I Lettera a Timoteo, capitolo 6 a cominciare dal versetto 17  al 19 Quando finisce la lettura, dirà, Qui finisce l’Epistola. Poi leggerà il Vangelo (il popolo sta in piedi), dicendo, Il santo Vangelo è scritto nel Vangelo di Luca, capitolo 12 a cominciare dal versetto 13 al 21

Poi segue il sermone

Luca 12,13-21

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,
questa parabola che abbiamo ascoltato ci ricorda ciò che Dio ha consegnato a noi credenti come responsabilità da custodire nei cuori e nella nostra mente. Il nostro vivere nella fede in lui determina fiducia, obbedienza e servizio.

Fiducia perché? obbedienza perché? servizio perché?

Fiduciaperché il nostro vivere oggi come dei credenti in Dio è un affidarsi. Affidare a Dio tutto quello che abbiamo, tutto quello che possediamo e tutto quello che siamo. Essere noi riconoscenti  che dalla sua mano abbiamo avuto e apriamo anche noi le nostre mani rimettendo quello che ci è stato dato, consegnandolo  nelle sue mani per aiutarci  nella suddivisione e moltiplicazione dei beni per tutti.

Obbedienzaperché il nostro vivere è un cammino  per seguire le sue  leggi, per mezzo di cui, si compiono la sua volontà di  guidarci verso  la meta, il traguardo in cui la nostra anima raggiungerà la pace e la giustizia in relazione con gli altri.

Servizio perché siamo tutti chiamati e tutte chiamate a investire di ciò che abbiamo depositato nei nostri granai vivendo in questa terra. Vediamo che il frutto della terrà è generoso perché il Padre è un grande donatore che ci fa raccogliere  tutti e tutte i beni materiali che nella condivisione con gli altri diventano i beni spiritualiche rendono gioia a chiunque li dà e li riceve. Dalla terra riceviamo, guadagniamo, e doniamo, così i beni materiali che  abbiamo noi credenti in Dio non sono doni da depositare ma da investire.

I primi cristiani hanno fatto, ad esempio, la colletta che segna solidarietà e condivisione, è  per un motivo preciso di coprire i bisogni. Essi hanno messo insieme in un granaio comune il loro denaro per poi dividere, spartire  e per sostenere le loro opere di bene. Come sta il granaio della nostra chiesa? La nostra chiesa  ha vissuto un altro anno  di vita e quindi  è  un altro anno  aggiunto come abbiamo visto nella relazione morale durante la fine dell’anno con l’assemblea di chiesa. Sia  ringraziato il Signore Dio, padrone , proprietario di questo granaio, perché forse ha trovato le ragioni per farlo esistere ancora.

A questo proposito il nostro incontro oggi è una delle motivazioni per cui esiste.

Il Dio proprietario (di questo granaio)si è resoconto del lavoro dei suoi operai a partire da noi, pastori. Un anno di lavoro di collaborazione in cui ha potuto raccogliere le sue pecore disperse dalla Cina. Essi sono stati dispersi, perseguitati dai loro capi. Essi sono qui, perché  non sono stati riconosciuti per quello in cui credono, che è il Dio di ogni popolo e di tutte le nazioni.  Ma Dio è grande ed è intervenuto, non ha permesso loro di smettere di credere perché hanno trovato un’altra nazione che li ha accolti, l’Italia. Dio del cielo e della terra, Dio di tutte le nazioni esiste per loro per mezzo di noi.

Osservo un’altra ragione per cui esiste e vive ancora il granaio della nostra chiesa metodista e valdese in Italia. Perché  da parecchi anni  lavora per gli immigrati (filippini e africani) per dare una testimonianza di un Dio che dona e libera per far vivere la propria fede vivendo in questo paese. Questo fatto direi che è veramente il lavoro più arduo che potesse mai capitare nella storia della chiesa in questo paese. Una chiesa vocata per farsi carico di liberare un popolo  dallo stato di sottomissione alla supremazia di un insegnamento missionario di molti uomini potenti, forti, e bianchi. Abbiamo visto nella nostra epoca  che  ci sono sorti dei leaders che appartengono a questi popoli che ci aiutano ora a indicare  la strada per portare avanti un insegnamento di vita verso la ricerca del senso del loro vivere  e non essere dei dittatori.

