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29 Novembre – 16 giorni FDEI

6 dicembre – Essere vecchie (e sole?)

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La formazione, un’esigenza

Da Riforma

L’Assemblea-Sinodo delle chiese valdesi, metodiste e battiste ha discusso ieri di formazione biblica, specialistica, pastorale e diaconale. La volontà di creare un centro nazionale dedicato alla Pace

«L’esigenza di quella che oggi si chiama “formazione” venne avvertita nel movimento valdese fin dal suo sorgere nel medioevo: i predicatori itineranti che percorrevano l’Europa per annunciare il Vangelo venivano istruiti dai colleghi più anziani, ed uno dei primi centri di questo addestramento teologico era situato in una casa contadina nelle valli valdesi del Piemonte. In seguito all’adesione alla Riforma protestante, i valdesi strutturarono la loro chiesa secondo il modello riformato calvinista, ed incrementarono il livello della preparazione teologica dei pastori», così si legge sul sito della Facoltà valdese di teologia.

Di formazione si è discusso ieri, in occasione dell’Assemblea-Sinodo delle chiese valdesi, metodiste e battiste, in corso a Torre Pellice (To).

Tra i numerosi interventi, sono stati ricordati anche i percorsi formativi della Facoltà: la Laurea in teologia, la laurea in scienze bibliche e teologiche, la laurea specialistica in teologia, i certificati e il dottorato; percorsi arricchiti anche da una recente possibilità per gli studenti, quella dell’Erasmus.

Offerte formative sono presenti in alcune chiese del territorio, per questo è giunta una richiesta, che siano proprio le chiese, luoghi privilegiati, pronte a riconoscere i nuovi talenti e le nuove vocazioni pastorali e diaconali, dunque di seguirle nel percorso di fede e indirizzarle.

Infine, sono emerse alcune proposte. Tra le tante, una indirizzata alla Facoltà, che al percorso di studi di Scienze biblico teologiche (Sbt – Laurea triennale) si possa affiancare un biennio (successivo) di specializzazione in vista del ministero pastorale. Un’altra all’assemblea tutta e alle chiese: che si possa giungere a una rete sempre più orizzontale in tema di formazione. Parole chiave dell’intero dibattito: «implementazione» e «offerta».

Infine il voto che impegna le chiese a sedersi attorno a un tavolo per la valutazione della creazione di un centro nazionale, intitolato alla figura del pastore Martin Luther King, che diventi luogo di formazione e promozione sul tema della Pace, della risoluzione dei conflitti, del dialogo. Un progetto ambizioso che rappresenta la forte volontà delle chiese di continuare a lavorare insieme su un tema di pressante attualità, oggi e sempre.

Collaborazioni territoriali fra chiese, non più “Noi e loro”

di Claudio Geymonat

Intensa discussione sulle relazioni fra le chiese valdesi, battiste e metodiste: rilanciare collaborazioni, viversi come un corpo solo

Intenso lunedì mattina di lavori all’Assemblea – Sinodo che a Torre Pellice (To) sta riunendo le chiese battiste, metodiste e valdesi per la prima volta da 15 anni in qua e a 32 anni dal reciproco riconoscimento, suggello di un percorso comune che era già nei fatti e che è proseguito fino ad oggi.

È stata proprio la collaborazione territoriale fra chiese di diverse denominazioni l’argomento oggetto di dibattito nella sessione mattutina. Il pastore, nell’ introdurre le due mozioni (che sono poi diventate tre a seguito della discussione) legate al tema, ha ricordato i rapporti costruiti negli anni, sostanziatosi soprattutto con la cura pastorale di una chiesa anche di una denominazione differente dalla propria (ad esempio un pastore o una pastora valdese responsabile anche di una chiesa battista, o viceversa).

L’invito generale emerso da buona parte degli interventi degli oltre 200 delegati presenti in loco o per via virtuale dalle proprie abitazioni è di arricchire tali scambi, allargarli ad altri membri di chiesa, prevedere scambi intensificati, partecipazione reciproca alle riunioni, alle assemblee delle altre chiese nell’ambito battista, metodista e valdese, rafforzare le iniziative comunitarie. Insomma vivere ancor più nel profondo la fraternità di questi anni.

Tutto ciò senza tacere le difficoltà che tale integrazione reca, sia di stampo puramente giuridico (celebrazioni di matrimoni ad esempio) che di rischio manifestato di una riconoscibilità meno semplice di fronte a coloro che decidono di approcciare le chiese magari in età adulta.

Insomma rilanciare la collaborazione, sentirsi “noi” più che “noi e loro”, non solo per necessità, ma perché sentito profondamente dalle comunità.

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Giona, fuggire dalla presenza di DIo

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

il libro del profeta Giona è una dichiarazione tangibile, un esempio reale della verità del cammino di fede di qualcuno chiamato a compiere una specifica chiamata.

