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La resurrezione vince contro l’incertezza

da Riforma

Il messaggio del segretario del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) Sauca: «Mentre affrontiamo l’incertezza, possa la Pasqua infonderci forza e coraggio»

Nel messaggio di Pasqua il segretario generale (ad interim) del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), Ioan Sauca, ha inviato alle chiese membro il suo tradizionale saluto ricordando che «Cristo è risorto! È davvero risorto!».

Sauca, consapevole di star condividendo il messaggio pasquale in un momento difficile per la vita di molti popoli, di chiese e di nazioni afferma: «Quest’anno, osserviamo la Pasqua per la seconda volta in un contesto particolare e in mezzo a situazioni dolorose», scrive.

«Molte persone a noi vicine stanno vivendo momenti di paura e di incertezza, e ancora traumi, separazioni, isolamento, perdita di speranza, malattie e morte; sia all’interno delle loro famiglie sia nelle loro comunità ecclesiali».

La pandemia imposta dal Covid-19, che ha colpito il mondo intero, sta influenzando anche il modo in cui verrà celebrata la Pasqua, osserva Sauca.

«Eppure, nonostante queste situazioni traumatiche e dolorose, il messaggio della Pasqua oggi risplende. La Pasqua è un promemoria, un incoraggiamento, ci dice che Dio, in Cristo, continua ad amare e a prendersi cura del mondo intero, vincendo la morte con la vita, vincendo la paura e l’incertezza con la speranza».

Nel corso dei secoli il saluto pasquale «Cristo è risorto!» ha infuso ai cristiani potere e coraggio. Mentre siamo chiamati oggi a confrontarci con le sfide imposte dal Covid-19, possiamo dire di essere vicini nelle preghiere e nell’affermare insieme, uniti, la nostra comune fede e speranza nel Signore Risorto».

Leggi il messaggio completo in inglese.

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Riconciliarsi con l’intera creazione 25 gennaio 2021 Spuc

25 gennaio

Riconciliarsi con l’intera creazione:

Perché la mia gioia sia anche vostra, e la vostra gioia sia perfetta” (Gv 15, 11)

Tutte le cose sussistono in lui
Tanto quanto un granello di senape

L’inno di Cristo nella Lettera ai Colossesi ci invita a lodare la salvezza di Dio, che abbraccia l’intero universo. Nel Cristo crocefisso e risorto si è aperta la via della riconciliazione e anche la creazione attende un futuro di vita e di pace. Con gli occhi della fede, vediamo che il Regno di Dio è una realtà molto vicina, ma ancora piccola, difficilmente visibile, come un granello di senape. E tuttavia, cresce, perché anche in mezzo alle afflizioni del nostro mondo, opera lo Spirito del Risorto. Egli ci incoraggia ad impegnarci, assieme a tutte le persone di buona volontà, nella ricerca incessante della giustizia e della pace, e nell’adoperarci perché la terra torni ad essere una casa per tutte le creature.

Noi collaboriamo all’opera dello Spirito affinché la creazione nella sua pienezza possa continuare ad essere una lode a Dio. Quando la natura soffre, quando le creature sono schiacciate, lo Spirito del Cristo Risorto, lungi dal lasciare che ci scoraggiamo, ci invita a divenire parte della sua opera di guarigione.

La novità di vita che Cristo porta, per quanto nascosta, è luce di speranza che brilla per tutti, è una sorgente di riconciliazione per l’intera creazione e porta una gioia che proviene dall’alto: “Perché la mia gioia sia anche vostra, e la vostra gioia sia perfetta” (Gv 15, 11).

“Vuoi celebrare la novità della vita che Cristo dona nello Spirito Santo, e lasciare che viva in te, in mezzo a noi, nella Chiesa, nel mondo e nell’intera creazione?”

Preghiera

(Seconda promessa durante la professione della Comunità di Grandchamp)

O Dio tre volte Santo, ti ringraziamo
per averci creato e amato.
Ti ringraziamo per la tua presenza in noi e nel creato; fa’ che possiamo guardare al mondo
come Tu lo guardi, con amore.
Nella speranza di questo sguardo,
fa’ che possiamo adoperarci per un mondo migliore, dove fioriscano la pace e la giustizia,
a gloria del tuo Nome. Amen.

