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Dialogo e cura nell’incontro con il prossimo

Da Riforma

di Alberto Corsani

Si è svolto online il 27 marzo il 31° Convegno della Diaconia

Da un tema particolare, ma centrale nella diaconia, si è ragionato in senso più ampio sul nostro essere chiese. Questa l’impressione che deriva dal 31° Convegno della Diaconia. Necessariamente svoltosi in modalità online, e organizzato dalla Commissione sinodale per la diaconia, esso vede da alcuni anni il concorso della Federazione giovanile evangelica in Italia e poi della Tavola valdese e ora della Facoltà valdese di Teologia. D’altra parte, ha detto il presidente della Csd Giovanni Comba, è caratteristica della Commissione lavorare con molti partner: enti pubblici, organizzazioni internazionali, e soprattutto una trentina di comunità locali, con cui sono avviati progetti condivisi.

Dialogo e cura, anzi: “Dia-logo e cura”, a sottolineare l’etimologia che muove dal lògos, era tema volto, nell’intenzione degli organizzatori, a scandagliare un’interazione complessa: «La Parola che cura e la cura delle parole. Parole e dialogo per vincere i silenzi dell’esclusione. Parole per denunciare, per pregare, per dare voce e consolare. Parole al limite della vita». Proprio così, come si è visto nelle testimonianze di Adriano Peris, direttore della terapia intensiva all’ospedale fiorentino di Careggi: purtroppo – ha rilevato – la pandemia ha reso di fatto “non universale” il diritto di accesso al dialogo, chi più ne avrebbe avuto bisogno, il malato in terapia intensiva, era per ciò stesso escluso dall’uso del dialogo, e la necessità di procedere alla formulazione di tanti “consensi informati” va di pari passo proprio con la riduzione della possibilità di questo dialogo – ciò che pesa anche sull’animo degli operatori, oltre che dei malati e loro famigliari.

L’intreccio, implacabile e creativo, straniante ma necessario, fra dialogo e cura, ricerca e possibilità di cura, si è verificato anche nella seconda parte, in forma di tavola rotonda curata dal decano della Facoltà Fulvio Ferrario: nel solco dell’intervento di Peris si è esaminato l’intreccio fra la dimensione tecnica degli interventi (sanitari, ma anche sociali) e dimensione del dialogo.

Anna Ponente, direttrice del Centro diaconale La Noce a Palermo, ha detto come in una pratica di cura sconvolta dalle misure di isolamento abbiano fatto irruzione parole tecniche che di per sé allontanano (“igienizzare”, “distanziare”). Ora si tratta di dare parola alla stanchezza che chiunque vive, perché sia pronunciata invece la parola della speranza.

Monica Fabbri, biologa e ricercatrice in un grande ospedale, presidente del Concistoro valdese di Milano, ha lamentato che lavorare “imbardati” abbia annichilito il linguaggio extraverbale; quanto alle nostre chiese, con mille tecnicalità si è riusciti a fornire la parola predicata, con più difficoltà però nei momenti dei funerali, nel commiato.

Andrea Gentile, operatore della Csd nella prima e seconda accoglienza a migranti e profughi in Sicilia, ha narrato dell’impatto durissimo della “seconda ondata” in autunno, che ha investito operatori e beneficiari: se «parola è attenzione per chi è marginale», in uno scambio comunicativo limitato dalle distanze linguistiche molto sta proprio nella possibilità del linguaggio extraverbale, frustrato dal distanziamento. Ora servirà anche “ricuperare”: quelle parole, gesti, emozioni resi impossibili a lungo (Fabbri: «abbiamo dovuto raggiungere l’apice della separazione tra dialogo e cura»): e poiché il tempo della cura è anche soggettivo (Ponente), la cura passa anche attraverso la memoria di gesti e azioni.

Al di là della pandemia, è chiaro che lo stesso linguaggio deve essere ripulito dai limiti che ancora tendono a escludere, in particolare le donne, le minoranze. Su questo tema ha ragionato Emma Amarilli Ascoli, della chiesa valdese di Roma – p. Cavour e attivista per i diritti della comunità Lgbtqia+: non è la lingua a essere sessista, ma l’uso che ne facciamo, ha detto, ricordando anche come lockdown abbia significato, per molti e molte, una paura dell’esterno a cui si associava la pressione di un ambiente domestico e familiare spesso non pronto a recepire il disagio di chi vive l’orientamento sessuale in solitudine.

Attraverso il tema “dia-logo e cura” si è ritornati al modo di essere chiesa perché da lì si era partiti, con la meditazione di Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese (Atti 3, la guarigione di uno zoppo) e con la relazione del pastore Winfrid Pfannkuche. Per le nostre chiese – ha detto la moderatora –, al di là degli interventi di carità cioè di elemosina, si tratta, come per Pietro e Giovanni, di non eludere la necessità di vedere l’altro «come egli è agli occhi di Dio». Agire «nel nome di Gesù» significa questo.

E Pfannkuche ha richiamato alla necessità che la preoccupazione, di tutti e tutte, operatori, persone di chiesa, credenti, malati, possa diventare cura. Il dialogo e la cura – ha detto – sono come il cristiano e la cristiana: cristiani non si nasce ma si diventa». Il percorso da fare è quello indicato nelle ultime righe di Matteo: «Ecco, io sono con voi sino alla fine dell’età presente», dice Gesù, e nel suo nome cerchiamo di incontrare l’altro e l’altra. Un percorso lungo e tortuoso, ha proseguito – non miracolistico, che non è alla nostra portata, ma una formazione costante e quotidiana nella sequela di Cristo.

Come si diceva, si è ragionato sull’essere chiesa; come era stato fatto in occasione dell’Assemblea degli iscritti e iscritte a ruolo a fine agosto; come avverrà ancora, come ci è richiesto dal momento di emergenza, ma anche dall’urgenza (che avevamo prima della pandemia) di ragionare sul futuro delle chiese evangeliche in Italia. Il tenore degli interventi al Convegno e le esperienze che hanno narrato ci dicono che ci siamo sempre, che non lasciamo sguarnito lo scenario in cui ci troviamo a testimoniare, le competenze ci sono e anche la militanza. Sappiamo che ci soccorre sempre, ed è indispensabile, lo Spirito santo a darcene forza.

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Giovani metodisti per il clima

da NEV

Giovani metodisti che collaborano al progetto internazionale di avvicinamento alla Cop26, Conferenza ONU sul cambiamento climatico, hanno aderito alla Giornata globale per l’azione per il clima dello scorso 19 marzo

 

Roma (NEV), 23 marzo 2021 – Giovani metodisti che collaborano al progetto internazionale di avvicinamento alla Cop26, la Conferenza ONU sul cambiamento climatico, hanno aderito alla Giornata globale per l’azione per il clima dello scorso 19 marzo.

Organizzata, fra l’altro, dai movimenti Fridays For Future (FFF) di tutto il mondo, la Giornata ha visto la partecipazione e il coinvolgimento di moltissimi giovani. Essi hanno protestato per chiedere ai leader mondiali azioni immediate per la giustiza climatica.

In questa occasione i giovani metodisti, attraverso una manifestazione online, hanno lanciato il messaggio della campagna internazionale che racchiude anche il senso del progetto: “Noi crediamo nella giustizia climatica per tutte e tutti”.

