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Una chiesa che vuole andare avanti

da Riforma 

Nell’ultima giornata di lavori, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi ha discusso ancora di temi di attualità e della riorganizzazione della chiesa

Rush finale per l’assemblea del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, ieri mercoledì 25 agosto. Una giornata intensissima, in cui oltre a eleggere i membri dei massimi organi collegiali (qui l’articolo dell’agenzia stampa Nev) sono stati votati diversi ordini del giorno presentati nei giorni precedenti.

Come avevamo anticipato qui, si trattava di quattro proposte presentate da membri del Sinodo (necessarie almeno dieci firme), quindi in un certo senso partite “dal basso”, tre delle quali, su temi di fortissima attualità, sono state approvate a larga maggioranza.

Riguardavano, in particolare: la denuncia delle violenze arbitrarie compiute nelle carceri e la difesa delle garanzie dei detenuti; il sostegno alla proposta di candidare l’ong Emergency al Premio Nobel per la Pace; il sostegno alle persone e alle famiglie colpite dalla attuale crisi economica e lavorativa.

Quest’ultimo atto, in particolare, apprezzando l’iniziativa della Tavola valdese di destinare a questo ambito una parte importante di quanto rimasto del “Fondo Emergenza Coronavirus”, invita le chiese a farsi promotrici di progetti di diaconia comunitaria per venire incontro alle situazioni critiche nei loro territori.

Respinto invece, forse anche per la mancanza di un adeguato dibattito a causa dei tempi molto ristretti, l’atto sui predicatori locali, figure fondamentali di supporto e talvolta di “supplenza” dei pastori in mancanza di questi ultimi, una situazione denunciata in più di un intervento nel corso di questo Sinodo.

Era prevista anche la messa in votazione di altri due ordini del giorno particolarmente sentiti, relativi alla crisi in Afghanistan e ai Corridoi umanitari. Anche in questi casi, l’approvazione a larghissima maggioranza testimonia l’attenzione su questi temi.

Il primo, presentato dalla pastora Letizia Tomassone, intende guardare il problema con una prospettiva più ampia, non limitata alla sola accoglienza. Come ha spiegato Tomassone, i Corridoi umanitari non sono la soluzione a tutto, non bisogna dimenticare le persone che vogliono (o sono costrette) continuare a vivere nei loro paesi. Si esorta quindi la Tavola a sostenere, come peraltro già sta facendo tramite diversi progetti otto per mille, le organizzazioni che operano in quei territori difficili.

Il secondo ordine del giorno, presentato invece dalla Commissione d’esame su mandato sinodale, sottolinea la possibilità di aprire corridoi da altri paesi in emergenza. Apprezzando l’apertura del nuovo corridoio umanitario con la Libia, e la firma del terzo protocollo (della durata di due anni) per i profughi in Libano, richiama implicitamente situazioni critiche come la Bosnia, su cui peraltro si sta già lavorando. Anche in questo caso è presente l’invito alle chiese a impegnarsi creando o sostenendo reti di solidarietà a livello locale per aiutare le persone in fuga da guerra e oppressione.

Altri temi più interni hanno poi riguardato la collaborazione fra chiese battiste, metodiste e valdesi (bmv) e proprio in questo contesto è stato inserito il tema Claudiana/Riforma-L’Eco delle valli valdesi (rimandato da lunedì mattina): le realtà della casa editrice e del giornale ben esprimono la collaborazione fra le tre denominazioni, ormai fattiva anche a livello di chiese locali (oltre che di federazioni, pensiamo alla Federazione giovanile evangelica italiana); tuttavia, a parte l’approvazione dell’atto che ricorda il percorso di preparazione della prossima Assemblea-Sinodo prevista per il 2022, non è scaturito dibattito, e questo è un dato su cui riflettere.

Ricordiamo infine il ricco ordine del giorno presentato da un’apposita commissione, che ha raccolto gli stimoli della discussione sul tema “vita delle chiese” della prima giornata: gli aspetti positivi e negativi della situazione in cui le chiese si sono trovate in seguito alla pandemia di Covid-19, che hanno dato un nuovo orientamento alla riflessione avviata nel settembre 2019 dalla Tavola valdese sui punti di forza e di debolezza delle nostre strutture ecclesiastiche. Messe alla prova dalle difficoltà della pandemia, ma anche stimolate a usare nuovi strumenti, le chiese hanno imparato nuovi modi di “essere chiese”, in un certo senso ad andare “verso una chiesa senza confini” (espressione con cui è stato presentato il documento). La necessità di una riforma si pone in particolare in tre ambiti: formazione, evangelizzazione, organizzazione. Ma come affronteranno le chiese questo nuovo anno di attività che sta per cominciare?

