Il sì di Dio

II Cor: 1: 18-22

Ora, come è vero che Dio è fedele, la parola che vi abbiamo rivolta non è «sì» e «no». Perché il Figlio di Dio, Cristo Gesù, che è stato da noi predicato fra voi, cioè da me, da Silvano e da Timoteo, non è stato «sì» e «no», ma è sempre stato «sì» in lui. Infatti tutte le promesse di Dio hanno il loro «sì» in lui; perciò pure per mezzo di lui noi pronunciamo l’Amen alla gloria di Dio. Ora colui che con voi ci fortifica in Cristo e che ci ha unti è Dio; egli ci ha pure segnati con il proprio sigillo e ha messo la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

Non bastava la prima visita? No, l’Apostolo aveva annunciato una sua seconda visita a Corinto, che poi non aveva potuto compiere. E’ però affranto dal dispiacere.

Scriverà poi…..1 Avevo infatti deciso in me stesso di non venire a rattristarvi una seconda volta. 2 Perché, se io vi rattristo, chi mi rallegrerà se non colui che sarà stato da me rattristato? 3 Vi ho scritto a quel modo affinché, al mio arrivo, io non abbia tristezza da coloro dai quali dovrei avere gioia; avendo fiducia, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è la gioia di tutti voi. 4 Poiché vi ho scritto in grande afflizione e in angoscia di cuore con molte lacrime, non già per rattristarvi, ma per farvi conoscere l’amore grandissimo che ho per voi.

Non si tratta infatti di un semplice cambio di programma. Vi sono stati tumulti a Efeso e Paolo vuole evitare che la sua nuova visita a Corinto provochi o riaccenda scompiglio, dopo la sua prima visita che era stata burrascosa.

Ricordiamo già come esordì con la prima lettera ai Corinzi: E io, fratelli, quando venni da voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; 2 poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. 3 Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore; 4 la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, 5 affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.…

Vi sono state delle difficoltà a Corinto, delle discussioni. Un componente della Chiesa aveva dato luogo a turbativa ed era stato redarguito, era stato messo in minoranza.

Scriverà infatti Paolo ancora: 5 Ora se qualcuno è stato causa di tristezza, egli ha rattristato non tanto me quanto, in qualche misura, per non esagerare, tutti voi. 6 Basta a quel tale la punizione inflittagli dalla maggioranza; 7 quindi ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, perché non abbia a rimanere oppresso da troppa tristezza. 8 Perciò vi esorto a confermargli il vostro amore; 9 poiché anche per questo vi ho scritto: per mettervi alla prova e vedere se siete ubbidienti in ogni cosa. 10 A chi voi perdonate qualcosa, perdono anch’io; perché anch’io quello che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto per amore vostro, davanti a Cristo, 11 affinché non siamo raggirati da Satana; infatti non ignoriamo le sue macchinazioni. 

Quindi vi erano stati dei problemi a Corinto e Paolo a freddo aveva capito che era bene per quella comunità di risolvere i suoi problemi in autonomia, senza attendere una autorità esterna, un intervento decisivo di un’autorità superiore. Insomma che occorresse che le parti in lite trovassero un modus vivendi tra pari. Forse tra i motivi per cui Paolo non torna a Corinto c’è anche questo.

A Corinto però vi è chi approfitta di questa apparente defaillance dell’Apostolo per attaccarlo, per accusarlo di essere volubile nelle sue decisioni, un’accusa rivolta a lui, il più zelante degli Apostoli!

Lo accusarono subito di leggerezza e di contraddittorietà. Questo sarebbe stato, secondo i detrattori di Paolo, un tipico comportamento carnale, dettato dalla carne, centrato sull’io egoistico e non sulla ricerca della volontà di Dio e sull’amore per i fratelli.

Ti aspettavamo, e invece non sei ritornato! Non hai mantenuto fede alla tua promessa. Noi contavamo su di te, e tu ci hai abbandonato…

Paolo respinge queste accuse, ma non lo fa come potremmo fare noi, dicendo che un conto sono i piani di viaggio, altra cosa la loro realizzazione – difficile anche oggi a volte: mi è stata annullata una prenotazione -, e specialmente di quei tempi in cui si viaggiava con una triremi…

No, l’Apostolo per questa occasione, pur avendo a disposizione molteplici ragioni, tira in ballo la fedeltà di Dio.

