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Sinodo, la quarta giornata

La quarta giornata sinodale si apre con il cultino. La parola chiave di oggi: figli di Dio
La domanda “Chi siamo?” attraversa i tempi e le culture: dall’iscrizione del Tempio di Apollo a Delfi (Conosci te stesso) all’ode di Pindaro (diventa ciò che sei, avendolo appreso) all’osservazione di sartre sul cameriere che non “è “ ma “fa” il cameriere, al Sl 8 (chi è l’uomo perché tu te ne curi?) a Gal. 4, 6-7 (tu non sei più servo ma figlio). Differenza tra essere e fare. Fragilità dell’uomo. Nella dimensione della natura noi siamo creature come tutto ciò che è creato, ma nella dimensione della storia siamo figli di Dio.

La sessione dei lavori inizia con la relazione del decano della Facoltà Valdese di Teologia sulle attività e prospettive della nostra Facoltà. Andamento degli studenti, i progetti in entrata e in uscita Erasmus, il master interculturale con ricadute positive sulle nostre chiese, le finanze ecc.

Ampio dibattito, attento e puntuale. Tutti concordano sulla grande offerta formativa e accademica che offre la nostra facoltà sia per i candidati al pastorato sia per coloro che ricercano una formazione biblica e teologica

L’analisi e la discussione prosegue sull’operato dell’ufficio otto per mille e l’approvazione dell’operato.

Nel pomeriggio, dopo l’approvazione di alcuni ordini del giorno sulla CSD e su alcune situazioni locali, si discute la situazione sullo schema di una liturgia comune battesimale comune elaborata dal primo distretto e dalla diocesi di Pinerolo. Il Sinodo viene informato che la proposta di liturgia, purtroppo, è stata bloccata e rigettata da Roma.

Si passa alla votazione dei due documenti BMV il primo sul fine vita è il secondo sull’ecumenismo. Documenti che non rappresenteranno la posizione ufficiale  della chiesa , ma autorevoli orientamenti.

 

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Il mercoledì del sinodo

Terza giornata del sinodo delle chiese metodiste e valdesi. Giornata più tecnica su modifiche statutarie di alcuni enti delle nostre chiese.  unica parentesi inziale l’esame dell’operato dell’OPCEMi, approvato all’unanimità.

Vogliamo solo segnalarvi alcune piccole riflessioni del cultino di questa mattina.

Parola chiave della riflessione del culto di apertura della giornata: il tempo. Riferimenti a ecclesiaste e a “momo e i ladri del tempo” di Michael Ende. Relatività del tempo: le ore passano più o meno in fretta sulla base di quello che stiamo vivendo. Ciclicità del tempo: nella nostra vita come nella natura tornano ciclicamente periodi di riso e di pianto. Rapporto tra Contingenza ed eternità: Dio ci dà una scala a pioli per salire a contemplare la sua eternità, ma noi, attaccati alla scala per paura di cadere, la intravediamo solo in parte. Dobbiamo fermarci ogni tanto a guardare il tempo presente per capire dove siamo e la direzione che stiamo prendendo. Il tempo è un dono per il quale dobbiamo ringraziare Dio, che ci dà la possibilità di riempirlo con la vita che viviamo. Sta a noi riempirlo con una vita dedicata al prossimo.
Dobbiamo arrenderci al tempo, cioè affidarci a Dio.

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Le prime giornate del sinodo 2018

Una brevissima panoramica di questi primi giorni del sinodo delle chiese metodiste e valdesi in Italia.

Con il Culto di apertura (qui il video integrale), con l’ascolto e la preghiera, si è aperto domenica 26 agosto l’assemblea sinodale. Il culto è stato tenuto dal past. Emanuele Fiume, della chiesa valdese di via IV novembre di Roma. Testo della predicazione il capitolo 59 di Isaia. (Qui il testo completo della predicazione)

La predicazione ha tracciato un itinerario nell’oggi della società italiana e nell’oggi delle nostre chiese.

La prima giornata di lavori si è aperta con un momento di preghiera offerto dalla pastora Eleonora Natoli. Alcune parole che hanno risuonato: “mostraci Signore la tua bontà” e  la “giustizia”.E dall’apostolo “il senso della semina” . La pastora ha invitato a riflettere sul senso della sfida o le sfide della semina. Soprattutto la sfida contro le verità personali.

All’avvio dei lavori il moderatore, past. Eugenio Bernardini, ha illustrato il lavoro della Tavola  soffermandosi su due parole chiave: ascolto e prendersi cura. Da queste parole valoriali e/o sfide si è aperto il dibattito, subito dopo la relazione della Commissione d’esame che ha  disegnato una “controrelazione” non contraria ma integrativa di una chiesa riformata fragile, ma in cambiamento. Punto chiave: Esiste una grande ricerca di fede bisogna intercettarla. Creando percorsi. Costruendo percorsi nuovi.

La discussione dell’intera giornata  è stata su tre temi: vita delle chiese,  campo di lavoro ed essere chiesa insieme. Il dibattito è stato ampio, animato ed ha posto in essere le criticità delle nostre chiese, dal calo dei membri di chiesa, ai partecipanti al culto, ma con molti segni di novità positive che tracciano ottimismo per il futuro delle nostre comunità.

Nel pomeriggio due momenti hanno caratterizzato i lavori: la presentazione della ricerca RiSoRSE, Ricerca Sociologica su Rispondenze e Statistiche Ecclesiastiche del Centro Studi Confronti, (Qui la ricerca) uno strumento utilissimo e scientifico per conoscere lo stato delle nostre chiese. La nostra chiesa è stata parte del campione preso in esame.
Il secondo momento la consegna, da parte del World Methodist Council, del prestigioso World Methodist Peace Award all’OPCEMI rappresentato dalla presidente Mirella Manocchio.  (l’ articolo di NEV)
La giornata si è conclusa con la consueta serata pubblica.  (Il video integrale)

La Seconda Giornata si presenta da subito intensa. Dopo la profonda e impegnativa meditazione del pastore Marfè, ‪(Dio ci dona la salvezza un dono gratuito da accogliere senza sospetti e sovrastrutture. La gioia sarà la risposta che noi daremo al mondo), sul testo di Marco, è stato presentato il bilancio sociale. Il primo, un segnale di trasparenza e condivisione di quello che facciamo, di come lo facciamo e con quali risorse.
Il sinodo ha poi analizzato l’aspetto culturale: collegio valdese di Torre Pellice, il museo, l’archivio storico ecc
Nel pomeriggio ampia e animata discussione, positiva e fraterna, sul manifesto per l’accoglienza redatto dalla Fcei, che il Sinodo ha fatto proprio.
L’assemblea ha terminato i suoi lavori con l’analisi sui rapporti tra chiesa BMV, con il progetto di sinodoassemblea insieme, i rapporti ecumenici a 360 gradi.
La serata si é conclusa con il concerto, alla Chiesa Evangelica Valdese di Torre Pellice su inni e composizioni tratte dai Salmi.

