Il Risorto incontra i suoi discepoli

Giovanni 21,1-14

Domenica dopo domenica eccoci qui riuniti a lodare Dio, a confessare il nostro peccato, soprattutto eccoci ad ascoltare la Parola del Signore…
Lo facciamo anche oggi che la Pasqua è appena passata e che siamo sommersi dalle preoccupazioni per una pandemia ancora non sconfitta e per una profonda crisi economica e sociale che scuote il nostro paese e tante altre nazioni.

In questo contesto a volte viene da chiedersi se e quale può essere il nostro ruolo come piccola chiesa protestante?
E in tal senso quale attinenza può avere questo racconto di Resurrezione con la nostra realtà quotidiana di credenti e di cittadini?

Nel passato molti padri della chiesa greci e latini, molti esegeti e commentatori, si sono arrovellati sulle figure di Pietro e del discepolo che Gesù amava e su chi avesse il primato tra di loro all’interno della chiesa primitiva, si sono interrogati sulla simbologia dei numeri qui citati come quel centocinquantatrè dei pesci pescati, o ancora se questo capitolo sia stato o no aggiunto all’originale giovanneo da un lavoro redazionale successivo…

Ma oggi non ci interrogheremo su tali questioni, seppur importanti.
Oggi vorrei focalizzare la vostra attenzione sul perché il Signore appare ai discepoli da Risorto per la terza volta…

L’azione si svolge sul lago di Tiberiade dove già i discepoli avevano visto Gesù in azione tante volte da vivo.
Sette dei dodici discepoli si trovano insieme, ma sembrano essere svuotati, privi di idee…Allora Pietro prende l’iniziativa e decide di andare a pescare. Gli altri lo seguono e così cominciano una pesca notturna che però si rivela infruttuosa: non prendono nulla.

Al mattino del nuovo giorno ecco che si presenta Gesù sulla riva del lago e inizia con loro un dialogo…
Non è singolare fratelli e sorelle, Gesù da risorto incontra i suoi discepoli mentre stanno pescando che è proprio quel che secondo i vangeli di Matteo e Marco facevano la prima volta che li aveva incontrati!!

In effetti, questo racconto sembra presentare i discepoli che compiono il cammino opposto a quello che Gesù aveva proposto loro all’inizio: dal pescare pesci all’essere pescatori di esseri umani, dalle reti alla sequela.

Anche all’inizio del vangelo di Luca quando i discepoli incontrarono Gesù la prima volta troviamo una “pesca miracolosa” ma in un senso completamente diverso: quella apriva la storia del loro rapporto con il Gesù terreno, questa sembra marcarne la conclusione.

L’emblematica figura di Pietro riassume la frattura che è avvenuta tra i discepoli e il loro Maestro, i molti sentimenti che si scatenano in loro:
– il senso di colpa per non averlo capito prima della croce,
– il fatto di averlo tradito con le parole o con l’assenza,
– il senso di vuoto per non aver compreso la portata della sua missione, neppure dopo l’annuncio della risurrezione da parte di Maria Maddalena.

Eppure anche questo tornare indietro al vecchio lavoro risulta problematico. Come accade ad un immigrato che torna dopo tanti anni nella sua madre patria, così pure i discepoli che tornano all’antico contesto lavorativo non vi si trovano più a loro agio.

Se dovessimo tracciare un parallelo tra noi e i discepoli probabilmente non ci riconosceremmo in loro quando seguivano Gesù nei momenti “alti” del suo ministero, ma più facilmente in quelli ora descritti: un certo senso di frustrazione nelle cose che si fanno, la consapevolezza dei tradimenti fatti e/o subiti, i “non luoghi” in cui passiamo tante ore e tanti giorni della nostra esistenza…

Ma cosa provoca lo scoraggiamento dei discepoli?
Oltre all’annuncio della resurrezione da parte della Maddalena, Gesù è apparso già due volte da Risorto ai discepoli eppure sembra che nulla sia accaduto…
Quante volte anche noi abbiamo sentito il racconto e l’annuncio della resurrezione, ma poi siamo tornati a vivere al solito modo facendo sempre le solite cose nella convinzione di essere soli a dover tirare avanti la baracca?
E così la rete rimane vuota e lo sconforto si moltiplica: tutta la notte a pescare e nemmeno un pesce che abbocchi…
In questa situazione agitata e di svuotamento, di rassegnazione al giornaliero “buscarsi il pane per sopravvivere”, spicca all’alba del nuovo giorno ritta in piedi sulla riva del lago la figura di Gesù. Gesù mentre cucina e mangia il pesce con loro e ripete quelle azioni con cui distribuiva pane e pesci alla folla che lo ascoltava o mentre spezzava il pane e offriva il vino nell’Ultima Cena.