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Il discorso conclusivo della moderatora

Sinodo, per una chiesa senza confini, impegnata per i diritti

 Nev – Notizie evangeliche

Alessandra Trotta confermata moderatora della Tavola valdese. Il pastore Francesco Sciotto neo presidente della Commissione sinodale per la diaconia, Lothar Vogel nuovo decano della Facoltà valdese di Teologia

Si è chiuso ieri sera a Torre Pellice, in provincia di Torino, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi. Il Sinodo ha riconfermato moderatora della Tavola valdese la diacona Alessandra Trotta. Concluse anche le elezioni della Tavola valdese, che per il nuovo anno è composta da: Erika Tomassone (vicepresidente), Dorothea MüllerIgnazio Di LeccePaolo BorWilliam JourdanUlf Hermann Koller.

«Abbiamo vissuto giornate intense e fruttuose nella bellezza dell’incontro comunitario, anche se in parte su piattaforma digitale – ha dichiarato Alessandra Trotta a margine dei lavori sinodali -. Il tema del clima ha percorso le giornate del Sinodo a livello anche spirituale. I culti sono stati centrati sul tema ambientale, sul quale siamo impegnati in vista della Conferenza per il clima delle Nazioni Unite, prevista a novembre (COP26)».

La moderatora ha ripercorso i temi e le decisioni del Sinodo nel corso di un briefing stampa, che è possibile rivedere cliccando qui.

Filo rosso dei lavori, la ricerca di modelli integrati di intervento a livello umanitario, assistenziale e culturale.

Fra le decisioni più significative prese da questo Sinodo, oltre agli stanziamenti Otto per Mille per le crisi di Haiti e Afghanistan, quelle riguardanti la laicità della scuola, il lavoro dei giovani e delle donne come priorità politica. Sulla religione cattolica, osserva il Sinodo, le esigenze organizzative non possono violare diritti sanciti per Legge dello Stato. È una “battaglia storica” delle chiese protestanti, che portano avanti il discorso della libertà religiosa come matrice delle libertà civili. Ha concluso la moderatora: «Condividiamo la gioia della fede e di come trasmetterla, anche attraverso i nuovi mezzi che hanno giocoforza contraddistinto la nostra predicazione nell’ultimo anno e mezzo, con la fiducia nella forza che ci viene da Dio».

Nell’ultima sessione dei lavori sinodali, è stato inoltre eletto il pastore Francesco Sciotto alla presidenza della Commissione sinodale per la diaconia (Csd/Diaconia valdese). Confermata Mirella Manocchio alla presidenza dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi). Al consiglio della Facoltà valdese di teologia, Lothar Vogel (decano) ed Eric Noffke (vicedecano).

Essere chiesa insieme: un cantiere ancora aperto

da Riforma

L’intercultura continua ad essere un’importante sfida su cui il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste decide di investire ancora con un programma di formazione nelle chiese locali

Nell’ambito dei lavori sinodali in corso a Torre Pellice, un ampio e partecipato dibattito è stato dedicato ieri al tema «Essere chiesa insieme» (ECI), progetto inteso a promuovere l’integrazione in una chiesa composta da nativi italiani e da persone provenienti da altri paesi.

Il Sinodo ha riconosciuto con gratitudine questo lungo percorso, cominciato ormai oltre venticinque anni fa, che si è caratterizzato nel tempo come un cammino arricchente ma anche faticoso verso una Chiesa inclusiva ed autenticamente interculturale.