Infatti se Dio è fedele, l’Apostolo che incarna il suo messaggio non può essere una banderuola che un momento dice bianco e poi dire nero.

La coerenza dell’Apostolo è radicata nell’essenza stessa di Cristo, il Figlio di Dio. Cristo non oscillava tra il sì e il no con le sue promesse, non ritrattava. Cristo è lui, proprio lui un sì. Il sì di Dio. E il Signore è venuto, tra di noi. Il Natale!

Vi è dunque un legame di fedeltà che vincola l’opera evangelica: Dio è fedele, Cristo è fedele nel realizzare le promesse di Dio, la predicazione apostolica è fedele in quanto pronuncia l’amen, il così sia alla gloria di Dio. All’amen, al così sia, alla risposta alla vocazione ogni credente è chiamato a rispondere.

L’Apostolo rivendica proprio l’importanza di questo passaggio.

La chiesa cristiana infatti non può avere dubbi proprio su questo punto: e cioè che le promesse della Parola di Dio vanno ad effetto sempre e comunque. Dio  stesso ha pronunciato un sì, in Gesù Cristo. E’ un sì definitivo, che chiude le porte ai tanti no e ai tanti dubbi umani.

Per la comunità cristiana dunque al dubbio deve subentrare una certezza, quella che l’Apostolo, e non solo lui, ha predicato: la lieta novella, l’evangelo, recato dal Figlio di Dio, Gesù Cristo, il sì definitivo di Dio. E’ questa la più profonda convinzione dell’Apostolo, è ciò che l’Apostolo vuole trasmettere.

Il Signore è venuto tra noi, ha mantenuto la sua promessa, ha salvato l’umanità, ha aperto le porte del Cielo, nonostante il peccato dell’uomo.

L’attesa non di Paolo, ma quella di Dio, non è stata vana. Così come lo aveva promesso, il Signore che aveva annunciato la salvezza ha donato suo Figlio affinché di fronte alla palese dimostrazione del suo grande amore tutte le ginocchia si piegassero e tutti i cuori si convertissero e riconoscessero che Cristo è il Signore.

E se anche Paolo non ha potuto mantenere la promessa fatta, per ragioni umane, per un calcolo di amore, e non potrà tornare a Corinto, quello che importa è che la promessa di Dio è stata mantenuta, il sì di Dio è stato pronunciato per l’Eternità e l’Evangelo della salvezza da quel momento in poi sarebbe stato proclamato al mondo.

Il Signore è con noi, lo è stato dal giorno del suo arrivo e lo è anche oggi con noi. L’attesa speranzosa non è stata vana, non è andata delusa, ma si è avverata, entrando nelle vite di ogni credente e nelle nostre vite e suscitando nuova energia, nuovo entusiasmo e vera gioia per la predicazione dell’Evangelo, nuova rivoluzione, promessa adempiuta per tutti, quella promessa adempiuta per ricordare la quale facciamo festa, come sempre in questi giorni. In questi giorni, nel ricordo del Natale, noi rispondiamo al Signore con la nostra vocazione che ci chiama, ci mobilita e che ci fa rispondere al sì definitivo, al decreto eterno di Dio in Gesù Cristo con il nostro Amen.