Tornando quindi alla domanda iniziale sul perché Gesù Risorto si fa presente ai discepoli per la terza volta? Semplicemente perché capisce che ne hanno bisogno visto non hanno ancora capito e creduto davvero.

Il Cristo risorto è presente non in modo astratto, ma reale tra i suoi proprio nei momenti di confine e di scoramento.
E così, in modo inspiegabile ma con gesti semplici, Egli appare al gruppo di uomini sfiduciati per dare loro coraggio. Ma non si limita a questo, non si limita a dare loro una pacca consolatoria sulla spalla.

Quando tutto sembra inutile, Gesù appare sulla scena e la storia riparte da dove sembrava essersi interrotta: la rete si riempie di pesci e il mangiare insieme con il Signore segna la rinascita della comunità, segna l’invio in missione.

In effetti, quel che è in gioco è la relazione tra Gesù, non più solo Maestro ma Signore, e i suoi discepoli e le sue discepole, coloro che compongono la chiesa.
E questa relazione si esprime nel riconoscimento.

Gesù riconosce i discepoli come suoi amici e li chiama affettuosamente ‘ragazzi’; i discepoli riconoscono il loro Maestro quale Signore ed è a partire da ciò, come per Maria Maddalena, che scaturisce il riconoscimento di sé stessi e della missione che li attende.

Nel ripetere le azioni della sua missione terrena crea una sorta di continuum spazio-temporale – come direbbero i film di fantascienza – tra la sua vita di prima con loro e questa nuova vita che li attende tutti.

La storia non è finita, ma prosegue nell’oggi quotidiano dei discepoli perché egli è vicino a loro in ogni momento e in ogni luogo, non solo nei recinti sacri di un tempio o di una chiesa dove noi vorremmo racchiudere il nostro rapporto con il Signore.

E nel far questo il Risorto crea anche la chiesa quale comunità di credenti redenti dalle loro paure e chiusure, dal loro peccato. Una comunità cui offre un senso nella missione: vivere uniti nella fede in lui e nella condivisione, e fare lo stesso con gli altri.

Ecco cosa offre oggi il Signore a noi tutti quando la Pasqua è appena trascorsa e noi siamo tornati alle nostre attività come se nulla fosse.
Tutto sembra uguale ma tutto è cambiato e noi possiamo operare non scoraggiati, ma fiduciosi nel mondo; senza gesti plateali e altisonanti, ma come fa Gesù con piccoli semplici gesti.

Uno sguardo empatico ed attento agli esclusi, una parola di conforto a chi è nella disperazione, lo spezzare il pane con il bisognoso, la fiduciosa speranza che Dio ci è accanto per amarci e donarci salvezza.

Ecco cosa può allora significare anche per noi uomini e donne moderni vivere ogni giorno come se fosse Pasqua.

In un mondo in cui la globalizzazione di merci e finanze e la massificazione dei modelli culturali fanno da pendant alla frammentazione del tessuto sociale, a una sempre maggiore esclusione di tante popolazioni dal benessere economico e dalla giustizia sociale, in cui la funzione economica finisce con l’inghiottire la dimensione umana, noi non possiamo chiuderci nei nostri angusti confini fisici e mentali, semmai possiamo e dobbiamo proporci come uomini e donne capaci di atti di accoglienza e di liberazione gratuiti.

Annunciare che Gesù è risorto vuol dire che non dobbiamo cercarlo nei sepolcri del passato, dove ritenevano di trovarlo i discepoli e Maria Maddalena.
Egli ha abbandonato i cieli ed ha scelto le nostre case, le nostre città, come sua dimora. Per questo la speranza pasquale rimette in moto quanti sono delusi e rassegnati; passa attraverso i muri delle nostre divisioni ed inimicizie; diventa Parola che annuncia la pace, che vince la nostra incredulità.

Il Risorto cammina accanto ad ognuno di noi, ci sostiene nelle nostre fatiche, percorre le strade della nostra città, ci rialza quando siamo abbattuti per proseguire il cammino. Non siamo soli, il nostro quotidiano è abitato dal Signore… Nella strada che sembrava interrotta dal macigno della morte, egli ha aperto un sentiero nuovo sul quale ci precede.

Amen

Preghiera:

Dio nostro Padre, che per mezzo del sacrificio del tuo Figlio ci hai fatto rinascere a vita nuova, donaci di vivere con gioia i frutti della risurrezione, perché insieme, come comunità di redenti, possiamo ogni giorno essere annunciatrici ed annunciatori fedeli: Sì, il Signore è veramente risorto!

Così è! Amen!

Past. Mirella Manocchio

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