 

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Crescere nell’unità 24 gennaio 2021 Spuc

24 gennaio

Crescere nell’unità:

“Io sono la vite. Voi siete i tralci” (Gv 15, 5a)

1 Corinzi 1, 10-13; 3, 21-23 Ma Cristo non può essere diviso!

Giovanni 17, 20-23 Siano una cosa sola come noi

 

Alla vigilia della sua Passione Gesù ha pregato per l’unità di coloro che il Padre gli aveva affidato: “che siano tutti una cosa sola […]. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Uniti a lui, come tralci dell’unica vite, condividiamo la medesima linfa che circola tra di noi e ci dà vita. Ogni tradizione cristiana intende condurre al cuore della nostra fede: la comunione con Dio in Cristo per lo Spirito Santo. Più viviamo questa comunione, più siamo uniti con gli altri cristiani e con tutta l’umanità. L’apostolo Paolo ci mette in guardia contro un atteggiamento che aveva già minacciato l’unità tra i primi cristiani: assolutizzare la propria tradizione, a detrimento dell’unità del Corpo di Cristo; perché così le differenze diventano divisive invece di essere di mutuo arricchimento. Paolo offre una visione molto ampia: “[…] tutto è vostro, voi invece appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio” (1 Cor 3, 22-23).

La volontà di Cristo ci impegna ad un cammino di unità e riconciliazione; ci invita anche ad unire la nostra alla sua preghiera: “Così il mondo crederà” (Gv 17, 21).

“Non rassegnarti mai allo scandalo della separazione fra i cristiani, che professano così facilmente l’amore del prossimo, ma rimangono divisi. Abbi la passione dell’unità del Corpo di Cristo.”

Preghiera

Santo Spirito,
fuoco vivificatore e soffio gentile,
vieni e dimora in noi.
Rinnova in noi la passione per l’unità
così che possiamo vivere nella consapevolezza del legame che ci unisce in te.
Fa’ che tutti coloro che si sono rivestiti di Cristo con il loro battesimo
siano uniti e portino insieme testimonianza alla speranza che li sostiene. Amen.