Pietro e lo storpio

Atti 3: 1-10

 

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

Siamo ancora nel tempo della Pentecoste che con la venuta dello Spirito Santo, gli apostoli  erano stati muniti di forza e di potenza che aveva emanato Cristo loro Signore.

Così, oggi, per questa domenica  il nostro lezionario ci ha proposto un brano da meditare tratto dagli atti degli apostoli. Questo brano del terzo capitolo i versetti da 1 a 10 è proprio il primo atto miracoloso che per mezzo della potenza della Parola gli apostoli del Cristo risorto compissero la guarigione.

L’autore del libro degli atti l’ ha inserito tra i due discorsi di Pietro: il primo era il discorso alla Pentecoste e il secondo era quello nel tempio per spiegare al popolo di Israele riuniti ciò che era avvenuto allora. Quindi la guarigione dello storpio, dell’uomo nato zoppo era la dimostrazione che Dio in Cristo Gesù aveva continuato ad operare nel suo Nome, era di questo Nome che aveva depositato tutti e suoi tesori, grazie su grazie.

Come era scritto nel vangelo di Matteo Gesù disse: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando  loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente» Matteo 28,17-20

Il racconto della guarigione era preceduto dalla venuta dello Spirito Santo, seguito poi dal  sermone di Pietro. Esso aveva inaugurato la nuova Via, cioè il nuovo insegnamento nel nome di Gesù Cristo,  fatto di annuncio della salvezza, di perdono dei peccati e di guarigione di  molti con l’intervento degli apostoli.  Cristo Gesù ha conferito agli apostoli la forza e la potenza di guarire nel suo Nome.

Ma lo sviluppo di questo racconto  ci porta ad andare più a fondo e ci fa riflettere su come Pietro e Giovanni ebbero agito in modo più giusto, e come deve essere un discepolo di Gesù Cristo.

Pietro disse allo zoppo: «guardaci!».  Come dire noi siamo solo i servitori di questa chiesa e per questo motivo andiamo a pregare perché Dio intervenga.  Non abbiamo niente da darti per farti star bene, non abbiamo soldi da darti perché così non farai più l’elemosina.

Come ha espresso poi «Dell’argento e dell’oro io non ne ho; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!» Nel nome significa: per la potenza e per la volontà di Gesù’ quindi non si tratta d’un effetto magico.  Pietro stava dicendo che non poteva dargli niente, di cose preziose non ne ha. Egli non ha dei materiali che potrebbero liberarlo dallo schiavitù che placa la sua malattia che gli perseguitava a chiedere elemosina ogni giorno. Infatti, per l’uomo  zoppo, l’elemosinare era diventato il suo mestiere o il suo lavoro.

Chissà se proprio i suoi genitori che gli fecero fare, gli mandassero a fare quello perché anche loro potessero guadagnare il loro vivere e attraverso il loro figlio si guadagnassero  il loro vivere. Nel nostro tempo alcuni genitori se ne approfittano della situazione del loro figlio handicappato. E’ una situazione che ci fanno arrabbiare molte volte perché ci sono i genitori incapaci di fare il loro dovere. Ragionandoci su, ci sentiamo spesso usati come delle vittime di tale faccenda. Chi è usato? chi usa? chi se ne approfitta? Noi siamo di fronte a questa situazione. Questo è il nostro  mondo. Quando sarebbe l’opportuno dare ciò che è giusto, a chi è veramente bisognoso?

Pietro immediatamente ha dato allo zoppo quello che ha. Io «ho Gesù» che ha il potere di farti camminare. Io ho <Gesù Cristo, il Nazareno> che ha la forza per rialzarti. Io ho <Gesù Cristo> che ti aiuta a camminare perché tu possa trovare la tua strada. Io ti do Gesù Cristo il Nazareno perché ti accompagna perché tu trovi  te stesso e che tu possa avere la tua autonomia. Quello che avevano gli apostoli era Gesù Cristo, il loro tutto, il loro unico avere (considerato ricchezza per loro) perché in lui e con lui la loro vita potesse servire per sollevare una persona dal suo giacere, e nello stesso tempo il motivo soprattutto del loro vivere in missione.

Secondo l’esegeta del libro degli atti Pietro qui ha dimostrato di essere povero delle cose materiali tranne una cosa, aveva capito che con la sola fede in Gesù Cristo lui può fare tutto, e con questa ricchezza che ha, tutto è possibile per lui e per chi crede in questo nome: Gesù Cristo. L’uomo zoppo ha avuto dagli apostoli quello che chiedeva, quella forza che con la fede si può guadagnare il senso della vita.

Egli aveva avuto il beneficio di quella fede che gli apostoli avevano ricevuto nel nome di Gesù Cristo.  Era quello che aveva bisogno per avere una vita degna da vivere. Così, il primo sermone di Pietro al popolo riunito aveva avuto la ragione per svelare la verità di Dio. Pietro doveva dare questa testimonianza perché era uno di quelli che aveva assistito tutto quello che era avvenuto durante la passione di Gesù(fino alla sua morte).

Pietro e Giovanni erano strumenti di Gesù Cristo per testimoniare la sua potenza, ricevuto dal Padre. Erano loro quelli che avevano avuto dal loro maestro l’insegnamento che dal momento che salì dal Padre essi avranno anche loro il potere di scacciare i demoni e guarire i malati, che con la testimonianza dello zoppo, avevano provato la promessa che Gesù Cristo gli aveva a loro conferito. Gesù disse: «Io sono la via, la vita, e la verità» (Gv. 14,6)L’apostolo Paolo disse: «Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo ma Cristo vive in me»(Gal.2,20)

Il brano di oggi ci invita a non trascurare quell’insegnamento dietro a questa faccenda.   Riflettiamo bene  che cosa ci sta dicendo adesso in relazione al nostro contesto di oggi. Vediamo che gli apostoli ebbero la responsabilità nell’ orientare i credenti  e come devono nutrire la loro fede.  Pietro e Giovanni  furono impegnati all’annuncio dell’evangelo nel tempio. Essi si trovarono a fare il loro servizio.  Essi erano chiamati dal loro Signore per fare la loro missione di guarire ed annunciare la parola di Dio. Per compiere tutto questo uno zoppo li interruppe davanti al tempio perché la sua richiesta fosse stata esaudita.