Leggendolo, anche solo una volta poiché è breve, e con solo 4 capitoli possiamo collocarlo nel contesto della portata di ciò che ha già fatto per testimoniare l’opera salvifica di Dio a noi oggi. Giona si traduce in colomba che significa un messaggero.

Egli è figlio di Amittai che significa verità. Quindi Giona era un messaggero della verità.

Il centro del suo fuggire dalla presenza di Dio  risiede un atteggiamento di paura di avere una fede scarsa, senza però potersi nascondere da Lui in alcun modo.

Rowena e d io, abbiamo  discusso sulla vocazione rivolta a  Giona da Dio.

Abbiamo discusso del suo rifiuto di adempiere il suo mandato perché aveva preso un’altra via lontano da quel luogo indicato a lui, laddove avrebbe svolto la sua specifica chiamata.

Agli occhi di Dio la città di Ninive era il luogo dove Giona poteva intervenire attraverso la proclamazione della sua Parola affinché si convertissero dai loro affari malvagi, poiché non conoscono il bene, fanno tutto il male.

L’intento di Dio  non fu compreso bene Giona.

Si può capire, E’ ancora all’inizio, lui non ha ancora ben afferrato tutto.

La storia dice che possiamo quindi capire il comportamento di Giona illustrato all’inizio dell’omonimo libro. Dio gli chiese di andare a Ninive, il capitale d’Assira, per avvertirli del giudizio che stava per mandare su di loro a causa della loro malvagità, ma Giona non aveva nessuna intenzione di farlo. Nell’ottavo secolo a.c. gli Assiri erano infatti già noti per la loro malvagità e per la crudeltà nel trattare i nemici. È quindi comprensibile che Giona fosse riluttante ad andare proprio a Ninive a portare un messaggio da parte di Dio.

Perché Dio voleva avvertirli e dare loro una possibilità di salvezza?

Giona avrebbe preferito, come si comprende leggendo il resto del libro, che Ninive venisse annientata.

Giona ricevette un ordine preciso ma fece tutto il contrario di ciò che Dio gli aveva chiesto. Egli sapeva che gli Assiri sarebbero stati un problema per Israele e, spinto dal proprio patriottismo, scelse di non essere proprio lui lo strumento attraverso cui Dio li avrebbe salvati!

Care e cari,

Domenica scorsa era la domenica della Trinità. La nostra sorella Francesca Agrò ci ha ricordato il Dio trino, le tre persone di Dio Padre, Figlio e Spirito, cioè il Dio che si è rivelato come Colui che è AMORE.  Nel giorno della Pentecoste lo Spirito di Dio scese dal cielo. Si unì con i discepoli e le discepole, che apparvero come delle lingue di fuoco. Noi così abbiamo appreso e con timore e tremore scorgiamo la presenza di Dio, capace di irrompere, di pervadere, attraversando i confini, le barriere a partire da noi stessi.

Così Dio inseguì Giona attraverso anche la tempesta del mare per rivendicare la sua volontà.  Allontanandosi dal luogo della propria missione, Dio continua anche lui con insistenza la sua volontà di fare ciò che aveva in mente, il suo proponimento.

Il disegno di Dio che sarà compiuto da Giona era anche un pensiero che il Salmo 139 ha voluto esprimere in parole che ci ricordano della conoscenza che Dio ha in sé di ciascuna e ciascuno di noi. Così, il Salmista dichiara:

7 Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito,
dove fuggirò dalla tua presenza?
8 Se salgo in cielo tu vi sei;
se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là.
9 Se prendo le ali dell’alba
e vado ad abitare all’estremità del mare,
10 anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra.
11 Se dico: «Certo le tenebre mi nasconderanno
e la luce diventerà notte intorno a me»,
12 le tenebre stesse non possono nasconderti nulla
e la notte per te è chiara come il giorno;
le tenebre e la luce ti sono uguali.

13 Sei tu che hai formato le mie reni,
che mi hai intessuto nel seno di mia madre.

Perciò, noi cogliamo in questo momento, nel tempo di Pentecoste, per elevare l’opera più potente dello Spirito, che nella vita del profeta Giona aveva precisamente usato questo prodigio per la salvezza del popolo di Ninive.  A colui che è, lo Spirito di Dio, disse: Alzati e va’ a Ninive v.1…

Giona teme Dio, con la consapevolezza di Giona che ha su Dio produce in se l’autentica umiltà che porta a riconoscere il suo essere un semplice uomo, non capace di compiere grandi cose come il Dio che professa il  creatore del cielo e della terra. Questo fuggire di Giona era manifestato da questo timore. Forse perché era consapevole della sua grande inadeguatezza,  che non poté con la sua forza  fare ciò che Dio gli aveva comandato.

Nello stesso tempo  Giona disse: «Sono Ebreo e temo il SIGNORE, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma».

Un ebreo, quindi colui che appartiene il popolo di Israele del Dio che con lui potrebbe anche fare di più come era con Mosè che aveva visto Dio con i suoi occhi i prodigi come lo faceva trasformando da una cosa all’altra nel libro dell’Esodo ai capitoli 3 e 4ss , la sua missione e obiezione.