Intervista a Paolo Ricca Un Concilio per tutti i cristiani

LA PROPOSTA DEL PASTORE PAOLO RICCA: UN CONCILIO PER TUTTI I CRISTIANI 
da Jesus gennaio 2021
È la via che intravede l’autorevole teologo valdese per una «diversità riconciliata». Le Chiese dovrebbero uscire dal monologo dell’«io basto a me stessa» per stare come in un mosaico, tutte intorno al Signore. Ne parla in un’intervista rilasciata a Vittoria Prisciandaro sul numero di gennaio di Jesus che riproponiamo integralmente qui. ?
Festeggerà i suoi 85 anni il 19 gennaio, proprio nel mezzo della Settimana ecumenica per l’unità dei cristiani. Paolo Ricca, teologo e pastore valdese, è una delle voci più autorevoli e brillanti del panorama ecumenico. Testimone del cammino che le Chiese hanno fatto in questi decenni, ha partecipato in prima persona al lavoro di diversi organismi internazionali. È stato per 15 anni membro della commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio ecumenico delle Chiese di Ginevra. Per conto dell’Alleanza riformata mondiale ha seguito il concilio Vaticano II come giornalista accreditato; ha insegnato teologia alla Facoltà valdese di Roma; è stato per due mandati presidente della Società biblica in Italia. È stato a lungo professore ospite presso il Pontificio ateneo Sant’Anselmo; collabora con il Segretariato attività ecumeniche (Sae) e dirige per la casa editrice Claudiana la collana Lutero. Opere scelte.
Professor Ricca, quali sono a suo parere i passi più importanti compiuti finora nel cammino ecumenico tra le Chiese cristiane? E qual è il compito più significativo che abbiamo davanti a noi? 
«La cosa più importante è che, seppur lentamente, si sta diffondendo nel cristianesimo in generale la consapevolezza che oggi non si può essere cristiani se non si è ecumenici. L’impostazione in modo ecumenico della vita cristiana sia dei singoli che delle parrocchie, comunque della Chiesa nel suo insieme, è imprescindibile. Se, come fino a un secolo fa, si è cristiani solo in maniera confessionale, cioè ciascuno all’interno della propria confessione, nella migliore delle ipotesi si è cristiani a metà. L’ecumenismo è in fondo un fenomeno recente, iniziato solo nella seconda metà dell’Ottocento: è un processo che avanza lentamente, ma progressivamente in quasi tutte le Chiese cristiane. Il cattolicesimo è entrato in ritardo nel movimento, solo negli anni Sessanta del secolo scorso, ma con la volontà e capacità di strutturare immediatamente l’idea ecumenica, già a partire dal concilio Vaticano II, dando così una continuità e una solidità alla svolta ecumenica in casa cattolica dalla quale non si torna indietro».
Quali sono, invece, gli ostacoli maggiori nel dialogo?
«L’ostacolo maggiore è la lentezza che le Chiese tutte hanno a uscire dalla mentalità del monologo ed entrare in quella del dialogo. Cioè ad abbandonare l’idea dell’autosufficienza, che la propria Chiesa basta a realizzare il cristianesimo. La scoperta ecumenica è proprio questa: una Chiesa, piccola o grande che sia, non basta, c’è sempre un deficit. La mia identità confessionale, qualunque essa sia, è deficitaria rispetto alla realizzazione della pienezza dell’essere cristiano. Siamo vissuti per secoli nella convinzione che ciascuno avesse la pienezza cristiana, oggi la difficoltà maggiore è uscire da questa gabbia e capire che tu hai bisogno dell’altro cristiano per essere cristiano».
Una consapevolezza più che mai urgente, oggi che i cristiani sono chiamati a dialogare con fedeli di religioni diverse in società sempre più pluraliste. Qual è a suo parere il giusto approccio al dialogo interreligioso? 
«È evidente che è urgente, ma attenzione, perché se si sovrappone il problema interreligioso a quello ecumenico si crea una grande confusione. L’unità cristiana si fa intorno a Cristo e non intorno a un’idea di unità generale o a un Dio che non ha più il profilo cristiano perché deve essere accettevole a tutti gli altri. Nella logica spirituale il dialogo interreligioso è un momento ulteriore, che va coltivato anche parallelamente a quello intercristiano, ma senza sovrapporre il primo al secondo».
In Italia come è andato il cammino ecumenico?