Oggi, molti pastori /credenti che si sentono di aver ricevuto un dono extra-ordinario  e lo rivendicano come un potere che viene dall’alto. Il loro potere di guarire è un dono. Ciò che va riconosciuto è che il potere di Dio è stato donato, è passato al Figlio e poi per chi crede in lui adesso riceve lo Spirito Santo, la forza del vivente.

«La tua fede ti ha salvato» Luca 7,50. Allora, il nuovo insegnamento della chiesa che stava formando  fu iniziato all’annuncio di un  nome scelto da Dio Padre perché  come spiegò Pietro prima e dopo questo miracolo di guarigione «Gesù Cristo il Nazareno»era venuto, ma fu rifiutato, fu rinnegato e fu morto perché non fu riconosciuto il Cristo di Dio.

Quindi in primo luogo, la testimonianza di Pietro è fondamentale per noi oggi  per riacquisire una nuova vita e vigore che proviene dal nome di Gesù Cristo, che precede il cammino e contiene la forza di cui abbiamo bisogno per essere guariti.  In secondo luogo, in Gesù Cristo riceviamo la nostra vera ricchezza. E infine la nostra missione o il nostro lavoro missionario si deve svolgere  a partire da questo nome, dal nome di Gesù Cristo. In questo senso che si distingue anche la nostra predicazione.

Gli apostoli, seguaci della nuova Via sono per noi oggi quelli che hanno parlato di Gesù Cristo perché in lui c’è la salvezza. per i cristiani è fondamentale che il Vangelo predicato in lui nel suo donare la vita fino alla sua morte riscatto dei peccati  sia stato segno del nuovo tempo, della nuova era ma che l’inizio della vita nella sua  eternità.

Questo atto compiuto da Lui è il motivo portante(principale) della predicazione , piano di Dio per  essere più vicino a noi come il suo regno sulla terra. Predicate l’evangelo perché  <Il regno dei cieli è vicino>Marco 1,15. Molte volte vediamo una persona davanti alla chiesa chiedere l’elemosina. Passando alla chiesa, per la strada, andando al lavoro oppure venendo via dal lavoro vedendo queste persone ci sentiamo commossi. Alcuni di noi si sentono commossi per la condizione di questa persona per la sua impotenza, costretto a rimanere fermo e anche se volendo, non riesce a lavorare.  Così, alcuni di noi che si sentono commossi cercano di incontrarla, dando ogni volta quello che è  il necessario. Vedere una persona così ci fa sentire veramente la commozione facendo muovere tutte le nostre viscere. Ci sentiamo toccati dal fondo del nostro cuore e subito cercando di dare una moneta e supponendo che in giornata lui potrebbe aver già raccolto tutto quello che gli è necessario per vivere o far passare un’altra giornata.Che cosa posso dare per soddisfare il bisogno della persona che si avvicina a me per chiedere un aiuto? Molti, uomini e donne , ragazzi e ragazze chiedono dappertutto l’elemosina. Intorno a noi, ovunque siamo, incontriamo persone che chiedono soldi, una moneta per comprare da mangiare. Vediamo una mamma che porta con sé suo bambino o sua bambina e ci chiede una moneta per compare il latte. Vediamo un ragazzo che chiede una moneta passando a tutti sulla metro. Noi vediamo la miseria/ la povertà/il bisogno dappertutto. Cosicché  questo racconto biblico ci è molto famigliare. E’ un fatto casuale per noi.

Si guardiamo la realtà  della vita ci sentiamo salvi attraverso la preghiera degli altri. Molti di noi ricevono la bontà di Dio, la sua grazia per mezzo  degli interventi degli altri.  Qui si conferma che la grazia di Dio non è per pochi privilegiati ma per tutti.  La salvezza che si offre tutti i giorni della nostra vita è un dono per molti, più dell’oro, più dell’argento. Lo zoppo saltava e lodava Dio con gli apostoli nel tempio. Tutti quelli che frequentavano il tempio erano pieni di stupore per questa testimonianza dell’uomo. Non ci stanchiamo allora nel offrire il nome di Gesù Cristo perché altri lo ricevono, perché riacquistino la forza.

Amen.

 

past. Joylin Galapon

 

 

Dio è Padre e Madre

Esodo 19,1-6

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

il testo della predicazione che ho scelto per questa mattina ci fa riflettere sulla descrizione che diamo per definire il nome di Dio. Come lo identifichiamo? Come lo descriviamo? Come spieghiamo Dio? Qual è la sua identità?

La regola di base per rispondere a queste domande è cominciare sulla base, sul fondamento, sulla testimonianza ad esempio dal vissuto dei nostri padri che troviamo nella Sacra Scrittura.

Dio è.  Dio è colui che salvò Israele. Colui che l’ha liberato  dalla casa di schiavitù, dalla mano degli Egiziani. Quindi Dio che si rivelò, che si avvicinò,  che è presente per il suo popolo. Le Sacre Scritture cominciarono con la narrazione del vissuto del popolo di Israele .

Il popolo di Israele poi, prima che fosse stato un testimone, prima che divenne il testimone di questo Dio, dimostrò  la propria fede in lui, professandola,  che ancora considerato per noi oggi, un’altra regola di base fondamentale su cui crediamo una verità  di cui non possiamo trascurare secondo l’insegnamento trasmesso dalla Bibbia stessa.

Leggiamo dalla lettera agli Ebrei dal capitolo 11 tutti quelli che hanno creduto  alla Parola di Dio Padre. Coloro che non l’hanno visto ma che l’hanno creduto con i suoi interventi. Di nuovo ci diciamo, la Bibbia è una testimonianza dei credenti in Dio. I teologi o gli studiosi della Bibbia hanno dedicato la loro vita a questo libro e per capirlo era diventato il loro oggetto di studio. Sono degli esperti, sono quelli che hanno dedicato la loro vita nella ricerca per capire bene questo libro di cui  ha parlato di Dio.

La Teologia è lo studio della parola di Dio e studiare la parola di Dio è fare teologia.

Come può un uomo studiare la parola di Dio per conoscerlo bene? Farsi accompagnare e guidare da essa. Come può capire un uomo chi è Dio? Se Dio non gli desse l’intelligenza o la sapienza l’uomo non gli può mai capire, sapere chi è, e vederlo attraverso i suoi occhi, gli occhi della fede.

Gesù disse al cieco: Credi nel Figlio dell’uomo? Quelli rispose: Chi è, Signore, perché io creda in Lui?  Gesù gli disse: Tu l’hai già visto; è colui che ti sta parlando. Egli disse: Signore, io credo .  E l’adorò.   Giovanni 9,35-38.