A partire dal nome di Dio, “IO SONO COLUI CHE SONO” vuol dire non c’è nessuno o non c’è un altro nome più grande di lui; Il bastone che diventò un  serpente, poi si trasformò di nuovo un bastone;  la sua mano che diventò lebbrosa, bianca come la neve, poi di nuovo tornò come la carne, come era prima.

Non è un fatto magico ma è un essere di Dio che doveva comprendere Mosè perché fosse  lui a svolgere la sua vocazione di far uscire gli israeliti dalla casa del re faraone, dalla casa di schiavitù.

Quindi, parallelamente a ciò,  E’ opportuno evidenziare per noi oggi  la missione di Giona ai niniviti,  Coloro che erano stranieri  Dio aveva avuto pietà, e così ricordiamo che a sua volta anche per gli israeliti,  per mezzo di Mosè ebbero avuto la salvezza di Dio che li liberò.

Tutto il popolo ebreo e straniero ninivite sono stati investiti dal soffio dello Spirito e per mezzo della parola annunciata  rivelata da Dio ha portato la vita nuova, la vita rinnovata riconoscendo lui il Dio di tutti che non si limita a donare la sua bontà infinita.

Così io e Rowena abbiamo avuto in comune la conferma che quando Dio disegna un suo piano lo realizza. La salvezza universale è realizzata da Dio per mezzo del suo chiamato che compie l’annuncio della sua Parola a coloro che sono i destinatari.

Il frutto dell’opera di Dio Spirito, nell’uomo credente deve sempre ritornare al punto di partenza cioè di essere obbediente alla volontà di Dio come strumento al servizio della sua parola.

In questo modo si riconosce dagli ultimi destinatari cioè la chiesa che  Dio ha parlato sin dall’inizio  per bocca dei profeti per la salvezza di molti fino a Gesù.

Dio aveva giudicato i niniviti malvagi  perché  avevano raggiunto il picco della loro malvagità. E per questo motivo che mandò Giona poiché rivolse una parola giusta perché  si converta. La vocazione di Giona è unica proprio per il popolo di Ninive.

Noi che leggiamo la sua storia di vocazione realizzata nel suo percorso di  fede non priva di dubbi, ci incoraggia a credere di più e confessargli  che Dio prosegue ad eseguire il suo piano perché a ciascuna e ciascuno di noi serve a sua volta quello che è necessario ed opportuno.

Leggiamo la Bibbia e mentre lo facciamo, essa stessa ci legge e ci giudica a che livello siamo attraverso il nostro modo di praticare l’amore misericordioso di Dio, che è così irraggiungibile ed esaustivo perché solo in Lui è la salvezza di tutti per tutti, nascosta e rivelata a suo tempo. E per questo il nostro compito è quello di non esimerci dal proclamarlo sempre e ovunque per la nostra reciproca consolazione.

Conosciamo i nostri limiti, calcoliamo bene la nostra inadeguatezza, ma a Dio appartiene tutto.  Ci ha creati tutti perciò non sta a noi a dare l’ultimo giudizio e ebbene che ci ricordiamo  il Dio che ci mette insieme per fare ciò che è giusto.

Come possiamo dire ‘lui’ no, lei sì, perché  ha fatto questo e quel male.

Noi dimentichiamo spesso la nostra chiamata(vocazione) di essere per il progetto di realizzazione del piano di Dio che lo compie nella storia della salvezza di tutta l’umanità.  Ricordiamoci quelle parole del Signore Gesù: <<Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi…>>

Accettiamo umilmente che  siamo  giudici di noi stessi perché tendiamo ad esprimere giudizi immediati, e questo serve sempre a noi a guardare Dio di fronte  a noi.  Colui che aspetta al nostro dire di sì ad annunciare la sua parola che è un invito, un appello alla conversione.

Voglia il Signore accompagnarci e guidarci sempre con il suo spirito Santo. Amen

past.a Joylin Galapon

La Resurrezione di Cristo

1 Corinzi 15,1-11

 

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

nelle Filippine ci sono due tipi di Natale: Natività e Pasqua, il Natale non sarebbe completo senza Pasqua. L’insegnamento più importante del cristianesimo è la Pasqua della Resurrezione di Gesù Cristo. Noi riaffermiamo che i cristiani in tutto il mondo, oggi,  si riuniscono, oggi, nel giorno di Pasqua, per riascoltare e meditare la ragione perché predichiamo il Cristo risorto.

