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La Predestinazione – ciclo di studi biblici

Da giovedì 3 dicembre, ogni 15 giorni,  alle ore 20.30 sulla piattaforma zoom (scrivere a info@metodistiroma.it per le credenziali) e dal giorno successivo su facebook e sul canale youtube della chiesasi svolgerà il primo ciclo di studi biblico 

Il tema scelto è La Predestinazione. 

Per gli incontri già svolti sono scaricabili le dispense.

 3 dicembre Le origini: la controversia tra Pelagio e Agostino (V sec.). 

libero arbitrio, peccato, grazia semipelagiani

17 dicembre  La Riforma: la controversia tra Erasmo e Lutero (XVI sec.)

il De servo arbitrio di Lutero Melantone e Zwingli

7 gennaio  Calvino e Calvinismo: la doppia predestinazione di Calvino

supralapsariani e infralapsariani

Arminio e i Cinque punti della Rimostranza

21 gennaio  L’età moderna:  Wesley e il metodismo (XVIII sec.)

Karl Barth e Max Weber (XX sec.)

La visione cattolica

4 febbraio  I fondamenti biblici: Antico e Nuovo Testamento
18 febbraio La posizione di Paolo: Rom 8 e Ef 1

dubbi e problemi

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In arrivo un’altra Buona Notizia

da Riforma

 

Giovedì 12 novembre la presentazione online di “Una buona notizia. Il vangelo di Marco, su misura per te”

l volume di lettura facilitata del vangelo di Marco, pubblicato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, attraverso il servizio istruzione e educazione (Sie) e distribuito dall’editrice Claudiana sarà presentato online, in collaborazione con il settimanale Riforma, giovedì prossimo (12 novembre) alle 18.

Il libro è dedicato principalmente a bambini e bambine, ragazzi e ragazze per una lettura facilitata del testo del vangelo di Marco.

«Non si tratta infatti di un’armonizzazione della vita di Gesù – ricorda la Fcei – prendendo qua e là dai quattro vangeli, né di una parafrasi del racconto biblico. Il volume propone invece il testo del vangelo di Marco, basato sulla recentissima traduzione della Bibbia italiana della Riforma ed elaborato con caratteristiche di alta leggibilità – tanto dal punto di vista linguistico quanto da quello grafico -; una piacevole lettura per tutti, accessibile sia per coloro che hanno disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa), sia per coloro che hanno altre difficoltà linguistiche e di lettura».

All’incontro parteciperanno il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), il pastore Luca Maria Negro, la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta, il presidente della Claudiana editrice Eugenio Bernardini, i curatori del volume Patrizia Barbanotti Erick Noffke insieme alla professoressa dell’Università di Firenze Silvia Guetta.

L’incontro che sarà moderato dal segretario esecutivo delle Fcei, il pastore Luca Baratto e sarà aperto con un breve saluto introduttivo di Gian Mario Gillio, coordinatore del Sie. La regia online sarà a cura di Pietro Romeo.

«Lo sforzo di rendere quanto più accessibile il testo dal punto di vista linguistico, cercando di rimanere fedeli alle intenzioni del testo evangelico, ha prodotto uno strumento nuovo. L’augurio è che possa permettere a più persone di scoprire la buona notizia annunciata nel vangelo di Marco», ha spiegato all’Agenzia di stampa Nev Patrizia Barbanotti, insegnante, membro del Comitato del Servizio istruzione educazione (SIE) della Fcei, curatrice dei testi del volume.

La supervisione del testo biblico è stata affidata al professor Eric Noffke, docente di Nuovo Testamento alla Facoltà valdese di teologia di Roma.

«Da sempre – ha dichiarato all’Agenzia Nev il presidente Fcei, Luca Maria Negro – le chiese nate dalla Riforma protestante hanno promosso la diffusione della Bibbia, traducendone i testi nella lingua parlata dalla gente comune, per favorire l’alfabetizzazione e la scolarizzazione delle popolazioni. Non è quindi un caso che la Fcei abbia deciso di impegnarsi in questo progetto accogliendo la sfida di arrivare a un testo che faciliti la lettura autonoma del testo biblico».

E il volume lo fa attraverso un testo biblico semplificato ma fedele all’originale, disegni, cartine, brevi note esplicative su personaggi e temi della narrazione, strisce del tempo.