Studiare la Bibbia è un modo dell’uomo per capire e sapere la Parola incarnata di Dio. Molti teologi sin dall’inizio dello studio delle Sacre Scritture hanno scoperto chi è Dio studiando, analizzando approfonditamente i brani. Sicuramente, sapere le lingue dei popoli, prima l’ebraico dopo il greco, analizzarli , poi, accuratamente  li hanno aiutato molto a capire ciò che vuole Dio rivelare alla sua creatura: uomo, maschio e femmina.  Gli uomini che avevano redatto la Bibbia erano scrittori esperti ed essi hanno fatto un modo più giusto per darci oggi la possibilità di leggerla. La Bibbia quindi è una scrittura degli uomini coloro  che erano ispirati da Dio perché potessero parlare di Lui. Il nostro testo ha a che fare con questo.

Innanzitutto, Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo.

Questo è uno degli insegnamenti che crediamo e professiamo di credere: “Dio è nella persona del Padre, Figlio e Spirito Santo”. E’ il credo apostolico che attestiamo oggi. Arrivare ad affermare e credere questa tesi(dogma), dietro a questa affermazione c’erano stati scritti migliaia di libri, ma non basta per definire e descrivere Dio. Quindi ci sono molto di più che dimostrano chi è Dio e dai testi biblici ci rivelano di volta in volta. Così poi abbiamo continuato a fare teologia e dare interpretazioni nuove su Dio e della sua identità.

Potremo capire molto di più chi è  Dio   attraverso i suoi  atti o interventi , per mezzo dei suoi messaggeri, i chiamati che furono stati quelli testimoni che fecero la sua volontà, ci aiutano oggi a credere e a continuare ad essere consolati per accompagnarci alla nostra salvezza.

Perciò oggi attraverso questo brano ci ricordiamo chi era Dio, dopo tre mesi che Dio ha rivendicato il popolo di Israele come suo popolo di eredità, in questi tre mesi Dio ha dimostrato di essere  un’Aquila madre portando via con sé il suo popolo come era una  madre amorevole, compassionevole, protettore per il popolo di Israele.

Che cosa è una madre aquila? o Che cosa è un’aquila? Aquilaè un nome di vari Uccelli rapaci degli Accipitridi, di grandi dimensioni, appartenenti a generi diversi. Per le dimensioni, la maestosità e l’altezza del volo, simbolo di potenza, nobiltà, altezza d’ingegno.

Dio è così come un’aquila che desta la sua nidiata, svolazza sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li trasporta ».  Questo è il Dio di Israele. Dio è come un’aquila madre o una Madre Aquila. Perché Dio è come una madre?

Così ci spinge ancora ad andare avanti nella nostra ricerca per capire chi è Dio qual è la sua natura di Dio?

Ci troviamo qui a riflettere sulla natura di Dio come una madre,  e sulla definizione di se stesso  come un’aquila madre che raccoglie insieme i suoi piccini  portandoli su con sé in alto, nei cieli. Immaginate Dio come una aquila che vola portando via con sé un popolo in cielo?

E’ una metafora bellissima. Questa è una parabola da ricordare su Dio?

Questa  esperienza è un prezioso insegnamento oggi per ricordarci della cura che si riceve credendo in lui: obbedendo e osservando ciò che Dio dice e vuole che sia fatto.

L’intera creazione: il mondo, la terra e il cielo è dimostrazione dell’amore di Dio per uomo ma Egli fa in modo che il suo intervento di volta in volta l’uomo lo afferra  stesso e così che quando disse « “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me.

L’intervento di Dio liberazione del popolo di Israele dalle mani degli Egiziani è l’inizio di un rapporto o una relazione che Dio stesso ha voluto stabilire perché questo popolo obbedendo e osservando il suo patto diventi un tesoro particolare, un regno di sacerdoti, una nazione santa”.

Allora, ci sono tre elementi da considerare di cui Israele deve anche rispondere a Dio. Israele è per Dio il tesoro particolare fra tutti i popoli,   un regno dei sacerdoti, una nazione santa.

I significati delle tre espressioni sono correlati, ma distinti. Una delle chiavi per il loro più corretto significato è l’espressione: tutta la terra è mia. Questo tema della creazione è troppo importante nell’Esodo perché il nome di Dio sia proclamato su tutta la terra

Dal momento che tutta la terra  è sua, e proclamando il suo nome in  conseguenza anche loro saranno per lui un regno di sacerdoti e una nazione santa. Israele dunque ha una missione che comprende il disegno di Dio per il mondo intero. A lui è affidato la missione di essere il popolo di Dio a vantaggio del mondo intero che appartiene a Dio.

A Monte Sion, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del SIGNORE e tutte le leggi; e tutto il popolo rispose concordemente e disse: « noi faremo tutto quello che il Signore ha detto» (Es. 19,8) cioè di obbedire la sua voce e di osservare il suo patto Es.19,5 ».**

 

Martin Lutero disse ‘Una natura cristiana è fatta di due sole cose: la fede e l’amore’. Il cristiano, colui che appartiene a Cristo Gesù deve continuare a capire la natura di  Dio come viene descritto dal libro dell’Esodo. Questa natura del Cristiano è ciò che ha voluto il Dio eterno a partire dal popolo di Israele.

L’esodo cioè  il cammino del popolo di Dio  è un continuo percorso che per capire se stesso, la sua natura di appartenere al Dio figlio deve rispondere questa chiamata di essere un regno di sacerdote (cioè al suo servizio che deve compiere insieme, è un impegno collettivo di amare e obbedire, perché  e un popolo a cui gli ha donato la propria vita, il testimone fedele dell’universo).

L’impegno giurato cioè il patto allora è un richiamo alla fedeltà e a noi oggi ci chiede di continuare obbedendolo e osservandolo. La cura come la vicinanza di Dio in noi è dimostrata nella nostra esperienza di tutti i giorni. Dio, padre e madre nel modo in cui ha agito come Aquila. Dio è presente nella nostra esperienza, nella nostra storia dal momento che lo abbiamo afferrato e lo affermiamo. Senza la fede e l’amore Dio non esiste e non c’è testimonianza.

Che cosa ha cambiato nel nostro fare teologia oggi?  E’ proprio dal nostro modo di definire Dio, dal nostro modo di descriverlo adesso. Il nostro fare teologia  è frutto di una ricerca continua del nostro Dio.

Dio ‘io sono’ è quello che egli lo definisce. E’ in modo più accessibile e visibile che a noi  viene affidato e rivelato. Credere in lui oggi è saper descriverlo proprio nel suo modo di avvicinarsi a noi personalmente. è sta a noi ad afferrarlo.