Il capitolo 15 tratta la resurrezione, il tema  più lungo sulla Resurrezione dei morti inaugurata da Cristo. Questa prima lettera di Paolo ai corinzi al cap. 15 versetti da 1 a 11 è fondamentale per noi perché dobbiamo essere grati, riconoscenti a quest’opera salvifica di Cristo compiuto una volta per tutti  come è scritto nei versetti 3 e 4: “Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; 4 che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture;” mediante il quale siete salvati (v.2).  Certuni della comunità di Corinto non hanno creduto alla resurrezione dei morti come i saducei e i giudei. L’apostolo Paolo per giustificare la sua posizione rispose facendo riferimento a questa tradizione che aveva ricevuto. Parafrasando intendeva  “Il Nostro Signore Cristo Gesù è morto per darci una vita piacevole(degna da vivere e per volontà di Dio)”. Non siamo dunque diventati santi a causa delle nostre opere buone. Sostenne che ci furono”una moltitudine di testimoni”. Parlando ironicamente, indicava “se hai dei dubbi perché non chiedi a Pietro, Giacomo  e persino ai cinquecento fratelli, e gli altri che sono ancora vivi” L’autore (Paolo) aveva dimenticato che c’erano anche le donne.  Nel vangelo di Giovanni al cap. 20 una di queste tre donne, Maria di Magdala, vide il Cristo risorto.  Egli apparve a lei per la prima volta. Questo racconto lo sappiamo, dopo che ella vide il Maestro, il Signore Gesù, corse ai discepoli per annunciarlo.

In Questi passi, in primo luogo, teniamo in mente la tradizione tramandata dai testimoni oculari, coloro che avevano visto il Cristo risorto, poi in secondo luogo la testimonianza degli scritti nella Sacra Scrittura.  Oggi celebriamo perché attraverso questa memoria scritta riceviamo, nuovamente, questo dono ereditato. Siamo degli eredi viventi del Cristo vivente. Oggi ci richiama l’attenzione questa tradizione. “Vi ricordo, ipinapaalala ko sa inyo”.

Il risorgere del Cristo Gesù  è significativo per noi se lo crediamo veramente.

Cristo è risorto appare a molti, intravediamo Lui tra di noi. In che senso? Quando viviamo quella tradizione come ispirazione, movente che determina la nostra vita. La fede che c’è stata trasmessa acquisisce la vita, diventa vitale per la nostra vita quotidiana soprattutto nel nostro modo di agire e affrontare la situazione. Se ci fosse l’apostolo Paolo davanti a noi a predicare questo Vangelo della Resurrezione di Cristo ci avrebbe rammentato: “Ricordatevi di coloro che avevano testimoniato di averlo visto.  Ancor di più, ricordatevi dei vostri padri e delle vostre madri che vi avevano  istruiti ed educati nella fede.”

L’effetto della Resurrezione di Cristo nella nostra vita si manifesta quando Lui regna nel nostro vivere. Attenzione, la chiesa si deve sottoporre al regno di Cristo. Il regno di Cristo non si compie attraverso l’azione della chiesa; la chiesa non può regnare per conto di Cristo. Il regno di Cristo è più ampio della chiesa. Poiché Cristo regna, l’intolleranza e la violenza saranno vinte; il suo regno significa già oggi la possibilità di dialogare e di cercare insieme un futuro vivibile per tutti. Poiché regna il Cristo dobbiamo costruire i ponti per poter fare un dialogo, per ascoltarci a vicenda, fermi in una condizione pacifica. La Resurrezione di Cristo ci aiuta a rammendare le rotture per trovare tra noi la pace, la guarigione, e la vita. ( lottare per  vincere ogni tipo di morte).  L’apostolo Paolo scrisse nella sua seconda lettera ancora a Corinto al cap. 5 versetti 20-21: “Noi facciamo ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio.”

In questo brano prendiamo anche in considerazione la conversione spirituale dell’apostolo Paolo. Poiché molti ebrei si convertissero e  i pagani potessero essere raggiunti dalla predicazione della Resurrezione. L’essere di Paolo fu trasformato dalla grazia di Dio. Egli considerò se stesso l’ultimo di tutti, pervaso  dall’atteggiamento di umiltà. Dio in lui agì, operò come fu nel figlio Cristo Gesù perché il suo amore  misericordioso regni fra gli uomini e le donne che ascolteranno l’evangelo in Cristo e si convertissero.

Il cristianesimo è la vera religione perché in esso c’è la salvezza. Tutti quelli riconosciuti come capi religiosi sono morti come Buddha, Maometto ecc. Non sono vissuti tranne il Signore Gesù, è morto ed è risorto. Quindi tutti coloro che confessano la  fede in Cristo risorgeranno negli ultimi giorni. Che cosa ci chiede la Resurrezione del nostro Signore Gesù? Che cosa chiede la Resurrezione? Perché siamo qui e dobbiamo ancora alzarci presto solo per andare in chiesa e perché stiamo ancora facendo del bene e aiutando le persone bisognose. E  gli altri si svegliano la mattina per dare la colazione ai senzatetto e se solo la nostra unica speranza è per questa vita, siamo i più miserabili di tutte le persone. Forse è meglio per noi mangiare e dormire e domani moriremo e se non resuscitiamo i morti.