La pubblicazione è inoltre frutto di diverse professionalità e competenze: è stato curato dal già citato Sie; finanziato con i fondi dell’Otto per mille metodista e valdese; realizzato dalla casa editrice Giunti Edu; ed infine distribuito dall’editrice protestante Claudiana, sul cui sito è possibile acquistare il volume.

Per iscriversi e ricevere il link di invito per partecipare scrivere all’indirizzo: sie@fcei.it

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Simon Pietro nella scrittura e nella memoria

di BOCKMUEHL Markus,
Paideia, Torino, 2017,
pp. 257, Euro 29,00

 

A differenza di Paolo, Pietro non è stato oggetto di frequenti studi da parte della critica biblica, soprattutto protestante. Questo testo cerca di recuperare l’importanza dell’apostolo nel primo cristianesimo, soprattutto indagandone la memoria, ossia ricercando come si è formata la tradizione a lui relativa, tenendo conto delle diverse prospettive locali, che fanno emergere, in occidente e in oriente, immagini differenti e spesso contrastanti: pescatore ignorante, discepolo imperfetto, portavoce e guida dei compagni, operatore di miracoli, testimone oculare del Messia, modello del credente, garante della tradizione, martire, affidatario del ministero ecclesiale, visionario apocalittico, depositario di rivelazioni esoteriche, misogino, antipaolino, esclusivista o inclusivista per quanto riguarda l’apertura ai gentili. Per tracciare la ricezione della figura di Pietro nel primo cristianesimo, l’autore prende in considerazione un’enorme quantità di testi del I e II secolo: fonti neotestamentarie, scrittori orientali, testi gnostici, vangeli apocrifi, le lettere pseudoclementine e quelle di Dionigi di Corinto, gli scritti di Flegonte di Tralle e gli Atti di Pietro. La vicenda dell’apostolo è ripercorsa con un’accuratezza perfino eccessiva, che occupa diverse pagine, ad esempio, per disquisire sui nomi di Pietro o sulla localizzazione della città di Betsaida o sul silenzio delle fonti circa la conversione dell’apostolo, di cui è difficile individuare il momento, o sulla simbologia del gallo nelle raffigurazioni del rinnegamento. Alcuni episodi sono oggetto di particolare interesse, come il confronto con Simon Mago, simbolo della lotta contro l’eresia, o lo scontro di Antiochia tra Pietro e Paolo, che indicherebbe solo “una rottura temporanea in un rapporto per il resto positivo di lavoro, se non di amicizia” tra i due apostoli, o la confessione di Pietro, che innesca la problematica sulla successione apostolica, che ancora divide Cattolici e Protestanti e che l’autore risolve ammettendo il ruolo petrino di trasmissione del ministero ai successori della Chiesa di Roma, così come sostiene la presenza e il martirio di Pietro a Roma, in virtù della precoce venerazione della sua tomba in Vaticano. Il quadro complessivo che emerge da questo testo è che, nonostante le differenze tra le fonti, il personaggio di Pietro esce con una forte sottolineatura di importanza e di preminenza, ma anche come figura complessa e ambivalente, che è poi la natura stessa del vero credente.

                                                                                                                        Antonella Varcasia

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Studi Biblici

  •  Italiano da giovedì 25 marzo “Buddha e Gesù” tenuto dalla pastora Hiltrud Stahlberger

 

 

 

  • Primo ciclo 2020-2021 La Predestinazione. i video degli incontri sulla pagine facebook della chiesa e sul canale youtube.
 3 dicembre Le origini: la controversia tra Pelagio e Agostino (V sec.). 

libero arbitrio, peccato, grazia semipelagiani

17 dicembre  La Riforma: la controversia tra Erasmo e Lutero (XVI sec.)

il De servo arbitrio di Lutero Melantone e Zwingli

7 gennaio  Calvino e Calvinismo: la doppia predestinazione di Calvino

supralapsariani e infralapsariani

Arminio e i Cinque punti della Rimostranza

21 gennaio  L’età moderna:  Wesley e il metodismo (XVIII sec.)

Karl Barth e Max Weber (XX sec.)

