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Mediterranean Hope e Medu lanciano crowdfunding solidale

Proponiamo una iniziativa di Mediterranean Hope (FCEI) per un crowdfunding solidale per uno screening gratuito per le persone più vulnerabili, braccianti, lavoratori, migranti e no del territorio di Rosarno.

Da Nev

Oggi, 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani, l’iniziativa per implementare lo screening, gratuito, delle persone più vulnerabili, braccianti, lavoratori, migranti e non. Paolo Naso: “Oggi è la Giornata mondiale per Diritti umani: la salute è uno di questi, e dovrebbe essere garantito a tutte e tutti. A Rosarno purtroppo, invece, così non è: migliaia di persone sono costrette a lavorare e vivere in condizioni difficilissime e troppo spesso irregolari, aggravate dall’emergenza sanitaria”.

Roma (NEV), 10 dicembre 2020 – Si chiama “TamponiAmo Rosarno” la nuova campagna di raccolta fondi lanciata da Medici per i Diritti Umani (MEDU) con Mediterranean Hope, il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Obiettivo del crowdfunding, avviato sulla piattaforma buonacausa.org, è quello di poter acquistare un numero sufficiente di tamponi per uno screening il più possibile completo della popolazione di Rosarno, a partire dalle persone più vulnerabili.

Le due organizzazioni hanno infatti già avviato da pochi giorni un intervento straordinario di medicina territoriale nella Piana di Gioia Tauro contro il Covid-19, realizzato con il Comune di Rosarno.

L’equipe della clinica mobile di MEDU sta realizzando un’attività di screening con tamponi rapidi rivolta a tutta la cittadinanza. Fino ad ora sono già stati effettuati oltre cento tamponi sui mille già acquistati, grazie a un primo finanziamento di 10mila euro da parte della Federazione delle chiese evangeliche.

“Oggi è la Giornata mondiale per Diritti umani: la salute è uno di questi, e dovrebbe essere garantito a tutte e tutti. A Rosarno purtroppo, invece, così non è: migliaia di persone sono costrette a lavorare e vivere in condizioni difficilissime e troppo spesso irregolari, aggravate dall’emergenza sanitaria – dichiara Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – . Per questo crediamo sia importante, in un territorio in cui la criminalità organizzata è riuscita a infiltrarsi ovunque, costruire un progetto che mette insieme un Comune e alcune componenti della società civile, per un’azione di cui beneficeranno sia gli immigrati che i residenti della Piana. Come chiese protestanti abbiamo già stanziato 10.000 euro circa coi quali stiamo già facendo un migliaio di test. Ma non basta: servono altri fondi, per questo abbiamo deciso di lanciare la campagna di crowdfunding. Ogni contributo anche minimo è benvenuto, useremo i fondi raccolti per comprare ed effettuare tamponi, e per altri interventi sanitari, soprattutto nei luoghi dove i dispositivi di sicurezza sono impossibili e inefficaci, come i “ghetti” dove purtroppo ancora vivono i braccianti. Grazie a chiunque avrà modo di supportare la nostra causa”.

Per Alberto Barbieri, coordinatore generale di MEDU, “In occasione della Giornata mondiale dei Diritti umani, vogliamo sottolineare il nostro impegno per garantire l’accesso alle cure per tutta la popolazione, ed in particolare per i più vulnerabili. Grazie alla collaborazione con le chiese protestanti, abbiamo messo a disposizione il nostro personale sanitario per iniziare uno screening con i test rapidi ai gruppi individuati dall’amministrazione comunale di Rosarno con l’obiettivo di limitare e prevenire il contagio. Dobbiamo tenere alta la guardia per poter uscire da questa pandemia attuando delle azioni di prevenzione che possano essere di supporto al sistema sanitario calabrese in un momento così difficile. Ci auguriamo che questa raccolta fondi permetta il proseguimento dello screening avviato in queste settimane anche per i prossimi mesi”.

Per contribuire alla campagna “TamponiAmo Rosarno” è possibile versare una somma collegandosi a questo indirizzo https://buonacausa.org/cause/tamponiamorosarno(tutte le informazioni sui pagamenti a questo stesso link).