Ora che c’è una pandemia, molti di noi sono così spaventati dal virus che quasi non vogliamo andare in chiesa, ma la verità è che non abbiamo paura del virus ma abbiamo paura di morire. L’ultima arma di Satana per spaventare le persone è la morte, ma il nostro Signore Gesù ha già vinto la morte, quindi non abbiamo nulla da temere.

Care sorelle e cari fratelli, prima di concludere la mia riflessione vorrei ricordare con voi i nostri propri cari e le nostre proprie care. Coloro che avevano trasmesso la loro fede che conserviamo nei nostri cuori e nelle nostre menti i loro nomi. Io mi ricordo il fratello di mio nonno che era un pastore convertito dalla missione del vangelo nell’ambito del metodismo nelle Filippine, mi ricordo di mia madre che era la mia prima insegnante della Bibbia, mi ricordo della mia insegnante della scuola domenicale, mi ricordo di tante credenti che mi avevano lasciato in eredità la loro fede vissuta impegnandosi sia nella società sia nella chiesa. Mi ricordo anche dei convertiti, di coloro che si erano pentiti dai loro peccati per l’amore di Dio compiuto da Gesù e Paolo che era un persecutore dei seguaci di Gesù. Mi ricordo del criminale che era con Gesù quando fu pentito dal suo peccato.  «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». La nostra gioia sarà completata quando un giorno ci rivedremo nella nuova casa preparata per noi tutti coloro che dormono e rialzeranno per incontrarci. Ecco perché l’apostolo Paolo insiste nella sua predicazione dell’evangelo della  resurrezione. Buona Pasqua. Amen

 

pastora Joylin Galapon

 

 

 

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Agape, quel sogno realizzato di Tullio Vinay che continua

da Nev

Nel giorno della nascita del pastore fondatore del centro, la vice direttrice della struttura racconta come Agape sta affrontando la crisi economica e l’emergenza sanitaria. E come proverà a coniugare “sogno e cura” anche nei prossimi mesi.

Agape (alla greca agàpe, dal latino tardo agăpe, in greco ἀγάπη) significa «amore», indica il convito fraterno presso gli antichi cristiani, per estensione il convito intimo fra amici.

Agape

Nell’estate del 1946, a Prali il pastore Tullio Vinay, nato proprio oggi, 13 maggio, nel 1909, parlò della necessità di erigere nelle Valli Valdesi un luogo che esprimesse i valori dell’agape cristiana e che fosse, per usare un’espressione contenuta nel primo “manifesto di Agape”, il volto di Cristo “scolpito sulle rocce dei nostri monti”. “Il progetto architettonico di Leonardo Ricci – come si legge sul sito del centro ecumenico – donò al Centro la sua fisionomia particolare, di incredibile modernità. Alla costruzione furono impegnati centinaia di volontari e volontarie, di provenienza geografica, politica e religiosa diversa; attraverso il lavoro comune e l’ideale dell’agape di Cristo si risolvevano i dolorosi strascichi del conflitto mondiale, terminato appena pochi anni prima. Dove oggi sorge il nuovo tempio a Prali, erano accampate le giovani e i giovani che, in pochi anni, edificarono con entusiasmo e fatica la struttura che ancora oggi si nasconde fra i larici sopra Ghigo di Prali. Agape fu, dagli anni Cinquanta in poi, luogo di fecondo dibattito sociale politico e teologico, nazionale e internazionale”.

Un rapporto, quello tra il fondatore di Agape Tullio Vinay e il centro ecumenico, importante non solo per quell’esperienza ma per tutti i progetti che ad essa si sono ispirati.

Un’iniziativa che oggi, a causa dell’emergenza del Covid19, sta ovviamente vivendo una fase particolare. Ne abbiamo parlato con Sara Marta Rostagno, una delle due vice direttrici del centro, in occasione dell’anniversario della nascita di Vinay, che fu anche senatore per due mandati parlamentari, eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano.

“Il sogno di Vinay continua – spiega Rostagno – : vogliamo portare avanti “cura e sogno” insieme, nonostante tutto. Stiamo tentando di progettare un’estate diversa, stiamo ancora raccogliendo le idee per capire come gestire le nostre attività. Vorremmo dirottare il nostro progetto sull’internazionalità in particolare verso l’accoglienza di famiglie e persone vulnerabili, che sono state più colpite dalla crisi economica causata dal lockdown e a seguito dell’emergenza sanitaria. Auspichiamo in questo la collaborazione del paese e del villaggio, del territorio. Poi continueremo la manutenzione, in quanto “casa per ferie” seguiremo le disposizioni del nostro settore, i campi lavoro dunque per ora sono sospesi e rimandati sine die. Un’altra idea è quella di proporre degli “assaggi di campi” virtuali, delle attività per i bambini, da remoto, senza “schiavizzare” però i genitori né costringendo i più piccoli però a stare ancora altre ore al computer. Infine, stiamo pensando ad un intrattenimento online specifico per la comunità agapina”.

