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Il pane e il Regno

RICCA Paolo,
Morcelliana, Brescia, 2001,
pp. 192, Euro 11,00

 

Non esiste forse preghiera più recitata dal Padre nostro, e non esiste forse preghiera più bella. Ma  siamo così avvezzi ad essa che ormai la recitiamo quasi automaticamente, senza passione e senza entusiasmo, soprattutto senza renderci conto di quello che esattamente significhi. Questo testo di Paolo Ricca, che vi invito a leggere, è un commento al Padre nostro, ma non un commento generico sulla sua portata teologica, bensì una guida a penetrare in profondità ogni singola parola, per aiutarci a comprendere appieno che cosa veramente chiediamo al Signore quando ci rivolgiamo a Lui nella nostra intimità o nella preghiera comunitaria. Il testo è la trascrizione della trasmissione radiofonica Uomini e Profeti in cui la conduttrice Gabriella Caramore ha intervistato Paolo Ricca sull’argomento: uno dei pregi del libro sta proprio nella scorrevolezza della lettura, data dalla struttura a domande e risposte, e nell’apporto di altri interventi, non solo cristiani, ma ebraici, islamici e addirittura buddisti, induisti e laici, che arricchiscono di significato le spiegazioni dell’ospite principale. Si parte dalla richiesta dei discepoli a Gesù “Insegnaci a pregare”, per indagare il senso e lo scopo della preghiera, le sue modalità, la differenza tra preghiere spontanee e rituali. Quindi, dopo aver ricordato che esistono due versioni del Padre nostro, si analizza il testo più lungo, contenuto nel Vangelo di Matteo, setacciandone ogni parola, di cui si approfondisce il significato, con interpretazioni sorprendenti. Ad esempio, la parola Padre, che Gesù deriva dall’ambiente giudaico del tempo, è profondamente innovata, perché Gesù usa un termine più intimo e confidenziale per mostrare la vicinanza di Dio all’uomo, la sua tenerezza amorevole e materna, che contraddice l’idea del padre autoritario e tirannico, tipica delle società patriarcali. Viene descritto il significato del Nome nella tradizione ebraico-cristiana e si discute sull’impronunciabilità del nome di Dio in quella ebraica e musulmana, mentre la santificazione del nome è contrapposta alla sua profanazione. Vengono individuate le caratteristiche del Regno di Dio di cui noi invochiamo la venuta e si discute sul paradosso della vicinanza di questo Regno in una società che ne sembra totalmente agli antipodi. Si affronta lo spinoso problema della Volontà di Dio, non sempre coincidente con la nostra, mentre la richiesta del Pane è occasione per stimolare la nostra coscienza riguardo alla fame nel mondo e si sottolinea che, non a caso, il pane è “nostro”, cioè della collettività, come “nostro”, cioè di tutti, è il Padre. Molto toccante il discorso sul Perdono, con la distinzione tra il perdono divino, che cancella completamente il peccato, e quello umano, che non toglie la colpa, ma la mette tra parentesi, spezzando la catena del male. Scopriamo poi che Dio ci induce veramente in Tentazione, e non solo ci espone ad essa, come vorrebbe una traduzione più edulcorata del testo, e scopriamo che il Male di cui imploriamo la liberazione è una forza che ci trascende e non va identificata solo con ciò che di negativo facciamo, ma anche con ciò che di negativo subiamo. Molto interessante è il raffronto tra l’interpretazione cristiana e quella ebraica della parola Amen, che chiude la dossologia finale della preghiera, mentre il confronto finale interreligioso evidenzia la particolarità cristiana di sentirsi figli di Dio. In definitiva, la lettura di questo commento ci aiuterà ad essere più consapevoli delle nostre richieste quando invocheremo il Signore con le parole che Gesù ci ha insegnato.

Antonella Varcasia