16 giorni per vincere la violenza

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?” si chiedeva, preoccupato, Dante Alighieri a suo tempo. Ovvero, le leggi ci sono, ma purtroppo nessuno o pochi le prendono in considerazione e si attivano per farle applicare. Di conseguenza, in un certo qual senso, è (quasi) come se non ci fossero.

Questa espressione pregnante di angoscia per la mancata applicazione di leggi importanti ci pare poter essere riferita anche all’attuale situazione della violenza contro le donne in Ita- lia, dopo aver letto con attenzione il Rapporto ombra dell’Associazione dei centri antiviolenza (D.I.RE) uscito a ottobre 2018 sull’attuazione nel nostro paese della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa (maggio 2011), ratificata dall’Italia solo nel 2013.
La Convenzione ha sì spinto i nostri governi a prestare sempre più attenzione al tema della violenza di genere, anche se si sono mossi quasi esclusivamente sul piano normativo e della criminalizzazione delle condotte.
Il problema di fondo è che la cultura italiana a tutti i livelli (dal bambino dell’asilo che strappa il giocattolo di mano alla bambina, ritenendolo un suo diritto di maschietto, al poliziotto che chiede alla ragazza stuprata se era vestita con la minigonna) è ancora profondamente viziata da stereotipi sessisti, per cominciare a intaccare i quali sarebbe indispensabile un programma di educazione già nelle scuole per arrivare alla formazione professionale in tutti gli ambiti. Eppure, in Italia numerosi sono i centri anti-violenza e le associazioni di donne che da decenni si sono forniti/e di strumenti culturali e professionali, ma i fondi loro assegnati sono precari quanto inesistenti, anzi talvolta neppure viene loro riconosciuta una competenza specifica in questo settore.

Il nostro quaderno, pertanto, quest’anno vuol portare all’attenzione alcuni importanti articoli della Convenzione di Istanbul su temi specifici e far conoscere le criticità rilevate dal Rapporto ombra di D.I.RE per la loro attuazione, accompagnate da alcune storie di donne che hanno vissuto sulla loro pelle il mancato rispetto dei loro particolari diritti umani. Si tratta di storie tutte vere (alcune anche con esito positivo) anche se riportate (a volte) con nomi di fantasia.

La prospettiva di speranza in cui come FDEI ci muoviamo è affidata alle riflessioni di uomini e donne evangelici/he che individuano in alcuni versetti della Bibbia un messaggio divino di amore, ma anche di giustizia.

(Claudia Angeletti)