Il centro ecumenico non è immune alla crisi. Lo stop alle attività di accoglienza e turismo avrà quindi un impatto anche su Agape. Per questo, conclude Sara Marta Rostagno, “lanceremo una raccolta-fondi strutturata nelle prossime settimane, nel frattempo qualsiasi contributo è benvenuto”.

Qui i dati per effettuare una donazione a favore del centro e del progetto valdese. 

Portare (Venerdì santo)

Il mese scorso in questo tempio, due fratelli/ragazzi della chiesa metodista di Milano mi hanno chiesto di annunciare la benedizione del Signore per il loro matrimonio. Uno dei regali  che hanno ricevuto è una poggia-pentola in cui sopra c’è scritto PORTO.Questo è arrivato dal Portogallo, ed è stato il regalo del fidanzato ungherese della sorella della sposa. Egli ha spiegato che questo oggetto si fa in un luogo in cui c’è un porto, e giustamente i turisti che passano, che vanno e vengono la comprano come un souvenir perché è UTILE.Penso che sia un regalo molto originale e fondamentale anche il pensiero che c’è in fondo.

Care sorelle e cari fratelli, la parola PORTARE è un verbo molto significativo per questa sera come: portare un lieto messaggio, portare il messaggio di perdono attraverso la croce. Ogni anno durante il periodo della settimana santa riviviamo la parola di Dio piena di passione e compassione. Noi come comunità di credenti portiamo avanti la missione affidata da questa testimonianza di Dio per amore e l’ha riassunto nella persona di Gesù.

Gesù aveva portato con sé il peso del nostro peccato: il disprezzo, il tradimento, l’impotenza –  cioè la miseria di noi stessi e di tutta l’umanità. Insieme lo avevamo inchiodato Gesù in quella croce, compimento delle parole profetiche, tutti scritti su di lui  «sta scritto», facendosi che le profezie erano state avverate.

Riceviamo dunque con gratitudine il dono della parola CROCE segno tangibile dell’immenso amore di Gesù il servo di Dio per noi peccatori. Ma non era finito così. La nostra propria croce rimane da portare. Oggi, a nostra volta insieme,  portiamola a lui perché è sempre pronto ad accompagnarci e a condividerci.

L’apostolo Paolo dice alla comunità di Galasia cap. 6,2: «Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo» La nostra vita nuova in Cristo è saper dare priorità al nostro incarico di portare i nostri pesi insieme per farci  arrivare al nostro traguardo.

Abbiamo bisogno gli uni degli altri per compiere la nostra missione.Il peso della croce che porta ognuno di noi diventa leggero quando comprendiamo, accogliamo, condividiamo il significato comune che nel nostro vivere dà senso della vita come allora, era quello che portava Gesù sulla via, il compimento per la nostra salvezza. Per essere testimoni di  Cristo Gesù dobbiamo diventare sempre di più nell’affermare insieme i suoi ambasciatori del vangelo della CROCE vivendo la nostra vita come l’occasione di crescita poiché il Signore santifica il nostro essere.

Il Signore Dio  è il primo testimone di se stesso e la sua testimonianza scritta nella Bibbia è per noi cristiani, vera e preziosa; ci ricorda che nel vivere in questa terra è necessario perseverare nel tenere conto la nostra com-partecipazione al dolore di un altro.

Portare il peso degli altri, appunto come dice il nuovo testamento: «portate i pesi gli uni degli altri-così adempirete la legge di Cristo» questo non significa soltanto occuparsi di qualcuno e aiutarlo nel bisogno, ma portare la sua colpa, la sua impossibilità di cambiare ed essere migliore, la sua sordità, la sua fragilità.

past. Joylin Galapon

 

 

La giustizia di Dio

30 ottobre 2016

Romani 3, 21-28

I protestanti di tutto il mondo celebrano la Festa della Riforma. Fu infatti in quel giorno del 31 ottobre 1517 che il monaco agostiniano Martin Lutero affisse le sue 95 tesi contro le indulgenze sul portone della chiesa del castello di Wittenberg in Germania, atto che convenzionalmente viene considerato l’inizio della Riforma protestante.

Care sorelle e cari fratelli nel Signore,

noi, oggi, festeggiamo perché è avvenuta la Riforma nella chiesa di Dio.

Noi protestanti crediamo che ha avuto luogo la Riforma, soprattutto perché c’è stata l’unanimità nel  riconoscere l’unica ed esclusiva autorità della Bibbia.

La giustizia di Dio è stata scoperta attraverso la Bibbia: il peccato dell’uomo peccatore è stato rimesso dall’opera redentrice di Gesù, il Cristo di Dio.

Ora, perciò, in questo luogo,  il Dio giusto e liberatore ci ha convocati e  accolti tutti per ri-leggere e ri-ascoltare il brano che l’apostolo Paolo ha scritto alla comunità di Roma in cui ribadisce il pensiero  alla base della riforma nella nostra epoca: il peccatore credente è stato giustificato per mezzo dell’opera di  Gesù, il suo sangue versato per tutti i peccati del mondo(credere in ciò che lui ha fatto è il modo di accedere  alla propria salvezza, credere in lui è la porta di accesso al regno di Dio).