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

il testo della predicazione è stato scelto da me e dal pastore Fiume e  durante il nostro incontro per preparare questo culto ci siamo  confrontati  sulle nostre esperienze di   ministri della Parola di Dio, cioè  su come esercitiamo la nostra vocazione al servizio della Parola e della chiesa di Dio. Ci siamo  ricordati dei nostri padri che hanno predicato l’evangelo, particolarmente su questo brano  durante i funerali in cui  è più efficace l’ascolto e l’annuncio del vangelo. Perciò, con questo testo che abbiamo voluto condividere con voi,  abbiamo pensato che fosse adatto per rinnovare fondamentalmente insieme  la nostra consapevolezza sullaricchezza, ciò che ci rende veramente ricchi nel Signore in questo mondo. John Wesley uscì dalla chiesa per portare  l’evangelo agli uomini e alle donne che erano in condizione di sfruttamento e di povertà.  Chissà che cosa avrebbero detto se avesse predicato su questo testo per la prima volta.

Questa  parabola che Gesù ha raccontato alla folla allora,  in molti di coloro che l’hanno ascoltata avrà  suscitato  forse una riflessione  sulla vita di un uomo ricco  per cogliere l’insegnamento  di come deve o dovrebbe essere. L’uomo qui in questo racconto è definito ricco, perché  possiede tutto, la terra e anche dei gran  lavoratori , è penso che sia lui soprattutto  il primo grande lavoratore,  perché con la sua fatica ha potuto accumulare molti beni. Con la sua arte di risparmiare e di investire negli anni ha avuto dei granai pieni, poi ne ha avuti ancora di più grandi  facendo dei sacrifici come un buon risparmiatore.  Così  una volta riempito  il suo granaio,  ha pensato giustamente di demolirlo per costruirne un altro. E’ un esperto che ha saputo e acquisito sempre di più l’arte del buon risparmiatore, è diventato un esperto ma questo non basta per essere felice. Qualcuno gli ha domandato la sua vita che è altrettanto un bene prezioso.

Che cosa è la vita perché è un bene prezioso quando è vissuta bene?Che cosa vuol dire veramente il vivere bene?  La nostra parabola ce lo rivela, anzi il maestro di vita ce lo insegna ancora,  un’altra volta.Dall’insegnamento del maestro di vita che crediamo il nostro Maestro, noi che siamo credenti in Dio, come osserviamo che anche se tra noi ci sono i ricchi e i poveri, e quindi  non siamo mai tutti uguali  in termini di avere e di denaro potremo essere felici entrambi.  Questo è il messaggio di felicità(che ci rende felici) e che traiamo da questa parabola.

Perciò Gesù non ha accontentato colui che gli chiedeva di assumere un  ruolo di giudice o arbitro tra due fratelli come ci racconta Luca in questo vangelo perché la ricchezza dell’uomo non dipende mai da quello che possiede ma da quello che lo rende soddisfatto, lo rende contento. E’ questo è il nostro tesoro, il messaggio che ci accompagna , ci insegna per stare bene con noi stessi e gli altri.

Perciò  la nostra parabola ha  aggiunto una parola per definire e distinguere un vero uomo ricco dal ricco stolto. Il maestro Gesù ha raccontato questa parabola perché  un uomo che lo seguiva gli aveva chiesto di intervenire nella sua vita per dividere con suo fratello i beni materiali secondo uguaglianza e giustizia. Qui ci sono due fratelli,  un fratello che vorrebbe avere una  metà forse  dei beni che ha l’altro ma non basta, c’è di più che potremo ricavare nella profondità di questa parabola. L’uguaglianza non è solo nei nostri averi, ma anche nel sentirci veramente contenti di quello che abbiamo.  Gesù gli ha risposto, è sottinteso, che non può farlo perché nessuno gli ha dato l’autorità di essere  un giudice o un arbitro ma anche perché non è solo in questo modo che possiamo avere il sentimento di uguaglianza. Così con il racconto della parabola lo ha ammonito riguardo all’atteggiamento che deve mantenere, nel suo vivere in confrontocon la realtà della vita,  in rapportocon se stesso con il denaro, il possesso, e tutto quello che può essere riferito alla ricchezza che uno può  acquisire in questo mondo.

Gesù in questa parabola, oggi, ci invita  a proseguire nella nostra immaginazione e guardare in noi stessi  e poi  fare un ritratto di noi stessi. Ognuno e ognuna di noi potrà dipingere una fotografia di se stesso e di se stessa perché negli anni di vissuto sulla terra possiamo quantificare quanto siamo ricchi di beni materiali e di beni spirituali. Ognuno e ognuna di noi possiede un granaio in cui ha potuto immagazzinare tutto quello che ha guadagnato ed essere felice nel presente che determinerebbe anche il nostro futuro.