«In Italia c’era un problema ulteriore: la sproporzione, non solo numerica, tra protestantesimo, cattolicesimo e ortodossia rendeva molto difficile il dialogo ecumenico. Ma devo dire a onore del cattolicesimo italiano nel suo insieme, che questa difficoltà, che era notevole, è stata superata. Ed è una cosa bella che merita di essere detta. Senza dimenticare che qui c’è anche il Vaticano. In altri Paesi si sono fatti più progressi, ma in generale possiamo essere soddisfatti della qualità attuale del dialogo ecumenico, dell’incontro, della fiducia reciproca. In Italia direi che siamo a livelli europei».
Il dialogo talvolta è difficile anche all’interno della stessa Chiesa o famiglia ecclesiale. Quali sono, in proposito, i nodi nel mondo protestante? Cosa spera per il futuro?
«Nella storia del protestantesimo è successo che la pluralità, che era in generale suggerita dalla diversità interna al messaggio cristiano complessivo, è sfociata sovente in divisione. Non si è stati cioè capaci di convivere in armonia senza un Papa, senza un’autorità centrale. Il papato è il modo cattolico di temperare diversità e unità, per cui il cattolicesimo romano ha al suo interno enormi diversità, al prezzo di un’unità centralizzata e ferrea nella sua struttura. Cosa che nel protestantesimo non è mai esistita e non esisterà mai. Il prezzo è stato che la diversità è sfociata in divisione, in una perdita di cattolicità. Paradossalmente questo si abbina al fatto che ciascuna confessione, anche quelle relativamente piccole dal punto di vista numerico, come può essere la Chiesa avventista del settimo giorno, è Chiesa mondiale, ha conservato al suo interno una cattolicità non cattolica. Il recupero della cattolicità è per me un compito ecumenico, una priorità del protestantesimo. Quindi, in sintesi, direi che sono due gli obiettivi: mantenere saldamente l’ancoraggio alla Sacra Scrittura, perché il protestantesimo è nato da lì, come momento di profetismo biblico. E poi, mantenere la diversità liberandosi dalla divisione, inventando un modo storicamente realizzabile, per avere questa “diversità riconciliata”. Probabilmente la soluzione è la conciliarità».
Che cosa significa concretamente? Come immagina questa “conciliarità”?
«La immagino come unità conciliare dell’unica Chiesa cristiana, come nella Chiesa cristiana antica. Il Concilio è stata la prima e fondamentale forma dell’unità cristiana, fin dal cosiddetto Concilio di Gerusalemme, del libro degli Atti, capitolo 15. Le Chiese ortodosse, giustamente, identificano la storia dell’unità cristiana con la storia dei Concili veramente ecumenici, nei quali cioè tutta la Chiesa era rappresentata. Così dovrà essere nel futuro, anche se sono tante le difficoltà per realizzare oggi un Concilio veramente ecumenico. Probabilmente bisognerà partire dalle Chiese locali e da lì, lentamente e pazientemente, costruire o ricostruire una coscienza conciliare della Chiesa andata smarrita nei secoli passati».
Come interpreta il magistero di papa Francesco sotto l’aspetto del dialogo ecumenico?
«Ambivalente. Ha compiuto dei gesti nuovi importantissimi, si è fatto quasi luterano con i luterani, quando è andato ad aprire le commemorazioni dei 500 anni della Riforma nella cattedrale di Lund, con i leader della Federazione luterana mondiale. Cosa che i suoi predecessori non avrebbero mai fatto. Sono cose che resteranno nella memoria della Chiesa. Questo è l’aspetto nuovo, positivo, estremamente promettente. Quello che però mi lascia un po’ perplesso è il fatto che non ha modificato in nulla la dottrina. Il Concilio, ad esempio, parla di “fratelli separati”. Collocato nel suo tempo era un passo avanti enorme. Ma oggi quella formula non va più, non descrive più la realtà, non si può più parlare così. Così come l’espressione delle Chiese protestanti chiamate “comunità ecclesiali”, che non vuol dire nulla o peggio significa Chiese a metà… Come si fa, con Chiese che hanno avuto centinaia di martiri… Oggi queste espressioni andrebbero cambiate, erano cose che a quel tempo erano un passo avanti; ma oggi, che abbiamo fatto altri passi, vanno superate. Bisogna descrivere la situazione attuale. Il Papa stesso non pensa in termini di “fratelli separati”, non agisce così. Allora lo dica. Per questo dò un giudizio ambivalente. Anche perché potrebbe venire un altro Papa e dire che nulla è cambiato: così resteremmo al Vaticano II, che sarebbe un tornare indietro».