La visione cattolica

4 febbraio  I fondamenti biblici: Antico e Nuovo Testamento
18 febbraio La posizione di Paolo: Rom 8 e Ef 1

dubbi e problemi

 

 

  •  Internazionale riprenderà domenica 22 novembre alle ore 9.30 presso il salone della Chiesa in via Firenze 38

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Il vangelo secondo il Piccolo Principe

GIANNATEMPO Stefano,
Claudiana, Torino, 2015,
pp. 140, € 12,50

 

Chi non conosce il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery, testo cult della narrativa per ragazzi, ma che insegna moltissimo anche agli adulti, troverà in questo libro di Giannatempo un’occasione per colmare una lacuna. Chi lo conosce, avrà una prospettiva diversa per interpretarlo in un’ottica cristiana e arricchirne quindi il significato profondo di cui è già di per sé portatore. Il Piccolo Principe è un classico racconto di formazione, poetico, commovente, fantastico, istruttivo: Giannatempo lo trasforma in qualcosa di più, leggendolo come un commento laico al vangelo. Il saggio comprende 27 capitoli, come il racconto originale, ed ogni capitolo affronta il personaggio, il tema, l’evento che caratterizza il corrispondente capitolo del racconto secondo tre linee principali: una riflessione personale, legata alla propria esperienza, che ha attinenza con il soggetto da trattare;  un’interpretazione del soggetto nel contesto del racconto originale e in relazione ad analoghi episodi biblici o tematiche evangeliche e infine un’attualizzazione del messaggio, una riflessione sulle domande che suscita quel soggetto e sulle risposte che possiamo dare come cristiani. Completa ogni capitolo una scheda riassuntiva che, oltre a indicare i versetti biblici di riferimento, le frasi chiave del testo originale, il tema e la domanda di fondo, formula alcune proposte di animazione per la catechesi. Un esempio su tutti può essere il cap. 13, che ha per soggetto l’uomo d’affari, uno dei personaggi incontrati dal Piccolo Principe nei suoi vagabondaggi su altri pianeti. Il capitolo inizia con un ricordo personale, l’incontro con una leggenda relativa a Sant’Antonio e al tesoro di un avaro. Si prosegue con la descrizione dell’incontro tra il Piccolo Principe e l’uomo d’affari, per trarne una riflessione sul tema del possedere e sul diverso significato che esso ha per i due personaggi: per il secondo l’accumulo di ricchezza, per il primo la presa in cura nelle relazioni. Il capitolo si conclude con alcune citazioni del vangelo di Giovanni, che puntano l’accento sulla dedizione agli altri. Più articolato il cap. 21, dedicato alla volpe, personaggio chiave del racconto originale, che fornisce l’occasione per riflettere sul significato del verbo addomesticare, cioè creare quei legami che consentono di considerare unico ed irripetibile per noi l’oggetto o la persona che abbiamo “addomesticato”, e quindi sul valore dell’amicizia e dell’amore. In conclusione, un bellissimo e originale saggio, che non ha semplicemente lo scopo di commentare un testo, ma quello di ricercare spunti, sollevare interrogativi, scuotere le coscienze, riscoprire e approfondire il significato dei valori cristiani di cui spesso ci dimentichiamo di esseri portatori.

 