Questa parabola che il Maestro  Gesù ci ha insegnato come credenti in Dio donatore, padrone di tutti i beni che possiamo avere in questo mondo, ci  istruisce su cosa dobbiamo fare veramente per vivere bene, in pace e in giustizia.  Gli insegnamenti di Gesù fatti di parabole sono stati e sono tuttora degli insegnamenti per farci capire che cosa vuol dire il vivere. Essi suscitano inquietudine anziché pace oggi perché il Signore deve ancora lavorare molto su di noi per farci capire bene l’insegnamento suo su come il giusto modo di vivere in questo mondo.

Dalle parabole l’uomo impara a capire il valore, il senso della sua vita giorno per giorno secondo le scelte richieste dalla circostanza. Da esse l’uomo impara a conoscere e riconoscere  se stesso.

Questa parabola dell’uomo ricco che ha guadagnato il frutto della sua fatica è particolare. Secondo me egli  ha avuto un giusto comportamento , «anima divertiti..» perché dopo aver investito nella sua terra tutto il dovuto, denaro e fatica ecco ha ricevuto un guadagno che lo ha ricompensato. E’ un investimento  azzeccato,  come frutto ha avuto un raccolto generoso. Così dovremo stare attenti a distinguere e a non confondere i significati delle parole vita, anima, guadagno, opera personale, dono,  benedizione della vita, perché l’uomo avveduto e l’uomo stolto si distinguono per come considerano queste cose.

Nelle chiese di Dio si trovano uomini e donne di entrambi i tipi ed è per  questo motivo che abbiamo ancora il dovere di  ricordare e scrutare questo racconto.

Poiché abbiamo constatato che  la nostra vita è veramente un dono, e non è di nostra proprietà  non dimentichiamolo. La nostra riconoscenza, impregna la nostra esistenza e persona, questo dimostra che siamo vivi e la nostra vita di chiesa ha ancora valore. L’apostolo  Paolo scrisse a Timoteo una bella lettera di raccomandazione  che ha accompagnato la buona novella di Gesù tramite l’evangelista Luca. «Ai ricchi nel tempo presente raccomanda di non essere superbi e di non riporre speranza nell’incerta ricchezza, ma in dio che ci procura ogni cosa riccamente perché ne godiamo, raccomanda  di fare il bene, di arricchirsi in azioni belle,, di essere generosi, solidali, così metteranno in serbo per se stessi un bel capitale per il futuro, per afferrare la vita vera». (1 Tim. 6,17-19 )   Amen. (past. J. Galapon)

Inno: “I know that my Redeemer liveth/Io so che il mio buon Redentor”
(Charles Wesley – G. F. Händel)

Poi l’Anziano dirà questo passo:
Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. (Matteo 6,19-20)

Mentre si legge questo versetto, alcune persone a ciò deputate, riceveranno le offerte per i poveri e le altre devozioni del popolo e le metteranno nella cassa a ciò destinata; e le porteranno all’Anziano, che le poserà sulla tavola.

Intanto vengono fatti gli annunci.

Fatto questo, l’Anziano dirà,

Preghiamo per l’intera condizione della Chiesa di Cristo militante su questa terra.

Dio Onnipotente ed eterno,
che ci hai insegnato per mezzo del tuo apostolo ad elevare preghiere, suppliche e ringraziamenti per tutti gli esseri umani, noi ti imploriamo umilmente di ricevere con misericordia le nostre preghiere, che offriamo alla tua divina maestà, scongiurandoti di ispirare continuamente la tua chiesa universale con lo spirito di verità, di unità e di concordia. Concedi a tutti coloro che confessano il tuo santo nome di essere concordi nella verità della tua santa parola e di vivere nell’unità e nel tuo amore. Ti preghiamo di salvare e guidare tutte le autorità, in particolare il Capo dello Stato, affinché siamo governati in modo santo e pacifico, nell’amministrazione fedele e imparziale della giustizia.

Concedi a tutti i pastori la tua grazia, affinché con la loro vita e la loro dottrina manifestino la tua vera e viva parola ed amministrino correttamente i tuoi santi sacramenti com’è giusto e doveroso che facciano.

Concedi la tua grazia celeste a tutto il popolo e in particolare alla chiesa qui presente, affinché, con cuore docile e con il timore a te dovuto, ascoltino e ricevano la tua santa parola, servendoti fedelmente in santità e giustizia tutti i giorni della loro vita.