I testi biblici che ha scelto  la Tavola per la relazione a stampa del Sinodo prossimo sono <  In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me. (Matteo 25,40). Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci (incoraggiarci) all’amore e alle buone opere

(Ebrei 10,24)

Gesù dice ciò che facciamo al nostro prossimo piccolo, colui che è definito  il fratello minimo/,  è ciò che facciamo anche a lui».

Il prossimo è generico, è quello che senza nome, quindi chiunque, maschio o femmina, bambino e bambina ,chi si trova in difficoltà, in situazione di precarietà o instabilità.

 

Avere cura dei figli piccoli perché sono considerati  minimi è una delle immagine  di Dio al posto di un’Aquila. Gesù ha detto che io e padre siamo uno e si il minimo è quello che è suo fratello il loro legame è anche uno. Tutti in Uno, uno in tutti.

 

La missione del popolo di Dio è una: «avere cura dei piccoli perché prima lo era anche considerato. Nel deserto come nel buio si era trovato ad essere protetto, e portato con sé.

Riflettiamoci bene sulla cura che abbiamo avuto da parte di Dio per compiere fedelmente ciò che i nostri padri avevano pronunciato. Le nostre esperienze di cura sono dimostrazioni chi è Dio.

La lettura delle Sacre Scritture è necessaria perché, come in questo brano di oggi possiamo ricordare che Dio, parola vivente e presente agisce, interviene.   Dio ci spiega che lui si serve degli esseri viventi, in questo caso dell’Aquila per farci capire il suo modo di agire e intervenire in un modo molto semplice.

 

La figura di Mosè in questo brano è fondamentale per la salvezza del popolo di Israele. Immaginate che tramite lui, Dio ha fatto uscire il popolo di Israele dal paese di Egitto, l’ha potuto strappare dalla mano del Faraone, dagli Egiziani che lo avevano dominato e soggiogato, schiavizzato duramente per essere serviti.

Loro, seguendo Mosè sono arrivati alla loro destinazione sani e salvi.

Guardiamo e osserviamo in televisione molte persone, uomini, donne, genitori con i loro bambini e bambine, che intraprendono un  viaggio ma non sono sicuri  di arrivare alla loro destinazione perché non sono affidati ad una guida sicura come era Mosè.

Sul gommone, in camion si ammucchiano come delle sardine e purtroppo muoiono e così non sono completamente liberati  dalla guerra, dalla  violenza, dalla povertà, dalla fame, dall’egoismo, dal dominio perché non hanno raggiunto la loro liberazione ma la morte.

Ci vogliono oggi molti Mosè e l’ Aquila Madre che con un patto d’amore ci portino alla salvezza.

Nella comunità di Iona, in Scozia riceviamo queste parole: Guarda le tue mani, vedi il tocco e la tenerezza: è il dono di Dio per il mondo.

Guarda i tuoi piedi, vedi il sentiero e la direzione: è il dono di Dio per il mondo.Guarda il tuo cuore, vedi il fuoco e l’amore: è il dono di Dio per il mondo.

Guarda la croce, vedi il Figlio di Dio e nostro salvatore: è il dono di Dio per il mondo. Questo è il mondo di Dio: è in questo mondo noi lo serviremo.

Dio ci benedica. Egli ci custodisca in ogni momento e conduca le nostre vita con amore.  Così sia Amen!.

past. Joylin Galapon

 

 

 

 

Giustizia e sapienza

Sermone: 1Re 3,16-28

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

questa mattina voglio continuare con voi a riflettere sulla faccenda umana in cui Dio è il primo a prendere l’iniziativa per far attuare la sua volontà, che è la vera giustizia.

Domenica scorsa abbiamo ascoltato il racconto della vocazione di Geremia, il profeta del cambiamento, che alla fine dei conti giungiamo alla conclusione che il vero cambiamento comincia dall’opera del Signore e che poi scaturisce la speranza in Lui.

L’apostolo Paolo scrisse: <<le cose vecchie sono passate, ecco, sono diventate nuove>>2 Cor.2,16, dal passato nasce un nuovo inizio (una cosa nuova) nella storia delle donne e degli uomini, come un divenire nel tempo e nello spazio.

Oggi abbiamo ascoltato il racconto delle due donne prostitute, due genitrici di due figli neonati, che a causa di un conflitto scaturito tra i due per la dolorosa morte di uno di questi, si erano recate al tribunale per chiedere il giudizio del loro Re, del re di Israele.

Leggiamo nel 1 Re al capitolo 4 verso 29 chi era il Re Salomone: <<Dio diede a Salomone sapienza, una grandissima intelligenza e una mente vasta>>. Per questo motivo il Re era chiamato a svolgere il suo ruolo di amministrare la giustizia di Dio nei confronti del popolo di una nazione e oggi ci fa riscoprire che la giustizia di Dio era valida e imparziale per tutti e la faccenda di queste donne ne era la testimonianza. Le mancavano del testimone ma con la sapienza di Salomone, esse hanno avuto il giusto giudizio.

Il racconto è molto chiaro, dopo pochi giorni dell’avvenuto parto di queste due donne prostitute, dopo aver subito un dolore inimmaginabile causato dal parto, come si era espresso anche nella Bibbia: <<come una donna, si contorce e grida durante le sue doglie>> Isaia 26,17 ; le doglie del parto di una donna è un’esperienza molto dolorosa e che solo le donne che furono diventate genitrici o mamme potrebbero testimoniarlo bene.

Chi potrebbe mai spiegare e dire qualcosa sul dolore di queste donne prostitute?, che continuamente lo subiscono essendo spesso nelle mani degli uomini, e che a causa della loro professione hanno il rischio di subirlo sempre. Esse per vivere erano finite nelle mani degli uomini e non essendo considerate di avere tale dignità furono sempre pensate di essere presenti per un attimo utilità dell’uomo e per sopravvivere furono costrette a prostituirsi.

Che cosa c’era in fondo a questa nascita di due figli?

Da quali uomini hanno avuto questi?

Forse nemmeno loro due hanno la consapevolezza chi potrebbero essere i responsabili.

Quindi queste due donne subirono un doppio dolore ma anche forse l’odio verso loro stesse e la morte di un figlio poteva indicare qualcosa.

Ecco perché davanti all’autorità, alla persona autorevole, il giudice di Israele si recarono per ascoltare un giudizio per loro, per essere difesi. Il re Salomone, sicuramente farà il giusto e giudicherà con sapienza, avendo un’extra-ordinaria intelligenza e un pensiero saggio, una larga veduta. Soltanto, però, l’intervento di Dio attraverso il re Salomone avrebbe portato al giusto giudizio che è la giustizia che emana il Dio eterno.