Angel Tree

L’ALBERO DEGLI ANGELI

L’Esercito della Salvezza promuove da alcuni anni anche in Italia “Angel Tree – L’albero degli Angeli”, iniziativa nata negli Stati Uniti nel 1979 al fine di permettere ai genitori in condizione di disagio, di donare al proprio bambino il regalo di Natale desiderato.
“Angel Tree” prevede l’identificazione, attraverso la collaborazione con i Servizi Sociali Municipali e le risorse territoriali con cui è in contatto, di bambini in età compresa tra 0 e 12 anni, per i quali attivare una campagna di solidarietà al fine di rendere felice un bambino a Natale.
I nomi e desideri dei bambini saranno riportati su un angioletto di carta e proposti ad aziende e privati cittadini che desiderano partecipare. I donatori acquisteranno i regali, recapitandoli alla sede dell’Esercito della Salvezza. L’Ente consegnerà i doni ai genitori una settimana prima di Natale.
Alla Vigilia di Natale ciascun bambino riceverà dalle mani dei propri genitori i doni attesi.
Come negli anni scorsi, la nostra Chiesa aderisce al progetto solidale promosso dall’Esercito della Salvezza.
Quest’anno le difficoltà obbligano a cancellare  la distribuzione in presenza, come da tradizione, dei regali, e l’EdS ha predisposto un differente sistema: offrire ai genitori  delle card prepagate presso un negozio in convenzione. Hanno, quindi,  fissato un tetto massimo di 30 euro a bambino.

In un anno come quello che stiamo vivendo, pieno di sfide e di inaspettate difficoltà, la solidarietà ha un valore ancora maggiore!

? A causa della crisi legata alla Pandemia da Covid-19 ancora più famiglie si ritrovano in difficoltà economica
e questo Natale sarà più duro e incerto che mai!
? Aiuta queste famiglie ad assicurare un regalo di Natale ai propri bambini, diventa un ANGELO!
? Mandaci un messaggio e aiutaci a trasformare il Natale di chi è più nel bisogno!

Esercito della Salvezza, Corpo di Roma
IBAN: IT49S0306909606100000143054
Tel. 0644740653
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La Predestinazione – ciclo di studi biblici

Da giovedì 3 dicembre, ogni 15 giorni,  alle ore 20.30 sulla piattaforma zoom (scrivere a info@metodistiroma.it per le credenziali) e dal giorno successivo su facebook e sul canale youtube della chiesasi svolgerà il primo ciclo di studi biblico 

Il tema scelto è La Predestinazione. 

Per gli incontri già svolti sono scaricabili le dispense.

 3 dicembre Le origini: la controversia tra Pelagio e Agostino (V sec.). 

libero arbitrio, peccato, grazia semipelagiani

17 dicembre  La Riforma: la controversia tra Erasmo e Lutero (XVI sec.)

il De servo arbitrio di Lutero Melantone e Zwingli

7 gennaio  Calvino e Calvinismo: la doppia predestinazione di Calvino

supralapsariani e infralapsariani

Arminio e i Cinque punti della Rimostranza

21 gennaio  L’età moderna:  Wesley e il metodismo (XVIII sec.)

Karl Barth e Max Weber (XX sec.)

La visione cattolica

4 febbraio  I fondamenti biblici: Antico e Nuovo Testamento
18 febbraio La posizione di Paolo: Rom 8 e Ef 1

dubbi e problemi

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Protestanti in Italia, una storia che prosegue insieme

da Riforma

Grande partecipazione al webinar organizzato dagli esecutivi battista, metodista e valdese

Più di 250 partecipanti, e un gradimento che ha subito fatto capolino nei messaggi scritti in chat: il convegno «Il sogno di un’Italia protestante. Storia e attualità di un cammino comune. Il reciproco riconoscimento tra le chiese battiste, metodiste e valdesi a cento anni dal Primo convegno delle chiese evangeliche italiane», organizzato il 21 novembre via web dal gruppo di lavoro per conto degli esecutivi battista, metodista e valdese, prima tappa verso una sessione congiunta di Sinodo e Assemblea dell’Ucebi (2022), è stato un successo che dà fiducia.