“In primo luogo, attraverso questo messaggio, intendiamo comunicare il ruolo della fede – scrivono i giovani metodisti – . In secondo luogo, desideriamo menzionare la giustizia climatica, visto che la crisi climatica è un tema di ingiustizia. Perciò, sembrava giusto per noi, come cristiani, sottolinearlo. Infine, dicendo che è ‘per tutte e tutti’, vogliamo anche ricordare la dichiarazione di John Wesley, fondatore della Chiesa metodista, in cui si mette in evidenza che l’amore di Dio è per tutte e tutti. Allo stesso tempo, è importante rimarcare che quando lottiamo per la giustizia climatica non lo facciamo solo per un piccolo numero di individui ma per tutte e tutti, nessuno escluso”.

Irene Abra, referente per l’Italia per il progetto Giovani Metodisti per  la COP26, ha dichairato: “La crisi climatica è un problema che colpisce ognuno di noi seppur in maniera diversa, dunque è nostro dovere e soprattutto responsabilità affrontarla insieme. Questa iniziativa dei #FridaysForTheFuture insieme a quella della nostra campagna ‘Giustizia climatica per tutte e tutti’ vuole rimarcare che indipendentemente dalla nostra età o dalla parte del mondo in cui viviamo, si può agire collettivamente per un futuro giusto ed equo e per il bene del nostro pianeta.”

Sara Cortini, collaboratrice progetto Giovani Metodisti per la COP26, ha a sua volta detto: “Rispettare l’ambiente nelle nostre azioni quotidiane sembra sempre troppo poco e tremendamente solitario. Questo progetto, così come tutte le iniziative legate ai #FridaysForTheFuture, è un’occasione ideale per trasformare, insieme agli altri shapers sparsi in tutto il mondo, alleati più grandi o più piccoli, le frustrazioni di un futuro che si prospetta catastrofico in un pozzo di motivazione, ispirazione e speranza con cui alzare la voce e dare un’impronta decisiva e concreta verso un avvenire più verde e più pulito”.

Foto FFF Torino, 2021

Il progetto internazionale è ideato dalla Chiesa Metodista Britannica in collaborazione con il Joint Public Issues Team (JPIT) e All We Can, ente benefico per il sostegno e lo sviluppo.

Per la parte italiana, l’iniziativa è seguita e cofinanziata dall’Opera per le Chiese Evangeliche Metodiste in Italia (OPCEMI), con la collaborazione della Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia nella persona della sua coordinatrice, Antonella Visintin.

Sono previsti visite nelle comunità, convegni e progetti in collaborazione con la Federazione giovanile evangelica (FGEI), così come iniziative internazionali. Sono coinvolti anche giovani metodisti nello sviluppo di un’attività lunga un anno, insieme alle referenti regionali dello Zambia, delle Fiji e del Regno Unito che compongono il team internazionale di lavoro.

Qui la locandina del progetto OPCEMI. 

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Dia-logo e Cura

da NEV

Torna, dopo un anno di arresto dovuto alla pandemia, un nuovo appuntamento con il convegno della Diaconia valdese, giunto alla sua trentesima edizione. “Dia-logo e cura” il titolo scelto per l’incontro di quest’anno.

“La Parola che cura e la cura delle parole. Parole e dialogo per vincere i silenzi dell’esclusione. Parole per denunciare, per pregare, per dare voce e consolare. Parole al limite della vita. Parole per trovare e dare senso, o per perdersi in strade e sentieri inesplorati. Parole ripetute, che come fili spinati marcano le frontiere; parole riscoperte che spianano cammini e accompagnano chi non ha più fiato. Parola e parole che curano”, si legge nella presentazione dell’iniziativa.

Il convegno è organizzato dalla CSD – Diaconia Valdese in collaborazione con la Tavola valdese, la Federazione Giovanile Evangelica in Italia e la Facoltà Valdese di Teologia.

Qui la locandina con il programma completo dell’evento. 

Per partecipare all’incontro, che si terrà online su piattaforma Zoom, è necessario iscriversi entro il 25 marzo al link https://forms.gle/cYhh1gSadmm8taXw6.

Di seguito il programma:

Ore 9:00 apertura del convegno:
Saluti a cura di Giovanni Comba, Presidente della CSD – Diaconia Valdese

Meditazione biblica a cura della Diacona Alessandra Trotta, moderatora della Tavola Valdese.

Interventi:
Winfrid Pfannkuche, pastore della chiesa valdese di Bergamo
Adriano Peris Direttore del reparto di terapia intensiva del Trauma Center dell’ospedale di Careggi, Firenze
Emma Amarilli Ascoli, attivista per i diritti della comunità LGBTQIA+, Federazione Giovanile Evangelica in Italia modera Daniele Massa – Membro CSD

Ore 10:45 tavola rotonda

Discutono insieme Fulvio Ferrario (Decano Facoltà Valdese di teologia; Roma), Anna Ponente (Direttrice Centro Diaconale “la Noce” – Istituto Valdese, Palermo), Monica Fabbri (Presidente del concistoro della chiesa valdese di Milano), Andrea Gentile (Coordinatore, CSD Diaconia Valdese)

Ore 12:30 Conclusioni a cura di Fulvio Ferrario

Giobbe solo contro tutti, anche Dio. Tutti contro Giobbe, anche Dio.

In una invettiva contro i suoi amici, che lo accusano e gli fanno la lezione, anziché consolarlo, Giobbe passa in rassegna gli aspetti del suo isolamento. Il primo accusato è Dio (vv. 7-13): non ascolta le sue preghiere; mette ostacoli sul suo cammino; lo ha spogliato del suo onore; gli ha tolto ogni speranza; lo tratta come un nemico, anzi lo assale come un esercito.

A Giobbe viene deliberatamente negato il conforto della famiglia e della sua rete di relazioni (vv. 13-18): fratelli, famigliari, congiunti, ospiti della sua ricca casa lo evitano, neppure i domestici gli obbediscono più; appare repellente anche a sua moglie, persino i ragazzini lo disprezzano.

La cerchia delle sue relazioni lo aborre, gli voltano le spalle persino gli amici più intimi (v. 19).

Questo l’isolamento di Giobbe. Non una misura cautelativa o terapeutica, ma una reazione di giudizio e di condanna. L’ostilità di chi vuole avere ragione, di chi pensa di tenere le parti di Dio contro di lui che lo interpella, anzi lo contesta.  Intorno a Giobbe c’è solo chi lo respinge e sentenzia.

Giobbe vede la causa ultima di tutto questo in un ingiusto accanimento di Dio, con il quale vuole arrivare a discutere.  Il suo isolamento è emarginazione. È “appeso a un filo” (questo forse il senso dell’espressione “non m’è rimasta che la pelle dei denti”, v. 20).

È giunto al punto che implora gli amici di avere almeno pietà: “Pietà, pietà di me, voi, amici miei, poiché la mano di Dio mi ha colpito.  Perché perseguitarmi come fa Dio? Perché non siete mai sazi della mia carne?” (vv. 21-22)

Evidentemente Giobbe dubita che il suo accorato appello venga accolto.