L’intercultura, è stato sottolineato durante il dibattito, è una sfida complessa, fatta di alti e bassi, in cui si vedono da un lato i frutti maturi delle relazioni con fratelli e sorelle provenienti da altri paesi e culture, e dall’altro alcuni nodi ancora da sciogliere (l’ermeneutica biblica; la rappresentanza nelle sedi decisionali; le questioni etiche; il tema dell’autorità). Le esperienze fin qui fatte testimoniano che si è di fronte ad una situazione “magmatica” nella quale le chiese valdesi e metodiste non sono sole. Alcuni interventi hanno infatti messo in luce che la sfida dell’intercultura è condivisa da altre chiese della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) che in questi anni si sono scoperte essere preziosi laboratori di integrazione dove, in una società che ancora fatica a mettersi in questa prospettiva, si sperimenta come la fede abbatte le barriere del pregiudizio, e si cerca di garantire a tutti e tutte la stessa cittadinanza spirituale.

Essere chiesa insieme è ancora un cantiere aperto nel quale è importante lavorare in rete, provando ad investire maggiori risorse. In quest’ottica va letto l’incoraggiamento che – nell’ordine del giorno approvato ­– il Sinodo dà mandato alla Tavola valdese «di portare avanti, in collaborazione con Circuiti, Distretti e Comitato permanente dell’Opcemi, un programma di formazione, già in fase di elaborazione e diretto a favorire un rilancio del percorso ECI». Il programma favorirà in particolare un lavoro di base nelle chiese locali, e si andrà ad affiancare agli utili strumenti finora messi in campo: il Laboratorio interculturale di formazione e accoglienza – LINFA (percorso di formazione rivolto ai membri impegnati delle chiese, sia originari dall’immigrazione sia italiani da generazioni) della Fcei, e il master in Teologia Interculturale, organizzato dalla Facoltà valdese di teologia.

Nel corso del dibattito è stata posta particolare attenzione al ruolo attivo che, nel processo di accoglienza e integrazione in atto nelle chiese, possono svolgere le “seconde e terze generazioni”. I giovani che sono nati in Italia, che studiano e lavorano nel nostro paese, possono essere “mediatori ideali” con le precedenti generazioni che hanno ancora un legame forte con la cultura di appartenenza, e relazioni con le chiese di origine. In questa cornice si inserisce la raccomandazione con cui si conclude l’ordine del giorno «di porre particolare attenzione a motivare le giovani generazioni all’assunzione di un ruolo attivo in tale percorso».

Laicità dello Stato e ora di religione, quanti passi indietro!

da riforma

Appassionato dibattito del Sinodo valdese e metodista riunito in questi giorni per richiedere alle chiese evangeliche una forte attenzione all’attacco in corso alla laicità delle istituzioni, scuole in primis

L’ ora di religione, i suoi abusi e i tanti usi distorti, torna grande protagonista nel dibattito del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, in corso dal 22 al 25 agosto a Torre Pellice (To).

Troppe le anomalie segnalate nei vari interventi dei delegati e delle delegate sinodali, troppe le forzature imposte dai dirigenti scolastici di ogni ordine e grado, perché il tema fosse rinviabile.

Dalle tante testimonianze che hanno rinvigorito la discussione, ad opera spesso di addetti ai lavori, insegnanti, psicologi, genitori di figli in età scolare, emerge chiaramente quanti passi indietro sono stati compiuti nel percorso che porta a una reale laicità dello spazio pubblico in Italia, tanto da far ammettere a vari oratori quanto la situazione appaia decisamente peggiore rispetto ai decenni scorsi.

La laicità appare chiaramente sotto attacco nella nostra società, insieme ad altri settori, sanità in primis (si pensi a titolo di esempio alla guerra in corso contro l’interruzione volontaria della gravidanza). La scuola, componente fondamentale del vivere sociale, è specchio fedele della situazione in corso, e le parole dei sinodali, le loro testimonianze hanno restituito proprio tale aspetto.

Lo spunto di dibattito è dettato dall’ordine del giorno del Sinodo che richiede alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Tavola valdese e Comitato Permanente dell’Opera Metodista di porre al centro della propria azione il rilancio dell’impegno in difesa della laicità della scuola pubblica.

Vengono richieste ai soggetti sopra citati una presa di posizione forte e l’avvio di interlocuzioni a vario livello per richiedere un rispetto della corretta gestione in particolare dell’insegnamento della religione cattolica e delle alternative presenti per chi decide di non usufruirne.