Si parla spesso del cosiddetto «ecumenismo del sangue». Le persecuzioni di oggi che interrogativi pongono alle Chiese? 
 «È un ecumenismo involontario che testimonia che cristiani di diverse Chiese, dal cattolico al pentecostale, vivono la loro fede come cristiani, sono martiri della Chiesa di Dio, non di quella battista, riformata o cattolica o copta. Questo è l’ecumenismo. Meravigliosa e tragica testimonianza della coscienza cristiana fondamentale, per la quale è in gioco Cristo, non una confessione o una Chiesa. È la fede cristiana la posta in gioco, e per Cristo vale anche la pena di sacrificare la propria esistenza».
Esiste poi l’ecumenismo della vita, nella carità. Le grandi migrazioni di massa, la giustizia sociale, le povertà materiali e spirituali di interi popoli… Fenomeni del genere che tipo di testimonianza chiedono alle Chiese? 
«Sono cose molto belle da incoraggiare, moltiplicare. È un tipo di unità, anche se non è totale. L’unità cristiana si svolge a due livelli fondamentali, di azione e di dottrina. Nella prima ci si intende facilmente, il raggio di cooperazione è molto ampio. E, da un certo punto di vista, è più “facile”, perché pone meno problemi della seconda».
Oggi la salvaguardia dell’ambiente e di un’ecologia integrale, al centro della Laudato si’ e del magistero del patriarca Bartolomeo, è una nuova frontiera ecumenica? 
«Certo. E le Chiese, come sempre, arrivano tardi. Ricordo che il tema ecologico era posto dal movimento ecumenico fin dagli anni Settanta, con il famoso programma, intorno al quale si sono fatte assemblee mondiali, “Pace, giustizia e salvaguardia del creato”. È una trinità che deve essere mantenuta. Io stesso a quel tempo mi sono stupito di sentir parlare, a livello ecumenico, del problema dell’acqua. Non esisteva ancora a livello di coscienza, né cristiana né civile, la consapevolezza del grande problema dell’acqua per l’umanità. Il problema ecologico per l’intera umanità, a livello ecumenico, è stato posto da tempo. Le Chiese sono state avvertite. E speriamo che finalmente queste cose divengano patrimonio della vita».
La vita delle Chiese si intreccia con la storia del mondo. E oggi numerosi sono gli episodi di “cronaca”, i temi cosiddetti sensibili, che creano frizione nel mondo delle Chiese. Quali i nodi più grandi? 
«Sui temi cosiddetti sensibili, che sono effettivamente difficili e complessi, rientra il discorso che facevo sull’insufficienza delle Chiese a essere Chiese da sole. La Chiesa cattolica affronta il problema dell’eutanasia: perché non interroga la altre prima di pronunciarsi? Quella protestante approva l’aborto come diritto della donna. Perché non si confronta prima con Chiese che, su questo punto, la pensano diversamente? È questo il problema. Le Chiese dovrebbero uscire dal monologo, dall’ “io basto a me stessa”, per dare una risposta cristiana all’eutanasia, all’aborto… Non basti a te stessa, confrontati con le altre che su questo punto la pensano diversamente, non per assumere il loro punto di vista, ma per dire almeno che la tua è una posizione tra le altre. Ma nessuna Chiesa lo dice, perché tutte, essendo ancora malate di autosufficienza, dicono che la loro è “la” posizione cristiana».
Nella sua vita quali sono stati i momenti in cui ha sentito più forte questa unità?
«Appartengo a una piccola Chiesa, quella valdese, e man mano che ho scoperto le altre Chiese, le altre tradizioni, mi è venuta la nostalgia dell’unità. Grazie a Dio ho fatto tante esperienze: la liturgia ortodossa partecipando a Mosca a certi riti, addirittura a un pontificale, una liturgia presieduta dal patriarca; o a culti luterani vecchia maniera, o pentecostali in cui mi chiedevano di predicare… Ho partecipato a diversi modi di rendere culto a Dio. È una ricchezza, una cosa bella questa varietà, questo pregare con la stessa tensione verso Dio. Man mano che conosci gli altri cristiani diventi un nostalgico dell’unità, intesa non alla vecchia maniera, ma come pluralità condivisa, accettata, gradita. La si desidera. Non è un momento, è un processo, quello di conoscere l’altro cristiano. E non si finisce mai. La Chiesa è un mosaico, tante tessere, tante storie, tante vicende. Tutte intorno al Signore».
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Accogliere gli altri 23 gennaio 2021 Spuc