Antonella Varcasia

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Padre nostro

EDUARD LOHSE,
Paideia, Brescia, 2013,
pp. 150, Euro 16,00

Il pregio di questo commento al Padre nostro è quello di calare la preghiera cristiana più famosa all’interno dell’ambiente giudaico da cui è scaturita, analizzandola da quella prospettiva per coglierne sia la continuità con la tradizione giudaica sia gli elementi originali che essa propone. Il testo è suddiviso in tre capitoli, seguiti da un’appendice. Il primo capitolo prende in considerazione la tradizione del Padre nostro, le differenti versioni di Matteo e Luca, l’originale aramaico e il testo greco, suggerendo che nella sua forma primaria la preghiera doveva avere un andamento poetico, e infine prende in esame le preghiere giudaiche del tempo di Gesù, in particolare quelle scoperte a Qumran, lo Shemà, il Qaddish e le Diciotto Benedizioni, concludendo che Gesù ha sicuramente attinto a questa ricca tradizione, ma l’ha poi rielaborata in modo originale. Il secondo capitolo analizza le sette petizioni del Padre nostro, soffermandosi su ogni singola parola, di cui viene ricercato il significato, anche attraverso il confronto con il suo uso nel giudaismo. Ad esempio, l’autore analizza il significato del termine Padre in alcune preghiere giudaiche, dove la designazione di Dio come Padre è strettamente unita alla maestà divina e non è mai pronunciata da un singolo, a differenza del Padre nostro, in cui essa indirizza l’orante verso un atteggiamento di fiducia. La richiesta della venuta del Regno è compresa alla luce dell’escatologia giudaica, da cui Gesù riprende la nozione di signoria di Dio, svincolata però dalle sue connotazioni politiche, ed è collegata alle parabole contenute nei Vangeli su questo tema (il seme che cresce da sé, il granello di senape, il lievito e il seminatore). La petizione del pane occupa uno spazio particolare per l’analisi del termine greco tradotto generalmente con “quotidiano”, ma che è un termine rarissimo in tutta la letteratura antica, la cui radice potrebbe riferirsi al verbo essere o al verbo andare, conducendo a significati anche teologicamente diversi: basti pensare alla traduzione latina della Vulgata, dove il pane quotidiano è definito “ultraterreno”. La richiesta del pane è poi messa a confronto con il Discorso della montagna, che, con il suo invito a non preoccuparsi per il domani, sembra mal conciliarsi con la petizione del Padre nostro. Sulla questione del perdono si analizza la differenza tra Luca e Matteo, che usano, rispettivamente, il presente e il passato del verbo “rimettere”: l’impostazione matteana, che potrebbe alludere ad una reciprocità contrattuale (l’uomo otterrebbe il perdono solo se ha perdonato a sua volta), viene invece da Lohse spiegata con una diversa traduzione dell’originale aramaico. Anche qui la petizione viene affiancata ad una parabola, quella del servo spietato, per sottolineare il rapporto tra preghiera ed azione. Il terzo capitolo riepiloga il significato complessivo del Padre nostro e analizza l’uso della preghiera nel primo contesto cristiano, ad esempio nella Didachè: la preghiera di Gesù diventa simbolo dell’unione tra giudei e cristiani, che potrebbero “riscoprire il legame che li unisce in virtù della storia comune”. Interessante, anche se appesantita da una certa ripetitività, è l’Appendice, in cui l’autore esamina il commento al Padre nostro effettuato dai Riformatori e quello presente in diversi catechismi cattolici o in autori moderni, sia cattolici che protestanti, per ribadire l’importanza ecumenica di questa preghiera che, come disse Tommaso d’Aquino, nonostante le divisioni all’interno della cristianità, “rimane il bene comune e un appello urgente per tutti i battezzati”.
Antonella Varcasia