Torniamo al nostro testo e osserviamo lo sviluppo del racconto di queste due donne. Sono due donne prostitute.
Due donne che ciascuna ha partorito un bambino in distanza di tre giorni: “poco prima l’altra, poi dopo tre giorni partorisce l’ultima”.

Nello sviluppo del racconto, la prima donna che ha partorito è quella che ha avuto un figlio morto. Davanti al Re, il giudice, ella ha raccontato tutti i dettagli , ciò che è successo tra di loro. Nella sua testimonianza, è venuto tutto fuori, quella che sarebbe stato successo. La seconda donna, invece, ha detto poco e quasi niente, era sufficiente che aveva affermato, attestato che suo figlio è quello che è vivo.

Avete mai pensato e riflettuto perché la donna che ha partorito un figlio, successivamente le è morto? Il racconto non dice niente perciò nessuno di noi potrebbe dire qualcos’altro, anzi come legge non dobbiamo aggiungere niente, né più né meno alle Sacre Scritture.

Come mai questo racconto è costruito, sviluppato e diciamo che quasi interamente dice solo “ciò che non è vero”. Una falsa testimonianza come questa non deve tollerare la comunità di credenti, ma in questa falsa testimonianza potremo riflettere (sul cosa potrebbe accadere) quando affermiamo ciò che non è la verità.

La donna prostituta cui figlio le è morto, ha potuto costruire una storia ben fatta davanti al giudice. Un racconto molto sviluppato, e come un tema ha potuto raccontare tutto dalla A alla Z.

Innanzitutto una falsa testimonianza è pensato molto bene. Un uomo o una donna che la fa è definito molto capace, è abile perché è capace ad inventare, con l’arte del suo parlare riesce a catturare chiunque, chi vuole ingannare. Sarebbe quindi una trappola che una persona autentica non riuserebbe mai a farlo.
E’ un arte che non tutti possono fare, ma chi riesce bene con l’intento di ingannare, di rovinare la reputazione di una persona, e ancora di più di rovinare la propria vita con lo scopo soltanto di avere quello che vuole è veramente un peccato gravissimo.
Egli/ella ha commesso un peccato contro la legge, nei confronti di Dio e del prossimo.

Questo è un caso molto concreto che per noi serve a fare una ragione perché una comunità debba ricordarlo. Molto spesso nelle nostre comunità, ci sono quelli che ancora non hanno potuto evitare ad ascoltare una falsa testimonianza(forse tutti noi).
Perciò, questo racconto biblico ci richiama anche oggi l’attenzione della legge di Dio: ci riafferma l’importanza dell’osservare i dieci comandamenti che Dio ha rivelato per mezzo di Mosè per contrastare una falsa testimonianza, ci rendiamo conto che una falsa testimonianza non ha un fondamento, non ha nessuna traccia dei fatti perciò non può essere vero.

Durante il culto che abbiamo celebrato nella prima domenica di giugno con la chiesa valdese di via 4 novembre, il pastore Emanuele Fiume ha sostanzialmente riproposto una tradizione wesleyana che per noi ha un valore fondamentale.

Secondo la tradizione wesleyana nel culto ci deve essere la lettura dei dieci comandamenti. Alcuni di noi hanno osservato e hanno detto che è positivo richiamare alla memoria la legge di Dio, di leggerla bene e ripeterla insieme durante il culto, in cui l’assemblea si riconosce il popolo di Dio, e di non dimenticare che l’uomo credente non potrà mai superare i continui fallimenti perché è incessantemente tentato dallo Spirito ingannatore che spinge ogni volta ad una falsa testimonianza soprattutto quando vuole difendersi e vuole ottenere ciò che solo per il suo profitto.

Leggerli tutti insieme nella comunità, ci invita a ricordare, a memorizzare e a masticare come un cibo buono poiché la legge che Dio ha lasciato a Mosè serve per noi tutti a raggiungere un buon obiettivo di riuscire ad avere una vita pacifica e una vita di convivenza in buona armonia.
I Comandamenti sono indipendenti l’uno dall’altro?
Il Decalogo costituisce un’unità organica, in cui ogni «parola» o «Comandamento» rimanda a tutto l’insieme. Trasgredire un Comandamento è infrangere tutta la Legge.

L’ottavo comandamento di Dio è < Non dire falsa testimonianza>.
Una falsa testimonianza rovina la reputazione di un’altra persona.
Una testimonianza falsa rovina il prossimo e chi lo fa, anche se stesso. Non è uguale con il detto “una bugia per proteggere una persona”. Dire ciò che non è vero su un’altra persona sarebbe cambiare il suo volto/la sua immagine.
Una persona che fa questo rovina più se stessa perché è contro la legge di Dio.

Gesù era vittima delle false testimonianze: falsi testimoni, falsi profeti, falsi apostoli e falsi discepoli.

Egli era stato accusato di testimoniare una menzogna dai suoi avversari, coloro che non hanno creduto alle sue parole. Deve morire << perché si è fatto figlio di Dio>> Giovanni 19.7
Era questa la più grave accusa che hanno testimoniato gli altri nei suoi confronti.
Nei suoi ultimi giorni di vita ha ascoltato solo le false testimonianze che le erano scagliate contro di lui.

Non poteva dire altro che la verità di se stesso, del motivo per cui faceva delle opere, che Dio gli ha conferito una potenza, che lui può fare qualcosa dove l’uomo non può.

In Giovanni abbiamo letto e ascoltato la testimonianza di Gesù. Egli ha dichiarato che lui era venuto da Dio ed era mandato come Suo testimone.
Con il dono della fede che Dio ci ha donato abbiamo professato con la bocca che Gesù Cristo è il nostro Signore, è il nostro Messia, è il nostro Salvatore. Dio Padre, figlio e spirito santo ne sono testimoni.

A mio avviso, perché fuggiamo dalla tentazione dell’ ingannatore cerchiamo di afferrare bene il grande comandamento. Come hanno consigliato i padri agli israeliti nel libro di Deuteronomio << 4 Ascolta, Israele: l’Eterno, l’Iddio nostro, è l’unico Eterno. 5 Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. 6 E questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; 7 li inculcherai ai tuoi figliuoli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.

8 Te li legherai alla mano come un segnale, ti saranno come frontali tra gli occhi,
9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Deut.6,5-8 Leggiamo al vangelo di Matteo 19, 17<< Ama il tuo prossimo come te stesso». Amen.