Ti preghiamo molto umilmente di volere, per la tua bontà, consolare e soccorrere tutti coloro che in questa vita mortale si trovano in difficoltà, angoscia, bisogno, malattia o in altre avversità. (…)

Concedici questo, o Padre, per amore di Gesù Cristo, nostro unico mediatore ed avvocato. Amen

 

Poi l’Anziano dirà a coloro che vengono a ricevere la Santa Comunione:

Voi vi pentite veramente e profondamente dei vostri peccati, e siete amorevoli e caritatevoli con i vostri prossimi, e intendete condurre una vita nuova, seguendo i comandamenti di Dio e camminando da ora in poi nelle sue sante vie; avvicinatevi con fede e prendete questo santo Sacramento per la vostra consolazione, e fate la vostra umile confessione a Dio Onnipotente, mettendovi in ginocchio.

Questa confessione generale sia fatta dal Ministro nel nome di tutti quelli che pensano di ricevere la Santa Comunione. Egli e tutto il popolo stiano umilmente in ginocchio, e lui dica:

Dio Onnipotente,
Padre del nostro Signore Gesù Cristo, Creatore del mondo e giudice di tutta l’umanità,noi riconosciamo e condanniamo i nostri molteplici peccati e malvagità che noi abbiamo commesso, gravi e numerosi, contro la tua divina maestà con pensieri, parole e opere, provocando così la tua giustissima ira e il tuo giustissimo sdegno nei nostri confronti. Noi intendiamo seriamente pentirci e siamo rammaricati di tutto cuore per le nostre cattive azioni il cui ricordo è penoso per noi, e il cui peso è troppo grande. Abbi pietà di noi, abbi pietà di noi Padre clementissimo; per amore di Gesù Cristo, tuo Figlio, perdonaci tutto il nostro passato e concedici di poterti servire e di esserti graditi in novità di vita, a onore e gloria del tuo nome, per Gesù Cristo, Signore nostro. Amen.

 

Poi l’Anziano dirà:

Dio Onnipotente, nostro Padre nei cieli, che per la tua grande misericordia hai promesso il perdono dei peccati a tutti quelli che tornano a te con il cuore pentito e con vera fede, abbi misericordia di voi, perdonaci e liberaci da tutti i nostri peccati, confermaci e fortificaci in ogni bontà e conducici alla vita eterna; per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

 

Ci si alza in piedi, l’Anziano dirà:

Ascoltate quali consolanti parole dice il nostro salvatore Gesù Cristo a tutti quelli che veramente si convertono a lui:
Certa è quest’affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. (I Timoteo 1,15)

Dopo questo l’Anziano andrà avanti, dicendo:

In alto i vostri cuori!

Il popolo: Noi li eleviamo al Signore.

L’Anziano: Ringraziamo Dio, nostro Signore.

Il popolo: Questo è degno e giusto.

Poi l’Anziano dirà:

È veramente degno, giusto e doveroso che noi, in ogni tempo e in ogni luogo, ti ringraziamo, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Perciò con gli angeli e gli arcangeli e con tutta la moltitudine del cielo, lodiamo e magnifichiamo il tuo nome glorioso, adorandoti per sempre e dicendo…

Segue il Sanctus.

Innario Cristiano, n. 192

Poi l’Anziano, in nome di tutti coloro che riceveranno la Comunione, dirà questa preghiera; il popolo starà in ginocchio:

Noi non presumiamo di venire a questa tua tavola, Signore misericordioso, confidando nella nostra giustizia, ma nelle tue molteplici e grandi misericordie. Non siamo degni nemmeno di raccogliere le briciole sotto la tua tavola. Ma tu sei lo stesso Signore, la cui proprietà è l’aver pietà; perciò fa’ in modo, Signore, così come mangiamo la carne del tuo caro Figlio Gesù Cristo e beviamo il suo sangue, che i nostri corpi di peccato possano essere resi netti dal suo corpo e le nostre anime lavate mediante il suo preziosissimo sangue, e che noi possiamo per sempre abitare in lui e lui in noi. Amen.

