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Tre anni di Breakfast Time

Giovanni 13, 1-17

Care sorelle, cari fratelli, care Francesca, Gladys ,Maria e Tatiana
Gesù prende un asciugamano se lo avvolge intorno alla vita, poi versa l’acqua in un catino ed inizia a lavare i piedi. E’ una immagine molto bella, molto forte.

Mi viene in mente l’immagine che ha girato sui social della giovane infermiera che aveva i segni sul volto per aver tenuto la mascherina tante ore di seguito. Per aver assistito tante persone ammalate di Covid, per aver assistito fino all’ultimo i pazienti magari con una videochiamata ai parenti affinché vedessero per l’ultima volta i loro cari. Mi fa ritornare in mente l’immagine di Salvo il ragazzo della guardia costiera che sorrideva con il bimbo africano in braccio appena tratto in salvo dalle acque del mar Mediterraneo. Due esempi di grande servizio e solidarietà per noi tutti.

La Pasqua è vicina, l’ultima cena si è conclusa ed il suo racconto è noto dalla descrizione che Matteo, Marco e Luca ne fanno, così come anche noi lo conosciamo e lo ricordiamo nelle nostre liturgie. Giovanni ci racconta qualcosa di più. Gesù si alza dalla tavola per lavare i piedi ai suoi discepoli. Il loro maestro vuole lavare i piedi a loro stessi. Il maestro, il re dei re, diventa l’umile (l’ultimo) servitore. Non è un gesto che ci è familiare, nella consuetudine dell’epoca erano le donne o gli schiavi che facevano la lavanda dei piedi nei confronti di chi entrava in casa, come segno di accoglienza e di riverenza. Immaginiamo l’invisibile servitore a cui difficilmente si presta attenzione mentre accoglie l’ospite all’ingresso e lo solleva dal peso del viaggio.

Quando viene il momento di Pietro di ricevere la lavanda, lui rimane interdetto, si rifiuta, potremmo dire con indignazione. Si starà chiedendo, perché il mio Signore si inchina a me?

Non capisce il motivo di questo gesto, di questo umile servizio reso proprio a lui dal suo stesso maestro. Ma Gesù gli dice:

“Se io non ti lavassi, non avresti nulla in comune con me”

Ossia non hai capito il mio messaggio, ovvero non hai parte nella salvezza che da   Dio viene per mezzo di me.

Gesù ancora dice ai suoi discepoli, parla a loro, ma parla pure a noi, che a lui rivolgiamo la nostra fede,

“Chi si è lavato, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto pulito”

Cioè anche se siamo stati lavati completamente, con l’acqua, con la stessa acqua del nostro battesimo, avremo sempre e comunque la necessità che i nostri piedi siano lavati da Gesù. 

Ci manca qualcosa, c’è una parte del nostro essere discepoli che abbiamo bisogno che sia completata, la realtà è che abbiamo bisogno di ricevere il gesto di Gesù, abbiamo bisogno del suo servizio.

Se abbiamo accettato di ricevere il battesimo, di essere rinnovati in Cristo, dobbiamo ugualmente accettare che il Signore si faccia servo. Battesimo e servizio si intrecciano.

Care Francesca, Gladys, Maria e Tatiana, nel battesimo che avete ricevuto confessate la vostra fede in Cristo. Siete arrivate in questa chiesa da percorsi differenti, da quattro differenti storie di fede, ma tutte quante siete accumunate dal battesimo che oggi riconfermate ed in virtù del quale questa Chiesa vi accoglie. Il servizio nasce dalla fede che confessiamo, dal dono di Dio che abbiamo ricevuto, dal dono della grazia.

Infatti Gesù ci esorta a seguire l’esempio che da lui ci viene, a farci a nostra volta servitori.

“Se dunque io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato infatti un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”

Non c’è una fede senza servizio. Se tu credi veramente, se hai capito e ami Dio, il servizio è il modo in cui declini la tua fede. E nel servizio non ci sono più gerarchie,

“Uno schiavo non è più grande del suo signore, né un inviato più grande di chi lo ha mandato”.

Pur dovendo esistere gerarchie nei ruoli e nelle funzioni, non c’è una gerarchia di potere, non c’è un maggiore ed un minore nella fede. Gesù chiede di accettare di spezzare la gerarchia, chiede di sottometterci reciprocamente luno allaltro. Ci vuole umiltà nel lavare i piedi e nel farseli lavare.

Spezzare la gerarchia non vuol dire che non debbano esistere più organizzazione, compiti e responsabilità, ad esempio, nella nostra chiesa non significa che non ci siano più ministeri o ruoli definiti, ma semplicemente che questi siano vissuti come servizio verso gli altri e non come posizioni di privilegio.

Tutti siamo chiamati al servizio reciproco.

Il buon cristiano non fa questo solo perché è un dovere, al contrario il servizio reciproco, la solidarietà fraterna non può che essere una nostra intima necessità.