Past. Joylin Galapon

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Le immagini di Dio rispecchiate nella nostra esistenza

Seminario

 

Obiettivi e destinatari del seminario

La nostra concezione di Dio ha un grande impatto sulla nostra vita personale, emotiva e sulle nostre relazioni. Ciò che è importante per noi nella fede è ciò che desideriamo trasmettere a coloro per i quali ci impegniamo nella chiesa.

Questo seminario si rivolge a predicatori locali, studenti, catechisti, monitrici e a tutti coloro i quali vogliono confrontarsi con le proprie immagini di Dio dal punto di vista biblico, esegetico e umanistico-esistenziale. Saranno utilizzati strumenti e concetti dell’Analisi Transazionale e dell’Analisi Transazionale Socio Cognitiva.

Il seminario intende  aiutare i partecipanti a sviluppare una maggiore consapevolezza della propria concezione di Dio ed un maggiore senso di responsabilità nell’annuncio dell’evangelo.

 

Programma degli incontri

  • Primo incontro: L’immaginario di un Dio normativo * affettivo (29 settembre 2018)
  • Secondo incontro: L’immaginario di un Dio libero * protettivo (27 ottobre 2018)
  • Terzo incontro: L’immaginario di un Dio ingiusto e crudele (10 novembre 2018)
  • Quarto incontro: L’immaginario di un Dio tutto da scoprire (24 novembre 2018)

 

Collaboratori

Il team di counsellor di base: Claudia Iacorossi, Paola Falcone, Hiltrud Stahlberger-Vogel. Ospite: pastore Marco Fornerone.

 

Sede e orari

Il corso si svolgerà presso la sala della chiesa di Piazza Cavour a Roma, dalle 10 alle 16. Il pranzo insieme sarà con la formula ‘porta e condividi’.

No alla cancellazione della legge Mancino

dal sito chiesavaledese.org

“Sbagliato, inopportuno e intempestivo”, così il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, ha commentato il proposito del ministro Fontana, subito assecondato dal vicepremier Salvini, di cancellare la legge “Mancino”  approvata nel 1993 per contrastare gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.

“In un tempo in cui negli stadi, per le strade e anche in altri spazi pubblici si moltiplicano attacchi verbali e violenze contro immigrati, richiedenti asilo, uomini e donne di colore, non capiamo il senso di una proposta che ha il sapore ideologico della tolleranza benevola nei confronti di chi adotta un linguaggio o un comportamento antisemita, razzista e discriminatorio. Vogliamo sperare – continua Bernardini – che il proposito annunciato sia un’improvvisazione estiva  e che la maggioranza di governo non voglia assecondare un progetto di questa portata. Come minoranza che ha subito violenze e discriminazioni – conclude il moderatore – la Chiesa valdese (Unione delle chiese metodisti e valdesi) si associa alla preoccupazione espressa dall’Unione delle comunità ebraiche che ritiene il progetto un’offesa intollerabile alla memoria antifascista e antinazista del Paese”.

Geremia, il profeta del cambiamento

Geremia 1,4-10

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

oggi abbiamo riascoltato i pochi versetti sulla vocazione di Geremia.

Geremia è un nome molto bello da ascoltare soprattutto per il suo significato <Jahweh glorificato>. Oggi, è ancora più bello quando incontriamo una persona che si chiama proprio così. Chissà se i suoi genitori hanno pensato di chiamarlo  con questo nome proprio perché si sono ricordati di questo breve racconto.

La storia di Geremia è unica e molti genitori credenti scelgono di chiamare i loro figli per augurarli la benedizione, pensando il meglio per il loro bene. Infatti nella comunità dei credenti, i genitori presentano il loro figlio(bambino), come una benedizione, che diventi parte di essa,  con riconoscenza che questo figlio è venuto da Dio.  E’ un dono di Dio che è quello che riconosciamo anche noi come principio di ogni esistenza.

Altri si fanno ispirare dai nomi dei personaggi(ad esempio gli eroi) che hanno fatto storia, quelli che hanno dato una svolta in un tempo di incertezza e di fallimento e quelli che hanno potuto cambiare qualcosa. E’ così penso che ci ricordiamo oggi di Geremia.

Geremia era un figlio di un sacerdote di nome Hilqia, fu concepito nel grembo di una madre che gli ha fatto nascere, divenendo poi un uomo con un ruolo molto importante a tutte le nazioni del mondo. Geremia, dice l’esegeta Artur Weiser, significa <Yahweh glorificato/glorified God>. Ecco perché nei versi 4 e 5 Geremia dice ‘La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: 5 «Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni».

Leggendo e meditando bene questo brano in cui viene narrata la storia della nascita di Geremia, è stata una dichiarazione del Signore che l’ha concepito prima nella Sua mente, proprio per ciò che ne diverrà la sua futura vocazione. Una chiamata da svolgere che è solo quello che Dio vorrà.

Il testo della predicazione sulla vocazione del profeta Geremia mi ha colpito di nuovo in questo senso, facendo un confronto tra il vecchio e quello nuovo, tra l’anziano e il giovane. L’ho cominciato a  riflettere mentre trascorrevo le mie vacanze nelle Filippine, proprio a casa mia, dove ero nata. La casa dei miei genitori dove eravamo cresciuti noi, loro figli, è diventato il nostro magazzino perché è vecchia e non si riesce più a riparare. Il tempo impone, dunque, la necessità di costruirne una nuova, e perciò così è stata e fu costruita una accanto ad essa. E’ bello vedere quella vecchia come una traccia che appartiene al passato ma, così anche nel  vedere la nuova come il frutto del passato, ciò che ha potuto produrre dalla mente dell’uomo che vuole migliorare qualcosa del passato.

Un augurio che vogliamo tutti nella nostra vita è che Dio continui a rinnovare nella nostra mente, quello che deve essere il frutto di una svolta positiva, un’evoluzione migliore. Il mondo si evolve perché l’uomo continua a progettare cioè avere una visione di progettualità. Ho sentito molte volte questo pensiero nei nostri ambiti, discussioni nell’aula sinodale delle chiese metodiste e valdesi e non solo.

Dio infatti, ha sperato in Geremia. I suoi genitori erano vecchi ed è Dio stesso che ha “progettato” la sua nascita. Qualcuno deve continuare la generazione dei suoi genitori che è anche della Sua generazione come punto di partenza di ogni esistenza/di ogni nascita.

Perciò la vocazione di Geremia non è solo per la famiglia o comunità di credenti, ma anche per essere il messaggero, il portavoce di Dio in tutto il mondo.  Portando a noi oggi che lo ascoltiamo il messaggio dell’eterna presenza di Dio nel mondo. Oggi, ogni nazione trae beneficio da questa profezia del profeta perché Dio agisce come Signore, padrone di tutta la terra, capace di cambiare la sorte di tutta l’umanità.