Pensa perciò che la giustizia che egli rivendica possa, eventualmente, essere solo postuma. La sua causa può essere affidata soltanto a una memoria scritta, forse non su papiro o pergamena, ma incisa su un rotolo metallico, perché duri più a lungo. O scolpita nella pietra col bulino, versando piombo fuso nelle incisioni, per rallentarne l’erosione.

Anche la nostra storia è piena di riabilitazioni postume; non è una grande consolazione.

Dio contro Dio, davanti a Dio.

Dio contro Dio, per l’uomo.

A questo punto Giobbe parla dal suo completo isolamento, e dice qualcosa ex abundantia cordis. “Io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere.”  (Nuova Riveduta) Quanto a me, per parte mia, – è detto con enfasi, “io, proprio io so” –  io so che il mio redentore – colui che può difendere la mia causa, prendere le mie parti – vive, è vivo, qui dove io sono appeso a un filo, a un passo dalla morte, senza nessuno dalla mia parte, neanche Dio …

Io non avrei messo, a Redentore, la maiuscola nella traduzione della Bibbia, ma quasi certamente qui Giobbe parla di Dio e non di una figura umana o celeste (cfr. invece 9,33 dove lamentava che non ci fosse un “mediatore” nella causa tra lui e Dio o 16,19 dove si diceva convinto di avere in cielo un testimone che prendesse in alto le sue difese), ma ha in mente proprio Dio.

Il redentore si ergerà non tanto “alla fine”, ma come “l’ultimo”, come “colui che è ultimo” come anche è “primo”, cioè colui che sovrasta la creazione e la storia: lo dice Isaia 44,6 “Così dice Yhwh, re d’Israele e suo redentore: «Io sono il primo e io sono l’ultimo e oltre a me non c’è Dio.»” Lui sorgerà, lui si ergerà, estremo redentore.

Il v. 26 è complicato. La nostra traduzione: “E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio” è troppo libera e presuppone che Giobbe dia un annuncio diretto della resurrezione dei morti ad opera del Messia (cfr. la nota di Diodati 1641). Letteralmente sarebbe così: “Anche dopo che avranno lacerato la mia pelle, dalla mia carne io contemplerò Dio”.  Giobbe non sa come ciò avverrà – nella sua vita, per la sua persona oltre la sua vita – ma sa che sarà.

Lo ribadisce al v. 27:  “Io lo vedrò [“a me favorevole” è un’aggiunta dei revisori della Nuova Riveduta]; lo contempleranno i miei occhi, non quelli d’un altro;  Le reni [= la vitalità il desiderio] si consumao in me [scil. per l’impazienza].” Nell’abisso, Giobbe è preso dall’ansia dell’incontro.

La situazione di Giobbe, al fondo dell’abisso – e le sue parole –  so che è vivo chi può essere per me anche se lo vedo contro di me, so che finirò eppure so che ci aspetta ancora un incontro personale, tu ed io, non qualcun altro – creano un paradossale campo di tensione.

Ed è in quel campo di tensione che, alla fine del libro, Giobbe potrà dire: “Avevo sentito dire di te, ma ora i miei occhi ti hanno visto.” (42,6)

Forse la cosa più bella che potrebbe esser data anche a noi in questi tempi bui è quella è di saper stare accanto a Giobbe, senza proclami, senza spiegazioni, ma presi nello stesso campo di tensione e sorretti dalla stessa attesa.

prof- Daniele Garrone

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Acqua e cambiamento climatico – Obiettivo 6: Acqua e servizi igienico sanitari

21 marzo – acqua e cambiamento climatico – Obiettivo 6: Acqua e servizi igienico sanitari

Scheda

Le alterazioni del ciclo dell’acqua sono il sintomo più evidente del cambiamento climatico.

La risorsa idrica è scarsa e sempre più preziosa: il 97,5% dell’acqua del nostro pianeta è salata e della parte rimanente i 2/3 sono ghiacciai. Purtroppo, le montagne e i ghiacciai di tutto il mondo non riescono più a stoccare e immagazzinare l’acqua per colpa della crisi climatica e questa situazione porterà in pochi anni ad una vera e propria emergenza idrica planetaria con quasi due miliardi di persone che moriranno di sete, letteralmente.

In accordo con le previsioni dell’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), la rapidità dello scioglimento dei ghiacci ai poli potrebbe portare a un innalzamento del livello dei mari che lascerebbe 400 milioni di persone esposte alle inondazioni costiere. E questo entro pochi decenni.

Si ritiene che il 2020 segnerà un nuovo primato negativo sul tema (le rilevazioni sono in corso). Il ghiaccio scioltosi in mare, infatti, è passato da 81 miliardi di tonnellate annue negli anni Novanta a 475 nel 2018. Dal 1994 al 2017 sono stati persi 28.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio.

Antartide e Groenlandia sono le regioni del mondo più colpite da questo fenomeno.
Metà delle perdite è data dallo scioglimento del ghiaccio sulla terraferma (compresi 6.100 miliardi di tonnellate dei ghiacciai di montagna, 3.800 miliardi di tonnellate della Groenlandia e 2.500 miliardi di tonnellate della calotta antartica).
Queste perdite hanno determinato un innalzamento globale del livello dei mari pari a 35 millimetri. Si stima che per ogni innalzamento di un centimetro, circa un milione di persone rischi di dover migrare per abbandonare le regioni costiere che sono ad un basso livello dal mare.
Si riduce, dunque, lo stock di acqua dolce disponibile mentre il consumo antropico aumenta. Sembra che i consumi di acqua siano sestuplicati in un secolo.
L’agricoltura è di gran lunga il maggiore consumatore di acqua potabile: per irrigare i campi di tutto il mondo si utilizza il 69% del totale annuo e le Nazioni Unite ricordano che “con un aumento della temperatura media globale di soli 2 gradi centigradi, secondo le previsioni, tra 540 e 590 milioni di persone potrebbero ritrovarsi malnutrite”. Il tutto con possibili gravi ricadute anche dal punto di vista sanitario e di perdita di biodiversità.
Seguono l’industria, i trasporti, la produzione di energia a cui si aggiungono il consumo umano mondiale (con una popolazione di quasi 8 miliardi in aumento) e l’inquinamento che avvelena l’acqua.

Non tutta l’acqua dolce è potabile.
Attualmente l’87% della popolazione mondiale (pari a circa 5,9 miliardi di persone) accede a fonti di acqua potabile, mentre quasi il 39% (pari a oltre 2,6 miliardi di persone) non dispone di servizi igienico- sanitari di base.

Per questo l’acqua è oggetto di appetiti economici e di pressione verso la mercificazione non solo attraverso il mercato dell’imbottigliamento (si prevede che i ricavi nel segmento delle acque in bottiglia raggiungeranno i 306.444 milioni di dollari nel 2021. Il mercato dovrebbe crescere annualmente del 6,4% – CAGR 2021-2025), ma anche la gestione delle reti idriche, come è accaduto in Italia.

In Italia il Comitato per l’acqua pubblica ha posto al centro il tema della proprietà della gestione per le sue molte implicazioni, dal servizio, ai prezzi, al risparmio idrico, alla sua tutela come diritto universale.