Questa è stata la volontà di Dio rivelata per mezzo dell’apostolo Paolo.

L’apostolo Paolo parlando con i romani credenti, dice ‘Ora’,   Dio fonda la sua volontà, Ora, l’epoca della legge si distacca dall’epoca messianica iniziata con la venuta di Gesù. Dio ha manifestato la sua giustizia nella persona di Gesù.

Il tempo del passato è scaduto. Durante questo tempo, nell’epoca della  legge, nessun uomo ha portato ad adempimento la Legge di Dio.

L’ora di Dio, il suo tempo è giunto nel nome e per amore di Gesù…

John Wesley dice:<<l’amore è il compimento della legge non in quanto ce ne libera, ma in quanto ci costringe a obbedirle; è il fine del comandamento in quanto ogni comandamento conduce all’amore e nell’amore è centrato>>. Tutti i comandamenti di Dio sono stati recuperati in Gesù, nel senso che dal suo avvento in poi, siamo sostenuti, nell’eseguirli, dalla legge dell’amore.

In questi giorni sto meditando sul testo per oggi, per festeggiare il giorno del 31 ottobre 1517 che è una data memorabile nella storia della chiesa. Ho sentito di voler ri-scrutare il pensiero di  Lutero e le sue re-azioni contro il modo di voler ottenere il perdono di Dio attraverso il denaro.

La predicazione dell’apostolo Paolo sulla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo lo ha reso inquieto a tal punto da non poter più sottomettersi all’autorità clericale. Aveva compreso pienamente il messaggio di salvezza che Dio gli rivolgeva per mezzo dell’apostolo Paolo.

Nella vita dei protestanti,  la volontà di Lutero era di voler purificare la chiesa da tutto ciò che poteva rappresentare erroneamente il volto di Dio e si scontrava con l’immagine di un Dio che invece pratica una giustizia immeritata, gratuita e incondizionata. Questo è la giustizia di Dio per  l’uomo.

La volontà di Dio di salvare tutti solo per mezzo della fede di  Gesù  non è stata adempiuta nel senso che l’uomo peccatore  non accetta pienamente in se stesso che la sua salvezza sia indipendente dalla sua opera.

Noi certo non vogliamo confondere con questo pensiero, chi  dentro di sé cerca di adoperarsi per la propria salvezza e si  sforza di essere gradito a Dio, perché molte delle nostre opere  sono un segno anzi è il frutto dell’ amore. Ognuno di noi  oscilla tra la propria fede e le opere che compie.

L’apostolo Paolo in questo brano fa una premessa introduttiva con “ ‘Ora però’”

La parola ora(indica il tempo presente, oggi). In questo brano è molto importante perché il messaggio della giustizia di Dio venga recepito ora, ricevuto ora, afferrato ora,  e  fatto proprio ora dal lettore.

Allora Gesù dice a Zaccheo: <Oggi  la salvezza è entrata in questa casa>.

L’apostolo Paolo dice ai corinti: <Ecco ora il tempo favorevole, eccolo ora il giorno della salvezza>2 Corinzi 6,2.

Dal libro di Apocalisse leggiamo anche: <Temete Dio, perché è giunta l’ora del giudizio> Apo. 14,7

 

La prima cosa di cui dobbiamo tener conto adesso è l’ora di Dio. E’ vero che tutto cambia quando cogliamo ciò che ci dà in un momento come questo.

Il presente diventa il momento decisivo. È ora, è  indipendentemente dal passato e anche dal futuro. In questo senso oggi, questo momento è decisivo.

Oggi, è necessario, è fondamentale che festeggiamo la riforma della chiesa secondo il pensiero di Lutero, perché il messaggio di giustizia di Dio oggi è per noi  presenti. La predicazione sulla giustizia di Dio che si ascolta, ora  può  cambiare la nostra vita. È così per me ed è altrettanto per te.

Lutero dice che siamo mendicanti di grazia. Ciò avviene quando ci rendiamo conto che è necessario  rinnovare la nostra consapevolezza del dono ricevuto dal Dio donatore. Ma c’è di più oggi che ci viene dato da Dio.

La sua giustizia mediante la nostra fede nell’opera di Gesù Cristo, oggi, ci mette in condizione di gioire. Chi ascolta bene questa parola oggi, è felice.

Perciò è fondamentale  considerare il rapporto dei lettori con  questo brano, ora.

Ci sono diversi lettori di cui tenere conto come la folla che seguiva Gesù quando raccontava le  parabole. Egli approfittava di queste occasioni per la loro conversione  al Signore Dio e per insegnare soprattutto  ai suoi discepoli  come Dio pratica la sua giustizia nel suo  regno. Ad es. la parabola che abbiamo letto e ascoltato cioè  <<la parabola delle diverse ore, la paga pattuita>> .