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Ritratti di Paolo

MALINA Bruce e NEYREY Jerome,
Paideia, Brescia, 2016,
pp. 273, Euro 32,00

Partendo dalla considerazione che il pensiero di un autore vada contestualizzato nella sua epoca e nel suo ambiente, il testo analizza la figura di Paolo dal punto di vista dell’antropologia culturale, cioè non con gli occhi dell’occidentale moderno, ma con quelli di un uomo mediterraneo del I secolo, servendosi dei modelli in uso nell’epoca antica per valutare la personalità, come gli encomi, stilati secondo le regole contenute in appositi manuali; i discorsi giudiziari di difesa, che seguono i dettami della retorica; i trattati di fisiognomica, che interpretano il carattere in base all’aspetto esteriore. Ogni modello è applicato a un diverso tipo di testi: il primo alle parti autobiografiche delle lettere; il secondo ai discorsi apologetici degli Atti; il terzo alle immagini fisiche di Paolo proposte dai testi apocrifi. La tesi sostenuta è che, a differenza dell’occidentale moderno, individualista e autoreferenziato, Paolo è imbevuto di cultura collettivista ed orientato al bene del gruppo. La distinzione tra culture individualiste, dominate da una mentalità psicologica, e collettiviste, dominate da una mentalità sociale, spiega come non sia possibile interpretare il pensiero paolino da una prospettiva moderna. In base ai tre modelli utilizzati, Paolo emerge sempre come una persona orientata al gruppo, il cui ambiente culturale attribuiva importanza all’origine, alla nascita, alla provenienza geografica, alla parentela, all’educazione, alle capacità, ma anche ai “fatti di fortuna”, ossia alla prosperità che attestava il favore divino. Questi sono gli elementi tipici dell’encomio, di cui Paolo si serve in Galati, Filippesi e 2 Corinzi per rivendicare il proprio status e la propria autorità, ma anche del discorso forense di difesa, che rinveniamo in Atti 22-26, dove Luca mette in risalto non le caratteristiche individuali di Paolo, ma la sua integrazione nel gruppo e la sua conformità alle regole sociali. E sono anche gli elementi dei trattati di fisiognomica che, dagli stereotipi geografici, etnici, di genere e dalle tipologie anatomiche, deducono le caratteristiche morali di una persona: così gli Atti di Paolo e Tecla ci presentano l’apostolo con i tratti fisici del guerriero ideale, maschio, virile, nobile, autorevole. Il testo analizza poi i valori tipici delle culture collettiviste, come l’integrazione, la tradizione, il rispetto e il giudizio degli altri, l’involuzione sociale, gli stereotipi di genere e quelli relativi alla moralità, le relazioni interpersonali, il rapporto con la natura, l’orientamento temporale al presente o al passato: tutto per sostenere che in tali culture il comportamento sociale è determinato dagli obiettivi del gruppo, che mirano al bene comune. Il testo è spesso ripetitivo, ma la presentazione dei vari ritratti di Paolo secondo la prospettiva antica e la sua interpretazione come mediterraneo del I secolo imbevuto di cultura collettivista ci permette di cogliere più precisamente la sua personalità e il suo pensiero.

 Antonella Varcasia

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Tu sei il re dei Giudei?

GIORGIO JOSSA,
Carocci, Roma, 2014,
pp. 250, Euro 21,00

Il recente libro di Jossa si inserisce nella ricerca sul Gesù storico con diversi intenti: a) riaffermare il valore storico del Vangelo di Marco, preferibile a quello di Giovanni; b) ricostruire una vita di Gesù non focalizzata su aspetti della sua predicazione (il regno, i miracoli, la legge) o della sua personalità (profeta, guaritore, maestro), ma su uno sviluppo del suo pensiero ed una graduale presa di coscienza della sua missione; c) prendere posizione nei confronti delle precedenti ricerche sul Gesù storico, ridimensionando i criteri della dissomiglianza e della plausibilità, che considerano autentici solo i detti di Gesù che, rispettivamente, non trovano o trovano un parallelo nel giudaismo del suo tempo. L’autore sottolinea affinità e diversità di Gesù con le principali correnti giudaiche e conclude che egli non può essere appartenuto né ai Farisei, né ai Sadducei né agli Esseni né ai seguaci di Giuda il Galileo, mentre mostrerebbe più affinità con i movimenti apocalittici, messianici e penitenziali, come quello di Giovanni Battista, di cui avrebbe sicuramente fatto parte nella prima fase della sua vita, staccandosene poi per la graduale acquisizione di un’autocoscienza messianica e per una svolta alla sua predicazione, che si sposta dall’annuncio del giudizio a quello del regno di Dio. La fase galilaica di Gesù è infatti caratterizzata dall’annuncio dell’imminenza del regno, che non sarebbe né la liberazione dall’oppressione romana, né la restaurazione escatologica del popolo di Israele, né la realizzazione utopica di uno stato sociale egualitario: anche qui Jossa sottolinea un’evoluzione del pensiero di Gesù, il quale avrebbe dapprima auspicato un regno terreno e solo in un secondo momento avrebbe maturato la concezione di un regno trascendente. Solo così si spiegano alcune contraddizioni dei Vangeli: da un lato l’elezione simbolica dei Dodici e l’entrata trionfale a Gerusalemme, segni di una concezione regale; dall’altro il riconoscimento di legittimità al potere romano espresso nell’episodio del tributo a Cesare. Segno concreto del regno di Dio sono i miracoli: il successo della sua attività di taumaturgo avrebbe convinto Gesù che il regno di Dio non era solo vicino, ma era già in qualche modo presente, segnando un’ulteriore svolta nel suo pensiero ed alimentando la sua coscienza messianica: pur senza condividere l’idea nazionalistica del Messia davidico, Gesù avrebbe gradualmente compreso di essere l’iniziatore di una nuova era, quella dell’avvento del regno di Dio. Strettamente legata al regno è anche l’etica di Gesù, come si manifesta nelle antitesi del discorso della montagna, che evidenziano non un contrasto con l’etica giudaica della legge, bensì una sua radicalizzazione. Particolarmente importante è il capitolo dedicato all’autocoscienza messianica di Gesù, in cui Jossa analizza gli episodi dell’ingresso a Gerusalemme, del tributo a Cesare e della purificazione del Tempio per ridimensionarli, negandone il collegamento diretto con la condanna a morte di Gesù, il quale ha comunque una concezione diversa della messianicità, che non rinvia ad un sovrano guerriero che rifiuta il dominio romano. Circa poi la comprensione dell’inevitabilità della propria morte, Gesù vi sarebbe arrivato solo dopo la salita a Gerusalemme, quando, dovendosi scontrare con le autorità, avrebbe capito di dover mettere in conto la possibilità di venire ucciso. Di questa consapevolezza sarebbero prova sia l’Ultima Cena, svoltasi prima della Pasqua, perché Gesù sapeva che non sarebbe arrivato vivo al giorno festivo, sia le parole da lui pronunciate, che fanno riferimento alla propria prossima morte. Non solo, ma Gesù, vedendo allontanarsi la venuta del regno, avrebbe deciso solo allora di inserire la propria morte nel piano salvifico divino. Un ricostruzione della vita di Gesù basata quindi su uno sviluppo graduale del suo pensiero, che ci rende questa figura più viva ed umana.