Giovanni Arcidiacono, presidente del Comitato esecutivo Ucebi, Unione cristiana evangelica battista italiana, ha ricordato come già quelle generazioni avessero «provato a rispondere alla preghiera sacerdotale, “che siano uno affinché il mondo creda”». La presidente del Cp/Opcemi, Comitato permanente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia, Mirella Manocchio, sottolineando la presenza di così tante persone, ha rilevato come sia stato giusto non rinunciare a promuovere, proprio nell’anno della pandemia, un percorso di questo genere. Concetto ripreso dalla moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta: proprio ora dobbiamo porci le domande essenziali, come vivere la fede in un preciso contesto e nella storia, una fede incarnata; e come coltivare un sogno e una visione, mantenendo ferma la capacità di lavorare con pazienza e umiltà a creare una cornice per lavorare insieme. Il presidente della Fcei , la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca M. Negro ha ricordato che la crescita di comunione fra le chiese membro non può che rafforzare la testimonianza comune della Fcei. E Annapaola Carbonatto, segretaria della Federazione giovanile evangelica in Italia, ha segnalato la vicinanza della Fgei rispetto al cammino bmv: vi si incontrano infatti i e le giovani delle chiese battiste, metodiste e valdesi. L’incontro con l’altro e con l’altra è fondamentale per crescere consapevolmente come persone, come credenti, cittadini e cittadine.

Emilio Florio ha rievocato il 1920, permeato dai postumi della Grande Guerra: le classi popolari identificavano la chiesa di maggioranza nel paese con il potere, economico e politico, che aveva mandato a morire troppi dei loro figli. Anche 50 anni dopo la “presa di Roma”, l’Italia non era diventata protestante. E tuttavia i 400 delegati all’auditorium di via Ripetta mostreranno la volontà di essere nel paese, e di testimoniare una maniera diversa di vivere l’Evangelo. Se qualcuno aspirava all’unità degli evangelici, il Congresso sarà stato un insuccesso, ma esso fu una decisiva presa di coscienza. Non essendo maturi i tempi per pensare a un’ipotesi di tipo federativo, le chiese furono spinte a ripensare al senso e ai modi della loro presenza. Li faranno spesso, questi ragionamenti: quando saranno ristrette sotto il fascismo, quando i loro membri si butteranno nella Resistenza; lo faranno i loro giovani negli anni ’50, chi ad Agape chi seguendo Danilo Dolci in Sicilia. Giorgio Spini più che considerare la necessità di una “evangelizzazione” dell’Italia, optava per proporre agli italiani a un’idea complessiva di Riforma, che dall’adesione al protestantesimo andasse a investire le forme del vivere sociale e politico… (Protestantesimo n. 3/1949). Ma intanto altre chiese (pentecostali, Fratelli) lavoravano per l’Evangelo, e riuscivano a raggiungere le classi più popolari – capita ancora oggi, quando le chiese del protestantesimo storico calano vistosamente, e “tengono” meglio quelle di tipo carismatico.

Oggi – aveva detto Florio nelle sue battute iniziali – l’interlocutore non è più il cattolicesimo di allora, e dei decenni sucessivi, ma l’indifferenza rispetto all’Evangelo. «Il sogno di un’Italia protestante oggi non è che i nostri concittadini diventino protestanti, ma che i tanti che hanno perso il senso trovino l’Evangelo»: come ci attrezziamo?

Nel primo dei tre interventi sulle possibili sfide future, Gianna Urizio ha rivendicato la capacità delle chiese protestanti italiane di entrare in dialogo fra loro, con le loro strutture, con i propri giovani e con la società, con azioni che sono sotto i nostri occhi. E tuttavia… si decresce, e come protestanti nelle città siamo diventati diaspora. Tutti i possibili ragionamenti sono poi stati sconvolti dalla pandemia, che ha messo in luce una serie di ingiustizie sociali, uno Stato che si ritira dai suoi compiti. In tanti cercano di lavorare su questo, nella società civile: i protestanti dovrebbero farlo a partire dalla parola che trovano nel cap. 11 della lettera agli Ebrei: per fede…

Anche Claudio Paravati ha fatto riferimento alla secolarizzazione, pur così diversa da quella laicista di fine ’800: forme nuove e diverse del credere ci interrogano, come dimostrano molti recenti studi. Nelle sue parole si è colto quello che era stato un problema anche nelle generazioni precedenti: come far coesistere il dialogo con altri soggetti con la ricerca e consapevolezza della propria identità? A quale aspetto dare la priorità? Forse l’atteggiamento giusto è quello che suggerì anni fa il pastore Franco Becchino: nelle storie di esperienze anche diverse e parallele, riconosciamo la nostra storia.