La proprietà delle risorse idriche, superficiali e sotterranee, è sempre pubblica. La sua gestione, al contrario, può essere pubblica, privata o un misto delle due.
Ci sono sostanzialmente quattro tipologie di controllo:

  • la gestione diretta (i comuni gestiscono direttamente le risorse idriche e la loro erogazione) per il 12% della popolazione italiana;
  • le gestioni pubbliche (cioè realizzate da società a capitale interamente pubblico) per il 55% della popolazione;
  • le gestioni miste (cioè realizzate da società a capitale misto, pubblico e privato in cui la quota del pubblico sempre più esigua a causa del debito degli enti locali) per il 30% dei residenti
  • le gestioni affidate a società integralmente private per il 3% dell’utenza totale.

    In autunno 2020 ha iniziato a circolare la notizia che “l’oro blu” verrebbe quotato in borsa e scambiato nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street come una qualsiasi merce e il Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua, Pedro Arrojo-Agudo, ha espresso la propria grave preoccupazione. Per inciso, bisognerebbe domandarsi perché è socialmente accettato mercificare le materie prime, gli alimenti e la Terra stessa con la proprietà fondiaria.

    Riferimenti biblici

    “chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4,14)

    Meditazione: Matteo 6, 25-34

    “Infatti siamo noi tutti stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, giudei e greci, schiavi e liberi e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito” (I Corinzi 12,13)

    Quasi nessun altro elemento ha un significato simile alla narrazione della Bibbia ebraica e il Nuovo Testamento come l’acqua. L’acqua è all’inizio della Bibbia “e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque” (Gen. 1,2) e alla fine “… chi ha sete venga, chi vuole prenda in dono dell’acqua della vita” (Apocalisse 22,17).

    Quando la Bibbia parla dell’acqua, è sempre vivificante, rinfrescante, elemento purificante sia in senso reale che metaforico. Acqua significa fertilità e crescita (Salmo 104,10), essa è la benedizione di Dio dal cielo e dal basso dalla terra. L’acqua fresca della sorgente è un compendio della benedizione divina: il Signore mi nutre di un verde pascolo e mi guida lungo l’acqua dolce (Salmo 23,2).

    Dare pane e acqua sono i segni dell’ospitalità dei tempi antichi.
    Tuttavia, l’acqua nella vita quotidiana delle persone del Vicino Oriente è sempre legata all’esperienza della mancanza d’acqua. Il deserto come espressione di assenza e il mare come luogo minaccioso.
    L’eccesso di acqua è spesso pensato come un fatto collettivo.
    La storia del diluvio (Gen. 1,7) fa riflettere su come l’acqua possa essere elemento che distrugge tutta la vita. Nella memoria del popolo d’Israele l’azione salvifica di Dio è spesso associata al contenimento delle masse d’acqua.
    Nella storia del passaggio di Israele attraverso il Mar Rosso (Gen. 14) si racconta del pericolo imminente del morire di sete e dei rapporti sulla non meno pericolosa situazione di annegamento. L’acqua è o troppo poca o troppa. Ma Dio è lì per tutti nella giusta misura. La disponibilità per tutte le persone è l’immagine dei giardini irrigati e delle infinite fonti d’acqua descritti nel libro del profeta Isaia (Isaia 12,3; 58,11).
    E il Nuovo Testamento si colloca in questa tradizione di speranza.

Da quelli che credono in Gesù usciranno fiumi di acqua viva (Gv. 7,38).
Nel battesimo la purificazione si condensa e l’effetto di risparmio dell’acqua. La persona da battezzare è sommersa, sperimenta un pericolo di vita e risorge dall’acqua, purificata e salvata: vi battezzo con l’acqua, pentitevi, predica Giovanni Battista (Mt. 3,11).
Nel Nuovo Testamento Gesù è colui che calma la tempesta mortale sul mare di Galilea, salva i discepoli dall’annegamento. Si può camminare sull’acqua senza affondare (Mt. 14,22ss). L’elemento acqua domina nella Bibbia.
Gesù è colui che lava i piedi dei suoi discepoli (Gv. 13,1ss), un gesto che collega il tema della giustizia al potere purificante dell’acqua: nel rituale della lavanda dei piedi egli assume le sembianze di un servo (Fil. 2,7) e mostra solidarietà con tutti coloro che sono privati dei diritti civili.
Nel praticare un uso consapevole dell’acqua durante la Quaresima si rinnova la speranza: l’”acqua della vita” non si esaurirà mai e sarà disponibile ed equamente accessibile nella giusta misura per tutte le persone e tutti i viventi su questa Terra, senza siccità o alluvioni, nel compimento della promessa di una pienezza di vita.

Volker Rotthauwe Pastore per lo sviluppo sostenibile, Istituto per la Chiesa e la società della Chiesa evangelica della Westfalia

Preghiera
Una preghiera sul bordo di un lago

Ti guardo,
ascoltando la tua voce di lago che si oscura messaggio di milioni di anni fa.
Eri qui molto prima di me
un uccello dalle acque silenziose.

Sento un bambino che gioca
poco prima che sia ora di dormire
Vivrai qui
quando io e i miei amici non saremo più.

Guardo il lago, ora calmo la sera Acqua, senza di te non c’è vita Mi hai battezzato
tu, acqua pulita e limpida.

Ti guardo, betulla
Cresci e raggiungi l’acqua
Dai a me e a tutti gli altri esseri che respirano aria nuovo potere di vita.

Ti guardo, alta roccia dietro il cottage,
stai proteggendo chi si immerge, il bambino e la betulla,

dal vento che soffia dietro di te, questa parte dell’isola è serena.

Madre Terra, fratello vento, padre roccia,
mia sorella nell’acqua,
sei il corpo di Dio,
Corpo di Dio
che è nato fratello tuo e mio.

Che tu possa ancora vivere per milioni di anni roccia, padre mio, proteggi questo lago,
terra, madre mia, porta la vita che cresce, fratello mio, vento, soffia e rendi l’aria limpida,

Acqua, quando si fa sera, sostieni la vita, rimani pulita, fai rivivere il dono dello Spirito Santo
sorelle e fratelli e l’intera creazione.
Amen.

Ilkka Sipiläine (pastore in Finlandia)

Spunti per la discussione

Acqua virtuale è l’acqua utilizzata nella produzione di alimenti (e fibre) e beni di consumo non alimentari, compresa l’energia. Per esempio, per produrre una tonnellata di grano sono necessarie circa 1.300 tonnellate (metri cubi) di acqua mentre ne occorrono 16.000 tonnellate per produrre una tonnellata di manzo

L’acqua è un bene comune?
L’acqua è talmente preziosa che viene definita “oro blu” e potrebbe essere causa di guerre nei prossimi anni. Nonostante il pianeta ne sia ricoperto del 70%, solo lo 0,5% è acqua dolce utilizzabile per gli esseri umani, per l’agricoltura e per l’allevamento. Tuttavia, non tutti hanno pari accesso a questa risorsa, infatti l’Onu teme ondate migratorie di un miliardo di persone nei prossimi vent’anni, a causa della scarsità d’acqua.