 

Antonella Varcasia

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Il Vangelo secondo Harry Potter

PETER CIACCIO,
Claudiana Editrice, Torino, 2011,
pp. 110, Euro 10,00

 

Non so se avete letto i libri di Joanne Rowlings che narrano le avventure del celebre Harry Potter o se avete visto i film tratti da quei libri, ma questo testo del pastore Peter Ciaccio vi farà desiderare di conoscere più da vicino questo personaggio e il mondo magico nel quale la sua saga è ambientata. Il titolo non deve ingannare: non si tratta di teologia “pura”, ma di un gustoso (per quanto serio) tentativo di ritrovare – nei libri come nei film della serie – echi e suggestioni cristiane o, più generalmente, bibliche, in polemica con chi vede in questi racconti fantasy uno strumento di Satana che, attraverso l’istigazione alla magia, spinge i ragazzi verso il Male. Niente di più falso: e Peter Ciaccio ce lo dimostra, rintracciando nell’opera della Rowlings i concetti di vocazione e di predestinazione, i temi della morte e dell’amore, gli inganni del potere e il senso della giustizia, e stabilendo addirittura un confronto tra le “maledizioni senza perdono”, proibite nella scuola di magia di Hogwarts, e il “peccato imperdonabile” contro lo Spirito Santo di cui parla Gesù nel Vangelo di Matteo. Queste suggestioni cristiane, di cui forse l’autrice stessa è inconsapevole, convivono nella sua opera accanto ad echi della mitologia classica, celtica e nordica, con l’effetto di indirizzare i minori verso una crescita responsabile e una giusta presa di posizione nell’eterna lotta tra il Bene e il Male. La saga di Harry Potter è un classico romanzo di formazione, in cui la magia è solo uno strumento per catturare l’attenzione dei lettori divertendoli e stimolandone la fantasia. Infatti, essa non è offerta come la facile soluzione a tutti i problemi: è un dono, ma è anche una conquista, perché la si raffina con l’impegno e lo studio, e il mondo magico in cui Harry si muove non è alternativo, ma parallelo al nostro e non è un mondo idilliaco, ma ripropone le stesse dinamiche del nostro mondo, gli stessi problemi, le stesse paure; inoltre, l’uso della magia è vietato al di fuori della scuola di Hogwarts. Perno centrale del pensiero della Rowlings sembra essere, secondo Ciaccio, il superamento di una visione dualistica del mondo, a favore di una maggiore complessità del singolo individuo: lo stesso Harry, lungi dall’essere l’eroe per eccellenza, è pieno di dubbi, incertezze e sfumature ambigue che lo rendono perfettamente “normale”. Il superamento del banale schematismo bianco-nero e buono-cattivo è un monito contro ogni razzismo, che ci riporta alle parole di Paolo nella lettera ai Galati: “Non vi è nè Giudeo, nè Greco; non vi è nè servo, nè libero; non vi è nè maschio, nè femmina, poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”.