Le recenti riforme scolastiche hanno ad esempio creato confuse commistioni fra l’insegnamento dell’Educazione Civica e l’insegnamento della religione cattolica, obbligando in sostanza gli studenti a partecipare alla proposta formativa per non ritrovarsi penalizzati a vari livelli, comprese le valutazioni complessive finali. Aspetto questo sottolineato prontamente nei mesi scorsi da alcune chiese locali, di Milano e di Torino in particolare.

La pandemia ha mostrato la centralità del sistema scolastico e al contempo l’enorme difficoltà in cui si esso versa, e spesso, con vere o presunte esigenze di riorganizzazione o ottimizzazione di spazi e risorse, gli istituti scolastici hanno de facto coinvolto gli insegnanti della religione cattolica nel farsi carico di ruoli e competenze non spettanti, e al contempo “l’ora di alternativa” sta scomparendo dai radar.

Da più parti è stato sottolineato quanto sia più che mai necessario dotarsi di uno strumento che a livello del protestantesimo italiano possa farsi carico e portavoce delle istanze di laicità previste dalla Carta costituzionale.

Esisteva, ed è stata rimpianta a più riprese nelle parole dei relatori, l’associazione 31 ottobre, nata in seno alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia nel 1999, luogo aperto a tutti coloro che, operatori scolastici a diverso titolo – insegnanti, studenti, semplici cittadini – ne condividevano gli obiettivi: difendere e promuovere nella scuola e nella società una cultura laica e pluralista. Lo scioglimento dell’associazione nel 2016 ha evidentemente lasciato un vuoto in materia, ed è proprio alla Federazione che viene richiesto un ragionamento su come superare al meglio l’attuale contesto, anche per la presenza in seno alla Federazione stessa della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato.

Le parole del pastore valdese di Pinerolo Gianni Genre hanno evidenziato che «il dibattito di oggi ci dice quanto sia sentita la questione della laicità, non solo della scuola. Nel disinteresse di molti c’è stata la chiusura della “31 ottobre” senza renderci conto di quanto fosse importante il suo ruolo. Quanto ormai la questione sia importante ce lo dice questo dibattito. Credo sia fondamentale fare il punto su questo tema, credo dobbiamo farlo tutti, tornare a parlare con la chiesa cattolica, recuperare vigilanza in materia, avviare azioni.

L’atto votato a larghissima maggioranza dalle delegate e dai delegati sinodali dà inoltre mandato alla Tavola valdese di istituire uno sportello telematico di ascolto e consulenza per dare assistenza a tutte le persone che riscontrano problemi legati alle lacune di laicità negli spazi pubblici.

Comunicare (al) meglio, una sfida anche per le chiese

da Riforma

Il Sinodo valdese e metodista ha dedicato ampio spazio di dibattito al tema della comunicazione


Difficile comunicare e farlo bene.

La sfida vale a ogni livello e per chiunque, comprese quindi ovviamente le chiese.

Da qui l’ampio dibattito che ha coinvolto lunedì 23 agosto i membri del Sinodo valdese e metodista riuniti a Torre Pellice da domenica 22.

La Tavola valdese, organo esecutivo della Chiesa valdese, ha commissionato a un’agenzia di comunicazione un report di analisi comunicativa sul mondo valdese e metodista, così, negli auspici, da poter utilizzare al meglio e con efficacia i vari strumenti che il mondo contemporaneo offre e richiede in termini di comunicazione. La vetrina attraverso cui gli altri e le altre guardano al mondo valdese e metodista insomma.

Eugenio Bernardini, ex moderatore della tavola valdese, ha sottolineato come «Farsi aiutare da un servizio esterno di valutazione è importante tenendo a mente che non c’è nessun servizio esterno che può comprendere al meglio i nostri obiettivi, la nostra mission, le nostre caratteristiche. Credo che sia nostro compito mantenere una comunicazione efficace ma che rispetti la decentralizzazione che fa parte delle nostre identità. Al contempo serve anche la possibilità di farsi riconoscere con una certa dose di professionalità. Moltissimo è da migliorare ma molto è stato fatto, il cammino è lungo e sono state lunghe le riflessioni in materia.  Mi auguro si vada avanti su questa strada di grandissima importanza mantenendo le nostre caratteristiche».