Predicatore  Andrea De Girolamo,

La Parola era Dio

Giovanni 1,1-5

In principio era la Parola e la parola era con Dio e la parola era Dio. In principio lei era con Dio. Tutto fu fatto per mezzo di lei e senza di lei non fu fatta una sola cosa di ciò che è stato fatto. In lei era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce brilla nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Care sorelle e cari fratelli nel Signore, quando ero piccola, avevo notato che uno degli addobbi per il  Natale nelle Filippine è il PAROL, una decorazione che si appende solitamente sopra la porta della nostra casa, o in qualsiasi altro posto; è importante che sia in alto in modo tale che la stella intorno al cerchio si veda bene. Possiamo paragonarlo alla nostra corona di avvento in cui l’ultima candela che si accende, rappresenta Gesù, la luce del mondo. Ciò che vedete sullo schermo è un’immagine che rappresenta molto bene quel Parol maiuscolo che Parola oggi dice nel vangelo di Giovanni. Ora, associando il parol in tagalog con la PAROLA in italiano mi convince sempre di più quanto eravamo stati già vicini prima che ci conoscessimo. La nostra comunione con la Parola di Dio che è Gesù Cristo di cui i profeti, i nostri antenati israeliti ne avevano già parlato. Gesù disse nel libro dell’Apocalisse: “Io Gesù, ho inviato il mio angelo per testimoniarvi queste cose sulle chiese. Io sono la radice e la discendenza di Davide, la stella lucente del mattino.” La stella che aveva guidato i magi, l’ultima  candela  che accendiamo nel giorno di Natale è la luce che porta a Gesù, quella luce che  ogni mattina risplende nella nostra vita. Così tutte le cose hanno un senso per noi ora.

Infatti, nella mia terra nativa “ang PAROL”  è uguale a “la Parola”, ciò significa che i popoli anche senza essersi incontrati prima con la Parola incarnata in Gesù e le parole che parlano su di lui si erano già legate da un’unica fonte “Dio”. E saperla dopo gli incontri di dialogo e di scambio di parole, tra i popoli che sono in cammino  si rivela più che mai la radice di entrambi, come ogni cosa è strettamente correlata fra di loro. E’ la realtà che ogni uomo e ogni donna può scoprire nella chiesa di Dio. Non è un mistero ma è già data a loro disposizione.

Durante il periodo in cui facevamo il culto bilingue ho sentito dire spesso da molti ospiti che hanno soltanto capito queste parole: Diyos/Dio, Hesus/Gesù, Espiritu Santo/Spirito Santo. Come l’evangelo è uguale all’ebanghelyo. Dio è uguale a Dios/ Diyos. Gesù Cristo è uguale a Hesu-Cristo. I nostri amici e amiche cinesi chiamano anche Ieso. Questa è la parola di buona notizia di Giovanni. Questa testimonianza è veritiera e si accomuna la nostra affermazione su chi crediamo, l’unico Signore di tutti. Se riflettiamo bene, da queste tre nomi derivano le parole giuste che fanno bene al corpo e all’anima di una persona. Queste parole esistono perché hanno creato l’uomo e tutti gli esseri viventi. Perciò in esse “L’io sono” cioè Dio vi abita, laddove gli uomini e le donne si comunicano bene, quelle parole di bene. La parola di benedizione sono di Dio, come lo benedicono, lo glorificano, lo pregano i popoli.

In questo giorno di natale, quanto  avrei preferito dedicare il mio tempo in silenzio, meditando solo alla PAROLA, solo a Lei, ciò che il vangelo secondo  Giovanni ha sottolineato nel suo prologo. Possiamo far scorrere nella nostra mente tutto ciò che riguarda la Parola che sono stati ascoltati, testimoniati, insegnati, fatti da coloro che ci avevano preceduti.  La nostra mente ha la capacità di parlare con noi stessi di questa Parola senza aprire la nostra bocca. Ma La parola ci invita, ci induce a comunicare è così tante parole sono state dette su quell’unica PAROLA. E’ così  fu iniziato in contempo la testimonianza di Dio di pari passo con quella PAROLA. Dio rivelò se stesso con la nascita della parola.

Grazie al prologo del Vangelo secondo Giovani, ha messo in principio indicandoci Essa come poi diventa la via, la verità, e la  vita. Poiché chiunque crede in lui non perisca ma abbia vita eterna, parola che salva, che guarisce.

In principio era la Parola. L’inizio di tutto era la Parola. Non esisteva niente se non la Parola. Infatti, in Lui tutte le cose hanno avuto i nomi propri e il senso delle loro esistenza. In questo istante, ci dedichiamo solo a quella PAROLA, la contempliamo perché ci è stata piena di grazia(come diceva Maria), essa ci ha accompagnati in quest’anno al culto, allo studio biblico, al luogo in cui siamo stati chiamati a testimoniare; Questa Parola ha parlato per mezzo di noi. Abbiamo dedicato la nostra vita per testimoniare quella parola che abbiamo ascoltato e letto nelle Sacre scritture e nelle testimonianze di vissuto di molti che hanno creduto e che credono ancora. Dall’unica Parola di Dio, ne abbiamo tratto tante cose, tante parole, soggetti e oggetti delle nostre meditazioni.