23 gennaio

Accogliere gli altri:

“Vi ho destinati a portare molto frutto,

un frutto duraturo” (Gv 15, 16b)

 

Genesi 18, 1-5 Abramo accoglie gli angeli alle Querce di Mamre

Marco 6, 30-44 Gesù ebbe compassione della folla

Commento

Quando ci lasciamo trasformare da Cristo, il suo amore in noi cresce e produce frutto. Accogliere l’altro è un modo concreto per condividere l’amore che è in noi.

Nella sua vita, Gesù accoglieva coloro che incontrava, li ascoltava e lasciava che lo toccassero senza aver paura della loro sofferenza.

Nel racconto evangelico della moltiplicazione dei pani, Gesù si muove a compassione dopo aver visto la folla affamata. Egli sa che l’intera persona deve essere nutrita, e che solo lui può davvero saziare la loro fame di pane e la loro sete di vita, ma Egli non vuole farlo senza i suoi discepoli, senza quel poco che loro possono offrirgli: cinque pani e due pesci.

Anche oggi Egli ci chiama ad essere suoi cooperatori nel suo amore sollecito e incondizionato. A volte qualcosa di tanto piccolo quanto uno sguardo attento, un orecchio pronto all’ascolto, o la nostra presenza può bastare a far sentire una persona bene accolta. Quando offriamo a Gesù le nostre possibilità, Egli le usa in modo sorprendente.

Allora sperimentiamo ciò che sperimentò Abramo: è quando diamo che riceviamo, è quando accogliamo gli altri, che siamo colmati di abbondanti benedizioni.

“In un ospite, è il Cristo stesso che dobbiamo ricevere.” “Le persone che accogliamo ogni giorno, potranno vedere in

noi volti di uomini e donne radiosi in Cristo, nostra pace?”

Preghiera

Cristo Gesù,
desideriamo accogliere senza riserve
i fratelli e le sorelle che sono con noi.
Tu sai quante volte ci sentiamo senza risorse
di fronte alle loro sofferenze.
Eppure, Tu sei sempre lì, prima di noi,
e li hai già accolti nella tua compassione.
Parla loro mediante le nostre parole,
sostienili mediante le nostre azioni,
e fa’ che la tua benedizione scenda su tutti noi. Amen.

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Lasciarsi trasformare dalla parola 22 gennaio 2021 Spuc

22 gennaio

Lasciarsi trasformare dalla parola:

“Voi siete già liberati grazie alla parola che vi ho annunziato” (Gv 15, 3)

 

Deuteronomio 30, 11-20 La parola del Signore è molto vicina a voi

Matteo 5, 1-12 Beati siete voi

 

La parola di Dio è molto vicina a noi, è benedizione e promessa di felicità. Se apriamo il nostro cuore Dio ci parla e con pazienza trasforma ciò che in noi sta languendo; Egli rimuove quanto impedisce la crescita della vera vita proprio come il vignaiolo pota la vite.

Meditare regolarmente un testo biblico da soli o in gruppo, cambia il nostro modo di vedere. Molti cristiani pregano sul testo delle Beatitudini ogni giorno; esse ci rivelano la felicità nascosta in ciò che sembra non raggiunto, la felicità che ci attende oltre: beati coloro che, toccati dallo Spirito, non trattengono più le loro lacrime, ma le lasciano scorrere e ricevono in lui consolazione. Mentre scoprono la sorgente nascosta nei recessi più reconditi del loro io, crescono in loro la fame di giustizia e la sete d’impegnarsi con gli altri per un mondo di pace.

Siamo costantemente chiamati a ravvivare il nostro impegno in favore della vita, mediante le nostre parole e il nostro operato. Vi sono momenti in cui già pregustiamo, qui ed ora, la benedizione che si compirà alla fine dei tempi.

“Prega e opera affinché Dio possa regnare.
Durante tutta la giornata,
lascia che la parola di Dio dia vita nel lavoro e nel riposo. Mantieni il silenzio interiore in tutte le cose per dimorare in Cristo.
Sii colmo dello spirito delle beatitudini: gioia, semplicità, misericordia.”

(Queste parole sono recitate quotidianamente dalle suore della Comunità di Grandchamp)

Preghiera

Sia Tu benedetto o Dio nostro Padre,
per il dono della tua parola nella Sacra Scrittura
e per la sua potenza trasformante.
Aiutaci a scegliere sempre la vita e guidaci,
con il tuo Santo Spirito,
verso la felicità che Tu vuoi condividere con noi. Amen

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Pregare insieme 21 gennaio 2021 Spuc

21 gennaio

Pregare insieme:

“Io non vi chiamo più schiavi […]. Vi ho chiamati amici” (Gv 15, 15)

 

Romani 8, 26-27 Lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza

Luca 11, 1-4 Signore, insegnaci a pregare

Commento

Dio ha sete di noi. Egli cerca noi come cercò Adamo, chiamandolo nel giardino: “Dove sei?” (Gn 3, 9).