John Bremner, da osservatore di un altro paese, ma che ben conosce le chiese italiane, ha sottolineato che quel lavoro comune, che a noi sembra in crisi, in realtà, rispetto ad altre situazioni europee, è molto avanzato: il riconoscimento reciproco al di là delle forme di battesimo ricevute, non è cosa scontata. Ed essere evangelici in un’Europa sempre meno cristiana è impresa che richiede continui aggiornamenti. Lo si può e deve fare collaborando fra chiese, senza rinunciare ai tratti della propria identità. Ma il vero discrimine sta nella nostra attenzione alla croce. In tutto ciò che facciamo, dov’è la croce? Il ringraziamento convinto, da parte dei partecipanti, per questa indicazione la dice lunga sulla voglia di fare. E il richiamo, venuto da un intervento “libero”, alla preghiera ne sarà sostegno. E ci permetterà di cogliere, sottotraccia ai nostri progetti, affascinanti a volte contraddittori e imperfetti, nelle forme che di volta in volta si presentano migliori, il progetto che Dio ha per noi.

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Culto della prima domenica di Avvento

Il 29 novembre, prima domenica di avvento, alle ore 17.30 l’XI circuito e l’Acebla, hanno organizzato un culto comune partendo dal brano della genealogia di Gesù di Matteo.

Il culto si terrà sulla piattaforma zoom.
Seguirà un momento virtuale di aperitivo …..
Vi aspettiamo!

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Chiese battiste, metodiste e valdesi, un webinar sul cammino da fare insieme

da Riforma

Una tappa importante verso la V assemblea-sinodo, l’assise congiunta delle tre chiese, prevista per il 2022

Sabato, 21 novembre, dalle 10 alle 13, si terrà il webinar dal titolo: «Il sogno di un’Italia protestante. Storia e attualità di un cammino comune. Il reciproco riconoscimento tra le chiese battiste, metodiste e valdesi a cento anni dal Primo convegno delle chiese evangeliche italiane». Il seminario online è la prima tappa di un percorso che porterà le chiese battiste, metodiste e valdesi verso la V sessione congiunta dell’Assemblea generale dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi) e del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, detta “Assemblea-Sinodo”, che si farà nel 2022. Il percorso prevede una seconda tappa nella primavera del 2021– si spera in presenza – in cui si rifletterà su tre aree tematiche: formazione teologica, intercultura, e collaborazione territoriale.

Il webinar si aprirà con i saluti istituzionali di: Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese; Mirella Manocchio, presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi); Giovanni Arcidiacono, presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi); Luca M. Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei); Annapaola Carbonatto, segretaria della Federazione giovanile evangelica in Italia (Fgei). Si entrerà nel vivo con Emilio Florio, professore di storia e filosofia, che farà una retrospettiva storica delle relazioni tra le Chiese bmv a cento anni dal I Congresso evangelico italiano. Si alterneranno poi Gianna Urizio, Claudio Paravati e John Bremner che offriranno uno sguardo sulle sfide future e le potenzialità del cammino comune.

L’incontro di sabato prossimo sarà l’occasione per le chiese battiste metodiste e valdesi di prendersi del tempo per riflettere su questa pluriennale collaborazione e per capire come proseguire il cammino di testimonianza comune e di fedeltà al Vangelo in una società e in un tempo caratterizzati da particolarismi e divisioni.

Ecco una scheda curata dall’agenzia stampa Nev, sull’impegno comune delle chiese battiste, metodiste e valdesi.

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Annapaola Carbonatto (FGEI): Visione e creatività per il post covid

da Nev

La seconda ondata della pandemia rappresenta un’occasione per elaborare il passato e ripensare il futuro. La Federazione giovanile evangelica in Italia porta il suo contributo. La Segretaria Carbonatto: “C’è il timore di fare un salto nel vuoto; è una sfida a cercare di vincere la propria necessità di certezza e di punti fermi, ma vogliamo essere pronti sui territori per l’incontro e il confronto, con speranza ed energia”

La Federazione giovanile evangelica in Italia (FGEI) raccoglie giovani credenti di diverse provenienze e organizza incontri di formazione locali e nazionali su temi di interesse politico e sociale, partecipando attivamente alla vita delle chiese battiste, metodiste e valdesi.

Abbiamo chiesto alla Segretaria Annapaola Carbonatto di raccontarci come la FGEI sta affrontando questo periodo di pandemia e le sue proposte.

Il covid ha fermato molte attività in ogni settore. Cosa avete portato avanti come FGEI?