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I vangeli. Variazioni lungo il racconto

YANN REDALIE’,
Claudiana Editrice, Torino, 2011,
pp. 239, Euro 15,00

Punto di forza di questo testo è la dimostrazione della sostanziale unità della narrazione evangelica, attraverso la diversità dei racconti presentati dagli evangelisti, e la difesa di questa “pluralità limitata” come garanzia di libertà, che impedisce una chiusura nel dogma e nell’ideologia e apre invece al confronto e al dialogo. L’autore, dopo aver sottolineato l’importanza teologica del genere narrativo, in quanto mezzo attraverso cui viene trasmessa la rivelazione divina, e dopo aver tracciato una sintesi della nascita di Vangeli e Lettere e dell’iter di formazione del canone del Nuovo Testamento, passa in rassegna, attraverso i diversi racconti evangelici, i punti salienti della vita di Gesù, a partire dalle sue origini e dalla sua famiglia, per passare alle sue parole e alle sue azioni e concludere con la sua passione e la sua resurrezione. Già a proposito delle origini emerge la differenza tra Matteo e Luca nel presentare l’investitura di Gesù, cioè la legittimazione a compiere la sua missione: per l’uno la genealogia e il ciclo dell’infanzia che lo presentano come un nuovo Mosè; per l’altro l’inaugurazione del ministero pubblico a Nazareth con la citazione di Isaia, che lo presenta come il profeta liberatore atteso. Un intero capitolo è dedicato alla figura di Maria e al tentativo di darne un’interpretazione ecumenica, che superi le differenze di approccio tra protestanti e cattolici, trovando proprio nel Nuovo Testamento una diversità di ritratti, che danno una visione molto differenziata della madre di Gesù. Analogo atteggiamento è riservato alla famiglia di Gesù, in particolare al problema dei fratelli di sangue, con un esame accurato dei testi biblici e uno studio critico sulle interpretazioni date nei secoli su questo argomento. La sezione relativa alle azioni e alle parole di Gesù sottolinea l’importanza del genere narrativo, attraverso un’esegesi approfondita del miracolo dell’indemoniato di Gerasa e uno studio sul ruolo della parabola nella predicazione di Gesù. Si esamina poi il comandamento dell’amore per il prossimo, in particolare per i nemici, con un’interessante interpretazione dei concetti di “limite” e di “reciprocità” e un’analisi della parabola del Buon Samaritano. Il rapporto tra Gesù e il Tempio è occasione per discutere sul significato del sacrificio nell’ebraismo e sulle alternative al Tempio offerte da Qumran e da Giovanni Battista. La passione di Gesù è raccontata attraverso le diverse interpretazioni che gli evangelisti ne hanno dato, utilizzando le metafore del tempo (espiazione vicaria, sofferenza del giusto, riscatto), ma con un particolare riferimento al racconto di Marco e alla sua ironia drammatica. Per la resurrezione, invece, si prendono come riferimento il racconto lucano dei discepoli di Emmaus e quelli giovannei dell’apparizione alla Maddalena e dell’incredulità di Tommaso: in tutti i casi si sottolinea il rapporto tra presenza e assenza di Gesù, che ritroviamo nel racconto dell’ascensione, che apre alla svolta escatologica. Un capitolo è poi dedicato all’etica del Nuovo Testamento, sia in rapporto all’Antico, sia in relazione ai diversi approcci possibili (letteralista, idealista, analogico, aperto al confronto). L’opinione dell’autore è che Gesù proponga un cambio di prospettiva e un riordinamento della gerarchia dei valori, mentre Paolo propone un’etica dell’imitazione, non di tutta la vita di Gesù, ma solo della croce, e un’etica della libertà, in cui il punto di partenza è il prossimo. Conclude il testo un capitolo sulle diverse modalità di studio del testo biblico, la cui pluralità rappresenta per tutti i credenti un bene e una ricchezza.

 

Antonella Varcasia