Il verso 10 dice: “Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare.” Il cambiamento parte da Dio, da Lui, dal suo intento, e lo esegue per mezzo di noi. La parola di Dio è efficace perché è verace, è la verità. Per questa ragione che la chiamata di Geremia vale ancora per noi perché Dio ci accompagni, ci affianchi quando è necessario un cambiamento. Purtroppo, assistiamo che non tutti i cambiamenti sono voluti da lui ma, siccome professiamo di essere credenti, che crediamo in lui, la speranza discende perché ci aiuti a ricominciare.

L’incarico di Geremia non fu un compito facile da svolgere.

Perché? Perché Dio Signore origine, il principio del mondo,  di tutto e di tutti ha l’intento, il proponimento, che Egli rivela nella storia dell’uomo di ogni tempo, di ogni generazione come era accaduto nella prima generazione del suo popolo.

Questa è una considerazione che comporta uno sradicamento, una demolizione, un abbattimento, una distruzione, poi finalmente per costruire e per piantare. Il cambiamento della mentalità dell’uomo come la conversione è frutto  della volontà di Dio di fare giustizia.

Italia è un paese molto bello. A mio parere, era ancora  più bello quando aveva potuto, con le sue risorse, aiutare i più bisognosi. Aveva dimostrato la sua capacità e possibilità di accogliere, di dare assistenza a molti popoli delle diverse nazioni. Ma ora con il nuovo governo assistiamo un cambiamento. E sta succedendo proprio il contrario. C’è il rifiuto dell’accoglienza. Giustamente, il ministro dell’interno Matteo Salvini con il suo incarico, ha il potere di dire di sì o no, che non tutti possono stare qui. E’ questo forse un atto di ingiustizia? Penso che, il compito di governare, di svolgere un ruolo, sia il più difficile da fare. E’ una posizione delicata in cui sono coinvolte molte persone, che a volte può determinare la loro sorte oppure cambiare la loro situazione di vita.

Per noi credenti questo non è segno d’uguaglianza. Lo sosteniamo/tolleriamo? No o dipende, ma perché abbiamo imparato che la terra, il mondo,  è di Dio che l’ha fatto esistere. Nessuno deve poi rivendicarla come una nostra proprietà privata.

Ma è veramente così? I filippini nelle Filippine sarebbero disposti ad ospitare i rifugiati, i profughi, quelli che si scappano dal loro paese perché la loro vita sono in pericolo?

A questo proposito vorrei condividervi, la situazione che ho assistito nelle Filippine e come comunità di credenti vi invito a riflettere e potremo anche discuterne poi se volete.

Ho notato dei cambiamenti positivi per gli sviluppi  infrastrutturali:

Molte strade sono state allargate. Questo fatto è il primo grande segno di un  progresso che ha fatto il governo odierno sotto la guida del presidente Rodrigo Duterte.

Ci sono nuove, grande, belle case costruite e la maggior parte dei proprietari sono dei filippini che lavorano all’estero come qui in Italia che con il loro guadagno hanno voluto investire il loro denaro per esse.  Inoltre alcuni emigrati sono i nuovi proprietari terrieri. Deducendo che non sono solo gli stranieri che fanno gli investimenti  nel paese ma anche i miei connazionali. Vediamo  questo come un fatto positivo, il frutto del risparmio e del sacrificio che fanno i filippini in Italia lavorando come collaboratori domestici degli italiani.

Adesso sentiamo, se i filippini, ad esempio,  nella nostra comunità qui in Italia hanno già raggiunto il loro obiettivo con successo e li domandiamo poi  se pensano di tornare a casa per godere le loro case. Cosa penserete che risponderanno?

Purtroppo ho visto che le case che da anni erano già costruite, sono solo rimaste vuote e invecchiate. Sarete convinti se vi dico che alcuni pensano che “sono stati anni di vita sacrificata e denaro sprecato”  oppure “va bene così” – nessuna riflessione di cambiamento perché tanto non cambia niente.

Il problema in fondo che si pone è lo stare bene di un filippino in Italia come individuo, come una persona, e se è un genitore come far stare bene gli altri componenti della famiglia: moglie o marito e i figli essendosi lontano.

Il sacrificio enorme da sopportare è quello di essere lontano dalla propria terra e dalla famiglia.

Come deve essere un messaggero di Dio oggi secondo la vocazione di Geremia?

Infatti, ciò che mi ha colpito di più nella vocazione di Geremia, è che Dio gli ha rivolto il compito di governare le nazioni, e non quello di svolgerla in una chiesa come la nostra. Egli sarà mandato alle nazioni per una missione scomodissima.

Perché sarà lui, il suo “mandato” ad annunciare  la parola di Dio che è stata direttamente messa nella sua bocca da Dio. Parole che sono scomode perché  avranno un effetto disastroso comesradicare, demolire,  abbattere, distruggere, per poi ricostruire e piantare.

Vorrei cercare di spiegarvi bene queste parole del verso 10, che essendo le parole di Dio e non di un umano, il loro significato è profondo e che ci portano a capire che (davanti a) Dio, il principio e inizio di ogni esistenza, dovrà sostenere, affiancando ogni suo eletto a svolgere il suo “mandato” di denunciare ciò che è ingiusto – esso deve quindi combattere quest’esistenza per poi far nascere una nuova che è segno del suo intervento salvifico.

Oggi,  il profeta Geremia ha un ruolo da svolgere nella nostra società. Portare un messaggio di cambiamento ai popoli perché noi che facciamo parte dei credenti possiamo essere testimoni fedeli dell’opera di Dio, che  coinvolgerà tutta l’umanità. La nostra fede in Dio, opera un cambiamento non solo per noi che crediamo in lui ma ha uno scopo per il bene di tutti cittadini del mondo perché è l’origine di ogni esistenza.  La vocazione di Geremia ha quindi un valore globale soprattutto oggi.

Il nome di Dio, <Io sono colui che sono> Esodo 3,14,  il padre di ogni generazione, il nostro Abbà come dice l’apostolo Paolo è colui che ha chiamato prima Geremia e chiama continuamente secondo il suo intento e progetto per tutta l’umanità.

Facciamo bene anche ricordare il nome di Dio come principio di tutta la nostra esistenza  e il nome di Geremia che significa “Jahweh glorificato”, che per noi oggi potrebbe significare che ognuno e ognuna ha un suo nome proprio ed è scritto nel cuore della mente di Dio.

In ogni epoca, Dio ci assicura di essere accompagnati, dandoci la sua parola per dare speranza a tutti.

Amen.

past. Joylin Galapon