Proposte di azioni

Lavare le stoviglie con l’acqua di cottura della pasta è un ottimo sgrassante che può essere usato insieme ai detersivi diminuendone, così, le quantità utilizzate.
Utilizza la lavatrice e la lavastoviglie a pieno carico. Effettuare lavaggi a pieno carico permette di risparmiare una notevole quantità di acqua. Per una famiglia “tipo” di tre persone è stato calcolato un risparmio di 8.200 litri all’anno.

Chiudere il rubinetto.
Lavarsi i denti o farsi la barba sono azioni quotidiane durante le quali lasciamo scorrere

l’acqua senza utilizzarla. Se tenessimo aperto il rubinetto solo per il tempo realmente utile per il prelievo dell’acqua effettivamente necessaria, potremmo risparmiare circa 2.500 litri di acqua

Là dove è Gesù

Giovanni 12,20-26
Chi sono questi “Greci”, che chiedono a Filippo di vedere Gesù? Visto che sono diretti a Gerusalemme per la festa, si tratta di simpatizzanti o convertiti all’ebraismo, oppure, semplicemente, di ebrei di lingua greca. Hanno sentito parlare del grande personaggio, vorrebbero saperne di più; anzi, vorrebbero vederlo, magari ascoltare la sua predicazione potente o, meglio ancora, assistere a qualche miracolo.
A volte capita anche a noi che ci chiedano di Gesù. Non di vederlo, naturalmente, ma di saperne qualcosa. Tu che vai in chiesa, e in una chiesa un po’ strana; o nel mio caso, tu che sei pastore, che mi dici di Gesù? In fondo, è una curiosità che fa piacere. Una volta si diceva: è un’occasione di testimonianza, che permette di dire qualcosa e chissà, magari di avvicinare qualcuna o qualcuno al messaggio di Cristo e alla chiesa evangelica. Filippo parla con Andrea ed entrambi vanno da Gesù. C’è interesse, gli dicono, nei nostri confronti, abbiamo una certa “visibilità”. Nel versetto che precede immediatamente il nostro brano, i farisei si lamentano, dicendo che “tutto il mondo gli va dietro”. Quando Gesù, in qualche modo, “fa notizia”, i suoi discepoli, di ieri e di oggi, sono contenti. Hai visto mai, magari da questo interesse esce qualcosa di buono.
Il versetto successivo inizia così: “Gesù rispose loro”. In realtà, non c’è nessuna risposta. Gesù parla di tutt’altro. Parla anzitutto della sua morte. L’ora è venuta nella quale il Figlio dell’uomo dev’essere glorificato: ma nell’evangelo di Giovanni glorificato vuol dire: ucciso. Il tempo in cui si accorreva a vedere i miracoli, ma anche il tempo delle discussioni e delle polemiche, sta per finire. Non si tratta di cercare visibilità, come oggi si dice, per Gesù e per il suo messaggio. Il Signore è completamente concentrato sullla sua missione e sul suo futuro: il rapporto con Gesù non passa attraverso un “primo contatto” (“vediamo un po’ se è interessante”), ma ormai passa attraverso la croce. Chi vuole conoscere Gesù, dece fare i conti con la sua morte.
Nella prospettiva di Giovanni, la morte di Gesù non è una sconfitta: l’abbiamo già visto, si tratta della sua “glorificazione”; altrove si dice: del suo “innalzamento”. Tale morte è come quella del seme, che rimarrebbe solo, se continuasse ad essere seme, mentre morendo porta molto frutto. Ma resta morte, resta la porta stretta dalla quale la fede è chiamata a passare. Altro che vedere Gesù! Altro che coltivare la speranza in una popolarità del Signore, dell’evangelo o della chiesa! Colui che i Greci, ma anche gli ebrei, ma anche noi, vedranno, colui con il quale dovranno, dobbiamo, confrontarci, è l’uomo ucciso sul Calvario, il Crocifisso che dice di essere la rivelazione di Dio. A chi vuole vedere un uomo religiosamente interessante, viene offerto il messaggio della croce, il messaggio di un Dio diverso.
Attenzione però. Nessuno creda che al desiderio dei Greci di vedere si sostituisca qualche riflessione teologica un po’ complicata sull’identità di Dio. Ho voluto includere nel testo della predicazione i versetti 25 e 26, non previsti dal lezionario, perché sono essi a spiegare di che si tratta concretamente. Non di vedere Gesù, non di partecipare a un evento religioso interessante e nemmeno a una lezione di teologia. Si tratta di servire il Signore, cioè di essere là dove egli è. E dov’è il Signore? E’ là dove risuona la predicazione, dove lo si loda nel culto, dove si celebra la cena, dove la chiesa si riunisce, fisicamente o anche per via telematica. L’abitudine di molto protestantesimo, da secoli, di snobbare il culto è un’offesa a Gesù. Per essere altrove, rispetto a dove Cristo si rende presente, devi avere motivi talmente drammatici da essere anche, di fatto, del tutto eccezionali.
Inoltre, Cristo è là dove donne e uomini soffrono; è là dove c’è solitudine; è là dove non c’è nulla di bello da vedere, perché anche le persone diventano invisibili. Là è Cristo, e là sono il discepolo e la discepola. Quando “l’ora è venuta”, non c’è più spazio, accanto a Gesù, per quelli che “ci devono pensare”; per quelli che, poverini, sono tormentati dai dubbi, vorrei, ma non sono sicuro, vorrei, ma devo vedere (appunto!). La croce non è un club di discussione, nemmeno di discussione biblica o teologica. La croce è il luogo dove si decide chi sta con Gesù e chi ha altro da fare. Magari discutere di religione, o dei suoi problemi esistenziali, o di quello che vorrebbe per sé e per la propria vita.
Già, la propria vita. Chi la ama la perde, dice Gesù, e chi la odia la trova, addirittura in dimensione eterna: che non vuol dire in paradiso, ma vuol dire: la trova pienamente, la trova in tutta la sua ricchezza, la trova in abbondanza. L’”odio” del quale qui si parla consiste semplicemente (semplicemente?!) nel rinunciare a mettere al centro se stessi, i propri problemi e le propie domande. Nessuna domanda è veramente importante tranne una: dovè Gesù, dove si rende presente questo Figlio di Dio che va verso la croce? Ancora una volta, non la domanda teorica, che si rompe la testa alla ricerca di chissà quale segno della presenza del Dio nascosto, bensì la domanda semplicissima e del tutto pratica: dove la parola di Dio è predicata? Dove sono le persone dimenticate e invisibili, presso le quali Cristo si rende presente? Voglio sapere dove sono, perché quello è il mio posto, il posto dove finoisce una vita tutta centrata su se stessa e sulle proprie paturnie, e comincia la vita eterna, quella con Gesù.
Amen
prof. Fulvio Ferrario
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Digitalizzazione, energia e cambiamento climatico – Obiettivo 7: energia pulita e accessibile

14 marzo – digitalizzazione, energia e cambiamento climatico – Obiettivo 7: energia pulita e accessibile

Gli effetti delle tecnologie della informazione e della comunicazione (ICT) sull’ambiente sono spesso classificati come di primo secondo o terzo ordine.
I primi sono gli effetti diretti che l’ICT ha sull’ambiente in termini di consumo di materie prime, produzione di rifiuti elettronici e consumi energetici, e sono negativi per l’ambiente.