 

Poi l’Anziano dirà la preghiera di consacrazione, come segue:

Dio Onnipotente, Padre nostro nei cieli,
che con la tua tenera misericordia hai dato il tuo unigenito figlio Gesù Cristo affinché soffrisse la morte sulla croce per la nostra redenzione, lui che (con la sola offerta di se stesso fatta un’unica volta) ha compiuto un pieno, perfetto e sufficiente sacrificio, offerta e soddisfazione per i peccati di tutto il mondo, e ha istituito e nel suo santo Vangelo ci ha ordinato di continuare una perpetua memoria di quella sua preziosa morte, fino alla sua seconda venuta;

ascoltaci, Padre misericordioso, ti preghiamo umilmente, fa’ che ricevendo noi questi elementi terreni del pane e del vino, secondo la santa istituzione del tuo Figlio e nostro salvatore Gesù Cristo, in memoria della sua passione e morte, siamo resi partecipi del benedettissimo corpo e sangue di Gesù che,

nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me».

Il ministro per primo riceverà la comunione sotto le due specie, poi comunicherà altri ministri (se presenti) e infine il popolo, ordinatamente, nelle mani di ciascuno. Distribuendo il pane a ciascuno, dirà:

Il corpo del nostro Signore Gesù Cristo, che è stato dato per te, ti preservi nel corpo e nell’anima fino alla vita eterna. Prendi e mangia in ricordo che Cristo morì per te. Nùtriti di lui nel tuo cuore con fede e con ringraziamento.

Il Ministro che dà il calice a ciascuno, dirà:

Il sangue del Signore Gesù Cristo, che è stato versato per te, ti preservi nel corpo e nell’anima fino alla vita eterna. Bevi questo in ricordo che il sangue di Cristo è stato versato per te, e sii grato.

Se il pane o il vino consacrati termineranno prima che tutti siano stati comunicati, l’Anziano può consacrarne ancora, ripetendo la Preghiera di Consacrazione.

Quando tutti sono stati comunicati, il Ministro ritornerà alla Tavola del Signore, rimettendo lì quello che rimane degli elementi consacrati, coprendoli con un fine panno di lino.

 

Poi l’Anziano dirà la preghiera del Signore. Il popolo ripeterà dopo di lui ogni richiesta.

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e perdona le nostre trasgressioni come noi perdoniamo coloro che ne hanno commesse nei nostri confronti, e non condurci nella tentazione, ma liberaci dal male. Perché a te appartengono il Regno, la potenza e la gloria, nei secoli dei secoli. Amen.

Dopo la quale sarà detta la seguente:

Signore e Padre nei cieli, noi, tuoi umili servi, desideriamo che la tua paterna e misericordiosa bontà accetti questo nostro sacrificio di lode e di ringraziamento; umilissimamente ti imploriamo di far sì che, per i meriti e la morte del tuo Figlio Gesù Cristo, e mediante la fede nel suo sangue, noi e tutta la tua chiesa possiamo ottenere la remissione dei nostri peccati e tutti gli altri benefici della sua passione. Qui offriamo e presentiamo a te, Signore, noi stessi, anime e corpi, per essere un sacrificio che abbia senso e che sia santo e vivente per te; implorandoti umilmente di far sì che tutti noi che abbiamo preso parte a questa santa Comunione possiamo essere colmi della tua grazia e della benedizione del cielo. E sebbene noi siamo indegni, a causa dei nostri molteplici peccati, di offrire a te un sacrificio, pure ti imploriamo di accettare questo nostro limitato e doveroso servizio, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore; dal quale e con il quale, nell’unità dello Spirito Santo, sia a te ogni onore e gloria, Padre Onnipotente, per l’eternità.Amen.

 

Dopo si dirà,

Il Gloria in excelsis Deo.
Innario Cristiano n. 219

Poi l’Anziano, se lo ritiene utile, può elevare una preghiera estemporanea, poi congeda il popolo con questa benedizione:

La pace di Dio, che supera ogni comprensione, custodisca i vostro cuori e le vostre menti nella conoscenza e nell’amore di Dio e di suo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore, e la benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia con voi e rimanga con voi per sempre. Amen.

Fonte: Bard Thompson, Liturgies of the Western Church, Fortress Press, Philadelphia 1961, pp. 422-433.

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Opportunità ecumenica

Da Riforma

Opportunità ecumenica: Quaresima e settimana di rinuncia

di Fabio Perroni e Luciano Lattanzi

Opportunità, conoscenza, fraternità, preghiera, scoperta, gioia.

Queste alcune parole chiave che hanno ritmato l’incontro ecumenico svolto, lo scorso 20 marzo, nella chiesa metodista di Roma insieme ai fratelli e alle sorelle della parrocchia cattolica di santa Maria degli angeli e dei martiri di piazza della Repubblica.