Oggi celebriamo il natale in maniera diversa dalle nostre abitudini: i momenti di condivisione e convivialità fra i nostri cari membri di famiglia, amici con tanto di scambi di regali e festeggiamenti. E’ passato un altro anno in cui la chiesa non ha mai smesso di annunciare l’evangelo, la buona notizia in  Gesù Cristo, il figlio di Dio incarnato. Noi pastori e pastore, siamo stati incaricati ad annunciare la Parola e noi ci siamo impegnati giorno dopo giorno a studiarla, e a capire il modo migliore per proclamarla. Le nostre parole non sono sempre state sufficienti per parlare, raccontare su Dio (Lui) ma per questo motivo che dobbiamo continuare a perseverare a dare ancora il nostro meglio al tempo che ci è di fronte.

Domenica scorsa abbiamo anticipato il culto di Natale perché fosse stato trasmesso in eurovisione alle ore 10,00 dalla Rai 2, oggi. Noi abbiamo constatato quanto è stato l’impegno richiesto per la preparazione della trasmissione di una bella testimonianza fatta dalla rubrica del protestantesimo. Che cosa è questa fisionomia che ha assunto ormai la chiesa di via XX settembre che l’ha testimoniata da volti diversi, ma che parlano del loro unico Dio? E’ un orgoglio di appartenere a questa chiesa. Maria diede alla luce il figlio di Dio incarnato in Gesù, è stata una donna benedetta. Le donne pastore continuano a farsi carico di questo ruolo di portatrice e di mediatrice di quella Parola che illumina. Con timore e tremore, preghiamo che  Dio continui a compiere la sua volontà.

Il nome di Dio non dovrebbe essere strumentalizzato: usato o parlato in vano come dice nelle dieci parole di Dio. Per questo motivo dobbiamo continuare ancora la nostra missione sia personale che collettiva. Testimoniare il nome di Dio significa seguire sempre le indicazioni che aveva lasciato come immagine del volto di Gesù nei suoi fatti. Egli ci fa tornare sempre al nostro dovere di dare spazio al nostro vicino,  crearne un luogo per dire questo posto è per noi due. Dove due o tre sono riuniti lì c’è Dio.

Care sorelle e cari fratelli impariamo l’alfabeto di Dio: l’A,B,C di Dio è un linguaggio di inclusione, ma nello stesso tempo chiama per nome ciascuno e ciascuna per mettere in atto la sua volontà di operare con i vari doni spirituali che sempre sono i suoi modi di operare. Gesù crea una comunità inclusiva e ne prende cura dei membri poiché agiscano insieme in perfetto collegamento per la loro reciproca edificazione.

Care e cari Buon natale a voi. che il Signore ci accompagna in questo tempo. Che non ci perdiamo la speranza che in lui abbiamo  ricevuto.  Amen.

 

past. Joylin Galapon

 

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Mediterranean Hope e Medu lanciano crowdfunding solidale

Proponiamo una iniziativa di Mediterranean Hope (FCEI) per un crowdfunding solidale per uno screening gratuito per le persone più vulnerabili, braccianti, lavoratori, migranti e no del territorio di Rosarno.

Da Nev

Oggi, 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani, l’iniziativa per implementare lo screening, gratuito, delle persone più vulnerabili, braccianti, lavoratori, migranti e non. Paolo Naso: “Oggi è la Giornata mondiale per Diritti umani: la salute è uno di questi, e dovrebbe essere garantito a tutte e tutti. A Rosarno purtroppo, invece, così non è: migliaia di persone sono costrette a lavorare e vivere in condizioni difficilissime e troppo spesso irregolari, aggravate dall’emergenza sanitaria”.

Roma (NEV), 10 dicembre 2020 – Si chiama “TamponiAmo Rosarno” la nuova campagna di raccolta fondi lanciata da Medici per i Diritti Umani (MEDU) con Mediterranean Hope, il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Obiettivo del crowdfunding, avviato sulla piattaforma buonacausa.org, è quello di poter acquistare un numero sufficiente di tamponi per uno screening il più possibile completo della popolazione di Rosarno, a partire dalle persone più vulnerabili.