Le materie prime e l’energia necessarie hanno una grande impronta – anche per il clima: solo mezz’ora di streaming in serie causa da sola circa 1,6 kg di CO 2 – tanto quanto un breve viaggio. Inoltre, l’estrazione di materie prime per smartphone, tablet e simili va di pari passo con lo sfruttamento, il lavoro minorile e la distruzione ambientale.

Un computer richiede 20.000 litri di acqua per essere prodotto; uno smartphone circa 1280 litri di acqua.
E poi vi sono i metalli. Ne citiamo alcuni.
L’estrazione dell’oro industriale per computer e telefoni cellulari richiede grandi quantità di acqua in cui vengono immesse sostanze chimiche tossiche come il cianuro per sciogliere l’oro dalla roccia. Il cianuro è tossico.In connessione con l’aria si formano acidi solforici, che avvelenano permanentemente anche le acque sotterranee.

Estratte per la prima volta in Svezia nel 1800, le terre rare sono 17 elementi chimici della tavola periodica classificati come metalli, ovvero Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio, Lutezio, Ittrio, Promezio e Scandio e sono presenti solamente in determinate zone del nostro pianeta.

Vengono utilizzati per la costruzione di superconduttori, di magneti, di fibre ottiche e di componenti ad alta tecnologia. In particolare, sono presenti in tutti gli smartphone e i computer.
Il coltan è un raro minerale di superficie che si trova in Congo e in pochi altri Paesi. Esso è indispensabile per i nostri smartphone e per l’industria aerospaziale.

Il cobalto è un minerale essenziale nelle nuove batterie ricaricabili agli ioni di litio che alimentano le auto elettriche, ma anche gli smartphone, i tablet e i computer.

Gli effetti delle tecnologie della informazione e della comunicazione (ICT) sull’ambiente sono spesso classificati come di primo secondo o terzo ordine.
I primi sono gli effetti diretti che l’ICT ha sull’ambiente in termini di consumo di materie prime, produzione di rifiuti elettronici e consumi energetici, e sono negativi per l’ambiente.

Gli effetti del secondo ordine sono quelliindiretti,ovvero relativi all’influenza – che in genere dovrebbe essere positiva – che un servizio o applicazione ICT operante in un qualunque settore ha sull’ambiente. Le video conferenze, per esempio, sostituiscono i viaggi ma la loro diffusione è limitata.

Gli effetti del terzo ordine invece sono effetti sistemici (e spesso imprevisti) che l’ICT produce. Per esempio, l’efficienza può produrre un aumento della domanda.

Le valutazioni dei consumi elettrici mondiali del settore oggi e in previsione sono divergenti, da uno 0,1%-2% oggi ad un 10%-20% in pochi anni in carenza di metodologie assestate di rilevamento.

La transizione dalle energie fossili a fonti sostenibili è l’obiettivi di questo inizio di millennio e per molto l’esperienza della emergenza sanitaria lo ha reso ancor più evidente.

Nell’ambito del Green Deal europeo, nel settembre 2020 la Commissione ha proposto di elevare l’obiettivo della riduzione delle emissioni di gas serra per il 2030, compresi emissioni e assorbimenti, ad almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990. Ha preso in considerazione tutte le azioni necessarie in tutti i settori, compresi un aumento dell’efficienza energetica e dell’energia da fonti rinnovabili, e avvierà il processo per formulare proposte legislative dettagliate nel giugno 2021 al fine di mettere in atto e realizzare questa maggiore ambizione.

Ciò consentirà all’UE di progredire verso un’economia climaticamente neutra e di rispettare gli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi aggiornando il suo contributo determinato a livello nazionale

Il quadro 2030 per il clima e l’energia comprende traguardi e obiettivi strategici a livello dell’UE per il periodo dal 2021 al 2030:

una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990) una quota almeno del 32% di energia rinnovabile
un miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica.

L’obiettivo della riduzione del 40% dei gas serra è attuato mediante il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE, il regolamento sulla condivisione degli sforzi con gli obiettivi di riduzione delle emissioni degli Stati membri, e il regolamento sull’uso del suolo, il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura. In tal modo tutti i settori contribuiranno al conseguimento dell’obiettivo del 40% riducendo le emissioni e aumentando gli assorbimenti.

Tutti e tre gli atti legislativi riguardanti il clima verranno aggiornati allo scopo di mettere in atto la proposta di portare l’obiettivo della riduzione netta delle emissioni di gas serra ad almeno il 55%. La Commissione presenterà le proposte nel giugno 2021.

Riferimenti biblici

Meditazione: Levitico 25, 1-2

Le storie sulla creazione ci dicono che la terra appartiene a Dio. Abbiamo udito come Dio ha fatto il giorno e la notte, il mare e la terra, i pesci e gli animali, le donne e gli uomini… e che Dio ha detto che era buono. Come il salmista scrisse:

Al SIGNORE appartiene la terra e tutto quel che è in essa, il mondo e i suoi abitanti. Poich’egli l’ha fondata sui mari, e l’ha stabilita sui fiumi – Salmo 24:1-2

In questa lunga tradizione, vi è anche la certezza che agli esseri umani è stata data la responsabilità di ‘custodire/amministrare’ il mondo creato da Dio. Questa responsabilità è lontana dall’idea di comando o di controllo sottointeso nella parola “dominio”. Invece il concetto di amministrazione implica la responsabilità e la partecipazione alla creazione di Dio. La terra è del Signore – e Dio ha riposto fiducia nel popolo di Dio che la abita.

Allora, che cosa ha udito il popolo di Dio da questo passaggio biblico in Levitico? Avevano vissuto la schiavitù in Egitto quando i loro stessi corpi erano visti come proprietà altrui. Dio li aveva liberati dalla schiavitù e Mosè li aveva condotti fuori dall’Egitto verso la terra promessa. Essi furono tentati e, essendo umani, non erano riusciti a confidare nell’approvvigionamento di Dio durante il tempo nel deserto.

Tuttavia, Dio rimase fedele e fece una promessa incredibile agli ex-schiavi senza terra: entrerete nella terra promessa. È la mia terra, e ve la dono. E vi mostrerò come vivere bene insieme.

Nel testo di Levitico leggiamo come Dio ha dato delle regole per permettere alla gente di vivere in una comunità giusta, fruttuosa, e sostenibile. “Un Sabato per il Signore” o, come si legge successivamente, un Giubileo che richiedeva la restituzione della terra, la cancellazione dei debiti e la liberazione delle persone. La salvaguardia della terra di Dio richiede una mentalità molto diversa dal pensiero predominante dei nostri giorni. E l’idea di amministrazione ci aiuta a pensare alle sfide della digitalizzazione e dell’uso dell’energia.

Viviamo in mezzo a una meravigliosa creazione. Possiamo prima pensare agli oceani e alle montagne e alla grande varietà di animali e piante. Ma domandiamoci anche sulla ricchezza della terra di Dio attraverso i metalli rari – ittrio, terbio e disprosio, per citarne solo alcuni – che rendono possibili i salti tecnologici, impensati dai nostri nonni. Gli Smartphone, i cloud storage, gli imaging e i potenti processori sono stati tutti una rivoluzione – e anche dei salvavita – per molte persone.