Gesù ci ha dato l’esempio, ci ha lavato con l’acqua del battesimo, ci ha legato a lui, si è reso nostro servitore, in lui abbiamo la salvezza. Quale gioia più grande possiamo avere? Ricevendo un servizio, non possiamo che renderlo, restituirlo con allegrezza e gratitudine. E’ una necessità, è la nostra urgenza. Come quando una bella notizia ci coinvolge e non possiamo trattenerci dal raccontarla a tutti, come possiamo restare inerti di fronte alla salvezza che da Cristo ci viene?

Seguiamo l’esempio di Gesù, facciamoci servitori gli uni degli altri.

Questo tempo ci offre molti modi per esprimere il nostro servizio.

Pensiamo ovviamente alla pandemia, che è entrata nel nostro quotidiano, ed alle difficoltà che ci sta mettendo davanti, alla crisi economica e sociale che ne stanno derivando. Alla povertà che sta aumentando, a tutte le situazioni di bisogno, sia fisico che psicologico. Ai medici e infermieri che si mettono al servizio dei loro pazienti, ma in realtà di noi tutti, più di quanto un contratto di lavoro possa esprimere.

Pensiamo all’aumento in Italia e nella vicina Europa dell’intolleranza verso i migranti e le minoranze, pensiamo a quello che possiamo fare per accogliere fratelli e sorelle in cerca di rifugio, che in fuga abbandonano le loro stesse case e lasciano indietro tutto quello che possiedono.

Pensiamo anche alle nostre comunità, al servizio che possiamo ricevere e dare gli uni agli altri.

Oggi ricorrono i 3 anni di attività del Breakfast Time, l’esperienza che porta la nostra comunità sulle strade della nostra città per offrire un aiuto, piccolo per le dimensioni delle nostre possibilità, grande per chi lo riceve.

Il breakfast time ci dà la possibilità di vivere concretamente la nostra fede. Ogni persona che offre il proprio servizio al Breakfast Time lo fa con il suo dono personale: chi ha tanta cura nel preparare la colazione con i panini assortiti per soddisfare le varie esigenze delle persone che andiamo ad incontrare, chi si cura di preparare il latte ed il caffè e di lavare accuratamente tutte le pentole, di preparare il vestiario da distribuire, chi si occupa dell’organizzazione dei turni, chi ci incoraggia con parole di entusiasmo e chi dà un contributo economico.

Nella comunità, nella Chiesa ognuno trova un luogo per esprimere il proprio servizio.

Care Francesca, Gladys, Maria, Tatiana, oggi entrate a far parte di questa stessa comunità, essa si fonda sulla testimonianza di tutti i suoi membri ed anche della vostra. E reciprocamente questa comunità ha la responsabilità di accogliervi, perché è la Chiesa che avete scelto per esprimere il vostro servizio, in cui avete scelto di vivere e testimoniare la vostra fede. Noi tutti siamo qui oggi per il servizio che ci è stato reso, nel battesimo, nella lavanda dei piedi, nei fratelli e sorelle che ci hanno accolto.

Matteo 20, v26-28.

“Non sarà così tra voi, ma chi tra voi vuole diventare grande sarà vostro servitore e chi tra voi vuole esser primo sarà vostro servo. Perché il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”

Gesù dice ai discepoli, a tutti noi, c’è un modo per fare la volontà di Dio, nella pienezza della nostra umanità, una modalità che tutti possono mettere in pratica, che apparentemente va contro le logiche umane, dove la vittoria non è nel successo, ma nel servizio vissuto con amore e assunto come stile di vita, sull’esempio di Gesù che si è fatto servitore. E’ un capovolgimento di prospettiva, in cui la grandezza dell’uomo si misura su parametri completamente diversi dalla logica corrente: sulla gratuità, il dono di sé, l’ascolto, il servizio, la generosità condivisa con i fratelli, con la premura per coloro che sono in condizioni di difficoltà. Questa è anche una via che porta alla serenità del cuore, il potere dell’amore verso il prossimo, la solidarietà verso i più deboli. Un cuore che ama e che vive il servizio verso gli altri è un cuore libero che sa gioire di ogni  più piccola cosa.

Per concludere mi piace pensare alla reazione di Pietro. Era riluttante ad accettare il servizio di Gesù,

“Non mi laverai mai i piedi!”

ma nel momento stesso in cui ha capito che farsi lavare i piedi da Gesù era l’unico modo per comprendere e seguire realmente il suo Maestro, a lui risponde con entusiasmo,

“Signore, non solo i piedi, ma anche le mani ed il capo”, dice, cioè tutto quanto, completamente.

Preghiamo il Signore affinché anche noi, insieme alle nostre sorelle Francesca, Gladys, Maria e Tatiana, possiamo esprimere nel nostro servizio lo stesso entusiasmo, rendendoci servitori gli uni agli altri.

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