Le due organizzazioni hanno infatti già avviato da pochi giorni un intervento straordinario di medicina territoriale nella Piana di Gioia Tauro contro il Covid-19, realizzato con il Comune di Rosarno.

L’equipe della clinica mobile di MEDU sta realizzando un’attività di screening con tamponi rapidi rivolta a tutta la cittadinanza. Fino ad ora sono già stati effettuati oltre cento tamponi sui mille già acquistati, grazie a un primo finanziamento di 10mila euro da parte della Federazione delle chiese evangeliche.

“Oggi è la Giornata mondiale per Diritti umani: la salute è uno di questi, e dovrebbe essere garantito a tutte e tutti. A Rosarno purtroppo, invece, così non è: migliaia di persone sono costrette a lavorare e vivere in condizioni difficilissime e troppo spesso irregolari, aggravate dall’emergenza sanitaria – dichiara Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – . Per questo crediamo sia importante, in un territorio in cui la criminalità organizzata è riuscita a infiltrarsi ovunque, costruire un progetto che mette insieme un Comune e alcune componenti della società civile, per un’azione di cui beneficeranno sia gli immigrati che i residenti della Piana. Come chiese protestanti abbiamo già stanziato 10.000 euro circa coi quali stiamo già facendo un migliaio di test. Ma non basta: servono altri fondi, per questo abbiamo deciso di lanciare la campagna di crowdfunding. Ogni contributo anche minimo è benvenuto, useremo i fondi raccolti per comprare ed effettuare tamponi, e per altri interventi sanitari, soprattutto nei luoghi dove i dispositivi di sicurezza sono impossibili e inefficaci, come i “ghetti” dove purtroppo ancora vivono i braccianti. Grazie a chiunque avrà modo di supportare la nostra causa”.

Per Alberto Barbieri, coordinatore generale di MEDU, “In occasione della Giornata mondiale dei Diritti umani, vogliamo sottolineare il nostro impegno per garantire l’accesso alle cure per tutta la popolazione, ed in particolare per i più vulnerabili. Grazie alla collaborazione con le chiese protestanti, abbiamo messo a disposizione il nostro personale sanitario per iniziare uno screening con i test rapidi ai gruppi individuati dall’amministrazione comunale di Rosarno con l’obiettivo di limitare e prevenire il contagio. Dobbiamo tenere alta la guardia per poter uscire da questa pandemia attuando delle azioni di prevenzione che possano essere di supporto al sistema sanitario calabrese in un momento così difficile. Ci auguriamo che questa raccolta fondi permetta il proseguimento dello screening avviato in queste settimane anche per i prossimi mesi”.

Per contribuire alla campagna “TamponiAmo Rosarno” è possibile versare una somma collegandosi a questo indirizzo https://buonacausa.org/cause/tamponiamorosarno(tutte le informazioni sui pagamenti a questo stesso link).

Angel Tree

L’ALBERO DEGLI ANGELI

L’Esercito della Salvezza promuove da alcuni anni anche in Italia “Angel Tree – L’albero degli Angeli”, iniziativa nata negli Stati Uniti nel 1979 al fine di permettere ai genitori in condizione di disagio, di donare al proprio bambino il regalo di Natale desiderato.
“Angel Tree” prevede l’identificazione, attraverso la collaborazione con i Servizi Sociali Municipali e le risorse territoriali con cui è in contatto, di bambini in età compresa tra 0 e 12 anni, per i quali attivare una campagna di solidarietà al fine di rendere felice un bambino a Natale.
I nomi e desideri dei bambini saranno riportati su un angioletto di carta e proposti ad aziende e privati cittadini che desiderano partecipare. I donatori acquisteranno i regali, recapitandoli alla sede dell’Esercito della Salvezza. L’Ente consegnerà i doni ai genitori una settimana prima di Natale.
Alla Vigilia di Natale ciascun bambino riceverà dalle mani dei propri genitori i doni attesi.
Come negli anni scorsi, la nostra Chiesa aderisce al progetto solidale promosso dall’Esercito della Salvezza.
Quest’anno le difficoltà obbligano a cancellare  la distribuzione in presenza, come da tradizione, dei regali, e l’EdS ha predisposto un differente sistema: offrire ai genitori  delle card prepagate presso un negozio in convenzione. Hanno, quindi,  fissato un tetto massimo di 30 euro a bambino.