Paola Schellenbaum, componente della commissione proposte e della chiesa valdese di Pinerolo ha a sua volta ribadito quanto sia importante il tema della comunicazione, «su cui riflettere, anche in termini pedagogici. Comunicare è una grande occasione di testimonianza e abbiamo strumenti e parole per farlo in modo diverso dall’uso distorto che spesso vediamo intorno a noi. Vedo in questi anni maggiore coordinamento fra le varie comunicazioni del nostro mondo, e credo sia fondamentale prevedere parte del sito della Chiesa valdese in inglese, alla luce anche delle relazioni internazionali sempre intense».

Per Alberto Bragaglia, membro del comitato permanente dell’Opera per le chiese metodiste in Italia  (Opcemi) «è molto interessante questa discussione e vorrei richiamare alcuni concetti: per quanto riguarda la nostra offerta online dovremmo concentrarci sull’integrazione fra i vari strumenti di comunicazione del nostro panorama: ognuno ha la sua specificità ma ognuno rimandi al meglio agli altri. Potrebbe essere utile studiare cosa fanno alcune chiese sorelle all’estero, valutare quale strategia vogliamo veicolare».

Vari interventi hanno sottolineato l’importanza della presa di coscienza della necessità di un approccio sistematico al tema, consci della sua centralità.

Fare sistema fra tutti i mezzi di comunicazione del mondo valdese e metodista, comprese ovviamente la Facoltà, la Diaconia, i giornali, l’ampio panorama social, il livello locale e quello centrale: una sfida non semplice, ma affascinante e sempre più determinante per non scomparire nell’arena comunicativa nazionale e internazionale.

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Opere resilienti, come i rami d’ulivo

L’emergenza sanitaria ha colpito anche le Opere «che “rispondono” al Sinodo» delle chiese metodiste e valdesi

L’emergenza sanitaria ha colpito anche le Opere «che “rispondono” al Sinodo» delle chiese metodiste e valdesi e che stamane 23 agosto sono state chiamate a informare (alla presenza della moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta) l’Unione delle chiese metodiste e valdesi, in assise in questi giorni con il suo Sinodo (il massimo organo decisionale dell’Unione delle chiese) sull’anno appena trascorso.

«Un anno difficile» è stato detto più volte dalle direttrici e dai direttori dei Centri. Opere – tra queste il Centro Agape di Prali (To), il Centro Ecumene di Velletri (Rm), il Centro diaconale La Noce di Palermo, il Servizio Cristiano di Riesi, il Collegio valdese di Torre Pellice -, che hanno «saputo reagire con efficacia alle limitazioni imposte dalla pandemia» e affrontare «i disagi le e le emergenze».

Opere resilienti, dunque, che hanno saputo «vincere le paure aprendo le loro porte e accogliendo le persone più bisognose con la consapevolezza che il Signore non ci lascia e non ci abbandona», ha ricordato il direttore del centro di Riesi, Gianluca Fiusco, presentando contestualmente un video sul Centro nel quale emerge la forza fisica, emotiva della raccolta delle olive, recepita dai delegati come una metafora della raccolta di anime; immagini che hanno  dato forza all’impegno dei Centri diaconali gestiti dalle chiese metodiste e valdesi.

L’apprezzamento del Sinodo è stato corale ed è passato attraverso le votazioni degli ordini del giorno presentati e approvati dal Sinodo. Dove il linguaggio inclusivo «dev’essere certamente dirimente» ha fatto notare la pastora valdese, Letizia Tomassone.

Opere, si è detto stamane «che hanno saputo sviluppare nuove modalità di aggregazione e di incontro in tempo di pandemia di covid; che hanno saputo sanare stabili con adeguamenti strutturali, con particolare attenzione alle accessibilità per tutti».

La prima parte della mattinata, dunque, è stata importante per rispondere e senza esitazioni a una domanda fondamentale che preoccupava la Commissione d’esame.

Per questi Centri – recita in sintesi il quesito – l’essere riconosciuti come centri di eccellenza, punti di riferimento per il territorio potrebbe offuscare in qualche modo «la loro evangelicità»?

Preoccupazione certo legittima.

Le testimonianze di oggi hanno dato risposte rassicuranti.

Il Centro ecumenico di Agape in questi giorni celebra i suoi settant’anni di attività ed è una testimonianza evangelica riconosciuta che va ben oltre i confini territoriali. Come ha evidenziato la direttora Lucia Leonardi.