Per forza di cose i nostri campi ed eventi sono stati annullati. Dall’inizio della pandemia abbiamo avuto una riunione telematica ad aprile e due in presenza, in ottemperanza alle norme anti covid, a luglio e ottobre. Quest’ultima si è svolta in Toscana a Casa Cares, dove abbiamo avuto tutta la struttura a disposizione.

Sono state occasioni per confrontarci e inseguire il cambiamento che abbiamo vissuto in questi mesi, a livello sociale e personale. A ottobre abbiamo inoltre avuto quella che noi informalmente chiamiamo la “CA12”, cioè una riunione consultiva e deliberativa “allargata”, secondo l’articolo 12 del nostro statuto.

È una sessione in seduta più ampia a cui partecipano tutte le persone che ricoprono un ruolo nella Federazione, dai responsabili del web e del notiziario, ai redattori della rivista GE (Gioventù evangelica), ai referenti territoriali e internazionali.

Avete parlato della pandemia nelle vostre ultime riunioni?

Della pandemia abbiamo parlato principalmente a livello di Consiglio. Durante la CA12, invece, non abbiamo voluto che il covid fosse il tema principale. È stata una riunione operativa su altri aspetti più pratici, anche in preparazione del Congresso che speriamo di poter organizzare in presenza nel 2021.

Il venerdì sera ci siamo ritagliati un momento di cura dedicato all’elaborazione di come abbiamo vissuto questi mesi, di come ci siamo sentiti, delle nostre paure.

Quali riflessioni vi sentite di condividere e come state attraversando emotivamente questo periodo?

La percezione cambia moltissimo da persona a persona. Abbiamo visto che cambia in base alle nostre specificità di lavoro, di studio, di esperienze personali, affetti, famiglie. Ci sono persone che stanno a casa con i genitori e altre che si sono trasferite per motivi di studio. Le diverse comunità e chiese di appartenenza, ognuna delle quali ha seguito le direttive della Tavola valdese o dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI), hanno inoltre reagito in modo diverso e influenzato la nostra elaborazione individuale e collettiva.

È stato un periodo molto faticoso, non solo a livello generale della FGEI, ma anche singolarmente. Paradossalmente, però, sono stati quasi più facili i mesi di confinamento di marzo e aprile, perché era più chiaro cosa potevamo fare: cioè… restare a casa.

Casa Cares, riunione FGEI ottobre 2020

Cosa è accaduto dopo la fase 1?

Quando siamo usciti per cercare di riprendere ciascuno e ciascuna la propria routine e la propria vita, si è avvertita la fatica. Non tutti e non tutte hanno riprese a fare le stesse cose di prima. Alcuni studenti hanno continuato a dare esami e a fare lezioni online; ancora adesso, nella sessione autunnale, è così. E le matricole universitarie non hanno mai fatto lezione in presenza.

Cosa vi è mancato di più?

Come Consiglio abbiamo cercato di restare in contatto fra noi, con le singole persone e con i gruppi. Resta il desiderio di volersi incontrare. Ci manca la presenza fisica. La Federazione ha le sue modalità, nei campi e negli eventi, difficili da trasportare online. L’incontro virtuale ti obbliga a fare cose più frontali e l’animazione è difficile, soprattutto su grandi numeri.

Cosa ti piacerebbe dire a chi ti sta leggendo? Qual è il tuo “messaggio nella bottiglia”?

Sto imparando, in questi mesi, a non dare per scontato tutte le cose che abbiamo e il funzionamento delle organizzazioni di cui facciamo parte. Questa è un’occasione ed è uno stimolo a cercare di ripensarci, di reinventare, di provare a fare delle cose nuove. Siamo senza punti di riferimento, proprio in questa situazione. Non abbiamo un metro di paragone, perché nei 51 anni di vita della FGEI una cosa del genere non è mai accaduta, nemmeno a chi ne ha fatto parte in passato.

Qual è secondo te il maggiore ostacolo?

C’è il timore di fare un salto nel vuoto, di non sapere cosa accadrà il prossimo mese, mentre cerchiamo di programmare sul lungo periodo; è una sfida a cercare di vincere la propria necessità di certezza e di punti fermi.

Quale può essere il contributo della FGEI?

Nella FGEI ci sono caratteristiche e modalità che rimangono, ma il nostro mandato è stato completamente stravolto. In primavera abbiamo fatto il culto FGEI nella modalità “zoom worship”. Nessuno aveva mai immaginato di poter essere in 300 persone insieme, come gruppo interdenominazionale e interregionale.