In Cristo, Dio è venuto ad incontrarci. Gesù viveva in preghiera, intimamente unito al Padre mentre intesseva amicizia con i suoi discepoli e con coloro che incontrava; Egli li introduceva in quanto di più prezioso avesse, ossia la relazione di amore con suo Padre, che è nostro Padre. Gesù e i discepoli cantavano salmi insieme, radicati nella ricchezza della loro tradizione giudaica; altre volte Gesù si ritirava da solo in preghiera.

La preghiera può essere individuale o comunitaria; può esprimere meraviglia, lamento, intercessione, ringraziamento o semplicemente silenzio. A volte si desidera pregare, ma si ha la sensazione di non riuscirci: volgersi a Gesù e dirgli “Insegnami” può preparare la strada, perché il nostro desiderio di pregare diventa già esso stesso preghiera.

Stare in gruppo ci aiuta, perché attraverso inni, parole, silenzi, si crea comunione. Pregando con cristiani di altre tradizioni, potremmo sorprenderci di quanto possiamo sentirci uniti a loro da un legame di amicizia che scaturisce dall’Uno, Che è oltre ogni divisione. La forma può variare, ma è il medesimo Spirito che ci unisce.

“Nella regolarità della preghiera comune germoglia in noi l’amore di Dio, senza che noi si sappia come. La preghiera comune non ci dispensa dalla preghiera personale. L’una integra l’altra. Ogni giorno dedichiamo un momento per rinnovarci nel nostro intimo con Gesù Cristo.”

Preghiera

Signore Gesù,
la tua intera vita è stata preghiera,
armonia perfetta con il Padre.
Mediante il tuo Spirito, insegnaci a pregare secondo la tua volontà di amore.
Possano i fedeli di tutto il mondo unirsi nell’intercessione e nella lode
e venga il tuo Regno di amore. Amen.

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Formare un solo corpo 20 gennaio 2021 Spuc

20 gennaio

Formare un solo corpo:

“Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15, 12b)

Colossesi 3, 12-17 Rivestitevi di compassione

Giovanni 13, 1-15.34-35 Amatevi gli uni gli altri

Alla vigilia della sua morte, Gesù si è inginocchiato per lavare i piedi ai suoi discepoli. Egli conosceva la difficoltà del vivere insieme e l’importanza del perdono e del servizio vicendevole: “Se io non ti lavo” dice a Pietro “tu non sarai veramente unito a me” (Gv 13, 8).

Pietro accoglie Gesù ai suoi piedi, viene lavato e toccato dall’umiltà e dall’amorevolezza di Cristo. Più avanti avrebbe seguito l’esempio di Gesù e servito la comunità dei fedeli nella Chiesa delle origini.

Gesù desidera che la vita e l’amore circolino in noi, come la linfa nei tralci così che le comunità cristiane siano un solo corpo. Ma oggi, come nel passato, non è facile vivere insieme, ci troviamo spesso a dover affrontare i nostri limiti. A volte non riusciamo ad amare coloro che sono vicini a noi in una comunità, in una parrocchia, nella famiglia; a volte le nostre relazioni si interrompono bruscamente.

In Cristo, siamo invitati a rivestirci di compassione, ricominciando da capo infinite volte. Riconoscere che siamo amati da Dio ci muove ad accoglierci reciprocamente con i nostri punti di forza e i nostri punti di debolezza. È allora che Cristo è in mezzo a noi.

“Sei tu – con quel nulla che hai – un tessitore di riconciliazione nella comunione di amore che è il Corpo di Cristo, la sua Chiesa? Rallegrati, sorretto dalla preziosità della condivisione! Non sei più solo, ma, in ogni momento e circostanza sei sorretto dai fratelli e dalle sorelle della tua comunità e con loro procedi nel cammino. Con loro sei chiamato a vivere la parabola della comunione”.

 

Preghiera

Dio nostro Padre,
Tu ci riveli il tuo amore mediante Cristo
e mediante i nostri fratelli e le nostre sorelle.
Apri i nostri cuori perché possiamo accoglierci
gli uni gli altri con le nostre differenze
e vivere nel perdono.
Donaci di vivere uniti in un solo corpo,
affinché venga alla luce il dono che ciascuno di noi è. Fa’ che tutti noi possiamo essere
un riflesso del Cristo vivente. Amen.