Come «sempre più internazionale» è il Centro di Ecumene di Velletri (Rm): un’apertura verso l’estero che «è una bella sfida che segue il segno dei tempi» ha ricordato – dopo l’intervento della direttora Elvira Migliaccio – la presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi), Mirella Manocchio; ribadendo altresì l’esigenza di capire «alla luce dell’oggi, come poter esprimere nel migliore dei modi la testimonianza evangelica».

«Un anno che è stato difficile dal punto di vista psichico e fisico per tutti – ha ricordato anche Anna Ponente, direttora del Centro diaconale la Noce -. La Sicilia inizia questo nuovo anno di attività coni i dati covid non proprio rassicuranti. Strategie rigorose, quest’anno, hanno però permesso risultati importanti in ambito sociale, avvicinandosi ancor più di prima ai nuovi disagi, la marginalità, la povertà, la vulnerabilità di molte persone. Spesso amplificate dall’emergenza sanitaria».

Per parte sua, il Collegio valdese «ha recuperato con impegno il tempo perso, imposto dalle chiusure forzate in occasione del primo e secondo lockdown. Oggi – ha ricordato il preside Marco Fraschia – la presenza degli studenti è regolare grazie alle misure di prevenzione messe in campo». Attività in presenza che sono fondamentali e «prontamente ripristinate con iniziative che caratterizzano il nostro istituto», ha concluso Fraschia.

Il presidente del comitato del Collegio valdese Roberto Canu, ha ricordato quanto la “tempesta” causata dal covid sia stata pesante per gli studenti e che dunque si sta predisponendo «l’apertura di uno sportello per il sostegno psicologico».

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Una Facoltà valdese di teologia sempre più vitale e interconnessada

Oggi all’esame del Sinodo delle chiese metodiste anche l’operato della Facoltà Valdese di Teologia

Oggi pomeriggio «all’esame» del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi (il massimo organo decisionale dell’Unione delle chiese) c’era la Facoltà Valdese di Teologia di Roma: il più antico Istituto in Italia per lo studio universitario della teologia evangelica.

Fondata nel 1855 a Torre Pellice (To), si traferì prima a Firenze a Palazzo Salviati dal 1860 al 1921, poi nell’attuale sede di Roma in via Pietro Cossa, accanto alla chiesa valdese di Piazza Cavour.

«L’esigenza di quella che oggi si chiama “formazione” fu avvertita nel movimento valdese sin dal suo sorgere nel medioevo. In seguito all’adesione alla Riforma protestante, i valdesi strutturarono la loro chiesa secondo il modello riformato calvinista ed incrementarono il livello della preparazione teologica dei pastori».

Rivolgendosi all’assemblea sinodale il Decano della Facoltà valdese di teologia, il pastore Fulvio Ferrario, ha ricordato quanto la pandemia, malgrado la sua tragicità, abbia di fatto stimolato «l’utilizzo di nuove tecnologie (didattica a distanza) e favorito interazioni telematiche», incentivando così «nuove iscrizioni (studenti a distanza)» e che sempre in questi anni «sono state attivate nuove collaborazioni atte a migliorare la comunicazione istituzionale verso l’esterno; cresciuta anche grazie al potenziamento del sito web».

Una Facoltà, emerge, dunque, sempre più viva e vitale. Sempre più «ricca», grazie alla presenza di nuovi studenti e sempre più interconnessa con le realtà che la circondano. Dunque, una facoltà al passo con i tempi.

Ferrario, inoltre, ha ricordato che quest’anno «si è registrato oltre all’aumento di studenti iscritti, anche un aumento di semplici interessati ai singoli corsi proposti (una rete proficua), sempre grazie alla possibilità di poter usufruire di lezioni online»; infine ha ricordato che le spese fisse sono diminuite e sono stati avviati investimenti grazie ai quali si sono potuti effettuare lavori di ristrutturazione interni alla Facoltà.

Oggi il Sinodo ha anche approvato l’ordine del giorno che nomina la pastora Annegret Reitz-Dinse al ruolo di professoressa (straordinaria) per la cattedra di Teologia pratica.