In un anno come quello che stiamo vivendo, pieno di sfide e di inaspettate difficoltà, la solidarietà ha un valore ancora maggiore!

? A causa della crisi legata alla Pandemia da Covid-19 ancora più famiglie si ritrovano in difficoltà economica
e questo Natale sarà più duro e incerto che mai!
? Aiuta queste famiglie ad assicurare un regalo di Natale ai propri bambini, diventa un ANGELO!
? Mandaci un messaggio e aiutaci a trasformare il Natale di chi è più nel bisogno!

Esercito della Salvezza, Corpo di Roma
IBAN: IT49S0306909606100000143054
Tel. 0644740653
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9 e 10 dicembre

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8 dicembre

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La Predestinazione – ciclo di studi biblici

Da giovedì 3 dicembre, ogni 15 giorni,  alle ore 20.30 sulla piattaforma zoom (scrivere a info@metodistiroma.it per le credenziali) e dal giorno successivo su facebook e sul canale youtube della chiesasi svolgerà il primo ciclo di studi biblico 

Il tema scelto è La Predestinazione. 

Per gli incontri già svolti sono scaricabili le dispense.

 3 dicembre Le origini: la controversia tra Pelagio e Agostino (V sec.). 

libero arbitrio, peccato, grazia semipelagiani

17 dicembre  La Riforma: la controversia tra Erasmo e Lutero (XVI sec.)

il De servo arbitrio di Lutero Melantone e Zwingli

7 gennaio  Calvino e Calvinismo: la doppia predestinazione di Calvino

supralapsariani e infralapsariani

Arminio e i Cinque punti della Rimostranza

21 gennaio  L’età moderna:  Wesley e il metodismo (XVIII sec.)

Karl Barth e Max Weber (XX sec.)

La visione cattolica

4 febbraio  I fondamenti biblici: Antico e Nuovo Testamento
18 febbraio La posizione di Paolo: Rom 8 e Ef 1

dubbi e problemi

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7 dicembre

La venuta del Signore è vicina

Giacomo 5,7-8
“Siate dunque perseveranti, fratelli, sino alla venuta del Signore. Ecco, il contadino attende il frutto prezioso della terra, perseverando fino al giorno in cui non abbia raccolto la primizia e il frutto tardivo. Siate perseveranti anche voi, fortificate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”

Una delle più famose opere teatrali del secolo scorso vede in scena due personaggi, che ne aspettano un altro, il quale è sempre atteso, ma non viene mai. Non è chiaro come debba giungere, né quando. Certamente arriverà, si ripetono i due; la commedia (o forse si tratta di una tragedia) però finisce senza che l’atteso si manifesti e il pubblico riceve l’impressione che Vladimiro ed Estragone, i personaggi principali, siano completamente pazzi e che la loro stessa attesa sia espressione di follia. Ma chi è il personaggio che deve venire? Nessuno l’ha mai visto, nessuno sa che aspetto abbia. Ne è noto solo il nome, Godot. L’autore dell’opera teatrale, Samuel Beckett, non l’ha mai ammesso, ma è difficile sfuggire alla sensazione che questo Godot che è sempre atteso e non arriva mai alluda a God, a Dio.

In effetti, è inutile girarci intorno. Sono duemila anni che la chiesa si sente ripetere questa parola: la venuta del Signore è vicina. Era vicina già per i destinatari dell’epistola di Giacomo. Strana vicinanza, però, visto che, come Vladimiro ed Estragone, siamo ancora qui ad aspettare. Non siamo i primi ad avvertire una sgradevole perplessità su questo punto. L’autore della II epistola di Pietro, forse contemporanea a quella di Giacomo o un poco successiva, cita il salmo 90 per osservare che, visto che per il Signore mille anni sono come un giorno, in fondo la sua venuta non è così in ritardo. Noi però non siamo il Signore, mille anni sono tanti e duemila ne sono il doppio. Il rischio è di rassegnarsi: certo, il Signore verrà, come no; ma in un futuro talmente lontano da non cambiare assolutamente nulla nella mia vita. Oppure, ancora più radicalmente: aspettare il Signore è come aspettare Godot. Possono farlo Vladimiro ed Estragone, che sono matti. Le persone sane di mente, hanno lasciato perdere da un pezzo.