La morale della parabola, è molto significativa. Ciò che è stato stabilito dal padrone rimane, non cambia. Gli operai assunti per molte ore giustamente sono stanchi e quindi il loro lamento è   umano e lo si può comprendere. Certo, ai loro occhi così  come ai nostri,  l’agire  del padrone sembra ingiusto. Secondo la logica umana chi è arrivato prima deve guadagnare  di più. Chi è arrivato  dopo e ha faticato poco deve ricevere di meno.

Qui, ora però noi  sappiamo  che stiamo parlando del Padrone di tutti,  del padrone donatore, del padrone  sovrano che è la fonte di tutto, e ha la possibilità di dare quello che vuole. Come dice il padrone: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?”

La massima manifestazione della giustizia di Dio è indipendente da ciò che  l’uomo fa. Dio ha voluto superare la legge dell’uomo.

È ingiusto? Questo è il pensiero insondabile di Dio nel fare giustizia a tutti, a chiunque di noi.

Noi siamo come una volta la folla, riascoltiamo questo brano (ogni anno) perché vogliamo festeggiare questo cambiamento nella nostra vita di credenti. Vogliamo festeggiare quest’occasione per ri-scoprire la parola di Dio che determina tutta l’esistenza dell’uomo peccatore: il dono del perdono, il dono della salvezza,  il dono della vita eterna, la nuova concezione di vita.

Dio ha donato tutto e noi lo riceviamo.

Il credente è un lettore, è come un discepolo di allora. Ma oggi  penso che quello che  l’apostolo Paolo voleva annunciarci riguarda  proprio come riceviamo questa parola di Dio, ora.

Come recepiamo questo messaggio di Dio in quest’istante? Che effetto fa  per te fratello o per te sorella mia questo messaggio?.

Tu puoi sentire di non essere degno di ricevere questa grazia ma allo stesso tempo ne sei degno  perché  ce lo dice ora l’apostolo Paolo. Quanti di noi, ogni volta che celebriamo la santa cena si sentono degni  di accogliere l’invito di Gesù di avere comunione con lui? Noi possiamo essere felici  di accostarci alla mensa perché  è la sua promessa di perdono che ha segnato un cambiamento della nostra vita.

Oppure, non ci accostiamo alla mensa perché non abbiamo fatto pace con il nostro fratello o con la nostra sorella di chiesa.  È vero che non è facile per noi credenti  ricevere questo messaggio di Paolo perché prevale nella nostra coscienza la consapevolezza di aver commesso molti peccati.  Però, Gesù è la nostra pace, lui che ci ha riconciliato con Dio e con il nostro prossimo.

Le parole scritte nelle Sacre Scritture sono tutte parole degli uomini come noi, per  raccontare il loro rapporto con Dio nel passato.

Eppure l’ora di Dio ci deve raggiungere oggi, per tutti noi che ascoltiamo questa parola sulla sua giustizia. Riceviamola!

La giustizia di Dio manifestata in Gesù, viene rinnovata qui ora, nella nostra coscienza, conoscenza e consapevolezza perché possiamo sentirci completamente rivestiti  e avvolti dal suo mantello di amore misericordioso.

Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito.

Il Signore Spirito venga su di noi perché vinca la nostra incredulità.

Noi veniamo da tutte le parti del mondo e questa parola di Paolo ci ha raggiunto perché è stata tradotta in tutte le lingue affinché la capissimo. Il Prof. Ricca quando ero in Facoltà mi chiese nel nostro colloquio in vista dell’esame di Storia della Chiesa sul pensiero della Riforma protestante <<Chi era Lutero? Perché la sua protesta era fondamentale nella vita della chiesa? >>

Lutero era uno studioso dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento e divenne prof. della Bibbia. Io capii dopo che le sue domande sulla persona di Lutero erano importanti perché riguardano le basi e le fondamenta della vita di chi si professa un credente in Dio cioè un cristiano.

È per questo  motivo che Lutero dopo aver studiato tutta la Bibbia nella sua lingua originale ha voluto che la si traducesse perché fosse capita. È molto chiaro il suo intento che nessuno fosse privato di questa grazia e della bontà di Dio. La Bibbia è una, e Dio è per tutto il mondo.

La parola globalizzazione ha un impatto enorme in noi. La globalizzazione è un concetto che si  può riferire anche all’universalità del peccato perché non è facile per noi non essere contaminati dagli altri proprio  perché la nostra condizione umana è una, siamo tutti uguali. Noi siamo un tutt’uno,   come una conchiglia che contiene la perla. Questo significa che viviamo portando questo tesoro. Che Dio trovi sempre in noi il suo spazio, quella nostra disponibilità a farlo  dimorare  in noi. Che Dio compia sempre la sua volontà in noi.

<<Siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente  preparate affinché le pratichiamo>>. Efesini 2,10

past. Joylin Galapon