Eppure queste nuove tecnologie hanno avuto un impatto anche sulla vita umana e non umana. In tutto il mondo miliardi di dollari vengono scommessi ogni anno sui telefoni o su altri dispositivi, con persone, famiglie e comunità che subiscono gli effetti collaterali. Le persone sono attratte in un mondo di pornografia online, rendendo il fenomeno della “vendetta porno” sempre più comune. E naturalmente l’estrazione di metalli rari può danneggiare le comunità e l’ambiente, e l’uso esponenziale dello storage cloud provoca un maggior consumo di energia.

Che cosa sembra essere un amministratore della terra di Dio in questo contesto? “La civiltà richiede energia, ma l’uso dell’energia non deve distruggere la civiltà.” Così ha detto Papa Francesco ad un raduno dei dirigenti energetici nel 2018. Scienza e tecnologia sono prodotti meravigliosi di una creatività umana donata da Dio. Eppure la tecnologia non è neutrale. La tecnologia modella il nostro modo di vedere il mondo, cambia ciò che è visto come possibile o necessario. Gli smartphone, per esempio, ci rendono sempre disponibili. Hanno aumentato la cultura dell’usa e getta poiché sono fatti in gran parte da pezzi irreparabili. La creazione dei nuovi e migliori modelli alimenta un senso di avarizia e competizione all’interno della società.

Ma questo modo di vedere il mondo non è fisso. Come cristiani, ci viene dato un modello diverso. Ci viene data la lente della tutela, di un popolo che crede che “la terra è del Signore e tutto ciò che è in essa”, che è chiamato ad aiutare la terra ad “osservare un giorno sabbatico per il Signore”.

Quale forma potrebbe assumere il nostro buon amministrare la creazione mentre riflettiamo sulla sfida della digitalizzazione e dell’energia? Gesù ha parlato dell'”anno favorevole del Signore” come di un tempo in cui i prigionieri vengono liberati, la vista è data ai ciechi e la libertà è data agli oppressi. Chi è tenuto prigioniero dal modo in cui la tecnologia plasma il mondo? Come viene sfruttato il nostro clima o oppresso dalle decisioni che prendiamo a causa della crescente digitalizzazione? Quali ingiustizie non riusciamo a vedere intorno a noi?

Ms. Rachel Lampard Team Leader del Joint Public Issues Team della Gran Bretagna

 

Preghiera

Dio amabile
Siamo stupiti dalla tua creazione e dalla creatività del tuo popolo. Aiutaci a lottare con le sfide della digitalizzazione e dell’energia. Come amministratori della tua terra, fa che usiamo i doni che ci dai E, invece dell’oppressione e della distruzione,
Aiutaci a portare libertà e fecondità.
Amen

Spunti per la discussione

Quanto inquina Internet? Nonostante internet sia apparentemente invisibile esso inquina. Ogni click su internet ha un impatto ambientale. Ad esempio, una mail produce circa 4 grammi di CO2, che possono arrivare anche a 50 in caso di allegati pesanti, praticamente l’impatto di una lampadina accesa tutto il giorno.

Essere sostenibili online partendo dalle nostre ricerche in rete. Ecosia è un motore di ricerca che utilizza i proventi pubblicitari derivanti dalle ricerche effettuate in rete per piantare alberi dove c’è ne più bisogno. Effettuando le ricerche con Ecosia non si contribuisce solo a riforestare il mondo, ma anche a rafforzare le comunità.

L’impatto del digitale sull’ambiente non si limita solo all’energia necessaria a far funzionare i dispositivi o i servizi: si pensi, ad esempio, ai problemi conseguenti allo smaltimento dei rifiuti elettronici. Secondo i dati dell’Onu, solo il 17% dei rifiuti elettronici di Europa o Stati Uniti viene raccolto e riciclato correttamente, tutto il resto spesso è diretto nel continente africano, dove i Paesi occidentali scaricano scarti elettronici di ogni tipo. E a pagare questo “razzismo ambientale” sono le popolazioni più povere.

Proposte di azioni

Non inviare allegati troppo grandi: quando è veramente necessario, è consigliabile utilizzare siti che comprimono i documenti come WeTransfer oppure collegamenti ipertestuali. Non lasciate il vostro computer in standby (soprattutto tutta la notte quando uscite dall’ufficio, solo perché “ci sono molte schede aperte”. Domani le riaprirete con la vostra cronologia, per esempio!)

Quante volte ci ritroviamo la casella di posta elettronica piena di mail che neanche leggiamo o che sono inutili? Tuttavia, queste mail consumano energia (inquinamento digitale), perciò per far fronte a questo problema sarebbe meglio pulire più spesso le mail.

In nome del diritto al futuro contribuisci alle azioni dei Fridays for future per una accelerazione della conversione energetica e la sospensione dei contributi pubblici alle energie fossili.

 

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Mobilità e cambiamento climatico – Obiettivo 15: rendere le città e le comunità sostenibili

7 marzo – mobilità e cambiamento climatico – Obiettivo 15: rendere le città e le comunità sostenibili

Scheda

Per molte persone l’auto sembra insostituibile: per andare al lavoro, fare la spesa, andare in chiesa o andare a un concerto, i “servizi taxi” per i bambini, per il tempo libero e per i viaggi. Desideriamo opporci risolutamente a questo atteggiamento e vogliamo proviamo a sperimentare delle alternative. Questa è una protezione attiva in favore del clima e fa anche bene alla salute. Proviamoci questa settimana e non solo!

Nel mondo moderno la mobilità è un’espressione di libertà e autodeterminazione, nonché un prerequisito per la partecipazione sociale, ma la motorizzazione di massa con combustibili fossili è un peso per l’ambiente e per la salute. L’ipermobilità di vaste parti della società porta a enormi problemi, anche di salute, di cui soffrono molte persone. Spesso queste sono proprio quelle persone che, a loro volta, hanno la parte minore in questa mobilità.Questo è doppiamente ingiusto. Ad esempio, verso le persone del sud del mondo, particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici, o alle persone che in Europa vivono in piccoli appartamenti scarsamente protetti dal rumore e su strade principali trafficate.

In Italia il parco macchine circolante è di 38,5 milioni di vetture, 655 auto ogni 1.000 abitanti, mentre, prendendo in considerazione tutti i veicoli, il rapporto sale a 868/1000 abitanti. Molte persone sono oggi consapevoli del fatto che l’utilizzo di combustibili fossili è dannoso per l’ambiente, per il clima e per le persone. Indipendentemente dal fatto che si tratti di carbone nell’altoforno o petrolio nei motori a combustione, entrambi devono essere ridotti in modo massiccio per poter ancora contenere il cambiamento climatico causato dall’uomo. Nel settore energetico le emissioni sono diminuite negli ultimi decenni, ma non nel settore dei trasporti dove sono addirittura leggermente aumentate.

L’attuale emergenza sanitaria dovuta alla pandemia ha bloccato la circolazione delle persone ‘non essenziali alla produzione’, mentre il trasporto di merci è proseguito. L’inevitabile e necessario contenimento forzato della mobilità ha però portato come conseguenza sofferenza e disagio nelle relazioni interpersonali. La mobilità sostenibile non può tradursi in un cambio del carburante del motore, ma deve passare per una diversificazione dei mezzi di trasporto a favore della bicicletta e dei mezzi collettivi (car pooling, trasporto pubblico), oltre al passaggio all’auto come servizio (carsharing) e non più come proprietà.