Nei prossimi mesi vorremmo lavorare sul locale. In attesa che le situazioni siano migliori, vogliamo essere pronti sui territori per l’incontro e il confronto, con speranza ed energia.

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La ripresa in sicurezza del culto

Cari fratelli, care sorelle,

Domenica 7 giugno riprendiamo il culto pubblico nel nostro tempio di via XX settembre.
Alleghiamo anche un modulo di consenso alla raccolta dei dati personali, (clicca qui)che ci consentirà di predisporre un elenco dei partecipanti al culto e quindi di rintracciare rapidamente tutte le persone che potrebbero essere entrate in contatto con una persona che dovesse risultare contagiata. Il consenso è volontario e non è condizione per la partecipazione al culto, ma confidiamo nella vostra comprensione. Vi preghiamo pertanto di compilarlo e rinviarlo firmato a: lauranitti@hotmail.com 
Aspettiamo con gioia chi, valutando con prudenza la propria situazione personale e familiare, potrà essere presente.

Proseguono i culti attraverso i canali internet, per continuare a vivere la comunione fraterna anche a distanza.

Un caro saluto
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Metodisti: guardare avanti, con fiducia e impegno

Si è tenuta in modalità online, ieri 24 maggio, la consultazione metodista prevista nel weekend al Centro Ecumene: l’emergenza Covid ha attraversato i molti temi di discussione, ma senza far prevalere il pessimismo

Unintensità spirituale che si percepiva anche dai monitor e dagli smartphone, dovuta a più motivi: loccasione (unassise che, non avendo prerogative decisionali, era attuabile nella modalità della videoconferenza) ma anche il desiderio, da parte dei e delle partecipanti, di condividere un momento forte di ascolto della Parola e di ragionamenti intorno alla vita di chiese e opere allinterno della realtà metodista italiana. Essere collegati in videoconferenza è stato, ed è, prezioso in questi mesi, e lo sarà ancora, ma non si può non guardare con rimpianto e nostalgia a assemblee, sinodi, conferenze distrettuali. Che sono non solo momenti istituzionali in cui procedere a adempimenti pur necessari e ricchi di significato, ma anche occasioni di incontro, fraternità, edificazione e ascolto reciproci, corroboranti per poi riprendere il lavoro per lopera del Signore.

La giornata d’incontro, tenutasi su Zoom, si è suddivisa fra la mattinata su quattro temi focali nella relazione del Comitato permanente Dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi), presentati attraverso brevi introduzioni, commenti e testimonianze, alcuni momenti di saluti (gli interventi della moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta, della segretaria Fgei Annapaola Carbonatto, di Stefano Bertuzzi per il consiglio Fcei e del pastore Dominic Kofi Danso, che conclude il suo impegno in Italia per la Cevaa) e il culto pomeridiano, durante il quale si sono aggiunti, ai circa 120 partecipanti della Consultazione, coloro che da diverse settimane seguono l’iniziativa dello ZoomWorship.

Capovolgendo l’ordine della relazione, si è cominciato con “Bilancio e contribuzioni”, e il discorso si è presto ampliato alla dimensione della connection e al rapporto tra comunità locali e organismi centrali, tra i quali molti lamentano uno scollamento, una mancanza di fiducia reciproca. Il tema finanziario è stato ovviamente toccato dalle conseguenze del Covid-19, che impediscono di fare previsioni, così come gli altri temi: “Azione sociale e spazio pubblico”, con le testimonianze sull’iniziativa Breakfast Time per i senzatetto a Milano e Roma e i progetti di formazione professionale a Rapolla; Rapporti internazionali ed ecumenici”, a proposito dei quali, al di là della sospensione di molti incontri, si è ribadita l’importanza della rete internazionale in cui vivono le chiese metodiste italiane, e nella quale potrebbero portare un contributo prezioso. In particolare, su alcune questioni che stanno minando la “salute” del metodismo internazionale (e non parliamo di Covid), per esempio la visione dell’omosessualità nella Chiesa metodista unita (ne abbiamo parlato in diversi articoli). Il futuro che ci attraversa”, ultimo tema della mattinata e primo della relazione, di cui costituisce una sorta di introduzione, è anche il più intriso dalla complessità di questo periodo, fatta indubbiamente di problemi ma anche di opportunità e di scoperte positive, di cui la stessa consultazione in modalità online è stato un esempio, così come il culto che l’ha conclusa, svoltosi come culto di rinnovamento del Patto secondo la tradizione metodista.