Una Facoltà, quella valdese di teologia di Roma, che si caratterizza per la compresenza di due elementi: la consapevolezza delle proprie radici protestanti e riformate e una accentuata sensibilità ecumenica. Gli studenti per lo più sono membri delle chiese protestanti italiane, ma vi sono anche molti stranieri di appartenenza protestante e molti studenti evangelici (provenienti da tutte le denominazioni), cattolici, oppure interessati alle tematiche delle scienze bibliche e teologiche pur non appartenendo ad alcuna chiesa.

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In presenza e a distanza: come stiamo cambiando?da

da Riforma

Il Sinodo ha iniziato una riflessione dedicata all’incidenza del Covid nelle chiese

Come ci ha cambiato il Covid? Anzi, come sta continuando a cambiarci? Come influenzerà il nostro modo di vivere la fede? Come ha influito sulle nostre chiese, ma anche sulle altre e anche sulle altre fedi religiose? Intorno a questi interrogativi si è sviluppata una bella discussione nel pomeriggio della domenica, nell’ambito della “vita della chiesa” del Sinodo valdese e metodista, che ha appena nominato Valdo Spini e Marco Fornerone rispettivamente presidente e vice del seggio che conduce i lavori. Lo spunto la Commissione d’esame, che “istruisce” i lavori sinodali, l’ha trovato in una serie di domande poste nell’autunno del 2019 dalla Tavola valdese. Nessuno immaginava all’epoca, ovviamente, a che cosa saremmo andati incontro, ma quelle riflessioni erano e rimangono attuali.

Si trattava, due anni fa, di cominciare a pensare a quali delle strutture organizzative e funzionali delle nostre chiese siano da ripensare (perché pensate in epoca di numeri diversi nella consistenza delle chiese) e quali invece rimangano irrinunciabili. Ora la Commissione d’esame ha ritenuto che questi interrogativi ricevessero nuovi spunti proprio da questa situazione di emergenza, venendone aggiornati: forse qualcosa potrà servire anche quando l’emergenza stessa – speriamo – sarà stata superata e nell’intendimento della Commissione stessa, si esprime l’esigenza di una visione di lungo periodo, una nuova prospettiva da ricercare per la vita di fede di singoli e comunità.

Dal dibattito sono emerse chiaramente due linee, che non bisogna interpretare come se fossero alternative: una tendenza sottolinea con gratitudine i benefici che le nuove tecnologie e strumenti informatici hanno fornito, venendo a sopperire alla presenza fisica ai culti e alle riunioni, ai catechismi e agli studi biblici, addirittura consentendo che potessero seguire gli eventi persone impossibilitate per problemi personali di mobilità a essere presenti, oppure persone di altre località. Un’altra tendenza, invece, vede la pur utile pratica di culti e altri eventi telematici come legata solo all’emergenza, sottolineando che nulla potrà mai sostituire il contatto umano, di persona, la fisicità dei locali di culto.

In realtà l’elemento più bello e produttivo di questa discussione, non breve e destinata a riprendere (il Sinodo ha infatti votato la costituzione di una commissione ad hoc che riferirà nel prosieguo dei lavori), sta nel fatto che nessuno degli interventi riconducibili all’una o all’altra tendenza ha negato le ragioni della tendenza opposta. Cioè a dire: chi lamenta la non-fisicità delle piattaforme informatiche non nega che proprio a queste ci siamo aggrappati come a un salvagente. Al tempo stesso non si ritiene che esse siano la panacea per tutti i motivi di sofferenza delle chiese, e questo lo riconosce anche chi le ha utilizzate con profitto.

Altri motivi, estranei al Covid, erano già presenti nei dibattiti degli ultimi anni, ed erano stati segnalati da indagini statistiche, approfondimenti sociologici: quando l’emergenza sarà alle nostre spalle sarebbe opportuno ripartire da lì, come si stava facendo a più livelli, chiedendosi su che cosa sia urgente intervenire, dai linguaggi ai meccanismi di funzionamento della macchina chiesa e alle strutture intermedie che, nonostante tutto, nonostante restrizioni e lutti, hanno fin qui continuato a rendere visibile la realtà delle singole comunità e della chiesa tutta.

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Dalla fiducia alla Speranza

da chiesavaldese.org

Intervista ai neo consacrati