Nell’aprile 2019 sono stati stabiliti dall’UE limiti di emissione più severi per autovetture e furgoni per far sì che, dal 2030, le autovetture e i furgoni nuovi generino in media, rispettivamente, emissioni di CO2 inferiori del 37,5% e del 31% rispetto ai livelli del 2021. Tra il 2025 e il 2029, autovetture e furgoni dovranno generare, in media, emissioni di CO2 inferiori del 15%. Nel giugno 2019 sono stati adottati limiti per gli autocarri e altri veicoli pesanti. Secondo le nuove regole, i costruttori dovranno ridurre le emissioni di CO2, rispetto ai livelli del 2019, in media del 15% a partire dal 2015 e del 30% a partire dal 2030.

Riferimenti biblici

Deuteronomio 29,1-4: “

Mosè convocò dunque tutto Israele, e disse loro:

«Voi avete visto tutto quello che il SIGNORE ha fatto sotto i vostri occhi, nel paese d’Egitto, al faraone, a tutti i suoi servitori e a tutto il suo paese; i tuoi occhi hanno visto le grandi calamità con le quali furono provati, quei miracoli, quei grandi prodigi; ma, fino a questo giorno, il SIGNORE non vi ha dato un cuore per comprendere, né occhi per vedere, né orecchi per udire. Io vi ho condotti quarant’anni nel deserto; le vostre vesti non vi si sono logorate addosso, né i vostri calzari vi si sono logorati ai piedi. “

Perché gli israeliti si spostarono nel deserto? La risposta è semplice e tragica. Dopo aver lasciato l’Egitto, fuori dalla schiavitù, avevano raggiunto la terra promessa di Canaan dopo 40 anni. Sopportare polvere, caldo, siccità e tutte le altre dure condizioni di vita.
La nostra generazione riesce a tenere sotto controllo il cambiamento climatico, o deve farlo la prossima generazione che vaga nel deserto?

Oggi abbiamo meno di 40 anni per raggiungere la sostenibilità e dobbiamo prendere grandi decisioni per incontrare giustizia climatica e mobilità percorrendo insieme questa strada, come comunità. Ecco perché tali decisioni devono essere prese politicamente.
Abbiamo bisogno di uno stile di vita diverso, non solo individualmente ma anche nella nostra società.

C’è ancora molta strada da fare prima di arrivare a uno stile di vita sostenibile, ma ne vale la pena.
Uno stile di vita giusto e sostenibile è come la terra promessa. Ci vuole coraggio per entrarci e stabilirsi. Non esitiamo troppo a lungo, come gli israeliti.

Prendi questo coraggio e osa, scopriremo di avere un futuro luminoso davanti a noi. Per noi e per la prossima generazione.

Simon Schu, pastore a Minden, Chiesa evangelica della Westfalia

Preghiera
Perdonaci, Signore Dio nostro Creatore.
Nella fretta e nella sete di progressopage2image3634420672
Abbiamo devastato la buona terra che hai creato.
Abbiamo minato i paesaggi, rovinate le coste
e inquinato l’aria e l’acqua.
Abbiamo portato benessere e ricchezza ad alcuni,
sofferenza e miseria ad altri,
sfruttando la terra e minacciando le sue creature.
Rendici ora affamati
di generosità ed equilibrio.
Rendici abbastanza coraggiosi da fare scelte più sagge
futuro della terra,
per Cristo Gesù nostro Signore.

Amen

Chiesa Anglicana di Australia

Mobilità nelle aree rurali. Ci possono essere diverse soluzioni prima di ricorrere all’auto privata come ad esempio il car pooling con lo scuolabus o con un servizio a chiamata;
Lavoro da remoto. La casa sembra essere la soluzione alla riduzione della mobilità dei lavoratori e lavoratrici nei servizi che non siano alla persona. Parliamone;
L’e-commerce genera un traffico di piccoli furgoni per la consegna.Esso genera da solo il 21% dei gas serra emessi in Europa. Nella transizione elettrica, è il settore che dovrà de-carbonizzarsi più velocemente se l’UE vuol ridurre entro il 2030 le emissioni del 44%. Di questo 21%, quasi tre quarti sono generati dal trasporto su strada, principalmente auto private e piccoli furgoni ampiamente diffusi per effettuare le consegne dei prodotti acquistati online.page3image3634439040

Proposte di azioni

Camminare e muoversi in bicicletta in città
Creare un pool di auto, o un servizio a chiamata, ad esempio, con colleghi di lavoro o con i vicini per la spesa settimanale
Decidere di rinunciare a una vacanza in aereo, utilizzando altri mezzi di trasporto meno inquinanti.

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Giornata Mondiale di preghiera e altre iniziative intorno all’8 marzo

Gli appuntamenti proposti in questo articolo hanno il focus sulla Giornata Mondiale di Preghiera con alcune iniziative, la giornata dell’8 Marzo e formazione biblica sul tema “Donne e Bibbia”.

Per la GMP vi riportiamo l’articolo di NEV sulla giornata
(NEV) Il prossimo 5 marzo si svolge la Giornata mondiale di preghiera (GMP) 2021. Si tratta di una consolidata iniziativa ecumenica, organizzata dalle donne e rivolta a tutte le comunità. Il materiale liturgico di quest’anno è stato preparato dalle donne cristiane di Vanuatu. Vanuatu è un arcipelago tropicale di ottanta isole situato del Pacifico meridionale.
Il versetto scelto per quest’anno è: “Costruisci su solide fondamenta” (Matteo 7,24-27). La colletta a livello mondiale sarà destinata a sostenere la Teouma Christian Academy. Questa accademia si occupa di istruzione e opportunità di lavoro per giovani donne delle zone rurali.
L’immagine scelta per la Giornata mondiale di preghiera 2021 è un dipinto di Juliette Pita. Nata nel 1964 sull’isola di Erromango, Pita è attualmente l’artista più nota di Vanuatu. È stata la prima donna a diplomarsi all’Istituto nazionale tecnologico dell’arcipelago.
Vanuatu, come evidenzia l’opera, è molto esposta ai cicloni. Il titolo del dipinto è “Cyclone Pam II: 13 marzo 2015”. Mostra una madre in preghiera che protegge il suo bambino. Le onde si infrangono alle loro spalle, ma una palma si piega e protegge loro, a sua volta. La gonna della donna si ispira agli abiti tradizionali di Erromango. All’orizzonte, piccole croci rappresentano le vittime causate dal ciclone Pam nel 2015.

Per ulteriori informazioni e per richiedere i materiali, scrivere a gmpitaliana@gmail.com.

A causa della pandemia, per il secondo anno consecutivo, gran parte delle iniziative in presenza sono state ridotte o cancellate. Per questo, il comitato ecumenico della GMP Italia e della GMP Svizzera italiana propone un evento online. Il comitato coordina il coinvolgimento di chiese luterane, battiste, metodiste e valdesi e di gruppi ecumenici.

La Giornata mondiale di preghiera, in collaborazione con la Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI), il Segretariato attività ecumeniche (SAE) e le Clarisse di Lovere, vedrà la partecipazione di diverse comunità di base di diverse città.