Care sorelle e cari fratelli, penso che molti di noi facciano progetti per la loro famiglia e i loro figli; quanti possono mettono da parte qualche soldo per quando saranno più anziani; anche la chiesa cerca di organizzarsi per sopravvivere economicamente nel medio periodo, per pagare le pensioni dei dipendenti, per restaurare gli stabili: ciò significa che tutti viviamo pensando che il mondo durerà ancora un bel po’ e che il Signore non tornerà sulle nubi del cielo nei prossimi giorni o nei prossimi mesi. In un certo senso, non possiamo saperlo, ma in realtà lo sappiamo, si vede da come viviamo. Ebbene, io non credo che sia una colpa. L’abbiamo appena detto, già una sessantina d’anni dopo la morte e la risurrezione di Gesù, le chiese si organizzavano per vivere e testimoniare nel lungo periodo. Questo significa che Giacomo non dice la verità? Che la venuta del Signore non è vicina?

Tutta l’esistenza cristiana dipende da come rispondiamo a questa domanda. Se Giacomo non ha ragione, se la venuta del Signore non è vicina, allora la fede non ha contenuto. Possiamo mantenere abitudini religiose, ma il nerbo della speranza cristiana, l’attesa del Signore vivente, è completamente perduto. E’ vero invece il contrario: Giacomo dice la verità. E’ vero, l’attesa dura da duemila anni: non però perché il Signore non è realmente venuto, ma perché viene ogni volta di nuovo.

La venuta del Signore è vicina nella predicazione della parola: non per modo di dire, ma realmente. Certo, non passa , come se fosse un treno, alle 11 di ogni domenica. A volte ascoltiamo le parole della Scrittura, senza che Cristo giunga a noi nella sua parola. Anzi, direi che, almeno per me, il più delle volte è così. Egli però vuole che perseveriamo nell’attesa, perché egli viene realmente, quando meno ce l’aspettiamo, a scuotere la nostra indifferenza. La venuta del Signore è vicina nell’annuncio della chiesa: andare al culto significa perseverare nell’attesa della sua venuta, significa fortificare il cuore che deve affrontare la sfida dell’incredulità, dell’indifferenza, della propizia spirituale.

La venuta del Signore è vicina nel pane e nel vino della cena, nella condivisione della fede tra persone che magari non si conoscono, ma che sono accolte da lui come peccatrici e peccatori perdonati, nella compagnia della sua chiesa. Nemmeno questo accade automaticamente. Si può partecipare alla cena come a un rito che si celebra la prima domenica del mese e che ci lascia esattamente come eravamo. Non è nemmeno detto che sia colpa nostra, semplicemente la venuta del Signore non si può programmare come la sveglia. Per questo è necessario attendere, perseverare, fortificare i cuori nella chiesa.

La venuta del Signore è vicina nella donna e nell’uomo che ci è accanto e che ha bisogno di noi, in coloro che chiamiamo “il prossimo”. Qui più che altrove, il problema non è che il Signore non viene, ma che noi volgiamo lo sguardo dall’altra parte. Non lo vediamo perché non vogliamo vederlo, ma egli è vicino, vicinissimo, e bussa alla nostra porta perché vuole abitare presso di noi. Qui più che altrove occorre perseverare nell’attesa e alzare lo sguardo; qui più che altrove occorre fortificare il nostro cuore, per respingere la pigrizia quotidiana ed essere pronti per colui che vuole venire.

Perseverare nell’attesa significa prendere sul serio la promessa del Signore di non lasciarci soli. E’ l’invito dell’Avvento, non perché valga solo per un mese all’anno, ma perché in questo mese la chiesa sottolinea ciò che è vero ogni giorno e lo pone con forza rinnovata al centro della nostra meditazione. Come il saggio agricoltore, che attende le primizie e il frutto tardivo, anche voi siate perseveranti, fortificate i vostri cuori, perché non si tratta di un modo di dire, ma della più reale delle realtà: la venuta del Signore è vicina.

Amen

prof. Fulvio Ferrario

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6 dicembre