Questo momento ha trovato come sempre una forte spinta nella componente musicale, che ha le sue basi nella produzione innologica di Charles Wesley: la parte musicale del culto del rinnovamento del patto è stata preparata da Antonio Montano e presentata da Stefanie Gabuyo..

La liturgia è stata condotta dai componenti del Comitato permanente Samuele Carrari e Alberto Bragaglia e dal pastore George Ennin, mentre la predicazione è stata tenuta in due momenti dalla presidente Manocchio e poi dal vicepresidente Enrico Bertollini a partire dall’ultimo capitolo del libro di Giosuè, il discorso che quest’ultimo, a Sichem, rivolge al popolo d’Israele, la cui parte centrale è l’ammonimento a temere il Signore e a servire lui solo e nessun altro.

Servire Dio – ha detto la pastora Manocchio – non è frutto della capacità di Israele, ma è opera di Dio; non sempre il popolo riesce a servirlo, ma sempre è in dialogo con Lui, e proprio in questa conversazione avverte il manifestarsi della sua grazia. Bertollini ha posto l’accento sul carattere “geloso” di Dio, che “pretende”: e il popolo può solo accettare questa scelta, già fatta da Lui, una scelta che – dice Giosuè – va fatta oggi, anche se il risultato della libertà e della vittoria sembra già raggiunto definitivamente. Oggi e ogni giorno. Da qui il senso del Rinnovamento del Patto che parla a tutti gli evangelici e la “nuova partenza”, resa visivamente dalle foto delle comunità mentre si alzavano le note di un ulteriore inno.

Che cosa lasceremo alle giovani generazioni?

Il futuro della chiesa: serve più attenzione alle persone che al mantenimento delle strutture

di Letizia Tomassone

da Riforma

(Riprendiamo con l’intervento di Letizia Tomassone il dibattito avviatosi sul n. 47/2019 da Davide Rostan, al cui articolo sono seguiti gli interventi di Alessia Passarelli (n. 6), della Ced/I Distretto (n. 7) e del pastore Peter Ciaccio (n. 11). Riportiamo come al solito, qui di seguito, le domande che la Tavola valdese aveva posto come stimolo di discussione alle chiese.
1. Quali sono, nella nostra struttura organizzativa, le maggiori difficoltà da gestire; quali gli elementi di maggiore pesantezza e inefficienza? 2. Quali sono, invece, gli elementi che funzionano meglio o ulteriormente da valorizzare per uno sviluppo positivo? 3. Che cosa si ritiene essenziale preservare come principi fondanti della nostra organizzazione ecclesiastica? 4. Quali mutamenti positivi (opportunità, potenzialità) si registrano, all’interno della Chiesa e della società, rispetto ai quali l’attuale organizzazione ecclesiastica appare non adeguata? 5. Quali elementi dell’organizzazione ecclesiastica andrebbero revisionati, modificati, adattati per potere cogliere al meglio queste opportunità e sviluppare le potenzialità presenti)

In questo periodo di chiusura fisica tutte le chiese hanno espresso notevoli capacità creative nel dare forme nuove ai culti e ai momenti d’incontro. La Parola è tornata di prepotenza al centro delle nostre riflessioni e abbiamo diffuso tra noi e su tutti i social una grande ricchezza di riflessioni, che ci fa capire quanto ancora la Scrittura sia centrale nel guidare la vita dei singoli credenti nel mondo protestante. Ma che ne è delle nostre strutture? Culti e commissioni di ogni tipo si sono trasferite sulla rete. Ma quanto ci mancano, già prima delle loro date, le nostre assemblee regionali e nazionali! Alcune si terranno comunque online, altre sono rinviate al prossimo anno.

Ci manca quella dimensione collettiva della chiesa che è fatta di incontri e dialoghi, di uomini e donne, amici e amiche, persone che stimiamo per quanto fanno e scrivono. È quasi sempre insieme, nel confronto, che facciamo emergere il nostro pensiero teologico e la forma della chiesa. Ci manca la discussione, l’elaborazione comune del pensiero, quel crescere nel dibattito che ci fa arrivare a prese di posizione comune, alla costruzione contrastata e sempre in movimento del nostro essere chiesa.