Un incontro che segue quello di novembre ospitato presso la parrocchia e alla preghiera comune durante la Settimana per l’unità dei cristiani.

A novembre, dopo una introduzione storica sulla chiesa metodista, si era riflettuto insieme sul Battesimo e sul rinnovamento del patto. Tema di questo secondo incontro, che ha visto una presenza di circa cinquanta di persone, era la Quaresima e la Settimana di Rinuncia. Don Franco Cutrone, parroco di santa Maria, e la pastora Mirella Manocchio, presidente Opcemi, hanno rispettivamente parlato di questo fondamentale periodo dell’anno liturgico sottolineando i valori e il senso profondo incarnandolo nella Scrittura e nella prassi quotidiana delle rispettive tradizioni cristiane. Al termine la pastora Joylin Galapon, oltre all’accoglienza iniziale come “padrona di casa”, ha illustrato come il periodo quaresimale e la settimana di Rinuncia sono vissute nelle Filippine, paese da cui provengono molti fratelli e sorelle della nostra chiesa.

Una riflessione comune a tutti e tre gli interventi, è stata il rischio di assuefazione e svuotamento di valori all’interno di questi momenti forti della nostra fede.
Vivere per routine senza un significato forte che porti una conversione e un’attenzione diversa, nuova, verso Dio e verso il prossimo. Don Franco ha posto l’attenzione delle due comunità sul senso quaresimale come momento di revisione di vita e di riflessione sulle motivazioni della fede stessa. Una conversione come risposta forte al patto di alleanza proposto di Dio. Un lasciarsi prendere per mano da Dio attraverso la sua Parola. La pastora Manocchio ha illustrato le basi teologiche ed etiche riconducibili al fondatore del metodismo, John Wesley , per spiegare le motivazioni profonde che portarono all’istituzione della settimana di rinuncia, dopo un’ampia riflessione sulla resa pratica della fede attraverso le opere di pietà (works of piety) e le opere di carità (works of mercy). Opere di carità che sono espressione stessa della fede come scriveva in uno dei suoi innumerevoli sermoni che “la fede senza le opere dell’amore è la grande peste della cristianità”.

Significativa, al termine della serata prima del momento conviviale, la testimonianza della pastora Galapon che ha descritto come, anche nelle difficoltà economiche vissute nelle Filippine, il valore profondo della Settimana di rinuncia vissuto come un concreto gesto di aiuto a chi vive situazioni al limite è parte fondante della vita di fede: una settimana dedicata alla preghiera, ai culti propri della settimana santa e al digiuno. Ricordando il senso teologico e spirituale della “rinuncia”.

In un momento dove le differenze creano muri, le nostre comunità con l’incontro, lo scambio, la conoscenza e la preghiera comune tentano di creare un percorso di amicizia e fraternità, che distrugge i muri dell’indifferenza e della paura dell’altro e nell’altro.

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30 novembre – commemorazione di H. J. Piggott

Di  Agenzia NEV

Roma (NEV), 29 novembre 2017 – Domani, giovedì 30 novembre alle 11, si terrà preso il Cimitero acattolico di Roma una commemorazione del missionario metodista Henry J. Piggott, nel giorno esatto del centenario della sua morte.

Nato a Lowestoft (Gran Bretagna) nel 1831, Piggott svolse un’intensa opera di predicatore itinerante in Italia a partire dal 1861, spostandosi da Torino a Ivrea, Milano, Padova, per poi stabilirsi a Roma nel 1873. Contribuì alla costituzione della Chiesa evangelica metodista d’Italia di cui fu il primo Sovrintendente. Morì a Roma il 30 novembre 1917.

All’incontro nella cappella del Cimitero acattolico interverranno la pastora Jacqui Horton, membro del Consiglio per le relazioni ecumeniche della Chiesa metodista di Gran Bretagna, e Tim Macquiban, pastore della Chiesa metodista di lingua inglese di Ponte Sant’Angelo e direttore dell’Ufficio ecumenico metodista di Roma (MEOR). Tra gli ospiti sarà presente la pastora Mirella Manocchio, presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI)

Alla figura di Henry J. Piggott è stato dedicato lo scorso 9 novembre a Roma, il VI Convegno organizzato dal Centro di documentazione metodista (CDM), organizzato in collaborazione col Dipartimento di Storia-Culture-Religioni dell’Università “La Sapienza” di Roma.