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Maturare interiormente – 19 gennaio 2021 Spuc

19 gennaio 2021

Maturare interiormente:

“Rimanete uniti a me, e io rimarrò unito a voi” (Gv 15, 4a)

Efesini 3, 14-21  Possa Cristo abitare nei nostri cuori

Luca 2, 41-52  Maria custodiva dentro di sé il ricordo di tutti questi fatti

 

L’incontro con Gesù suscita il desiderio di stare con lui e dimorare in lui: è il tempo in cui il frutto matura.

Essendo pienamente Uomo, come noi Gesù cresceva e maturava; viveva una vita semplice, radicata nelle pratiche della sua fede giudaica. Nella sua vita nascosta, a Nazaret, ove apparentemente non accadeva nulla di straordinario, lo nutriva la presenza del Padre.

Maria contemplava l’opera di Dio nella sua vita e in quella di suo Figlio. Ella custodiva dentro di sé il ricordo di tutti questi fatti e così, a poco a poco, abbracciava il mistero di Gesù.

Anche noi abbiamo bisogno di un lungo periodo di maturazione, la vita intera, per sondare la profondità dell’amore di Cristo, per lasciare che lui dimori in noi e noi in lui. Senza che ne comprendiamo il modo, lo Spirito fa sì che Cristo inabiti nei nostri cuori, ed è attraverso la preghiera, l’ascolto della parola, la condivisione con gli altri, il mettere in pratica ciò che abbiamo compreso, che rafforziamo il nostro io interiore.

“Lasciamo che Cristo discenda nelle più riposte profondità del nostro essere… Egli penetrerà nella nostra mente e nel nostro cuore, e s’impadronirà anche del nostro corpo, oltre che del nostro spirito così che anche noi un giorno sperimenteremo le profondità della misericordia.”

Preghiera

Santo Spirito,
fa’ che possiamo accogliere Cristo nei nostri cuori, e custodirlo come un segreto d’amore.
Nutri la nostra preghiera,
illumina la nostra comprensione delle Scritture, opera in noi affinché i frutti dei tuoi doni
possano a poco a poco crescere. Amen.

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Chiamati da Dio – 18 gennaio 2021 Spuc

18 gennaio

Chiamati da Dio:
“Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16a)

Genesi 12, 1-5 La chiamata di Abramo

Giovanni 1, 35-51 La chiamata dei primi discepoli

L’inizio del cammino è l’incontro tra l’essere umano e Dio, tra la creatura e il Creatore, tra il tempo e l’eternità.

Abramo ha udito la chiamata: “Va’ nella terra che io ti indicherò” (Gn 12, 1) e come Abramo anche noi siamo chiamati a lasciare ciò che ci è familiare e andare verso il luogo che Dio ha preparato nel profondo del nostro cuore. Durante il cammino diveniamo sempre più noi stessi, il popolo che Dio ha voluto fossimo dall’inizio e, seguendo la chiamata che ci è stata rivolta, diveniamo benedizione per i nostri cari, per il nostro prossimo e per il mondo. L’amore di Dio ci cerca; Dio si fa Uomo in Gesù, e in lui incontriamo lo sguardo di Dio. Nella nostra vita, come nel Vangelo di Giovanni, la chiamata di Dio trova ascolto in modi diversi. Toccati da questo amore, noi partiamo. In questo incontro intraprendiamo un cammino di trasformazione, luminoso inizio di una relazione di amore che si rinnova sempre.

“Un giorno ti accorgerai che, quasi senza avvedertene, un ‘sì’ è già stato scritto nel profondo del tuo io. E così sceglierai di continuare a camminare sulle orme di Cristo. Nel silenzio, alla presenza di Cristo, udirai il suo appello sommesso: ‘Seguimi, e ti darò un luogo per far riposare il tuo cuore.’”

Preghiera

Gesù Cristo,
Tu ci cerchi, Tu desideri offrirci la tua amicizia
e condurci alla pienezza di vita.
Donaci la fiducia di rispondere alla tua chiamata,
affinché possiamo essere trasformati
e divenire testimoni della tua tenerezza per il mondo. Amen.