Ragionare oggi su ciò che ci manca di più ci può aiutare a capire come orientarci e su che cosa dobbiamo investire per il futuro. E ragionare su ciò che ci caratterizza, la lettura attenta della Parola, ci aiuta a capire cosa è essenziale e irrinunciabile della nostra identità oggi. Una identità definita da Cristo, dalla vocazione che riceviamo, dal confronto con una parola altra.

Lasciare a chi viene dopo la passione per la Parola è ciò che mi pare oggi essenziale. Parola ascoltata, letta e riletta. Sfrondata delle sue caratteristiche patriarcali o schiaviste, reinterpretata. Parola con cui scontrarsi per capirne il nocciolo di luce. Però resta che se siamo capaci di dire e ascoltare la Parola, siamo meno efficaci nel trarne le conseguenze dirette per il presente. Siamo timidi o forse mediocri, le fughe in avanti non ci piacciono perché appaiono spesso come estremiste. Abbiamo tra noi voci importanti, a volte profetiche, che si perdono però quando si tratta di decidere e prendere una parte nella società.

Da quando abbiamo imparato a incontrarci online, a rispettare i tempi di parola, a non viaggiare per poter avere una riunione di comitato, abbiamo fatto un grande balzo nella società digitale. Con i viaggi sono venute meno di colpo alcune delle pesantezze della nostra struttura, quella dei tanti Comitati, Consigli e Commissioni. Sono venute meno stanchezze, pesanti impronte ambientali, spese collettive e individuali. Eppure ci resta il disagio non solo di non poterci vedere intorno a un tavolo (con le mascherine non sarebbe meglio, e abbiamo imparato a fare due chiacchiere anche su zoom prima di iniziare le riunioni formali), ma di dipendere da un sistema di rete su cui abbiamo ben poco controllo e che monitora tutti i nostri incontri, non potendo più monitorare i nostri spostamenti. Per non parlare del digital divide che esiste anche fra noi, nelle nostre case, a seconda di dove abitiamo e di quanto potente o debole è il segnale con cui comunichiamo.

Questo lasceremo alle generazioni che vengono? Una dipendenza dai mezzi di comunicazione che farà a meno dei corpi? Non siamo attori, e dunque il fascino dei nostri incontri o culti online dipende molto dal fatto che già ci conosciamo e che ci dà gioia ritrovarci, seppure in video, e riconoscerci. Non le nostre performance ma le relazioni che ci tengono insieme costituiscono la forza maggiore di questo nostro tempo.
Che cosa dunque ci pare così essen

ziale da lasciare a chi viene dopo di noi? E come vorremmo essere ricordati? Come la generazione che ha fatto a meno di un Sinodo annuale? Tante chiese già ora hanno dei Sinodi che durano meno giorni, non hanno cadenza annuale, raccolgono meno deputati. Certo per noi il Sinodo è festa di popolo e occasione di incontro, e siamo campioni nel sostituire ad assemblee decisionali altri appuntamenti meno pesanti ma ugualmente impegnativi. Dunque saremo la generazione che ha cambiato il modo di incontrarsi? Per forza di cose, fino a che la convivenza con il virus continua. Ma anche per passione, se consideriamo ormai matura la riflessione sulle diverse forme del nostro riunirci in assemblea. Le nostre chiese sono tutte organizzate in modo collegiale. E in questo oggi scontano il limite di una certa lentezza nel prendere decisioni e posizione, nel fare dichiarazioni che se tardano a venire diventano ininfluenti nel flusso continuo di comunicazione rumorosa che ci fa da sottofondo.

Credo che dobbiamo lasciarci spingere di più dall’urgenza della condizione delle persone che soffrono, e meno dai vincoli della nostra collegialità. Dobbiamo uscire dal timore di tirare le conseguenze che vediamo della nostra fede, timore spesso dettato dal non voler spaccare la chiesa, ma che finisce per non farla neppure dialogare e confrontarsi.

Viviamo un tempo che necessita decisioni forti. Esprimere posizioni forti permette alla chiesa di discutere, crescere, confrontarsi con un evangelo che si fa vita e anche struttura. La profezia dovrebbe entrare un po’ di più nella nostra chiesa, nella forma di prese di posizione decise a favore degli ultimi, e del pianeta. La profezia e la poesia, come dice Walter Brueggemann, che possono trasformare la realtà.